REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE CIVILE composta dai MAGISTRATI:
Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere relatore Dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._133_2025_- N._R.G._00000452_2020 DEL_07_04_2025 PUBBLICATA_IL_07_04_2025
OGGETTO: Vendita di cose mobili
Nella causa iscritta al n. 452 del Ruolo Generale degli Affari Civili Contenziosi dell’anno 2020, promossa da: , con sede legale in Villagrande Strisaili (NU), nella INDIRIZZO, P.I. , in persona del legale rappresentante e liquidatore pro tempore , elettivamente domiciliata in Cagliari, nella INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente e/o disgiuntamente con l’avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale in calce all’atto d’appello; APPELLANTE CONTRO , con sede in Villagrande Strisaili (NU) INDIRIZZO P.I. in persona del titolare e legale rappresentante , elettivamente domiciliata in Tortolì nella INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale in calce alla comparsa di costituzione e risposta;
APPELLATA E APPELLANTE INCIDENTALE Nell’interesse dell’appellante (come da atto d’appello e foglio di precisazione delle conclusioni del 24.05.2024):
“Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis:
Nel merito: riformare parzialmente la sentenza impugnata n. 105/2020, resa dal Tribunale di Lanusei, Sezione Unica Civile, nel procedimento R.G. n. 633/2017, depositata il 30.03.2020 e pubblicata il 31.03.2020, mai notificata, nella parte in cui la stessa ha respinto le domande della società in persona del suo legale rappr.
p.t. e liquidatore in ordine al pagamento della somma di € 30.716,00 ed accessori e, quindi, disattesa e respinta ogni avversa pretesa della ditta in persona del suo legale rappr.
p.t., voglia:
1) confermare il decreto ingiuntivo RG n. 438/2017 ING n. 106/2017, emesso in data 11.10.2017 dal Tribunale di Lanusei per la somma in esso indicata, comprese le spese legali ed accessori e/o comunque ed in ogni caso, accertato il diritto di credito della società in forza delle fatture n. 3 del 26.07.2011, n.8 del 29.09.2015, n. 10 del 18.12.2015 e n. 11 del 18.12.2015, condannare la ditta in persona del suo legale rappr.
p.t. al pagamento della somma di € 30.716,00 maggiorata di interessi e rivalutazione, e/o a quella somma che dovesse risultare in corso di causa;
2) confermare per il resto la sentenza impugnata;
3) Vinte le spese del giudizio di entrambi i gradi con accessori come per legge;
4) In via istruttoria:
revocare e/o modificare l’ordinanza emessa dal G.I. presso il Tribunale di Lanusei in data 08.11.2018 ed ammettere integralmente le istanze istruttorie dedotte nell’interesse della società in sede di comparsa di costituzione e risposta nonché nelle successive memorie ex art.183 VI, c.p.c., anche in ragione di quanto già esposto nella memoria ex. art.177 c.p.c. depositata nel fascicolo telematico in data 28.03.2019, da intendersi qui trascritta.
” Nell’interesse dell’appellata e appellante incidentale (come da comparsa di costituzione e risposta):
– IN VIA PRELIMINARE ISTRUTTORIA: revocare e/o modificare l’ordinanza emessa dal Tribunale di Lanusei in persona del Giudice dott. COGNOME in data 08.11.2018 nella parte in cui rigetta le prove dedotte dalla e per l’effetto dichiarare con nuova ordinanza l’ammissione delle prove orali dedotta nella memoria ex art. 183 comma VI n. 2 e 3 cpc dalla confermandola per il resto.
NEL MERITO:
– In INDIRIZZO
respingere tutte le domande proposte dalla parte avversa e per l’effetto confermare la sentenza impugnata nella parte in cui revoca il decreto ingiuntivo RG n. 438/2017 ING n. 106/2017 emesso in data 11.10.2017 dal Tribunale di Lanusei;
in subordine, in parziale riforma della sentenza impugnata, accertare e dichiarare il mancato perfezionamento e/o la mancata individuazione della merce del contratto sottostante la fattura n. 8 del 28.09.2015 e la fattura n. 10 del 18.12.2015 sotto la voce “materiale elettrico vario” e per l’effetto dichiarare nullo e/o annullabile e /o revocare in parte il decreto ingiuntivo n. 106/2017 (RG 438/2017);
in via di ulteriore subordine:
accertare e dichiarare l’inadempimento della alla consegna di tutta la merce indicata nelle fatture in base alle quali è stata promossa l’ingiunzione e per l’effetto revocare integralmente il decreto ingiuntivo opposto;
INDIRIZZO E IN INDIRIZZO
INDIRIZZO INDIRIZZO
previa conferma della Sentenza di primo grado nel punto in cui rigetta le pretese della , in parziale riforma della sentenza impugnata, accertare il credito della nei confronti della e per l’effetto condannare la corrispondere la somma di euro 31.386,00 oltre interessi moratori o in quella minore o maggiore che risulterà in causa;
in via subordinata;
nella denegata ipotesi in cui dovessero risultare dovute dalla alla omme in dipendenza del Decreto ingiuntivo opposto, accertare il credito della pari alla somma di euro di euro 31.386,00 oltre interessi moratori o in quella minore o maggiore che risulterà in causa nei confronti della appellante, e per l’effetto dichiarare estinti per – in via ulteriormente subordinata:
in parziale riforma della sentenza impugnata, accertare e dichiarare il credito vantato dalla nei confronti della pari alla somma di euro di euro 31.386,00 oltre interessi moratori o in quella minore o maggiore che risulterà in causa e per l’effetto, previa compensazione con i crediti eventualmente riconosciuti in capo alla condannare l’odierna appellante a pagare la differenza e/o l’intero credito per capitale e interessi;
– in ogni caso:
con vittoria di spese diritti e onorati.
IN FATTO E IN DIRITTO Con atto di citazione del 24 novembre 2017, la ditta individuale ha convenuto in giudizio la società proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 106/2017, emesso, su istanza di quest’ultima in data 11.10.2017, per l’importo di euro 30.716,00 oltre interessi come per legge decorrenti sino all’effettivo soddisfo e spese, in dipendenza delle fatture n.3 del 26.7.2011, n.8 del 28.9.2015, n. 10 e n.11 del 18.11.2015 Per quanto concerne la fattura di controparte n. 8 del 28.09.2015, l’opponente ha esposto che: – aveva raggiunto nel settembre del 2015 una intesa di massima per l’acquisto di materiale elettrico presso la senza individuare le singole merci i relativi prezzi, per una spesa preventivata pari a € 22.000,00 + IVA, e cioè complessivi € 26.840,00;
– la ditta per esigenze contabili sue proprie, tuttavia, aveva emesso la fattura in questione, apponendo sul documento fiscale la dicitura “vendita in stock di materiale elettrico vario”;
– in seguito, nel dare corso all’intesa raggiunta, le parti avevano individuato tre quantitativi di merce del valore rispettivamente di € 7.500,00, € 1.000,00 ed € 10.000,00 che essa opponente aveva pagato con bonifici di pari importo in data 27.01.2016, in data 28.01.2016, in data 13.04.2016;
– il restante quantitativo di merce, del valore di € 8.340,00, non era stato individuato dalle parti né tantomeno le era stato consegnato dalla società cosicché la pretesa avente ad oggetto il pagamento della intera riguardo alle fatture n. 3 del 26.07.2011 e n. 11 del 18.12.2015, l’opponente ha eccepito la mancata consegna dei beni in esse indicate.
Con riguardo alla fattura n. 10 del 18.12.2015 ha eccepito la mancata consegna della merce nonché la mancata individuazione dei beni relativi alla voce vendita “materiale elettrico vario”.
L’opponente, domandata per tali ragioni la revoca del decreto ingiuntivo opposto, in via riconvenzionale ha sostenuto di essere a sua volta creditrice della società della somma complessiva di € 31.870,00 oltre interessi per prestazioni d’opera rese dal 2008 al 2011, relative all’installazione di impianti fotovoltaici e altro materiale elettrico, chiedendo la condanna della società opposta, previa compensazione con i crediti eventualmente ad essa riconosciuti, al pagamento della differenza o dell’integralità del proprio credito. La società opposta, costituitasi in giudizio, ha negato di non avere consegnato la merce, in ordine alla quale era stato concluso un accordo definitivo, pienamente valido ed efficace, rilevando che la ditta opponente aveva lamentato per la prima volta l’omessa consegna dei beni oggetto della compravendita, solo dopo la diffida del 10 aprile 2017, a due anni di distanza dall’emissione della prima fattura.
Ha, inoltre, negato di dovere alcunché per le prestazioni che l’opponente aveva posto a fondamento della domanda riconvenzionale, avendo pagato le fatture azionate dall’ Ha quindi concluso per la conferma del decreto ingiuntivo, con vittoria di spese.
Con la sentenza n. 105/2020, depositata il 30.03.3030 e pubblicata il 31.03.2020, il Tribunale ha statuito:
“Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, revoca il decreto ingiuntivo opposto e respinge tutte le domande proposte da entrambe le parti.
Spese compensate.
” Il Tribunale:
– ha confermato l’ordinanza del giudice istruttore che non ha accolto le istanze formulate dalle parti volte all’ammissione delle prove orali, in quanto “le prove orali dedotte dalle parti si riferiscono a circostanze che devono essere provate documentalmente, o quantomeno deve sussistere un principio esecuzione delle installazioni, vista la tipologia dei rapporti contrattuali, l’entità degli importi e la qualità delle parti coinvolte”;
– a conferma di quanto suesposto, ha richiamato l’orientamento pacifico della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale “la deroga alla regola generale che limita la prova della esistenza di un contratto per testimoni è legittima solo laddove la conclusione orale del contratto appaia verosimile, avuto riguardo alla sua natura ed alla qualità delle parti”;
nel caso esaminato, considerato che le parti rivestivano la qualità di imprenditori e si trattava di forniture per importi assai rilevanti, doveva essere provata per iscritto quanto meno l’avvenuta esecuzione delle prestazioni soprattutto in quanto l’opponente aveva contestato recisamente l’avvenuta consegna della merce indicata nelle fatture poste a fondamento del ricorso monitorio.
Peraltro la preclusione processuale trovava riscontro anche in esigenze sostanziali considerato che era stata azionata nel 2017 una fattura risalente al 2011 e che la parte aveva posto in compensazione un credito per prestazioni risalenti perfino al 2008;
– ha rigettato l’istanza di esibizione in quanto meramente esplorativa ed ha disatteso l’assunto dell’opposta laddove ha affermato che la parte avrebbe reso pacifica la pretesa fondata sulla fattura n.8, attraverso il pagamento di acconti, tenuto conto che nell’atto di opposizione essa aveva espressamente contestato la consegna di un ulteriore lotto di merce che avrebbe giustificato il pagamento del saldo;
– ha poi rigettato la domanda riconvenzionale dell’opponente perché fondata su fatture assai risalenti nel tempo, mai precedentemente indicate quale voce di credito nei confronti della e non suffragate da documentazione idonea a dimostrare le prestazioni effettivamente poste in essere.
Tanto premesso, ha revocato il decreto ingiuntivo impugnato ed ha rigettato la domanda riconvenzionale spiegata dalla parte opponente non avendo le parti provato i fatti costitutivi delle rispettive pretese e, sussistendo soccombenza reciproca, ha disposto la compensazione delle spese processuali.
è costituita in giudizio , la quale ha concluso per il rigetto delle domande proposte dalla controparte ed ha proposto appello incidentale concludendo come sopra riportato.
All’udienza del 27 maggio 2022 la causa è stata tenuta a decisione con l’assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. Con ordinanza del 12 ottobre 2022 la causa è stata rimessa in istruttoria, avendo il Collegio ammesso alcune delle prove dedotte dalle parti.
L’ordinanza istruttoria è stata confermata con ordinanza collegiale del 2 febbraio 2023, a seguito della richiesta di revoca e modifica avanzata da entrambe le parti.
Assunte le prove testimoniali ammesse, non accolta dalla parte appellante ha proposta transattiva formulata dal consigliere istruttore, all’udienza del 24 maggio 2024 la causa è stata nuovamente trattenuta in decisione con la concessione di nuovi termini per il deposito di atti difensivi finali.
Appello principale Primo motivo di impugnazione:
“Omessa e/o insufficiente, contraddittoria motivazione in relazione a punti decisivi della controversia” La società lamenta che il Tribunale avesse omesso di pronunciarsi su questioni rilevanti della causa, assumendo una decisione errata e contraddittoria.
Con la prima articolazione del motivo, censura la sentenza per “Omessa individuazione della fattispecie.
” L’appellante pone in evidenza come l’oggetto della controversia sia costituito da vari contratti di compravendita di beni mobili, i quali, essendo contratti reali, si perfezionano con il semplice consenso, mentre la consegna rappresenta una delle obbligazioni principali del venditore ma non elemento necessario al perfezionamento del contratto.
Al riguardo, richiama i criteri residuali, previsti dal legislatore ai sensi dell’art. 1510 c.c., per l’individuazione del luogo in cui può essere effettuata la consegna dei beni mobili, nonché l’art. 1511 c.c., per quanto concerne il termine per la denuncia dei vizi e difetti di qualità apparenti nella vendita di dal Tribunale, anche in relazione alle particolarità emerse nel caso in esame.
Con la seconda articolazione del motivo, censura la sentenza per “Omessa motivazione sulle modalità con le quali sono state poste in essere le vendite e consegnate le merci.
” L’appellante pone in risalto come la ditta individuale non avesse mai contestato l’esistenza dei vari contratti di compravendita, eccependo, invece, la parziale mancata consegna di alcuni beni da parte del venditore.
In merito, rileva come tale contestazione sia infondata, in quanto la merce era stata consegnata dal venditore presso la sede della ditta acquirente, secondo il disposto di cui all’art. 1510 c.c., e lamenta che il Tribunale non avesse considerato le particolari circostanze del caso concreto, in forza delle quali risultava impossibile, o quantomeno estremamente difficile, fornire la prova per iscritto dell’avvenuta consegna.
In particolare, secondo l’appellante, il Tribunale avrebbe dovuto considerare che:
– entrambe le parti “coesistevano all’interno del medesimo immobile ed operavano al suo interno condividendone i locali per l’esercizio delle rispettive attività”, sicché, essendo i beni già presenti nei suddetti locali, non vi era la necessità di trasferirli da un luogo ad un altro e, tantomeno, di predisporre un documento scritto;
– la socia della società , la signora è la moglie di , titolare della ditta omonima e odierno appellato nel presente procedimento;
– l’acquirente non contestava immediatamente l’asserito inadempimento contrattuale del venditore, ma, per la prima volta, solo “dopo 6 anni dalla prima fattura e dopo 2 anni dalle altre”, talché tale circostanza doveva essere considerata anomala.
Premesso ciò, rileva che il Tribunale avrebbe dovuto valutare le suddette circostanze, ovvero avuto riguardo alla “qualità delle parti” da un lato ed al tipo di contratto ed ai luoghi di svolgimento del lavoro dei due di provare l’avvenuta consegna dei beni di cui alle fatture de quibus.
Con la terza articolazione del motivo, l’appellante censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha omesso di pronunciarsi sulla fattura n. 3 del 26.07.2011, “liquidando la vicenda con un generico richiamo alla ordinanza istruttoria del precedente Giudice che non ha ammesso le prove”.
In merito, lamenta che il Tribunale le avesse chiesto di provare in giudizio l’“esecuzione di installazioni”, atteso che tale attività non veniva svolta dalla società, nonché, avesse sostenuto la mancanza di “un principio di prova scritta in ordine agli ordinativi delle varie forniture e alle richieste di esecuzione di installazioni”.
Diversamente da quanto sostenuto dal Giudice di prime cure, l’appellante rileva come dalle singole produzioni documentali fosse possibile evincere un indizio di prova dell’avvenuta consegna della merce, richiamando, in particolare, la fattura n. 3 del 26.07.2011, il prospetto dei dati prodotto con la comparsa di costituzione ed i c.d. spesometri relativi agli anni 2011 e 2012, riportanti tutte le transazioni effettuate dalla da tali elementi il Tribunale avrebbe dovuto evincere che i beni riportati nella fattura in esame erano stati regolarmente consegnati dalla società appellante alla la quale faceva proprio il lavoro di installazione di impianti, o, quantomeno, ammettere, la prova testimoniale. Con la quarta articolazione del motivo, censura la sentenza nella parte in cui si legge:
“Nemmeno si può condividere l’argomento svolto nell’interesse della convenuta, laddove sostiene che la controparte avrebbe reso pacifica la sua pretesa relativa al pagamento della fattura n. 8 del 28.09.2015 mediante la corresponsione di acconti, posto che la opposizione ha specificamente riguardato la consegna di un lotto di merce che avrebbe giustificato il saldo e non vi è prova che quel materiale sia mai stato consegnato.
” Preliminarmente, osserva che per nessuno di tali acconti esisteva un documento di consegna della merce o altro scritto attestante ciò che effettivamente era accaduto, per cui è chiaro che i rapporti tra le parti fossero merito, rileva l’infondatezza della contestazione di controparte, atteso che:
– appare inverosimile la circostanza per cui una società commerciale emetta una fattura esclusivamente per esigenze contabili sue proprie, laddove tale operazione comporta il pagamento anticipato dell’iva;
– il prezzo indicato in fattura fa convenire che sia stato oggetto di calcolo certo e prezzi certi, con riferimento a materiali specifici e ben individuati, è certamente già consegnati al momento della fattura;
– dalla documentazione prodotta agli atti si evince la possibilità che la che non aveva mai contestato la stessa prima della richiesta del saldo, avesse registrato la fattura, ottenendo un credito Iva da utilizzare in compensazione;
– la stessa Ditta, nel momento in cui effettuava i bonifici in acconto alla fattura n. 8/2015, non indicava la quantità e la tipologia della merce acquistata, talché, è evidente che la merce era stata individuata e consegnata al momento iniziale di emissione della fattura;
– non si capisce per quale ragione le parti avrebbero scelto un’operazione che prevede l’emissione di una sola fattura, anticipata rispetto alle successive consegne, anziché porre in essere distinti ed autonomi contratti di compravendita, con emissione, per ognuno, della rispettiva fattura.
Tanto premesso, l’appellante rileva che, diversamente da quanto sostenuto dalla controparte, dalla documentazione fiscale prodotta agli atti, emergeva chiaramente come la operasse in regime di contabilità ordinaria e pertanto fosse obbligata alla tenuta di tutte le scritture contabili previste dalla legge.
Con la quinta articolazione del motivo, l’appellante censura la sentenza in quanto “del tutto carente delle motivazioni che hanno portato a respingere la domanda della società relative ai crediti documentati nelle fatture 10 e 11 del 2015”.
Nel richiamare le argomentazioni svolte nei precedenti punti, l’appellante evidenzia come sia l’effetto traslativo sulla proprietà della merce, sia l’adempimento da parte del venditore dell’obbligo di consegna fossero locali utilizzati in condivisione dalle parti e pertanto la acquisiva contestualmente la piena ed immediata disponibilità materiale.
” Premesso ciò, precisa che la merce indicata nelle fatture n. 10 e 11 del 2015 era stata acquistata dalla stessa società e fosse tutt’ora presente presso i locali di proprietà del signor Secondo motivo di impugnazione:
“Sulla mancata ammissione dei mezzi istruttori:
le prove orali e l’ordine di esibizione” Con la prima articolazione del motivo, l’appellante censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale non ha ammesso la prova testimoniale, ritenendo che il divieto di prova per testimoni, desumibile dalla norma generale, potesse essere derogato “solo laddove la conclusione orale del contratto appaia verosimile.
” Nel richiamare le osservazioni svolte nei punti precedenti, l’appellante rileva come la non avesse mai contestato l’esistenza dei vari contratti di compravendita, eccependo, invece, la parziale mancata consegna di alcuni beni da parte della venditrice.
Premesso ciò, rileva che il Tribunale avrebbe dovuto ammettere la prova testimoniale secondo il disposto di cui all’art. 2721 c.c., tenendo conto della natura reale dei contratti, del particolare rapporto intercorrente tra le parti e del luogo in cui le stesse svolgevano la propria attività, nonché, delle produzioni documentali, dalle quali evincere indizi di prova dell’avvenuta consegna della merce.
Con la seconda articolazione del motivo, lamenta che il Tribunale avesse dichiarato inammissibile l’istanza di esibizione formulata in giudizio “in quanto avente natura esplorativa, volta non tanto ad acquisire determinati documenti quanto ad accertare la loro stessa esistenza”.
L’appellante rileva che l’istanza non avesse natura esplorativa, in quanto “l’esistenza di detti documenti risultava documentalmente provata”.
In merito, evidenzia come dalle produzioni documentali prodotte agli atti emergesse chiaramente che la teneva la contabilità ordinaria, attraverso la quale, tramite esibizione, il Tribunale avrebbe potuto acquisire precisi riferimenti in ordine alle fatture emesse dall’odierna appellata.
’appellante censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale, non accogliendo le proprie domande, non le avesse riconosciuto le spese legali.
In merito, precisa che tali spese erano state già liquidate con decreto ingiuntivo, ingiustamente revocato.
***** Appello incidentale Primo motivo di impugnazione:
“sull’omessa motivazione in ordine alle fatture n. 24/2008;
24/2009 e n. 28/2010.
” La Ditta individuale censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha omesso di motivare in ordine alla richiesta di pagamento delle fatture sopra menzionate, limitandosi ad affermare che “identico dispositivo si impone per la domanda riconvenzionale dell’opponente fondata su fatture assai risalenti nel tempo, mai precedentemente indicate quale voce di credito nei confronti della e non suffragate da documentazione idonea a dimostrare le prestazioni effettivamente poste in essere”.
L’appellata-appellante incidentale rileva come la non abbia mai contestato i titoli sui quali si fondava la sua pretesa, limitandosi ad eccepire, senza provare, l’avvenuto pagamento delle fatture.
In merito, evidenzia che le scritture contabili prodotte in giudizio dalla stessa società non possano essere utilizzate come prova a suo favore, secondo il disposto di cui all’art. 2709 c.c., né tantomeno come indizio, secondo il disposto di cui all’art. 2710 c.c., in quanto “né bollate né vidimate.
” e comunque, da sole, esse non potevano provare il pagamento del debito.
A sua volta, esso appellante incidentale aveva prodotto tutti gli estratti conto relativi agli anni 2008, 2009 e 2010 al fine di dimostrare di non aver mai incassato le somme oggetto delle fatture in questione.
Di conseguenza, la società appellante avrebbe dovuto essere condannata al pagamento del debito azionato in via riconvenzionale.
Secondo motivo di impugnazione:
“in relazione all’asserita mancanza di un principio di prova scritta in merito alle prestazioni d’opera e/o di servizio L’appellata-appellante incidentale censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale non ha ammesso le prove orali dedotte in giudizio con le memorie ex art. 183 c.c. per la mancanza di un principio di prova scritta idoneo a dimostrare le richieste di esecuzione delle installazioni.
In merito, rileva come le fatture prodotte in giudizio, anche se risalenti nel tempo, rientrino pienamente nella definizione di principio di prova scritta, stabilito dall’art. 2724 c.c., che ammette la deroga ai limiti della prova testimoniale previsti dall’art. 2721 c.c., per cui il Tribunale avrebbe dovuto considerarle.
***** Deve in via preliminare precisarsi che i motivi degli appelli principale ed incidentale relativi alla censura del rigetto delle reciproche istanze istruttorie formulate da parte del Tribunale sono da ritenersi superati alla luce delle ordinanze istruttorie di questa Corte in data 12 ottobre 2022 e 2 febbraio 2023.
Sull’appello principale Il ricorso per decreto ingiuntivo è stato presentato dalla società odierna appellante al fine di ottenere il pagamento dalla ditta delle seguenti fatture:
1. fattura n.3 del 26.7.2011 emessa per l’importo complessivo di euro 7.492,00 relativa alla vendita di due sistemi RAGIONE_SOCIALE e di un condizionatore TARGA_VEICOLO;
2. Fattura n. 8 del 28.9.2015 emessa per l’importo complessivo di euro 26.840,00 relativa alla vendita in stock di materiale elettrico e per la quale risultano corrisposti acconti per euro 18.500,00 con bonifici bancari, residuando un saldo a debito di euro 8.340,00; 3. fattura n. 10 del 18.12.2015 emessa per l’importo di euro 11.407,00 relativa alla vendita degli elettrodomestici ivi indicati analiticamente e materiale elettrico;
4. fattura n.11 del 18.12.2015 emessa per l’importo di euro 3.477,00 relativa all’acquisto di arredi d’ufficio.
Con l’appello principale la società censura il mancato In via generale, deve premettersi che è pacifico che fino alla rottura dei rapporti la società appellante e la ditta appellata svolgevano le rispettive attività nel medesimo immobile con rapporti di stretta collaborazione.
Al riguardo delle visure camerali prodotte risulta che entrambe le parti in causa avevano sede a Villagrande Strisaili in INDIRIZZO
Dalla deposizione del teste (ud.
20.3.2023, sulla quale si rimanda a quanto appresso si viene a dire) risulta che:
al civico INDIRIZZO vi era il negozio della società odierna appellante, nel negozio vi era una botola ed una scala dalla quale si accedeva ad un deposito che aveva anche ingresso dal civico INDIRIZZO, che le due parti avevano un ufficio comune.
La teste (ud. 20.3.2023) ha dichiarato che essa seguiva la contabilità sia della ditta che della società Tale condivisione peraltro trova pieno riscontro nel fatto che la moglie dell’ era socia della società con il signor con una quota pari al 50% ciascuno e che il figlio del legale rappresentante della società odierna appellante, , è stato dipendente dell’ dal 2001 fino, gli sembra, al 2015.
Costui ha dichiarato che, seppure era dipendente della ditta , a volte, su indicazione di costui, poteva succedere che egli lavorasse nel negozio della società.
La collaborazione e gli stretti rapporti personali che intercorrevano tra le odierne parti in causa, si ripete operanti nello stesso immobile, ben giustificano in via generale l’assenza di formali bolle di consegna e/o di documenti di trasporto sulla quale, con inutile insistenza, si sofferma l’ in tutti gli atti difensivi.
Deve infatti evidenziarsi che costui non censura gli accordi aventi ad oggetto la cessione dei beni di cui alle fatture fondanti il ricorso monitorio né contesta, salvo un tardivo accenno nell’ultima comparsa conclusionale limitatamente alla fattura n.11, il corrispettivo in esse indicato ma nega l’avvenuta consegna dei beni ceduti.
Con riguardo al teste , la Corte rigetta (vedasi Corte Cost. 248/1994) l’eccezione nullità della testimonianza, tempestivamente (Cass., n. 18036/2014) sollevata dalla parte appellata- appellante incidentale, e ritiene lo stesso attendibile in quanto con la sua società di cui, si ricorda, socio al 50% è la moglie dell’ talché egli avrebbe avvantaggiato non solo il padre ma anche la moglie della sua controparte, esprimendo in più passaggi della sua deposizione incertezze che, lungi dall’essere compiacenti, sono espressione della sua genuinità andando a discapito della società. Per ciascuna fattura si esamineranno le posizioni delle parti e le risultanze istruttorie acquisite agli atti.
Si precisa che da ora il richiamo agli atti difensivi finali è da riferirsi a quelli depositati dopo l’espletamento dell’attività istruttoria.
1. fattura n.3 del 26.7.2011 (doc. n.12) emessa per l’importo complessivo di euro 7492,00 relativa alla vendita di due sistemi RAGIONE_SOCIALE (mod. 222 kf e mod. 302 kf) e di un condizionatore TARGA_VEICOLO.
Letta la comparsa conclusionale dell’ si evidenzia che il documento di trasporto in essa richiamato non è stato ammesso con ordinanza del 2 febbraio 2023 di cui non è stata chiesta la modifica nelle conclusioni rassegnate ma solo nella comparsa conclusionale.
In ogni caso il fatto che il sistema solare sia stato consegnato alla società il 2 settembre 2011 non esclude che esso possa essere stato da essa venduto su catalogo all’ il 26 luglio 2011 e poi successivamente consegnatogli e montato presso la ha contestato che le macchine di cui alla fattura n.3 gli fossero state consegnate.
Ad avviso della Corte, la consegna deve ritenersi provata in via presuntiva, sulla base dei seguenti elementi:
– la fattura risulta regolarmente annotata nel Registro IVA di entrambe le parti “È stato anche chiarito che «pur non rientrando le annotazioni del registro IVA nella disciplina dettata dagli artt. 2709 (secondo cui i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l’imprenditore) e 2710 c.c. (il quale stabilisce che i libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono formare prova tra imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa) per i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione, esse possono costituire idonee prove scritte dell’esistenza di un credito, giacché la al dichiarante, stante la sua natura confessoria ex art. 2720 c.c.» (Cass. 3383/2005; n. 32935/2018).
” (così Cass., n.26801/2019), senza che l’acquirente abbia mai contestato la consegna della merce se non quando ha ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo, sebbene, come da lui stesso rilevato nella memoria di replica, egli abbia versato l’Iva;
– risulta che ha venduto alla ditta NOME un condizionatore TARGA_VEICOLO come da fattura n. 6 del 23.6.2911 da lui prodotta.
A suo dire questo dimostrerebbe che egli aveva acquistato da terzi detto condizionatore che invece non gli era mai stato consegnato dalla Tuttavia tale ricostruzione è smentita dal teste che, sentito all’udienza del 20 marzo 2023, ha confermato che il condizionatore da lui montato presso la ditta COGNOME, raffigurato nella foto prodotta quale doc. n.8, era il solo condizionatore TARGA_VEICOLO in essa presente ed esso era stato prelevato presso la società il fatto che la fattura della società appellante abbia una data successiva al montaggio presso la ditta COGNOME non pare concludente stanti i rapporti tra le parti; – la società ha dedotto che aveva venduto un sistema RAGIONE_SOCIALE mod. 222Kf a. Tale assunto risulta riscontrato dalla fattura n.14 del 14.11.2011 dell’ prodotta dall’appellante quale doc. n. 6 annotata nel libro giornale e nel registro fatture di vendita dell’appellato;
– la società ha dedotto che aveva venduto il secondo sistema RAGIONE_SOCIALE con la fattura n.8 del 14.6.2012.
Tale assunto trova riscontro nelle annotazioni del libro giornale e del registro fatture di vendita dell’appellato;
non ha comprovato di essersi servito negli anni 2011 e 2013 presso altri fornitori per gli impianti RAGIONE_SOCIALE e così come da egli dedotto, ed anzi tale circostanza è stata negata dal teste e comunque non trova riscontro nell’esame dei libri contabili;
peraltro non può non rilevarsi che sarebbe stato contrario ad ogni logica acquistare impianti da terzi e non dalla società di cui era socia al 50% la moglie.
Dell’assunto che egli, presso i tre suddetti clienti, ha montato sistemi ed impianti non fornitigli dalla società appellante e diversi da quelli portati dalla fattura in contestazione non Non avendo l’ offerto la prova di aver versato il corrispettivo a fronte di detta fattura, lo stesso deve ritenersi ancora dovuto.
2. Fattura n. 8 del 28.9.2015 emessa per l’importo complessivo di euro 26.840,00 relativa alla vendita in stock di materiale elettrico e per la quale risultano corrisposti acconti per euro 18.500,00 con bonifici bancari, residuando un saldo a debito di euro 8.340,00.
In primo luogo si precisa che, sebbene la dicitura della fattura non sia felice, si ritiene che essa non comprovi una vendita di cose determinate solo nel genere, ma materiale elettrico di vario tipo di cui le parti hanno quantificato in modo preciso il prezzo complessivo.
L’opponente ha dedotto che le parti avevano raggiunto, nel settembre 2015, un’intesa di massima per l’acquisto di materiale elettrico da individuarsi specificamente in epoca successiva, a più riprese, senza che fossero individuate le singoli merci e relativi prezzi.
Nell’ambito di questa intesa, le parti avevano in tre occasioni individuato tre quantitativi di merce il cui corrispettivo era stato da lui regolarmente pagato con tre bonifici, come pure riconosciuto dalla società, mentre nessuna merce era stata consegnata a fronte della differenza di euro 8340,00.
La Corte non ritiene attendibile detta ricostruzione in quanto:
– egli non ha comprovato che all’interno di un accordo di massima siano stati poi posti in essere, come da lui allegato, tre singole cessioni di merce a fronte delle somme pagate;
– non è dato capire perché la società appellante avrebbe dovuto emettere una sola fattura e non tre fatture per ciascuna consegna di merce;
– la dicitura dei bonifici effettuati dallo stesso nei quali si legge “acconto fattura n.8” che non è coerente con l’assunto di somme pagate a fronte delle singole consegne di merce (doc. 14 – la fattura risulta regolarmente annotata nel registro di vendita dell’anno 2015 della società e nel registro fatture acquisti della ditta senza che mai, prima della notifica del decreto ingiuntivo, nessuna rimostranza sulla mancata integrale consegna del materiale sia stata sollevata.
Si ritiene pertanto che l’ debba essere riconosciuto debitore della. fattura n. 10 del 18.12.2015 (doc. 15 M&C) emessa per l’importo di euro 11.407,00 relativa alla vendita degli elettrodomestici ivi indicati analiticamente.
Con riguardo alla fattura de qua si ritiene che nessuna prova convincente che i beni siano stati consegnati alla ditta sia stata fornita dalla società appellante.
in sede di interrogatorio formale, ha dichiarato che detti beni sarebbero stati portati via ma ha ammesso che “ci potrebbe essere qualcosa nel mio negozio ma non sono in grado di identificarla per la generalità delle voci.
” Il teste ha affermato che i beni indicati nella fattura erano articoli che erano venduti dalla società che non poteva ricordarsi i modelli, che non sa dire se i beni fossero nella sede della società alla data della fattura in quanto aveva terminato la sua attività lavorativa nel mese di ottobre 2015.
Il fatto che tutti i beni in essa indicati fossero presenti nei locali della società e siano stati appresi dall’ non ha pertanto alcun riscontro nelle risultanze istruttorie.
Il fatto che la fattura sia regolarmente registrata nel registro vendite dell’anno 2015 dall’appellante e nel registro acquisti dalla ditta appellata, se comprova, alla luce della giurisprudenza di legittimità richiamata, l’avvenuta cessione, in difetto di ulteriori elementi, non costituisce tuttavia prova che tutti i beni siano stati materialmente consegnati all’acquirente con conseguente fondatezza dell’eccezione di inadempimento da esso sollevata.
Né alla generica dichiarazione resa dall’ in sede di interrogatorio formale può riconoscersi valore confessorio dell’avvenuta consegna di tutte le merci indicate nella fattura ora considerata, così come sostenuto dalla società appellante negli atti difensivi finali.
4. fattura n.11 del 18.12.2015 (doc. n. 16 M&C) emessa per l’importo di euro 3.477,00 relativa all’acquisto di arredi d’ufficio.
Con tale fattura la società ha venduto alla ditta scrivania, sedie, mobili, scaffali, pedana in legno e vetrate, già da essa acquistati, ad un prezzo ribassato considerato il tempo trascorso, i rapporti tra le parti ed il fatto che i beni rivenduti non corrispondevano a quanto, a sua volta, acquistato.
di INDIRIZZO in Villagrande Strisaili una vetrina fissa con vetro antisfondamento, una vetrina apribile con vetro antisfondamento e un portoncino per l’ingresso che erano stati collocati nell’immobile di proprietà ed erano ivi ancora presenti alla data della emissione della fattura come confermato dai testi (ud. 20.3.2023).
Tale circostanza risulta, peraltro, anche dalle fotografie prodotte quale doc. n. 4 dall’appellante che, contrariamente a quanto dedotto nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica dall’appellata-appellante incidentale, non ritraggono le vetrate dell’abitazione dell’ ma le vetrate e il portoncino d’ingresso del punto vendita, perfettamente corrispondenti alla descrizione di cui alla fattura n. 38 del 18.11.2002.
Della fattura de qua, al quale è stata mostrata, non ha fornito alcuna spiegazione.
Tale circostanza non è smentita dal fatto che il teste sentito alla medesima udienza, abbia confermato che nel dicembre 1995 avesse acquistato sei vetrate in alluminio e due portoni d’ingresso, non essendo tale circostanza incompatibile con l’acquisto fatto successivamente nel 2002, ben potendo essere state le originarie vetrate sostituite oppure essere quelle dell’abitazione dell’ I testi (ud.
20.3.2023) hanno altresì confermato la presenza degli scaffali presenti all’interno dell’esercizio commerciale della ditta visibili nella fotografia prodotta quale doc. n. ha altresì confermato che erano stati fatti dopo che egli aveva iniziato a lavorare per la ditta ovvero dopo il 2001, e peraltro la società ha prodotto la fattura n.9 del 20.11.2002 del loro acquisto dalla ditta COGNOME (doc. n. 3).
Non si vede quale consegna la società avrebbe dovuto provare, così come pervicacemente continua a sostenere l’ anche negli atti difensivi finali, laddove i suddetti beni sono presenti del punto vendita della società nel quale è subentrato l’ Infine, deve rilevarsi che la fattura n.11 del 18.12.2015 oggi contestata, è stata regolarmente registrata all’ nel registro Iva 2015, dovendosi richiamare l’ordinanza n. 26801/2019 della Suprema Corte già In conclusione, il Collegio ritiene provato il credito della società appellante nella misura di euro 19.309,00 di cui alle fatture n. 3 del 26.07.2011, n.8 del 29.9.2015, n. 11 del 18.12.2015. Deve pertanto essere confermata la revoca del decreto ingiuntivo opposto di cui alla sentenza impugnata e la ditta deve essere condannata al pagamento della suddetta somma di euro 19.309,00 oltre gli interessi come per legge dalla data della domanda (12 aprile 2017 per le fatture n.8 e n.11, doc. n. 19 25 luglio 2017 per la fattura n.3 doc. n. Sull’appello incidentale titolare dell’omonima ditta, ha proposto appello incidentale avverso il rigetto della richiesta di pagamento da esso formulata in relazione alle fatture n. 24/2008, n. 24/2009 e n. 28/2010, evidenziando che la controparte aveva eccepito che esse erano state regolarmente pagate senza tuttavia offrire alcuna prova. Ad avviso della Corte, con riguardo alla fattura n.24/2008, alla fattura n.24/2009 e al pagamento dell’acconto di euro 7980,74 della fattura n.28/2010 si ritiene che il pagamento debba ritenersi provato dalla annotazione dell’incasso nel libro giornale della ditta ai sensi dell’art. 2709 c.c. in quanto l’annotazione costituisce atto ricognitivo avente natura confessoria ex art. 2720 c.c. Letta la comparsa conclusionale della ditta si evidenzia che il Collegio riconosce valore ricognitivo all’annotazione dell’avvenuto incasso della fattura e non alla semplice annotazione della fattura. Tale annotazione, unitamente al fatto che per prestazioni eseguite nel 2008, nel 2009 e nel 2010 le somme portate dalle suddette fatture non sono mai state richieste e la prima pretesa è stata avanzata soltanto dopo la notifica del decreto ingiuntivo, conduce la Corte ha ritenere provato il pagamento.
Tale conclusione non può essere assunta per i pagamenti a saldo della fattura n. 28/2010, effettuati dopo che la ditta è passata alla contabilità semplificata, in quanto l’annotazione dell’avvenuto pagamento nelle sole scritture contabili dell’imprenditore che l’avrebbe eseguito non è società appellante risulta pertanto debitrice nei confronti della ditta della somma di 5315,26 oltre interessi come per legge dalla data della domanda, da identificarsi con l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo notificato il 25 novembre 2017. Con riguardo alla richiesta di pagamento della somma di euro 5.490,00 per le prestazioni d’opera o di servizio rese alla società appellante, in relazione alle quali l’appellante incidentale nella comparsa conclusionale insiste sulle richieste istruttorie non ammesse dalla Corte, si richiama quanto già esposto nell’ordinanza istruttoria del 2 febbraio 2023, con la quale la Corte ha rigettato la sua richiesta di modifica dell’ordinanza istruttoria del 12 ottobre 2022 con una motivazione (“La Corte rigetta la richiesta di modifica dell’ordinanza, evidenziando peraltro l’assoluta genericità della prova, considerato che non sono neppure precisate le circostanze di tempo e di luogo in cui gli accordi “generali” di cui ai capitoli 3), 4), 5) sarebbero stati assunti. Si osserva altresì che la qualità di imprenditori delle parti coinvolte, di cui una società di capitali, contrastava fortemente con la prospettazione di incarichi solo verbali valevoli per anni che, seppure singolarmente non avevano ad oggetto somme importanti, complessivamente finivano per ammontare ad importi notevoli, nonché che detti incarichi, seppure eseguiti, non sarebbero stati per molti anni in alcun modo compensati senza alcuna richiesta e doglianza al riguardo da parte dell’installatore.
Tali considerazioni, ad avviso del Collegio, escludono che sussistano i presupposti per derogare ai limiti di cui all’art. 2721 c.c., così come invece sostenuto dalla parte appellata.
”) che non appare efficacemente contrastata con le argomentazioni di cui agli atti difensivi finali.
Sulle spese di lite La soccombenza reciproca delle parti e la peculiarità della vicenda, caratterizzata dalla aspra rottura dei rapporti commerciali e personali tra esse esistenti, impongono la compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio, confermandosi pertanto la statuizione sul punto della sentenza appellata.
PER QUESTI MOTIVI Corte d’Appello definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra istanza, eccezione e deduzione, in parziale riforma della sentenza che per il resto conferma:
1. Condanna la ditta a corrispondere alla società somma di euro 19.309,00 oltre interessi come per legge dalla data della domanda fino al saldo effettivo;
2. Condanna la società a corrispondere alla ditta la somma di 5.315,26 oltre interessi come per legge dalla data della domanda fino al saldo effettivo;
3. Dichiara compensate tra le parti le spese di lite del presente grado del giudizio.
Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio della Sezione Civile della Corte d’Appello il 27 marzo 2025 Il Presidente NOME COGNOME Il Consigliere relatore NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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