REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI LECCE
Prima Sezione Civile
riunita in camera di consiglio nella seguente composizione:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 355/2020 pubblicata il 20/04/2020
nella causa civile iscritta al n. /2017 R.G., trattata e passata in decisione all’udienza collegiale del 27.11.2019, promossa da:
XXX s.r.l. (P.I.:), rappresentato e difeso dall’Avv.;
APPELLANTE
Contro
Comune di YYY (cod. fisc.:), rappresentato e difeso dall’Avv.;
APPELLATO
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione in data 28.4.2014 il Comune di YYY proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Lecce in favore della XXX s.r.l. per il pagamento della complessiva somma di euro 80.966,63, documentata dalle fatture emesse dalla predetta società, relative a lavori effettuati nel territorio comunale.
Costituitasi in giudizio la XXX chiedeva il rigetto dell’opposizione.
Il Tribunale con sentenza emessa in data 21.11.2017, rigettata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’opponente, accoglieva l’opposizione revocando il decreto opposto e compensando le spese processuali.
Riteneva il primo giudice che le fatture prodotte non potessero costituire prova adeguata del fatto costitutivo della pretesa creditoria fatta valere dalla società, stante l’assenza di un contratto sottoscritto dal legale rappresentante del Comune.
In ordine alle spese, invece, riteneva di compensarle tenuto conto del rigetto dell’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione e del contenuto sovrabbondante ed irragionevolmente esteso dell’atto di opposizione.
Avverso la predetta sentenza ha proposto appello XXX s.r.l., che ha chiesto la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Il Comune di YYY si è costituito in giudizio concludendo per il rigetto dell’appello e proponendo, a sua volta, appello incidentale, con cui ha chiesto, fra l’altro, la condanna della XXX s.r.l. al pagamento delle spese processuali relative al giudizio di primo grado.
All’udienza del 27.11.2019 le parti hanno quindi precisato le conclusioni e il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione, concedendo i termini ex art. 190 c.p.c. per lo scambio delle comparse conclusionali.
Motivi della decisione
Con il gravame proposto la società appellante sostiene l’insufficiente motivazione della sentenza in ordine ad alcuni punti decisivi della controversia, nonché l’errata interpretazione delle risultanze processuali.
In particolare deduce che il credito azionato risulta provato dalla copiosa documentazione prodotta, costituita dalle numerose fatture depositate, dai rilievi fotografici raffiguranti i lavori eseguiti dalla società e dalla corrispondenza intercorsa con l’amministrazione comunale.
L’appello è infondato.
La documentazione prodotta dall’appellante non è affatto idonea, come correttamente ritenuto dal Tribunale, a dimostrare l’esistenza del credito fatto valere.
Invero secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, condiviso da questo Collegio, in materia di contratti della P.A., ancorché quest’ultima agisca “iure privatorum”, il contratto deve rivestire, ex artt. 16 e 17 del r.d. n. 2440 del 1923, la forma scritta “ad substantiam” e, quindi, deve tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione di colui che esegue la prestazione e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’ente interessato nei confronti dei terzi, nonché l’indicazione dell’oggetto della prestazione e l’entità del compenso, essendone preclusa, altresì, la conclusione tramite corrispondenza, giacché la pattuizione deve essere versata in un atto contestuale, pur se non sottoscritto contemporaneamente. Il contratto mancante della forma scritta non è suscettibile di sanatoria poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti, né, a tal fine, è sufficiente che colui che esegue la prestazione accetti, espressamente o tacitamente, la delibera a contrarre, atteso che questa, benché sottoscritta dall’organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno che l’ente può revocare “ad nutum” (Cass. 27910/2018; Cass. n. 15645/2018; Cass. n. 24679/2013).
Nella fattispecie, dunque, l’osservanza della forma scritta (per il contratto che si assume concluso con l’amministrazione comunale) non è prescritta esclusivamente ai fini della dimostrazione del fatto, ma per l’esistenza del diritto azionato, il quale, pertanto, può essere provato soltanto in via documentale, non risultando sufficienti né la prova testimoniale o per presunzioni, né la stessa confessione della controparte (Cass. n. 25999/2018).
Pertanto non avendo l’appellante fornito la prova della conclusione del contratto da cui deriverebbe il credito fatto valere con il ricorso per decreto ingiuntivo, la relativa domanda non può trovare accoglimento e, conseguentemente, l’appello va rigettato.
Parimenti va rigettato l’appello incidentale, con cui il Comune ha chiesto la riforma della sentenza impugnata in ordine alla regolamentazione delle spese, posto che l’integrale compensazione è senz’altro giustificata dal rigetto dell’eccezione di difetto di giurisdizione (sollevata dall’opponente) nonché dal mancato rispetto dell’onere della chiarezza e della sintesi espositiva.
Tale onere (peraltro non osservato neanche in questa sede dalla difesa del Comune, la cui comparsa di risposta si compone di ben 119 pagine), fissato dall’art. 3, comma 2, del c.p.a., esprime un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, la cui violazione costituisce sostanzialmente una forma di abuso del processo (e del tempo dei soggetti coinvolti nella sua definizione) che rischia di incidere sulla sua ragionevole durata (Cass. n. 8009/2019; Cass. n. 21297/2016; Cass. Sez. Un. n. 964/2017).
Le spese processuali di questo grado, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico dell’appellante principale, in considerazione dell’esito complessivo del giudizio.
Si dà atto che, per effetto del rigetto della impugnazione principale ed incidentale, ricorrono i presupposti ex art.13 comma 1 quater d.p.r. n° 115/02 per il pagamento a carico dell’appellante principale e di quello incidentale di un’ulteriore somma pari a quella dovuta per la proposizione dell’appello.
P.Q.M.
1) Rigetta l’appello principale;
2) Rigetta l’appello incidentale;
3) Condanna la XXX s.r.l. al pagamento delle spese processuali relative al presente grado del giudizio, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e di tariffa nella misura del 15%;
4) Dà atto che, per effetto del rigetto della impugnazione principale e di quella incidentale, ricorrono i presupposti ex art.13 comma 1 quater d.p.r. n° 115/02 per il pagamento a carico dell’appellante principale e dell’appellante incidentale di un’ulteriore somma pari a quella dovuta per la proposizione dell’appello.
Lecce, 4.3.2020
IL CONSIGLIERE EST.
IL PRESIDENTE
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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