R.G. n. 48193/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO SEZIONE QUATTORDICESIMA CIVILE –
TRIBUNALE DELLE IMPRESE – SEZIONE SPECIALIZZATA IMPRESA A
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente dott.ssa NOME COGNOME Relatore dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._25_2025_- N._R.G._00048193_2021 DEL_01_01_2025 PUBBLICATA_IL_02_01_2025
nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 48193/2021, decisa nella camera di consiglio del 19.09.2024, vertente TRA (C.F. (C.F. (C.F. ) e C.F. elettivamente domiciliate in MILANO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce all’atto di citazione, ATTRICI contro C.F. elettivamente domiciliata in MILANO, INDIRIZZO NOME COGNOMEINDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono giusta delega allegata alla comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale, CONVENUTA elettivamente domiciliata in MILANO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende giusta delega allegata alla comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale, CONVENUTA OGGETTO: marchio – contraffazione – concorrenza sleale.
CONCLUSIONI
per “Voglia Ill.mo Tribunale adito, in persona del Giudice Designato, disattesa ogni contraria domanda, eccezione, deduzione e difesa:
accertare e dichiarare che ogni qualsivoglia utilizzo anche pubblicitario e promozionale, in ogni forma e modo ed attraverso qualsivoglia mezzo di comunicazione ed anche per via telematica, da parte di e/o di del marchio “RAGIONE_SOCIALE” e /o “RAGIONE_SOCIALE”, ovvero di espressioni simili o confondibili, costituisce violazione dei diritti d’utilizzo esclusivo dei marchi di cui è titolare ai sensi della normativa richiamata in narrativa (D.lgs. n. 30/2005 e successive integrazioni e C.F. modifiche), nonché atto di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., per l’effetto, inibire alle odierne convenute l’indebito ed illegittimo uso, anche pubblicitario e promozionale, in ogni forma e modo, anche come dominio internet/profili social, ed attraverso qualsivoglia mezzo di comunicazione ed anche per via telematica, del marchio “RAGIONE_SOCIALE” e /o “RAGIONE_SOCIALE”, ovvero di espressioni simili o confondibili, in quanto identico e/o simile e/o confondibile e/o suscettibile di associazione al marchio attoreo, per i motivi di cui in narrativa; ordinare alle convenute di provvedere al ritiro, anche presso terzi e/o sul sito internet/profili social, di ogni prodotto e/o materiale recante il marchio “RAGIONE_SOCIALE” e /o “RAGIONE_SOCIALE”, ovvero di espressioni simili o confondibili, a qualsivoglia fine detenuto, ivi inclusa ogni scatola, contenitore od imballaggio ovvero di ogni materiale pubblicitario e promozionale;
disporre a cura delle odierne attrici ed a spese delle convenute la pubblicazione dell’emananda sentenza su almeno due quotidiani nazionali che si indicano ne “La Repubblica” e ne “Il Corriere della Sera”, in caratteri doppi rispetto al normale, nonché per 30 giorni sui siti internet delle convenute;
fissare infine una congrua somma dovuta, comunque non inferiore ad € 2.000,00= per ogni violazione e/o inosservanza da parte delle odierne convenute successivamente constatata ovvero per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento di inibitoria;
conseguentemente condannare e/o al risarcimento, ai sensi dell’art. 125 C.P.I., di tutti i danni subiti e subendi dalle società attrici, in conseguenza degli illeciti sopra menzionati, nella misura che sarà accertata in corso di causa ai sensi dell’art. 125, II comma, C.P.I., ovvero nella somma che sarà ritenuta dovuta anche in via generica e/o equitativa, in ogni caso disporre, ai sensi dell’art. 125, III comma, C.P.I. la restituzione alle attrici degli utili realizzati da e/o da , a seguito della condotta illecita sopra descritta nella misura in cui essi eccedono il risarcimento del lucro cessante. Con vittoria di spese, spese generali e compensi professionali del presente giudizio.
In via istruttoria si insiste per l’accoglimento delle istanze istruttorie formulate nella seconda memoria ex articolo 183, VI comma, c.p.c. di seguito riportate e per il rigetto delle istanze avversarie:
– ai fini della quantificazione del danno, evidentemente determinato dalla illecita condotta posta in essere dalle convenute, si chiede ex art. 210 c.p.c., nonché ex art. 121 CPI, l’esibizione in giudizio di tutta la documentazione contabile (bilanci, scritture contabili, libri giornali, libri inventari, registri IVA, fatture, ordini), promozionale e pubblicitaria delle stesse, relative allo sfruttamento nel territorio italiano dei marchi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, dal 2017 ad oggi;
– data la complessità delle verifiche richieste, affinché il danno sia quantificato con precisione e nella sua interezza, anche alla luce e tenuto conto della documentazione già depositata sul punto dalle attrici (cfr. doc. 34, 35, 36, 37, 38), si chiede all’Ill.mo Giudice di voler disporre relativa consulenza tecnica d’ufficio contabile;
– si chiede, inoltre, volersi ammettere interrogatorio formale nei confronti del legale rappresentante pro tempore della e, nel caso in cui intervenisse, nel mentre, una modifica delle cariche societarie di parte convenuta, la prova per testi del Dott. residente in Milano, sui seguenti capitoli di prova:
1. “Vero che già nel 2014, era a conoscenza dei marchi di “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE”, come emerge dallo scambio di mail sub docc. 10 e 11 di parti attrici che Le si rammostrano”.
2. “Vero che, al momento dell’apertura del punto vendita “RAGIONE_SOCIALE” nell’aeroporto di Capodichino, era edotta della titolarità in capo a e dell’uso da parte della stessa del marchio “RAGIONE_SOCIALE”, come emerge dallo scambio di mail sub docc. 10 e 11 di parti attrici che Le si rammostrano”.
Si insiste, inoltre, per l’accoglimento dell’eccezione di inammissibilità della terza memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c. depositata dalle parti convenute che, invece di costituire, come dovrebbe, atto deputato alla sola indicazione di prova contraria, è stato sfruttato dalle convenute per formulare, in una memoria di ben 17 pagine, ulteriori argomentazioni ed eccezioni, anch’esse dunque tardive ed inammissibili.
Si insiste, dunque, altresì, per l’accoglimento dell’eccezione di tardività ed inammissibilità delle istanze istruttorie ivi formulate e dei documenti allegati, di cui si chiede lo stralcio, atteso che – non trovando ragione in quanto dedotto da Part parte attrice nella seconda memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c. – avrebbero potuto e dovuto essere richieste e allegati tempestivamente con la seconda memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c.”;
per “Voglia l’Ill.mo Tribunale di Milano, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione:
1. in via principale, nel merito, rigettare le domande formulate dalle attrici in quanto infondate;
2. in via riconvenzionale, accertare e dichiarare ai sensi degli artt. 25, comma 1, lett. b) c.p.i., 27 c.p.i. e 59, 124 e 128 RMUE la nullità parziale del seguente marchio:
– Marchio UE denominativo n. NUMERO_DOCUMENTO “RAGIONE_SOCIALE”, registrato il 19.10.2017, in relazione a tutti i servizi della classe 43; 3. in ogni caso, condannare le attrici alla refusione delle spese del presente procedimento compresi compensi per avvocato, oltre 15% spese generali, 4% CPA ed IVA, e spese successive occorrende;
4. in via istruttoria, ammettersi la prova testimoniale sul capitolo di prova 1 formulato nella terza memoria ex art. 183 comma 6 c.p.i., di seguito riportato:
1) Vero che la società a incaricato la società RAGIONE_SOCIALE di sviluppare per il segno “RAGIONE_SOCIALE” un progetto di arredi e concept relativo a bar/caffetterie, e che nell’ambito di tale incarico abbiamo sviluppato il progetto relativo al locale aperto a Capodichino?
Si indica come teste del capitolo 1 che precede il Sig. presso RAGIONE_SOCIALE
per “Voglia l’Ill.mo Tribunale di Milano, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione:
1. in via principale, nel merito, rigettare le domande formulate dalle attrici in quanto infondate;
2. in via riconvenzionale, accertare e dichiarare ai sensi degli artt. 25, comma 1, lett. b) c.p.i., 27 c.p.i. e 59, 124 e 128 RMUE la nullità parziale del seguente marchio:
– Marchio UE denominativo n. NUMERO_DOCUMENTO “RAGIONE_SOCIALE”, registrato il 19.10.2017, in relazione a tutti i servizi della classe 43; 3. in ogni caso, condannare le attrici alla refusione delle spese del presente procedimento compresi compensi per avvocato, oltre 15% spese generali, 4% CPA ed IVA, e spese successive occorrende;
4. in via istruttoria, ammettersi la prova testimoniale sui capitoli di prova formulati nella terza memoria ex art. 183 comma 6 c.p.i, di seguito riportati:
1) Vero che nel periodo 2016-2017 in qualità di capo del portafoglio marchi di mi sono occupata di sviluppare il progetto relativo al brand “RAGIONE_SOCIALE” e che tale attività è stata svolta con l’ausilio di consulenti esterni quali lo Studio di RAGIONE_SOCIALE e la società di marketing e consulenza RAGIONE_SOCIALE, come da mia dichiarazione doc.
36 che mi si rammostra e come da allegati alla stessa denominati Annex 2 e Annex 3 che pure mi si mostrano?
2) Vero che la parola “FARINE” è stata scelta da come da mia dichiarazione doc.
36 che mi si rammostra?
3) Vero che il segno “RAGIONE_SOCIALE” è stato elaborato e realizzato dalla società capogruppo e dato in licenza alle società consociate nazionali facenti parte del Gruppo che ne hanno fatto richiesta quale Si indica come teste sui capitoli 1 – 3 la Sig.ra presso SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 25.11.2021, hanno agito in giudizio davanti al tribunale di Milano nei confronti di e di , chiedendo che venisse accertato e dichiarato che ogni utilizzo, anche pubblicitario e promozionale, compreso quello effettuato in via telematica, del marchio “RAGIONE_SOCIALE” e /o “RAGIONE_SOCIALE”, ovvero di espressioni simili o confondibili, costituisce violazione dei diritti di privativa di cui è titolare, nonché atto di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., e che, per l’effetto, fosse loro inibito l’indebito e illegittimo uso; che, inoltre, fosse ordinato alle convenute di provvedere al ritiro, anche presso terzi e/o sul sito internet/profili social, di ogni prodotto e/o materiale recante il marchio “RAGIONE_SOCIALE” e /o “RAGIONE_SOCIALE”, ovvero di espressioni simili o confondibili, a qualsivoglia fine detenuto, ivi inclusa ogni scatola, contenitore o imballaggio ovvero di ogni materiale pubblicitario e promozionale, con applicazione di penale;
che, infine, le convenute fossero condannate al risarcimento dei danni subiti e fosse disposta la pubblicazione della sentenza.
A fondamento delle proprie domande, le attrici hanno affermato:
1) che è una realtà aziendale che opera nel ramo della ristorazione commerciale mediante le società controllate 2) che è titolare di vari marchi contenenti il nome “RAGIONE_SOCIALE”, concessi in licenza alle controllate e, in particolare:
a) del marchio figurativo dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 21 dicembre 2001 e puntualmente rinnovato, e del relativo marchio del Regno Unito n. CODICE_FISCALE NUMERO_DOCUMENTO, registrati per le classi 21, 25, 30, 33 e 42 ;
b) del marchio figurativo dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 4 dicembre 2014, e del relativo marchio del Regno Unito n. CODICE_FISCALE NUMERO_DOCUMENTO, registrati per le classi 30 e 43 ;
c) del marchio figurativo dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 4 dicembre 2014, e del relativo marchio del Regno Unito n. CODICE_FISCALE NUMERO_DOCUMENTO, registrati per le classi 32 e 43 ;
d) del marchio denominativo verbale RAGIONE_SOCIALE dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 12 settembre 2016, e del relativo marchio del Regno Unito n. NUMERO_DOCUMENTO, registrati per le classi 30, 33 e 43;
e) del marchio figurativo dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 12 settembre 2016 e del relativo marchio del Regno Unito n. CODICE_FISCALE NUMERO_DOCUMENTO, registrati per le classi 30, 33 e 43 ;
3) che il segno distintivo “RAGIONE_SOCIALE” è stato utilizzato diffusamente sin dal 2001 come insegna e marchio, per caratterizzare l’attività di ristorazione e i relativi punti vendita, compreso il sito internet;
4) che il marchio de quo è frutto di una elaborazione di pura fantasia, la cui storia è narrata sul richiamato sito internet www.***.it;
5) che tale segno distintivo, nelle sue diverse declinazioni, ha acquisito nel tempo un sempre maggiore carattere distintivo, divenendo, a seguito di numerosi investimenti pubblicitari e dell’uso costante su tutto il territorio nazionale e all’estero, fortemente caratterizzante dell’offerta commerciale proposta;
6) di avere sviluppato una rete di ristoranti, pizzerie e punti di ristoro anche presso i centri commerciali e aeroporti, in cui viene utilizzato soprattutto il marchio ;
7) che era stata contattata nel giugno 2014 da per una collaborazione avente a oggetto la gestione di un punto di ristoro presso l’aeroporto di Malpensa a marchio “RAGIONE_SOCIALE, anche se poi l’accordo non era stato raggiunto;
8) di avere scoperto nel 2018 che aveva aperto dentro l’aeroporto di Capodichino un’attività di ristorazione contraddistinta da un marchio simile “RAGIONE_SOCIALE”, replicando l’offerta commerciale da lei proposta, contraddistinguendo il punto vendita attraverso il medesimo concept;
9) che, nonostante la diffida, ha continuato la sua attività, asserendo di utilizzare un marchio concesso in base a una licenza di titolarità di , proprietaria del marchio figurativo dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 23.12.2016 e registrato in data 05.05.2017, non sussistendo una significativa differenza tra la dicitura “RAGIONE_SOCIALE” e quella “RAGIONE_SOCIALE”;
10) di avere, quindi, agito per l’annullamento del marchio presso l’ che, con decisione del 6.07.2020, ha accolto l’opposizione, confermata anche dall’appello R.G. n. 1784/2020-1 con pronuncia del 7.10.2021;
11) che, nelle more, in data 14.01.2020, depositato, basandosi sulla registrazione del medesimo marchio effettuata in Spagna nel luglio 2017, il marchio internazionale n. 1539310, designando come Stati nazionali il Portogallo e l’Italia, all’evidente scopo di aggirare l’eventuale decisione di annullamento del marchio europeo;
12) di essere stata costretta, a fronte di ciò, a proporre una nuova opposizione a tutela dei propri diritti avverso le designazioni nazionali (Portogallo e Italia) del marchio internazionale;
13) che l’opposizione nei confronti della designazione portoghese è stata accolta dall’Ufficio preposto e confermata anche dal tribunale di Lisbona con sentenza del 30.06.2021 e dalla Corte d’appello di Lisbona;
14) che anche l’opposizione nei confronti della designazione italiana si è conclusa con una decisione di rigetto della registrazione del marchio avversario da parte dell’ ;
15) che, nonostante ciò, le convenute hanno continuato a utilizzare il marchio con evidente violazione del proprio diritto di privativa e ponendo in Parte essere atti di concorrenza sleale;
16) che tale comportamento è idoneo ad arrecare un pregiudizio sia sotto il profilo del danno emergente che del lucro cessante.
Entrambe le convenute si sono costituite in giudizio con due distinte comparse, chiedendo il rigetto delle domande svolte, asserendo l’assenza di comportamenti illeciti e svolgendo entrambe domande riconvenzionali volte ad accertare la nullità dei marchi registrati da parte attrice in quanto privi del carattere distintivo.
Il tribunale, istruita la causa attraverso la concessione di termini per il deposito delle memorie istruttorie, ritenuta matura per la decisione, ha fissato per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 21.05.2024, a seguito della quale ha trattenuto la causa in decisione previa concessione di termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
La causa è stata decisa nella camera di consiglio del 19.09.2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.
Domande riconvenzionali di nullità dei marchi denominativi di titolarità delle attrici “RAGIONE_SOCIALE” per difetto del carattere distintivo.
Il tribunale ritiene, innanzitutto, opportuno analizzare le domande riconvenzionali svolte da entrambe le convenute e volte ad accertare la nullità del marchio denominativo “RAGIONE_SOCIALE”, il n. NUMERO_DOCUMENTO, registrato in Unione Europea in relazione a tutti i servizi relativi alla classe 43, di titolarità di , in quanto, in caso di accoglimento, sarebbe assorbita la domanda di parte attrice volta ad accertare la violazione del suo diritto di privativa.
A fondamento di tali domande, le convenute hanno affermato che il marchio de quo sarebbe privo del carattere distintivo, costituendo solo un diminutivo del termine “farina”, ossia di un termine di uso comune nella prassi commerciale del settore merceologico per cui è stato registrato, concernente la “ristorazione / offerta prodotti da forno”.
Parte Tale motivo è infondato.
In via preliminare, deve essere rigettata la eccezione di inammissibilità delle domande di nullità proposte in via riconvenzionale svolta da parte attrice e fondata sulla disposizione di cui all’art. 128, comma 2, RMUE, secondo la quale:
“Un tribunale dei marchi UE respinge una domanda riconvenzionale di decadenza o di nullità se una decisione pronunciata dall’Ufficio, nei confronti delle stesse parti, su una domanda con il medesimo oggetto e il medesimo titolo, è già divenuta definitiva”.
Si ritiene, infatti, contrariamente da quanto affermato da parte attrice, che, nel caso di specie, non sussista alcuna pronuncia definitiva, in quanto la decisione adottata dall’ di rigettare parzialmente la opposizione e di procedere alla registrazione del marchio “RAGIONE_SOCIALE” per la classe merceologica n. 43 (doc. 13 del fascicolo di parte convenuta) non rappresenta una pronuncia definitiva, atteso che essa può essere sempre impugnata davanti all’ (o davanti all’autorità giudiziaria) intentando una azione di decadenza o di nullità, secondo la procedura prevista dagli artt. 63 e ss. della ex Sezione V del medesimo Regolamento, che si conclude con una decisione definitiva. Ciò premesso, per quanto concerne il merito, il Collegio osserva che la disposizione di cui all’art. 13, comma 1, lett. b) c.p.i. prevede espressamente che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni distintivi privi di carattere distintivo e, in particolare “quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio”, con conseguente nullità degli stessi ai sensi dell’art. 25, comma 1, lett. b) c.p.i.. Secondo giurisprudenza costante anche europea, perché un segno ricada nei divieti enunciati da tale disposizione, occorre che esista una relazione sufficientemente diretta e concreta tra il segno e i prodotti o servizi in questione, tale da consentire al pubblico interessato di percepire immediatamente e direttamente una descrizione dei prodotti e servizi di cui trattasi o di una delle loro caratteristiche (RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE (), T-19/04, EU: T:2005:247, punto 25; COGNOME/NOME–COGNOME (DEVIN), T-122/17, EU: T: 2018: 719, punto 18).
Pertanto, la valutazione del carattere descrittivo di un marchio, dev’essere effettuata, da un lato, in relazione ai prodotti e ai servizi per i quali la registrazione del segno è stata richiesta e, dall’altro, in relazione alla percezione dello stesso da parte del pubblico di riferimento, costituito dal consumatore di tali prodotti o servizi (RAGIONE_SOCIALE, T 219/00, EU:T: 2002: 44, punto 29).
La evidente ratio di tale disposizione consiste nell’assicurare che i segni descrittivi di una o più caratteristiche dei prodotti o dei servizi, per i quali è richiesta una registrazione come marchio, possano essere liberamente utilizzati da tutti gli operatori economici che offrono prodotti o sevizi.
Tale previsione ha lo scopo, quindi, di impedire che tali segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi e che quest’ultima monopolizzi così l’uso di un termine descrittivo, a discapito delle altre imprese, comprese quelle concorrenti, che vedrebbero così ristretta la portata del vocabolario disponibile per descrivere i propri prodotti.
Nel caso di specie, contrariamente da quanto affermato dalle convenute, “RAGIONE_SOCIALE” rappresenta un nome di fantasia e non costituisce nella lingua italiana il diminutivo del termine comune “RAGIONE_SOCIALE”, configurando tutt’al più, secondo il vocabolario italiano, un piatto tipico di Putigliano di Puglia, a base di farina di ceci e di orzo tostato, che si realizza a carnevale, e la maschera corrispondente, pacificamente non commercializzato e non richiamato nei punti vendita “RAGIONE_SOCIALE”.
Si ritiene, peraltro, che la circostanza che all’interno del segno distintivo sia inserito il termine “farina” non comporta di per sé che esso debba presentare necessariamente un carattere descrittivo, il quale, invero, connota solo i segni “divenuti di uso comune nel linguaggio corrente e negli usi costanti del commercio”, nonché quelli “costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono”, ex art. 13 c.p.i., ossia i marchi indicativi del nome comune di un prodotto o di una categoria merceologica e quelli meramente descrittivi delle caratteristiche e delle funzioni essenziali del prodotto che vanno a contraddistinguere con riferimento alla classe per cui è stato registrato. Si osserva, infine, che, anche aderendo alla tesi di parte convenuta, tale segno non è, comunque, descrittivo della classe 43 per cui stato registrato, riguardando essa, in generale, tutti i servizi di ristorazione (alimenti), in relazione ai quali tale termine non può assumere alcun significato descrittivo dei prodotti o dei servizi forniti ovvero delle caratteristiche dei medesimi.
2. Domanda di contraffazione dei marchi di titolarità di parte attrice.
Passando, quindi, ad analizzare la domanda di contraffazione svolta in via principale, il tribunale rileva che parte attrice ha assolto al proprio onere probatorio, dimostrando di essere titolare di una pluralità di marchi, tutti contenenti il nome “RAGIONE_SOCIALE” e, in particolare:
a) del marchio dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 21 dicembre 2001 e puntualmente rinnovato, e del relativo marchio del Regno Unito n. CODICE_FISCALE NUMERO_DOCUMENTO, registrati per le classi 21, 25, 30, 33 e 42 (doc. 5 del fascicolo di parte attrice) b) del marchio dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 4 dicembre 2014, e del relativo marchio del Regno Unito n. CODICE_FISCALE NUMERO_DOCUMENTO, registrati per le classi 30 e 43 (doc. 5 del fascicolo di parte attrice), c) del marchio dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 4 dicembre 2014, e del relativo marchio del Regno Unito n. CODICE_FISCALE NUMERO_DOCUMENTO, registrati per le classi 32 e 43 (doc. 5 del fascicolo di parte attrice) d) del marchio verbale RAGIONE_SOCIALE dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 12 settembre 2016, e del relativo marchio del Regno Unito n. CODICE_FISCALE NUMERO_DOCUMENTO, registrati per le classi 30, 33 e 43 (doc. 5 del fascicolo di parte attrice); e) del marchio dell’Unione Europea n. NUMERO_DOCUMENTO, depositato in data 12 settembre 2016 e relativo marchio del Regno Unito n. CODICE_FISCALE NUMERO_DOCUMENTO, registrati per le classi 30, 33 e 43 (doc. 5 del fascicolo di parte attrice) A fronte di tale prova, è circostanza pacifica che la convenuta utilizzi in Italia il marchio denominativo / figurativo su licenza di , titolare del marchio, avendo apportato una mera inversione dei termini “RAGIONE_SOCIALE” anziché “RAGIONE_SOCIALE”, pacificamente non oggetto di valida registrazione in Italia a seguito delle opposizioni presentate. Ai fini di valutare la violazione da parte delle convenute dei diritti di privativa di parte attrice, il Collegio evidenzia che, com’è noto, la funzione del marchio è quella di garantire l’identità dell’origine del prodotto contrassegnato, consentendo al consumatore o all’utente finale di distinguere un prodotto o un servizio da quelli di un’altra origine, senza alcun rischio di confusione alla luce di quanto previsto dall’art. 20, comma 1, lett. b) c.p.i., il quale dispone che:
“i diritti del titolare del marchio d’impresa registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio.
Il titolare ha diritto di vietare a terzi, salvo proprio consenso di usare nell’attività economica:
b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza fra segni e dell’identità o affinità fra prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra due segni”.
Affinché il marchio possa svolgere il suo ruolo essenziale nel sistema di concorrenza non falsata, pertanto, esso deve garantire che tutti i prodotti o servizi, che recano il marchio, siano stati originati sotto il controllo di un’unica impresa che sia responsabile della loro qualità (cfr. C-39/97, 29.09.1998, EU: C:1998:442, par. 28).
Il rischio di confusione è, pertanto, costituito dal fatto che il pubblico di riferimento potrebbe credere che i beni o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, se del caso, da imprese economicamente collegate e dipende da numerosi elementi, che devono essere valutati complessivamente, tra cui l’associazione che si può fare con il marchio registrato, il grado di somiglianza tra il marchio e il segno e tra i beni e i servizi identificati (29/09/1998, C-39/97, EU: C:1998:442, § 16, 29; 22/06/1999, C-342/97, , EU: C:1999:323, § 17-18).
Nella determinazione della sussistenza del rischio di confusione, il Collegio osserva, alla luce dei principi espressi dalla Suprema Corte, che i marchi devono essere messi a confronto mediante una valutazione globale delle loro somiglianze visive, fonetiche e concettuali con riferimento al consumatore medio di una determinata categoria di prodotti, considerando anche che costui non ha possibilità di un raffronto diretto e si basa invece su una percezione mnemonica dei marchi (cfr. Cass. ord. 12566/2021; 12/06/2007, C-334/05 P, , EU: C:2007:333).
Il tribunale rileva che l’apprezzamento del giudice del merito sulla confondibilità fra segni distintivi similari deve essere compiuto non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica (cfr. Cass. 8577/2018; Cass. 1906/2010; Cass. 6193/2008).
Come ribadito di recente anche dalla Cassazione, infatti, tale accertamento deve essere condotto con riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione di impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va effettuata in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio, che il consumatore guarda, e il mero ricordo dell’altro (cfr. quanto evidenziato in motivazione da Cass. 17 ottobre 2018, n. 26001, attraverso il richiamo a Cass. 28 febbraio 2006, n. 4405). Tale principio è conforme all’insegnamento della giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo cui il rischio di confusione tra marchi deve essere oggetto di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie;
valutazione che deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai segni, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (Corte giust. CE 11 novembre 1997, C-251/95, Sabel, 22 e 23; Corte giust. CE 22 giugno 1999, C-342/97, Lloyd, 25, la quale precisa, al punto 26, che, il consumatore medio di una data categoria di prodotti, per quanto sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria).
Nel caso in questione, i segni oggetto di confronto sono, da una parte, quello denominativo contenente la parola “RAGIONE_SOCIALE”, registrato al n. NUMERO_DOCUMENTO, e quello figurativo registrato al n. 13529301, e, dall’altra, il marchio di fatto , a cui seguono le parole “RAGIONE_SOCIALE” (come utilizzato da o “RAGIONE_SOCIALE” (come voleva essere registrato da ), come è meglio possibile osservare alla luce delle foto sotto riportate:
Alla luce dei principi espressi, si osserva che, nel caso di specie, i marchi registrati e quello delle convenute si riferiscono allo stesso tipo di prodotto, che gran parte degli elementi del nome sono uguali – RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e e che utilizzano lo stesso tipo di carattere e la stessa dimensione, nonché lo stesso effetto visivo, data la posizione degli elementi del nome.
L’approccio corretto all’esame della confondibilità dei marchi che deve essere seguito è, infatti, quello che – pur rispettando il principio di interdipendenza – colloca i fattori di somiglianza dei segni, a livello fonetico, visivo e concettuale, su uno dei “piatti della bilancia” e i fattori di differenziazione di questi segni sull’altro “piatto”, in modo tale che la grande somiglianza nell’ambito di uno di questi livelli possa essere compensata dall’elevata dissomiglianza nell’ambito degli altri.
Analizzando i singoli aspetti, il tribunale osserva che, sotto il primo profilo visivo, sebbene i marchi in conflitto non siano esclusivamente marchi denominativi, il marchio registrato contiene anche la parola “RAGIONE_SOCIALE“, comune ai marchi delle convenute, e, se analizzati nel loro insieme, presentano innegabili somiglianze visive.
In particolare, tutti i marchi registrati di parte attrice contengono l’elemento verbale “RAGIONE_SOCIALE”, scritto in lettere maiuscole nere e quello figurativo n. NUMERO_DOCUMENTO presenta anche la scritta “RAGIONE_SOCIALE” realizzata in lettere maiuscole bianche, tutto su uno sfondo grigio, rettangolare, il quale include anche un elemento figurativo costituito da un dispositivo circolare contenente una raffigurazione stilizzata di una testa di donna e gli elementi verbali “ .
A causa delle sue piccole dimensioni e della posizione marginale, questo elemento figurativo, in cui è rappresentato in maniera tratteggiata un volto di donna riferibile presumibilmente a quella certa a cui era stato attribuito, secondo quanto narrato sul sito di parte attrice, il soprannome di “COGNOME”, in realtà appare meramente decorativo e tende a passare inosservato e ignorato dal pubblico interessato.
Al riguardo si rileva, infatti, che quando un marchio, come nel caso di specie, è composto da elementi verbali e figurativi, i primi, solitamente, sono considerati maggiormente distintivi rispetto ai secondi, in quanto il consumatore, nel processo che porta a sintetizzare gli aspetti visivi di un’immagine nelle sue componenti essenziali, per ricordarli, sarà più facilmente portato a riferirsi ai prodotti citando il nome piuttosto che descrivendo gli elementi figurativi, i quali tendono a essere rimossi nella memoria (14/07/2005, T-312/03, Selenium-Ace, EU: T:2005:289, § 37).
I marchi di fatto oggetto di contestazione, invece, sono caratterizzati da una prima scritta “RAGIONE_SOCIALE”, realizzata a caratteri di grande dimensione neri, e da un’ulteriore scritta collocata al di sotto a caratteri più piccoli “RAGIONE_SOCIALE” (versione effettivamente utilizzata da e “RAGIONE_SOCIALE” (versione per cui ha chiesto la registrazione).
Da un punto di vista del carattere tipografico e della struttura è evidente la similitudine fra i marchi, presentando gli stessi caratteri in stampatello maiuscolo e un carattere, se non identico, molto simile, idonei a generare, sotto il profilo mnemonico percettivo, una impressione generale di somiglianza media.
Tali somiglianze non scompaiono con le parole generiche “BAKERY” e ” “, perché anch’esse sono incluse nella loro composizione e sono sempre collocate sotto l’espressione FARINE/FARINELLA, fornendo così un’immagine complessiva simile.
Si rileva, peraltro, che le parti convenute non hanno evidenziato, come era loro onere, differenze sufficientemente significative tra i marchi in confronto in modo tale da fare escludere un rischio di confusione per associazione da parte del consumatore di questi prodotti, il quale, di fronte al marchio delle convenute, avendo memoria dei marchi precedentemente registrati della attrice, non può immediatamente distinguerli, essendo la parola prevalente COGNOME in grassetto e in maiuscolo (che costituisce la parte iniziale della parola FARINELLA e come tale è totalmente assorbita in essa). Anche sotto un profilo verbale, il tribunale osserva che il termine “FARINE” è contenuto in quello “RAGIONE_SOCIALE”, circostanza che si ritiene idonea a indurre il consumatore di questo tipo di prodotti facilmente in errore e confusione, potendogli far credere che si tratti di prodotti appartenenti allo stesso marchio o almeno facenti parti dello stesso gruppo economico di parte attrice, data la leggera variazione tra i due termini, tenuto conto della prevalenza dell’elemento nominativo, con la parte iniziale comune – FARINE – facilmente associabile a FARINELLA, assumendo una minor rilevanza rispetto alla parte finale ” “. Tale somiglianza è tanto più evidente se si tiene conto che i consumatori vivono in un mondo verbale in cui le parole, soprattutto quelle scritte, dominano la vita quotidiana, ricordando le parole molto più intensamente, anche se in modo impreciso e con poco rigore e in termini sempre offuscati dalla nebulosità della memoria che si costruisce sul trinomio impressione, ripetizione e associazione.
Tali somiglianze, peraltro, devono tenere conto anche del fatto che i marchi in confronto presentano, poi, tutti la medesima parola “Bakery” e quello attoreo e quello utilizzato da presso l’aeroporto di Capodichino anche la medesima parola “Coffee”, mentre quello di titolarità di il termine molto simile “RAGIONE_SOCIALE”.
Da un punto di vista fonetico, il Collegio rileva, poi, che il segno oggetto di registrazione è integralmente riprodotto nei segni delle convenute e ne costituisce le prime 3 sillabe:
RAGIONE_SOCIALE(LLA), circostanza che rende difficile la distinzione tra di essi perché suscettibile di trarre in inganno o di favorire un’associazione tra i segni, inducendo il consumatore a credere indebitamente che essi abbiano la stessa origine commerciale o che esista un qualche rapporto giuridico, economico o organizzativo tra le rispettive entità, pensando, a esempio, che questo marchio identifichi una variante del marchio precedente.
I segni, peraltro, coincidono, anche nel suono dell’elemento “RAGIONE_SOCIALE”, mentre gli elementi “COFFEE” e “RAGIONE_SOCIALE‘” suonano simili, al punto che entrambi pronunciate in due sillabe coincidono nel suono delle consonanti ‘C’ e ‘F(F)’, e differiscono nei suoni delle vocali ‘O- EE’/’A-E’.
Dal punto di vista mnemonico percettivo le sillabe in comune risultano collocate nelle posizioni di testa, che sono quelle che solitamente si memorizzano con più forza, come pure le ulteriori presenti, identiche o simili generano un’impressione di forte somiglianza.
Da un punto di vista, infine, concettuale, i segni in oggetto risultano tutti caratterizzati dalle parole “Cafè” o “Coffee”, il quale rappresenta non solo la pianta da cui si ricava l’omonima bevanda, ma anche il locale dove essa si somministra insieme ad altre, e dal termine inglese “Bakery”, che si Part riferisce a un esercizio commerciale dove si possono acquistare pane e vari prodotti da forno.
Inoltre, entrambi i segni contengono la parola “FARINE”, anche se, come precedentemente evidenziato, solo nel segno utilizzato dalle convenute il termine “farine” indica l’ingrediente fondamentale con cui vengono realizzate pane, torte, pizze e altri succedanei, mentre in quello utilizzato dall’attrice il termine “farinella”, pur contenendo il termine farine, rappresenta un nome di fantasia, non essendo utilizzato nella lingua italiana come un suo diminutivo.
Nel loro complesso, comunque, è pacifico che entrambi i marchi indicano, in generale, un luogo di ristorazione e un luogo da caffè e di vendita di prodotti alimentari da forno anche tenuto conto dei termini “RAGIONE_SOCIALE” e/o “RAGIONE_SOCIALE” e/o “Bakery”.
Ai fini del giudizio di somiglianza assume, in particolare, rilevanza il fatto che i segni contraddistinguono servizi identici, ovvero esercizi commerciali in cui viene effettuato un servizio di bar-caffè, di caffetteria, di ristoranti anche self-service, di snack bar e di pizzerie, rivolgendosi ai medesimi consumatori con il rischio concreto che le convenute possano ottenere un vantaggio illegittimo in conseguenza del fatto che i clienti possano acquistare i suoi servizi confondendoli o associandoli con i servizi segnalati dai marchi dell’attrice. A tale riguardo si deve tenere conto che il rischio di confusione deve essere valutato sul consumatore medio di quel tipo di prodotto – gli alimenti – che è largamente consumato e non richiede una particolare attenzione da parte degli acquirenti, anche perché si tratta di prodotti che vengono acquistati frequentemente e non sono particolarmente costosi.
Si evidenzia, infine, che l’imitazione non implica la copiatura, l’uguaglianza totale, ma può essere parziale e la contemporanea esistenza di elementi diversi e di elementi comuni.
L’importante è verificare se i diversi elementi consentono al marchio di possedere, nel suo insieme, capacità o efficacia distintiva, perché se ciò non avviene, cioè se la somiglianza con l’altro è tale da determinare confusione tra i due, si deve ritenere accertata l’esistenza dell’imitazione.
Nel caso di specie, nonostante le differenze, il tribunale ritiene che vi sono elementi comuni ai marchi in confronto che determinano una forte somiglianza verbale, fonetica e concettuale, tale da indurre in errore o confondere il consumatore medio, solitamente distratto dai dettagli, inducendolo ad acquistare un prodotto del marchio delle convenute, o perché convinto che si tratti del marchio che ha in mente, o perché convinto che vi sia una qualche associazione tra i marchi dell’attrice e il marchio delle convenute. Nessuna rilevanza assume quanto asserito da parte convenuta, secondo cui le differenze tra i due segni dovrebbero escludere l’applicazione della normativa a tutela dei marchi, stante il carattere debole dei marchi registrati, presentando aderenza concettuale al prodotto o al servizio offerto, con la conseguenza che le modifiche apposte sui due marchi sono idonee ad escluderne la confondibilità (cfr. Cass. 8942/2002; Cass. 15927/2018).
Si ritiene, infatti, che il marchio “RAGIONE_SOCIALE” presenta un carattere “forte”, costituendo, alla luce della motivazione che precede, un nome di fantasia rispetto alla classe merceologica per cui è registrato (n. 43: “Servizi di ristorazione ; Alloggi temporanei”), non avendo alcuna attinenza con i servizi indicati.
Si osserva, comunque, che anche se si intendesse, come sostengono le convenute, che i marchi di parte attrice sono marchi “deboli”, in quanto utilizzano il termine FARINE – un termine descrittivo del prodotto farina – che ha un ambito di protezione più ristretto rispetto ai marchi potenzialmente confondibili, anche se registrati, il confronto con il marchio registrato deve essere fatto comunque, oltre che con tale termine, anche con gli altri due termini “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE”, termini che sono uguali o simili (nel caso di RAGIONE_SOCIALE) a quelli utilizzati dalla attrice, che fanno parte pur sempre del marchio, i quali non producono alcuna differenziazione, ma, anzi, rafforzano la somiglianza tra i segni. Nessuna rilevanza assume, inoltre, l’asserita esistenza di altri marchi, che possono o meno avere elementi in comune con i marchi oggetto del presente procedimento, atteso che tale circostanza non è idonea a dimostrare, di per sé, che il carattere distintivo dei marchi anteriori è ridotto (vedi 26/03/2019, T-105/18, , EU: T:2019:194, § 109; 05/10/2012, T-204/10, Color Focus, (UE:T:2012:523, § 48-50)).
Non sussiste, poi, in capo ai segni delle convenute una tutela come marchi di fatto, non avendo queste ultime provato, come era loro onere, un utilizzo degli stessi anteriore al 2001, data in cui è stata presentata la prima richiesta di registrazione di un marchio “RAGIONE_SOCIALE”, tenuto conto che la domanda di registrazione come marchio europeo di , dichiarata, poi, nulla a seguito di opposizione, risale al 2016, quella come marchio nazionale in Spagna al 2019 e quella come marchio internazionale con domanda recante la designazione dell’Italia e del Portogallo per la registrazione al gennaio 2020, non accolta in nessuno dei due Paesi. Alla luce della motivazione che precede e, dunque, della contraffazione dei segni de quibus, deve essere accolta anche la domanda volta a vietare l’utilizzo da parte di del marchio contestato come insegna, alla luce della norma di cui all’art 22 c.p.i..
Tale disposizione, infatti, vieta espressamente di adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio un segno uguale o simile al marchio altrui, se a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di quei segni e i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.
3. Domanda di concorrenza sleale.
Nell’accoglimento della domanda di contraffazione resta assorbita la domanda volta ad accertare atti di concorrenza sleale, non essendo state dedotte da parte attrice condotte asseritamente illecite ulteriori rispetto a quelle che hanno già formato oggetto del primo accertamento.
4. Domanda di inibitoria.
Alla luce della motivazione che precede, il tribunale ritiene che debba essere accolta la domanda inibitoria e, per l’effetto, deve essere inibito, con effetto immediato, alle convenute ogni utilizzo di tali segni distintivi “RAGIONE_SOCIALE” e/o “RAGIONE_SOCIALE”, nelle forme e nelle modalità così come allegate, a qualsiasi titolo utilizzati, anche ai fini pubblicitari e promozionali, e ordina di rimuovere l’insegna o altro segno distintivo entro 40 giorni dalla pubblicazione della sentenza.
Tali ordini devono essere assistiti da apposito astreinte e, pertanto, fissa a titolo di penale la somma di € 500,00 per ogni indebito utilizzo dei segni distintivi in questione, con qualsiasi mezzo e modo, anche via internet, con riguardo a ogni utilizzo successivamente contestato, in violazione dell’ordine di inibitoria che precede, e per ogni giorno di ritardo nell’osservanza del comando cautelare, a decorrere dal quarantesimo giorno successivo alla pubblicazione della sentenza.
Si ritiene che non debbano essere accolte la istanza di ritiro dal commercio di ogni materiale contenente tali segni distintivo e la richiesta di distruzione, in quanto l’accoglimento dell’ordine inibitorio, assistito da idonea penale, è già idoneo a soddisfare l’interesse dell’attrice a non vedere i segni distintivi in questione utilizzati.
5) Domanda di risarcimento del danno e di pubblicazione della sentenza Per quanto concerne la domanda di risarcimento del danno, il tribunale ritiene che la causa debba essere rimessa sul ruolo come da separata ordinanza per un supplemento di istruttoria.
Ogni valutazione in ordine alla istanza di pubblicazione della sentenza, è rimessa alla pronuncia definitiva della stessa.
6) Spese di lite.
Stante la pronuncia di una sentenza parziale, le spese di lite saranno liquidate nella sentenza definitiva.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
1) Accerta e dichiara che si sono rese responsabili attraverso l’utilizzo dei marchi “RAGIONE_SOCIALE” e/o “RAGIONE_SOCIALE” della contraffazione dei marchi europei di titolarità di caratterizzati dal termine “RAGIONE_SOCIALE”, come meglio indicati in motivazione, concessi in licenza a attraverso l’utilizzo dei marchi “RAGIONE_SOCIALE” e/o “RAGIONE_SOCIALE”;
2) per l’effetto, inibisce a e ad , con effetto immediato, alle convenute ogni utilizzo di tali segni distintivi “RAGIONE_SOCIALE” e/o “RAGIONE_SOCIALE”, nelle forme e nelle modalità così come allegate, a qualsiasi titolo utilizzati, anche ai fini pubblicitari e promozionali;
3) ordina a di rimuovere l’insegna o altro segno distintivo entro 40 giorni dalla pubblicazione della sentenza;
4) fissa a titolo di penale la somma di € 500,00 per ogni indebito utilizzo dei segni distintivi in questione, con qualsiasi mezzo e modo, anche via internet, con riguardo a ogni utilizzo successivamente contestato, e per ogni giorno di ritardo nell’osservanza del comando cautelare, a decorrere dal quarantesimo giorno successivo alla pubblicazione della presente sentenza;
5) provvede come da separata ordinanza in ordine alla domanda di risarcimento del danno, con rimessione della causa in istruttoria;
6) Spese di lite al definitivo.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 19 settembre 2024.
Il Giudice Relatore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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