REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Appello di Roma
Sezione controversie in materia di lavoro previdenza e assistenza obbligatorie
La Corte composta dai magistrati
all’udienza di discussione del 18.9.2018 ha pronunciato, mediante pubblica lettura del dispositivo, la seguente
SENTENZA n. 3309/2018 pubblicata il 26/10/2018
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. del Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell’anno 2014 vertente
tra
XXX
elettivamente domiciliato in Roma,
rappr. e dif. dagli Avv.ti per procura in atti
parte appellante e
YYY
elettivamente domiciliato in Roma, rappr. e dif. dall’avv.. per procura in atti parte appellata
Oggetto: appello avverso la sentenza n. 6020/2014 pronunciata all’udienza del 28.5.2014 Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro. Conclusioni: come da rispettivi atti.
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con ricorso depositato in data 27.5.2011 XXX adiva il Tribunale di Roma deducendo:
– di avere prestato attività lavorativa per YYY in forza di un contratto di lavoro a progetto e relative proroghe, assumendo che il rapporto lavorativo si fosse svolto sulla base di fittizi contratti di collaborazione, rivelandosi da subito un tipico rapporto di lavoro subordinato, sia per le modalità di svolgimento della attività lavorativa che per le mansioni effettivamente svolte, diverse da quelle previste dai contratti di collaborazione stipulati;
– di avere lavorato presso la direzione YYY, dove egli aveva disposizione una postazione lavorativa, con utilizzo delle strutture aziendali, al pari e in comune con gli altri impiegati dipendenti;
-di avere espletato le mansioni analiticamente indicate in ricorso seguendo le direttive dei funzionari della società, rispettando un orario di lavoro di 39 ore settimanali, dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 16, 30 o dalle 9 alle 17.30 con mezz’ora di pausa pranzo, con uscita un’ora prima al venerdì, di essere tenuto a comunicare le assenze dal lavoro;
-la genericità del progetto e, in ogni caso, la conclusione dell’attività oggetto del progetto già alla data della prima proroga;
-che le mansioni svolte erano quelle di specialista amministrativo paragrafo 193 del C.C.N.L. autoferrotranvieri, corrispondente alla retribuzione mensile corrispostagli. Il XXX chiedeva pertanto:
– che fosse dichiarata la sussistenza tra le parti un rapporto di lavoro subordinato dal 1.2.2009 con la condanna della società al ripristino del rapporto, con diritto del ricorrente alla qualifica di specialista tecnico amministrativo paragrafo 193 in base al ccnl applicato, al pagamento di differenze retributive a titolo di 13ª e 14ª mensilità per gli anni dal 2009 al 2010 e di 14ª per l’anno 2011 (euro 11.363,60) e all’indennizzo ex art. 32 legge 2010 n. 183 ( euro 13.636,36) oltre alle retribuzioni arretrate maturate dal 1 ottobre 2010 al ripristino del rapporto di lavoro.
Si costituiva la società deducendo:
-la legittimità del contratto e che le proroghe non avevano attribuito minore o maggiore latitudine al contratto;
-che le mansioni svolte rientravano nel più ampio concetto della razionalizzazione dei rapporti finanziari aziendali, oggetto del progetto.
La società contestava i conteggi relativi alle differenze retributive, non corrispondenti al contratto collettivo nazionale di lavoro e che non tenevano conto che la 14ª mensilità maturasse solo con la decorrenza dell’anno solare.
Il primo giudice ha ritenuto che il contratto di lavoro a progetto fosse stato stipulato in forma scritta e con la specifica indicazione di tutti gli elementi previsti dall’art.61 D.Lvo 2003 n.279 e che, pertanto, non vi fossero elementi atti ad escludere che il contratto non fosse stato validamente stipulato e, in ogni caso, a giustificare l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 69 D.Lvo 2003 n.279.
Il Tribunale riteneva, altresì, che il rapporto di lavoro non fosse qualificabile come rapporto di lavoro subordinato, sul rilievo che dalla istruttoria svolta non fossero emersi dati univoci in ordine alla dedotta etero-direzione ed evidenziandosi l’assenza di significative circostanze, sintomatiche del carattere subordinato della prestazione. Avverso la sentenza proponeva appello la parte soccombente chiedendo la riforma della stessa e l’accoglimento delle originarie domande. Si costituiva la società per resistere al gravame.
All’udienza del 18.9.2018 la causa è stata decisa come da dispositivo.
Con il primo motivo, la parte appellante deduce la incongruenza delle decisioni istruttorie assunte dal Tribunale e censura la sentenza quanto alla mancata ammissione dei capitoli di prova richiesti dal ricorrente, volti a dimostrare:
il carattere fittizio delle proroghe, dal momento che gli obiettivi fissati nel contratto a progetto erano stati definiti entro il giugno 2009; il carattere etero-diretto della prestazione e la diversità delle mansioni svolte rispetto a quelle previste nel contratto a progetto.
Con il secondo motivo, la parte appellante deduce la parziale ed errata valutazione delle prove acquisite al processo, il malgoverno delle risultanze istruttorie.
L’appellante assume che il Tribunale abbia fondato la propria decisione sulla base delle sole testimonianze di due testi (*** e ***), senza motivare in ordine alla omessa valutazione delle altre testimonianze assunte sulle medesime circostanze. Il XXX assume, in ogni caso, che dalle prove testimoniali e documentali si desumeva il completamento delle attività in progetto già nell’aprile del 2009 e che le attività svolte non rientrassero nella esecuzione dello stesso.
La parte appellante deduce, infine, l’omessa e generica descrizione del progetto per mancanza, nel testo negoziale, della specifica indicazione delle modalità di svolgimento dello stesso.
La società appellata ribadisce che le attività svolte rientrassero nella esecuzione di progetto; la sufficienza delle prove assunte laddove i capitoli ammessi avevano consentito di approfondire le modalità di svolgimento del rapporto di lavoro; che il progetto consisteva, oltre che nelle attività preparatorie di acquisizione dei dati, nella loro elaborazione ai fini del raggiungimento dell’obiettivo.
Per quanto riguarda le censure in ordine alla valutazione delle risultanze istruttorie, la società allegava che il Tribunale aveva considerato le deposizioni dei testi direttamente coinvolti nell’attività resa dall’appellante e, quindi, maggiormente significativi.
Risulta agli atti che l’appellante lavorato presso la società YYY sulla base dei seguenti contratti:
1) contratto di lavoro a progetto per la durata di 11 mesi dal 1.2.2009 al 31.12.2009, con il quale veniva conferito al collaboratore “il progetto di razionalizzazione degli attuali rapporti finanziari in essere. Predisporre un modello cash-flow e un progetto di bando per la ricerca di un Istituto Bancario cui affidare i rapporti finanziari (ordinari, fido, anticipazioni, ecc..) utile a verificare la possibilità di ridurre gli attuali costi per interessi, commissioni e spese”. Il compenso era fissato in euro 25.000,00 corrisposto in euro 2.272,23 ogni mese per 11 mensilità;
2) contratto di lavoro a progetto del 30.12.2009 con il quale veniva convenuta “la proroga del progetto di bando per la ricerca di un Istituto bancario cui affidare i rapporti finanziari utile a verificare la possibilità di ridurre gli attuali costi per gli interessi, commissioni e spese”. Il compenso era fissato in euro 13.363,38 corrisposto in euro 2.272,23 ogni mese per 6 mensilità;
3) contratto del 25.6.2007, con il quale veniva prorogato il contratto a progetto per il periodo dal 1.7.2010 al 30.9.2010 per la seguente causale “il committente, a fronte della complessità manifestatasi nel corso della attività assegnata – nel necessario rispetto del principio del buon andamento sub specie di efficienza economica- conferisce al collaboratore la proroga del progetto di bando per la ricerca di un Istituto bancario cui affidare i rapporti finanziari utile a verificare la possibilità di ridurre gli attuali costi per gli interessi, commissioni e spese”.
In ordine alla questione della nullità del contratto e relative proroghe, in cui esame riveste valenza preliminare, la Corte osserva che il contratto di lavoro a progetto, disciplinato dall’art. 61 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, prevede una forma particolare di lavoro autonomo, caratterizzato da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale, riconducibile ad uno o più progetti specifici, funzionalmente collegati al raggiungimento di un risultato finale determinati dal committente ma gestiti dal collaboratore senza soggezione al potere direttivo altrui e quindi senza vincolo di subordinazione( v. Cass. 2013 n. 15922).
Spetta inoltre al datore di lavoro l’onere di provare l’esistenza di uno specifico progetto il quale costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
La nozione di “specifico progetto”, di cui all’art. 61 d.lgs. n. 276 del 2003, quale deriva dalla esegesi normativa, consiste – tenuto conto delle precisazioni introdotte nell’art. 61 cit. dalla l. n. 92 del 2012 – in una attività produttiva chiaramente descritta ed identificata e funzionalmente ricollegata ad un determinato risultato finale, cui partecipa con la sua prestazione il collaboratore; la norma in esame non richiede che il progetto specifico debba inerire ad una attività eccezionale, originale o del tutto diversa rispetto alla ordinaria e complessiva attività di impresa, non essendo desumibile tale nozione restrittiva né dall’art. 61 cit. nell’originaria formulazione, né dalla complessiva regolamentazione della fattispecie dettata dal d.lgs. n. 276 del 2003 e successive modifiche ( Cass. 2016 n. 17636).
Va detto, altresì, che, in tema di contratto di lavoro a progetto, il regime sanzionatorio articolato dall’art. 69 del d.lgs. n. 276 del 2003, pur imponendo in ogni caso l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, contempla due distinte e strutturalmente differenti ipotesi, atteso che, al comma 1, sanziona il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, realizzando un caso di cd. conversione del rapporto “ope legis“, restando priva di rilievo la appurata natura autonoma dei rapporti in esito all’istruttoria, mentre al comma 2 disciplina l’ipotesi in cui, pur in presenza di uno specifico progetto, sia giudizialmente accertata, attraverso la valutazione del comportamento delle parti posteriore alla stipulazione del contratto, la trasformazione in un rapporto di lavoro subordinato in corrispondenza alla tipologia negoziale di fatto realizzata tra le parti ( Cass. 2016 n. 12820).
Come ribadito da Cass. 2016 n. 14127, l’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003 (“ratione temporis” applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1, comma 23, lett. f) della l. n. 92 del 2012), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso ( v. anche Cass. 2017 n. 8142).
La assenza del progetto di cui all’art. 69, comma 1, del medesimo decreto, che ne rappresenta un elemento costitutivo, ricorre sia quando manchi la prova della pattuizione di alcun progetto, sia allorché il progetto, effettivamente pattuito, risulti privo delle sue caratteristiche essenziali, quali la specificità e l’autonomia ( v. Cass. 2017 n. 8142).
Nel caso in esame, il progetto, così come indicato nel contratto del 16.1.2009, riguarda, tra l’altro, “la razionalizzazione degli attuali rapporti finanziari in essere”, che, ad avviso della Corte, non delimita in modo idoneo il perimetro dei compiti affidati al XXX né consente di individuare un progetto determinato e funzionalmente collegato ad un risultato.
Il progetto, infatti, nella sua assoluta astrattezza non individua in che cosa consista la razionalizzazione dei rapporti finanziari né indica un processo la cui gestione, nelle varie fasi, sia affidata all’autonomia del collaboratore e che si distingua dalla ordinaria attività lavorativa qualificata di un addetto all’ufficio nel quale era inserito l’appellante.
La genericità del progetto è resa evidente dalla adibizione dell’appellante ad una serie eterogenea di adempimenti, in base ad esigenze contingenti dell’ufficio di destinazione e consistite nello svolgimento da parte del Martinelli, fin dall’inizio del rapporto di lavoro, di mansioni tipiche e ordinarie dell’area amministrazione finanza e controllo.
Il progetto, in definitiva, implica lo svolgimento di mansioni svincolate da un risultato e che non presentano, come dimostrato dalle reiterate proroghe, i caratteri della necessaria temporaneità.
In mancanza di uno specifico progetto o programma di lavoro, non ravvisabile nei singoli documenti contrattuali, il rapporto di lavoro si deve considerare di lavoro subordinato a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 69 comma 1 D.lgs 2003 n. 276, che sanziona i rapporti di collaborazione continuativa e coordinata, ove pure “genuinamente autonomi” ma privi di progetto per la loro contrarietà alla norma imperativa ( art. 1418 comma 1 cod. civ.) che prescrive l’obbligo di servirsi del nuovo tipo legale.
In tal caso, una volta accertata la violazione non è richiesto un accertamento volto a verificare se la prestazione si sia in concreto svolta secondo i canoni della subordinazione, in quanto, accertata l’assenza dell’elemento qualificante il nuovo tipo legale, scatta la conversione del contratto e si applica ope legis la integrale disciplina del contratto del rapporto di lavoro subordinato.
Va detto, sotto il profilo della corrispondenza della attività lavorativa svolta con il progetto indicato in contratto, che il XXX, come dedotto in ricorso senza specifica contestazione, aveva provveduto ad eseguire le uniche attività specificamente indicate in contratto ben prima dei rinnovi del contratto, predisponendo il modello di cash-flow già tra il febbraio e la fine di marzo 2009 ed il bando di gara per l’affidamento ad un istituto bancario dei rapporti finanziari entro l’aprile del 2009.
Nel corso del rapporto, inoltre, l’appellante era inserito da un punto di vista funzionale ed operativo presso l’Ufficio Amministrazione e Finanza, dove si era occupato della predisposizione di una gara telematica per l’acquisto di uno strumento finanziario, aveva provveduto con cadenza mensile alla redazione di un prospetto analitico finanziario dell’azienda al fine di fornire le disponibilità finanziarie mensili e trimestrali dell’azienda; all’aggiornamento continuo dei dati contabili da inserire nel modello cash flow; alla stampa del documento contabile relativo ai movimenti bancari relativi ad incassi e versamenti; interveniva sul SAP aziendale per correggere i dati anagrafici dei fornitori aziendali; provvedeva alla realizzazione delle relazioni gestionali semestrali degli anni 2009 e 2010 relativamente al controllo di congruità di alcuni conti con l’adozione di scritture contabili di assestamento.
Lo svolgimento di mansioni estranee al progetto trova riscontro nelle dichiarazioni del procuratore speciale della società, ***, il quale ha riferito della disponibilità del XXX a “ svolgere anche attività collaterali e dato che vi era un periodo di scarsa attività del progetto affidato al ricorrente per problemi organizzativi, il ricorrente ha svolto anche attività collaterali aventi influenza sul progetto assegnato”.
Tale impiego del lavoratore è confermato dalle deposizioni rese dal teste ***, dirigente responsabile dell’area finanza e controllo, il quale ha dichiarato che il XXX aveva effettivamente svolto “attività diverse da quelle pertinenti al progetto” perché era un “ periodo di lavoro eccessivo e lui si propose di aiutarci e così fece anche attività esterne al progetto”; che il XXX aveva anche lavorato con il dott. *** nell’ambito della contabilità generale e bilancio.
Il teste *** ha riferito che il XXX si era “ trovato in anticipo in scadenza del contratto di progetto e così ha cominciato a svolgere attività diverse da quelle indicate nel progetto…” ed il XXX aveva coadiuvato il teste “anche a compilare il modello F24” lavorando per quasi un mese .
Tali rilievi, che valgono a superare la necessità di esame dei motivi di gravame sulla attività istruttoria e sulla prova in concreto della subordinazione, costituiscono ragione idonea, sia per la genericità del progetto sia per la deviazione della attività lavorativa rispetto alle causali indicate nel contratto, per la declaratoria della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza dal 1.2.2009 ed ancora in corso.
Spetta all’appellante la qualifica di specialista tecnico amministrativo par. 193 ccnl autoferrotranvieri, ravvisandosi nelle attività svolte dall’appellante ( predisposizione del modello cash- flow; predisposizione delle operazione per la indizione di una gara telematica per l’acquisto di uno strumento finanziario; redazione prospetti analitici finanziari relativi ad incassi e pagamenti…collaborazione nella redazione dei bilanci civilistici e nella realizzazione delle relazioni di gestione semestrale) i connotati, previsti dalla declaratoria di riferimento, del “ possesso di adeguate competenze tecniche e/ o amministrative” e dello svolgimento “con autonomia operativa ed in via continuativa” di “compiti di notevole contenuto professionale nell’ambito di direttive di massima”.
Non è inoltre contestato che, come allegato nel ricorso di primo grado, fosse stato stabilito un compenso mensile di euro 2.272,73 corrispondente alla retribuzione di un impiegato amministrativo parametro 193 ccnl applicato.
In ordine al risarcimento del danno, ritiene la Corte che debba farsi applicazione dell’art. 32 legge 2010 n. 183 sulla base del principio sancito dal S.C. secondo cui “ ai fini dell’applicazione dell’indennità di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, rileva il duplice presupposto della natura a tempo determinato del contratto di lavoro dedotto in giudizio e della “conversione” del contratto medesimo, da estendere all’accertamento di ogni ragione che comporti la stabilizzazione del rapporto, anche se derivante da una deviazione dalla causa o funzione che gli è propria ( Cass.2018 n. 16435, in ipotesi di nullità del termine finale apposto al contratto di formazione e lavoro per mancato adempimento dell’obbligo formativo).
E’ stato affermato che l’indennità prevista dall’art. 32 della l. n. 183 del 2010, nel significato chiarito dall’art. 1, comma 13, della l. n.92 del 2012, si applica anche nel caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa dell’illegittimità di un contratto di lavoro autonomo a termine, convertito in contratto a tempo indeterminato, poiché la predetta indennità consegue a qualsiasi ipotesi di riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato in sostituzione di altra fattispecie contrattuale a tempo determinato (Cass. 2018 n. 20500).
Ciò premesso, avuto riguardo alla durata del rapporto di lavoro (dal 1.2.2009 al 30.9.2010), alle reiterate proroghe del contratto e alle dimensioni aziendali, appare congro determinare l’indennità ex art. 32 nella misura di n. 6 mensilità, dovuta indipendentemente dal danno effettivo, senza possibilità di dedurre l’aliunde perceptum o percipiendum e senza necessità di messa in mora.
Quanto alla decorrenza degli accessori, si deve fare applicazione del principio di diritto statuito da Cass. 2014 n. 3027, secondo il quale dalla natura di liquidazione forfettaria e onnicomprensiva del relativo danno consegue che gli accessori ex art. 429 terzo comma c.p.c. sono dovuti soltanto a decorrere dalla data della sentenza, che appunto delimita temporalmente la liquidazione stessa.
In conclusione, la società va condannata a corrispondere all’appellante l’indennizzo ex art. 32 comma 5 L. 183/2010, nella misura di sei mensilità, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla presente sentenza.
In ordine alle differenze retributive per il periodo lavorato, l’indennità prevista dall’art. 3 comma 5, della l. n. 183 del 2010, come autenticamente interpretato dalla l. n. 92 del 2012, è esaustiva di tutti i danni, retributivi e contributivi, subiti dal lavoratore nei periodi, ripetuti, di allontanamento dal lavoro per effetto della indebita frammentazione del rapporto, mentre, con riferimento ai periodi lavorati, il lavoratore ha diritto ad essere regolarmente retribuito ed al computo unitario di tali periodi ai fini della anzianità di servizio e della maturazione degli scatti di anzianità ( Cass. 2018 n. 17248).
Nel caso in esame, va riconosciuto il diritto dell’appellante alle mensilità aggiuntive commisurate ai compensi mensili corrisposti, laddove il trattamento economico erogato in concreto dalla società è corrispondente alla retribuzione spettante ai dipendenti con la qualifica di specialista tecnico amministrativo par. 193 ccnl di categoria e, quindi, non può essere applicato, rispetto a tali voci, il principio dell’assorbimento per la diversa qualificazione del rapporto.
La società appellata va, quindi, condannata al pagamento, in favore dell’appellante, a titolo di differenze retributive, della somma di euro 11.363,60, in assenza di una contestazione specifica in appello, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla maturazione del credito al saldo.
Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
In riforma della sentenza appellata, dichiara la sussistenza, tra le parti, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 1.2.2009, tuttora in atto, con diritto dell’appellante alla qualifica di specialista tecnico amministrativo par. 193 ccnl autoferrotranvieri; condanna la società appellata al pagamento, in favore dell’appellante, della somma di euro 11.363,60 a titolo di differenze retributive per il periodo lavorato, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo; condanna la società appellata al pagamento della indennità di cui art. 32, 5^ comma, della legge n. 183/2010, nella misura sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla presente sentenza al saldo.
Condanna la società appellata alla rifusione, in favore dell’appellante, delle spese del giudizio, liquidate, per il primo grado nella misura di euro 1.800,00 per onorari e, per il presente grado in euro 3.307,00 per onorari, oltre 15% a titolo di rimborso forfettario delle spese, con distrazione.
Roma, 18.9.2018
Il Presidente estensore
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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