REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di PIACENZA
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa, ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 582/2021 pubblicata il 10/12/2021
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3493/2017 promossa da: XXX (C.F.), rappresentato e difeso dall’avv.;
-Attore- contro
YYY (C.F.) e ZZZ (C.F.) rappresentati e difesi dall’avv.;
-Convenuti-
CONCLUSIONI
Per l’Attore:
Voglia il Tribunale adito, contrariis rejectis,
– Nel merito: dichiarare la risoluzione del preliminare di vendita sottoscritto fra le parti in data 31/07/2012 per fatto e colpa esclusiva dei sigg.ri YYY e ZZZ e, conseguentemente,
– accertata la natura vincolante della volontà espressa dalle parti nell’art. 4 del preliminare di vendita e l’assenza di qualsivoglia consenso della proprietà in ordine ai lavori ulteriori svolti dai convenuti nell’immobile per cui è causa, dichiarare che il dr. XXX nulla deve corrispondere ai sigg. YYY e ZZZ per i lavori eseguiti nell’immobile di sua proprietà, e conseguentemente,
– condannare i convenuti al risarcimento integrale del danno cagionato all’attore, oltre conservazione della caparra versata, e così come documentato e/o come verrà provato in corso di causa, con ulteriore condanna in capo ai medesimi del pagamento dell’indennità di occupazione del bene detenuto senza titolo a far data dalla stipula del preliminare sino all’effettivo rilascio.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa.
Per i convenuti:
In via preliminare
•DICHIARARE inammissibile o comunque rigettare la domanda ex art. 186 ter di rilascio dell’immobile sino all’effettivo rimborso delle somme investite ai convenuti. In via principale
•RIGETTARE la domanda avversaria in quanto infondata e non provata.
•In via riconvenzionale
•DICHIARARE la risoluzione del contratto preliminare intercorso tra le parti per fatto imputabile al signor XXX; •CONDANNARE il signor XXX alla restituzione della caparra di € 15.000,00 ricevuta dai signori YYY e XXX;
•CONDANNARE il signor XXX a versare ai signori YYY e ZZZ la somma impiegata dai signori YYY e ZZZ nei lavori di ristrutturazione o comunque quella inerente al maggior valore conseguito dall’immobile;
•DICHIARARE non dovuta a parte dei signori YYY e ZZZ alcuna indennità di occupazione almeno a far data dal febbraio 2016;
•CONDANNARE il signor XXX al rimborso delle spese sostenute per il procedimento di consulenza tecnica preventiva, sia per il compenso del Consulente tecnico nominato d’ufficio, già liquidato dal Tribunale con provvedimento in data 4 ottobre 2017 per € 3.183,52 oltre oneri di legge, sia per quanto attiene le spese legali della procedura;
•COMPENSARE in ogni caso eventuali somme che fossero da versarsi da parte dei signori YYY e ZZZ con la maggior somma da questi vantata nei confronti del signor XXX. Con vittoria delle spese e degli onorari di causa, anche per quanto attiene le spese del procedimento di mediazione.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione [1]
1. Sui fatti di causa.
1.1 Con atto di citazione ritualmente notificato, XXX ha convenuto in giudizio YYY Giuseppe e ZZZ Tiziana e ha chiesto al Tribunale di dichiarare risolto il contratto preliminare tra le Parti in data 31.07.2012 per effetto dell’inadempimento di Controparte, di condannare i Convenuti al risarcimento del danno patito in conseguenza del loro inadempimento e al pagamento dell’indennità di occupazione dell’immobile dalla data del preliminare fino al dì del rilascio nonché di accertare il proprio diritto di trattenere la somma di € 15.000,00, ricevuta a titolo di caparra confirmatoria[2].
In punto di fatto, l’Attore ha allegato che:
– in data 31 luglio 2012 stipulava con i Convenuti un contratto preliminare ad effetti anticipati, con il quale le Parti si obbligavano alla conclusione di un contratto di compravendita di una villa con giardino sita in Località del valore di complessivi € 180.000, di cui € 15.000,00 venivano immediatamente corrisposti a titolo di caparra confirmatoria, mentre i restanti € 165.000,00 sarebbero stati pagati alla sottoscrizione del definitivo da effettuarsi entro il 31.7.2014 (doc. n. 1 attore);
– nell’ambito del preliminare, i Convenuti, a fronte dell’immediata immissione nel godimento del bene, si obbligavano a sostenere le spese inerenti il rifacimento degli impianti, dei bagni, della pavimentazione e la tinteggiatura, assumendosi la responsabilità circa la realizzazione di dette opere ed impegnandosi a far redigere, ove necessario, l’attestato di certificazione energetica (doc. n. 1 attore – art. 4);
– in data 31.07.2012 le Parti integravano il preliminare, accordandosi nel senso che i Convenuti avrebbero corrisposto, a partire dal 01.09.2012 e fino alla stipula del rogito, la somma di € 1.000 al mese;
– in data 24.08.2012 i Convenuti davano inizio ai lavori, realizzando, però, una serie di interventi non previsti dal preliminare e consistiti: nella sostituzione di tutti i serramenti interni ed esterni, nella messa in posa di vari elementi a scopo decorativo, nello stravolgimento della disposizione dell’immobile con intervento di riduzione della cucina ed ampliamento dei bagni esistenti, nell’installazione di una vasca idromassaggio, nell’eliminazione della ringhiera sulla scala interna, nella sostituzione di tutti i radiatori, nella sostituzione del caminetto a legna, nella distruzione completa del giardino, con abbattimento dell’alberatura trentennale, delle siepi, del glicine rampicante e del pavimento erboso, con realizzazione di un recinto metallico, nella rimozione dell’impianto citofonico, nell’attuazione di altri interventi non necessari anche nel locale seminterrato;
– nell’aprile 2013 i Convenuti cessavano di corrispondere l’importo mensile di € 1.000,00 pattuito in sede di integrazione del preliminare;
– il termine per la stipula del definitivo, fissato al 31.07.2014, decorreva inutilmente in ragione della mancanza di denaro in capo ai Convenuti, che non riuscivano ad ottenere l’erogazione di un mutuo dalle banche;
– XXX instaurava, quindi, un giudizio avanti al Tribunale di Piacenza al fine di ottenere la liberazione dell’immobile, che tuttavia non sortiva esito positivo in ragione di un vizio procedurale (docc. n. 3-17 attore);
– in data 18.04.2014 l’arch. ***, su incarico di XXX, redigeva una relazione peritale con la quale attestava che “le operazioni effettuate vanno al dì là delle operazioni ammesse” (doc. n. 18 attore – pag. 25);
– per effetto dell’inadempimento dei Convenuti, l’Attore subiva un grave pregiudizio economico, derivante dall’aver sostenuto, confidando nella stipula del definitivo, spese per l’acquisto di una nuova autovettura e per la ristrutturazione del proprio immobile di residenza; segnatamente, l’inadempimento di controparte e l’occupazione sine titulo dell’immobile lo costringevano, insieme alla moglie, a sottoscrivere contratti di finanziamento con cessione di un quinto della pensione (docc. n. 18-22 attore);
– nel frattempo, i Convenuti continuavano ad occupare indebitamente l’immobile, chiedevano il rimborso delle spese sostenute per i lavori eseguiti ed incardinavano un procedimento di accertamento tecnico preventivo al fine di stimare il valore complessivo dei lavori svolti (r.g. n. 328/2017 – docc. n. 23-27 attore).
1.2 Regolarmente costituitisi in giudizio, YYY e ZZZ hanno chiesto il rigetto delle domande avversarie in quanto infondate in fatto e in diritto; in via riconvenzionale, hanno chiesto la risoluzione del preliminare per causa imputabile all’Attore e, per l’effetto, la sua condanna alla restituzione della caparra, alla rifusione delle spese sostenute per i lavori, al rimborso delle spese relative al procedimento di a.t.p.; in ogni caso, hanno chiesto di compensare le eventuali somme da versarsi all’Attore con il proprio maggior credito nei confronti del medesimo.
In particolare, in punto di fatto, i Convenuti hanno allegato che:
– dopo la stipulazione del contratto preliminare in data 31.07.2012 e la sua integrazione in data 01.09.2012, cessavano, a partire dall’aprile 2013, la corresponsione mensile dell’importo di € 1.000 dietro richiesta della moglie dell’Attore (doc. n. 4 conv.);
– trovandosi, alla scadenza del termine per la stipula del definitivo, in difficoltà economica, comunicavano all’Attore la propria disponibilità a posporre il termine fissato per il rogito sia versando ulteriori acconti (pari a € 40.000), sia ricominciando a corrispondere la somma di € 1.000 mensili, senza però ricevere alcun riscontro positivo (doc. n. 7 conv.);
– nel corso del procedimento possessorio instaurato dall’Attore, rinnovavano la propria disponibilità all’acquisto dell’immobile: segnatamente, in tale sede gli comunicavano di aver ottenuto, allo scopo, la delibera del mutuo da parte della Banca e si rendevano disponibili a versare l’ulteriore somma di € 10.000 (doc. n. 10 conv.);
– l’Attore, tuttavia, ostacolava la stipulazione del definitivo, rifiutandosi di fornire la documentazione catastale necessaria ed asserendo l’irregolarità urbanistica dei lavori eseguiti (doc. n. 17 conv.);
– nel frattempo, il Tribunale di Piacenza rigettava l’azione di reintegra nel possesso intrapresa dall’Attore per mancanza dei presupposti legittimanti (ordinanza n. 7783/2016 del 12.07.2016 – doc. n. 11 conv.);
– all’esito del secondo tentativo di mediazione, rimasto senza effetti, instauravano un ricorso per a.t.p. per la verifica della corrispondenza dei lavori effettuati con quelli convenuti nel preliminare, la quantificazione delle spese sostenute, l’accertamento della regolarità urbanistica delle opere, nonché la determinazione del maggior valore dell’immobile all’esito di tali lavori (docc. n. 13-31 conv.);
– seguiva un nuovo procedimento di mediazione, che dava esito negativo (doc. n. 33 conv.).
1.3 All’udienza del 10.05.2018 il Giudice, dato atto della rinunzia dell’Attore all’istanza ex art. 186 ter c.p.c., ha concesso alle Parti i termini di cui all’art. 186 comma 6 c.p.c.
All’udienza del 23.10.2018 il Giudice, ritenuta la causa sufficientemente istruita su base documentale e matura per la decisione, ha rigettato le istanze istruttorie delle Parti, fissando l’udienza per la precisazione delle conclusioni.
Sono seguiti vari rinvii di udienza, in ragione dell’avvicendamento dei Giudici nell’Ufficio nonché dell’emergenza sanitaria da Covid-19.
Nelle more, il procedimento è stato assegnato a questo Giudice che, all’udienza di precisazione delle conclusioni del 14.10.2021, ha trattenuto la causa in decisione, assegnando alle Parti i termini di cui all’art. 190 c.p.c.; all’esito, la causa viene decisa sulla base delle seguenti motivazioni.
2. Sull’inadempimento dei Convenuti e sulla risoluzione del contratto preliminare
2.1 L’Attore ha chiesto di accertare l’inadempimento, da parte dei Convenuti, degli obblighi assunti con il contratto preliminare in relazione sia alla mancata stipulazione del definitivo, sia alla realizzazione di lavori nell’immobile non previsti dal preliminare né autorizzati dall’Attore; conseguentemente, ha chiesto di dichiarare la risoluzione del contratto.
La domanda è fondata.
2.2 È noto l’insegnamento della Suprema Corte in base al quale “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore Convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento” (cfr. Cass. S.U. 30.10.2001, n. 13533).
Nel caso di specie, l’Attore ha correttamente allegato (e provato) l’inadempimento dei Convenuti sotto un duplice aspetto.
In primo luogo, è pacifico – in quanto ammesso dai Convenuti e comunque provato documentalmente (docc. nn. 3-14 att.; docc. n. 6-7 conv.) – che la conclusione del contratto definitivo non fu possibile per fatto imputabile ai promissari acquirenti, i quali non avevano disponibilità della somma da versare per la compravendita e non riuscivano ad ottenere l’erogazione di un mutuo dalle banche.
In secondo luogo, è altrettanto pacifico sia che il contratto preliminare prevedeva l’obbligo per i promissari acquirenti di provvedere, a propria cura e spese, (solo) alle opere di “rifacimento degli impianti, rifacimento dei bagni, rifacimento della pavimentazione, tinteggiatura” (doc. n. 1 attore -art. 4); sia che i Convenuti hanno realizzato opere ulteriori a quelle espressamente previste ed autorizzate dal preliminare, tant’è che hanno avviato un procedimento di a.t.p. al fine di stimare l’incremento di valore dell’immobile in conseguenza di dette opere (docc. n. 13-31 convenuti)[3].
Del resto, nell’ambito di detto procedimento di accertamento tecnico preventivo, il c.t.u.
Merli ha accertato che “i sigg. YYY – ZZZ, oltre a tutti i lavori previsti dal contratto preliminare di compravendita, hanno eseguito anche altri lavori di ristrutturazione e precisamente:
– rifacimento di tutti i serramenti interni ed esterni;
– rifacimento dell’impianto fognario esterno;
– eliminazione di tutta la piantumazione esistente nel giardino di proprietà;
– installazione di un termocamino;
– modifiche interne all’abitazione” e che “dette modifiche interne […] non concordate nel compromesso, sono consistite:
– nella demolizione della parete divisoria tra i due bagni esistenti con lo scopo di realizzare un unico bagno di dimensioni maggiori;
– nella chiusura con parete di laterizio della parte di cucina adibita ad angolo cottura così da realizzare un secondo servizio igienico” (a.t.p. n. 328/2017 – doc. 25 att.).
2.3 È evidente, dunque, l’inadempimento dei Convenuti in relazione alle obbligazioni assunte con la sottoscrizione del contratto preliminare di compravendita; di talché, va accolta la domanda attorea di risoluzione del contratto per inadempimento della Controparte.
2.4 Va, invece, rigettata la domanda riconvenzionale dei Convenuti volta alla risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dell’Attore, il quale, nell’ambito dei procedimenti di mediazione, non ha prestato il consenso alla stipula del definitivo (doc. nn 7- 10 conv.). È pacifico, oltre che documentale, che tale rifiuto sia intervenuto solo dopo la scadenza del termine fissato nel contratto preliminare per la stipula del definitivo (ossia il 31.7.2014) e, quindi, in un momento in cui, a fronte dell’inadempimento dei promissari acquirenti, il promittente venditore non era più tenuto a concludere la successiva compravendita, avendo perduto l’interesse all’affare.
2.5 Per questi motivi, si ribadisce che la causa della risoluzione del preliminare è da rinvenire esclusivamente nell’inadempimento dei Convenuti, responsabili dell’omessa stipula del definitivo nonché dell’esecuzione di opere non autorizzate nell’immobile, e che, conseguentemente, il contratto preliminare va risolto.
2.6 Dalla pronuncia di risoluzione deriva l’obbligo dell’Attore di restituire la caparra confirmatoria di € 15.000 ricevuta dai promissari acquirenti in sede di sottoscrizione del contratto preliminare.
Com’è noto, infatti, la caparra confirmatoria opera quale liquidazione convenzionale ed anticipata del danno da recesso di una Parte per effetto dell’inadempimento dell’altra; invero, “la caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c. ha la funzione di liquidare convenzionalmente il danno da inadempimento in favore della parte non inadempiente che intenda esercitare il potere di recesso conferitole ex lege, sicché, ove ciò avvenga, essa è legittimata a ritenere la caparra ricevuta ovvero ad esigere il doppio di quella versata; qualora, invece, detta parte preferisca agire per la risoluzione ovvero l’esecuzione del contratto, il diritto al risarcimento del danno va provato nell’an e nel quantum”(da ultimo, Cass. civ. sent. n. 35322/2021, Cass. ordinanza n. 20532/2020; Cass. Civ. n. 8417/2016, e Cass. civ. n. 17923/2007).
Nel caso di specie, l’Attore non ha esercitato, a fronte dell’inadempimento di Controparte, il diritto di recesso, ma ha preferito agire in giudizio per l’accertamento e la liquidazione giudiziale del danno derivante da tale inadempimento.
Pertanto, considerata l’incompatibilità dei rimedi del recesso e della risoluzione nonché l’efficacia retroattiva di quest’ultima, l’Attore è tenuto a restituire la caparra confirmatoria pari a € 15.000, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo in applicazione dell’art. 2033 c.c. (non essendo provata la mala fede dell’accipiens)[4].
2.7 Le conseguenze restitutorie proprie della pronuncia di risoluzione devono estendersi anche alla somma di € 8.000 pagata dai promissari acquirenti nel periodo successivo alla stipula del contratto preliminare e fino al mese di marzo 2013; infatti, come riconosciuto dall’Attore, “nell’aprile 2013, dopo aver corrisposto Euro 8.000,00, i convenuti cessavano di versare l’importo mensile di Euro 1.000,00 pattuito con l’integrazione al preliminare” (p. 2 comparsa conclusionale).
All’esito della risoluzione del contratto preliminare, tale somma – che doveva, peraltro, essere scomputata dal corrispettivo da versare in sede di contratto definitivo – risulta priva di giustificazione causale; di talché, l’Attore è tenuto a restituire anche l’importo di € 8.000, oltre interessi legali oltre interessi legali dalla presente domanda al saldo.
3. Sul risarcimento del danno patito dall’Attore
3.1 L’Attore ha chiesto di condannare i Convenuti al risarcimento del danno subito nonché al pagamento dell’indennità di occupazione sine titulo dell’immobile dalla stipula del contratto preliminare sino all’effettivo rilascio. La domanda è solo in parte fondata.
3.2 Come è noto “l’efficacia retroattiva della risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare comporta l’insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell’obbligo di restituire le prestazioni ricevute, rimaste prive di causa, secondo i principi sulla ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., e, pertanto, implica che il promissario acquirente che abbia ottenuto la consegna e la detenzione anticipate del bene promesso in vendita debba non solo restituirlo al promittente alienante, ma altresì corrispondere a quest’ultimo i frutti per l’anticipato godimento dello stesso” (da ultimo, Cass. civ. n. 6575/2017).
Nel caso di specie, le Parti hanno concluso in data 31 luglio 2012 un contratto preliminare ad effetti anticipati, all’esito del quale i promissari acquirenti sono stati immessi nella disponibilità dell’immobile (doc n. 1 att. – art. 4).
L’intervenuta risoluzione del preliminare, quale conseguenza dell’inadempimento dei Convenuti, comporta l’obbligo di questi ultimi di corrispondere all’Attore un’equa indennità, che remuneri l’avvenuto godimento dell’immobile dal giorno del preliminare fino al momento del rilascio del bene (ad oggi ancora occupato dai promissari acquirenti). Per quantificare tale indennità si ritiene opportuno fare riferimento ai criteri utilizzati dal c.t.u. Merli nell’ambito del ricorso per a.t.p. n. 328/2017, ove l’indennità di occupazione era stata indicata in euro € 640 mensili, pari ad € 23.700 (indennità per il periodo compreso fra 31/07/2014 e il 31/08/2017) divisa per n. 37 mensilità.
Ne consegue che l’indennità dovuta dai Convenuti per l’occupazione sine titulo dell’immobile oggetto del preliminare (risolto) è pari a complessivi € 72.320, oltre interessi legali dalla presente pronuncia al soddisfo.
3.3 L’ulteriore domanda attorea volta ad ottenere il risarcimento del danno subito per aver affrontato ingenti spese, confidando nel buon esito dell’operazione di compravendita, e per aver -conseguentemente- dovuto accendere dei finanziamenti è infondata.
In tema di distribuzione dell’onere della prova, infatti, l’Attore, al fine di veder accolta la propria domanda risarcitoria, deve allegare l’inadempimento e provare che il danno occorso sia legato da nesso di derivazione causale al comportamento inadempiente. In altri termini, colui che si assume danneggiato ha l’onere di dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del soggetto inadempiente e il danno di cui chiede il risarcimento.
Invero, la previsione dell’art. 1218 c.c. esonera il creditore dell’obbligazione non adempiuta dall’onere di provare la colpa del debitore, ma non da quello di dimostrare il nesso di causa tra la condotta del debitore e il danno di cui si chiede il risarcimento. La ratio di tale soluzione risiede nel principio di vicinanza della prova, che giustifica l’attribuzione di un onere più gravoso in capo al debitore in relazione all’elemento soggettivo (che si ritiene per costui certamente più agevole da assolvere, in quanto a lui più vicino piuttosto che al creditore), ma che non arriva a ricomprendere anche il nesso eziologico, elemento invece equidistante rispetto ad entrambe le Parti.
Nel caso di specie, l’Attore si è limitato ad allegare l’esistenza dell’evento dannoso, consistente nella sopravvenuta necessità di sottoscrivere dei finanziamenti (*** n., *** s.p.a. n. e *** n. – docc. n. 18, 19 e 21 att.), senza provare (né offrire di provare) il rapporto eziologico tra tale evento e la mancata stipulazione del contratto definitivo.
3.4 In conclusione, la domanda attorea di risarcimento del danno di € 37.989,17 è infondata, mentre va accolta la domanda volta ad ottenere il pagamento dell’indennità di occupazione sine titulo dell’immobile, di talché i Convenuti vanno condannati al pagamento di € 72.320, oltre interessi legali dalla presente pronuncia al soddisfo.
4. Sulla domanda riconvenzionale dei Convenuti
4.1 I Convenuti hanno altresì chiesto, in via riconvenzionale, la condanna dell’Attore: i) al pagamento delle spese da loro sostenute per i lavori di ristrutturazione o comunque al pagamento del maggior valore conseguito dall’immobile, ii) al rimborso delle spese sostenute per il procedimento di consulenza tecnica preventiva; in ogni caso, hanno chiesto la compensazione del loro eventuale debito nei confronti dell’Attore con tale maggior credito. Le domande dei Convenuti sono infondate e vanno rigettate.
4.2 Com’è noto, infatti, la previsione di cui all’art. 1150 c.c. – che attribuisce al possessore, all’atto della restituzione della cosa, il diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie ed all’indennità per i miglioramenti recati alla cosa stessa – è di natura eccezionale e non può, dunque, essere applicata in via analogica al detentore qualificato od a qualsiasi diverso soggetto (in termini, tra le tante, Cassazione civ., sent. n. 28379/2017).
Invero, “quando in un contratto preliminare di compravendita sia convenuta la consegna dell’immobile prima della stipula dell’atto definitivo, la relazione che viene ad instaurarsi tra il promissario acquirente e il bene è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata” con la conseguenza che “in caso di restituzione dell’immobile, il promissario acquirente non potrà invocare l’art. 1150 c.c., trattandosi di norma eccezionale dettata in favore del possessore, non suscettibile di applicazione analogica” (Cass. Civ., sent. n. 17245/2010)[5].
4.3 Nel caso di specie le Parti hanno sottoscritto un contratto preliminare ad effetti anticipati, attraverso il quale i Convenuti, in qualità di promissari acquirenti, sono stati immessi nell’immediato godimento del bene, instaurando con esso una relazione qualificabile alla stregua di detenzione e non di possesso; di talché non può trovare applicazione l’art. 1150 c.c.
Del resto, l’insussistenza di un diritto dei Convenuti a percepire un’indennità per le (asserite) migliorie è pure confermata alla luce di quanto previsto dall’art. 1592 c.c., a mente del quale “il conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata. Se però vi è stato il consenso del locatore, questi è tenuto a pagare un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna”.
La norma, infatti, ribadisce – seppur in una materia diversa, ossia quella dei contratti di locazione – il principio generale in base al quale il detentore non può pretendere un’indennità per i miglioramenti apportati al bene altrui, salvo che le relative opere siano state eseguite con il consenso del proprietario, e tale consenso – importando cognizione dell’entità, anche economica, e della convenienza delle opere – non può essere implicito, né può desumersi da atti di tolleranza, ma deve concretarsi in una chiara e inequivoca manifestazione di volontà volta ad approvare le eseguite innovazioni, così che la mera consapevolezza, o la mancata opposizione, del proprietario riguardo alle stesse non legittima il detentore alla richiesta dell’indennizzo.
4.4 In conclusione, nel caso di specie non è applicabile la disciplina dell’art. 1150 c.c. e manca qualsiasi consenso del proprietario del bene ad apportare (ulteriori) modifiche allo stesso, sicché è infondata la domanda riconvenzionale dei Convenuti diretta al pagamento dell’indennizzo per le migliorie apportate al bene e dei costi sostenuti per il procedimento di a.t.p.
5. Conclusioni e spese legali
5.1 Sussiste l’inadempimento dei Convenuti in ordine sia all’omessa stipulazione del definitivo sia all’esecuzione di opere non previste dal contratto né mai autorizzate dall’Attore; di talché, va risolto il contratto preliminare e l’Attore va condannato a restituire le somme percepite in esecuzione dello stesso – divenute ora prive di giustificazione causale
– pari a complessivi € 23.000 (di cui € 15.000 a titolo di caparra confirmatoria e € 8.000 per anticipi mensili fino a marzo 2013), oltre interessi dalla domanda giudiziale al saldo.
5.2 Dalla risoluzione del contratto discende, altresì, la condanna dei Convenuti al pagamento di € 72.320, a titolo di indennità per l’occupazione sine titulo dell’immobile dal giorno del preliminare sino al 31.12.2021.
5.3 Non merita, invece, accoglimento la domanda attorea volta alla condanna dei Convenuti al pagamento di € 37.989,17 a titolo di rimborso degli interessi e delle spese sostenute per accedere ai finanziamenti *** n., *** s.p.a. n. e *** n., non essendo stato dimostrato il nesso di derivazione, in termini di consequenzialità diretta ed immediata, di tale pregiudizio dall’inadempimento di Controparte. Nemmeno merita accoglimento la domanda riconvenzionale dei Convenuti diretta ad ottenere l’indennizzo per le migliorie apportate all’immobile.
5.4 Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, sulla scorta del D.M. 55/14 e tenuto conto del valore della controversia, con riferimento al “decisum” e non al “disputatum” (cfr. Cass. S.U. sentenza 11 settembre 2007, n. 19014).
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
– accerta e dichiara la risoluzione del contratto preliminare intercorso tra le Parti in data 31.07.2012 a causa dell’inadempimento dei Convenuti e, per l’effetto, ordina all’Attore XXX la restituzione ai Convenuti YYY e ZZZ della somma complessiva di € 23.000, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo;
– condanna i Convenuti YYY e ZZZ a pagare all’Attore
XXX € 72.320 a titolo di indennità per l’occupazione sine titulo dell’immobile oggetto del contratto preliminare, oltre interessi legali dalla presente pronuncia al saldo;
– rigetta le altre domande delle Parti;
– condanna i Convenuti YYY e ZZZ alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Attore XXX, che si liquidano in complessivi € 8.045 di cui € 545 per esborsi spese esenti ed € 7.500 per compensi professionali, oltre oneri accessori sulle componenti imponibili (spese generali al 15%, IVA se e in quanto dovuta e CPA come per legge).
Sentenza provvisoriamente esecutiva quanto alle statuizioni di condanna.
Così deciso in Piacenza il 10 dicembre 2021. Il Giudice
[1] Ai sensi infatti dell’art. 16-bis, comma 9-octies, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221: “gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica” (comma aggiunto dall’art. 19, comma 1, lett. a, n. 2-ter, D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132).
[2] Con l’atto di citazione, l’Attore aveva altresì chiesto, in via preliminare, di ordinare, ex art. 186 ter c.p.c., ai Convenuti la restituzione dell’immobile; la domanda è stata rinunciata dall’Attore in sede di prima udienza, come da verbale in data 10.05.2018.
[3] La circostanza è pacifica non solo perché accertata nell’ambito dell’a.t.p. ma anche perché riconosciuta dagli stessi Convenuti; ad esempio, a pag. 4 della comparsa di costituzione e risposta si legge: “i ricorrenti speravano di aver trovato una sistemazione definitiva per la propria famiglia e ciò li ha indotti ad apportare migliorie volte a creare un ambiente più consono alle loro aspettative”.
[4] Cfr. Tribunale Milano sez. IV 12 luglio 2019 n. 7008.
[5] La qualificazione in termini di detenzione nell’ambito di un preliminare ad effetti anticipati è principio consolidato in giurisprudenza; in questo senso, la Cass. Civ. n.10186/2019 ha recentemente affermato che “la materiale disponibilità della res nella quale il promissario acquirente viene immesso, in esecuzione del contratto preliminare, ha natura di detenzione qualificata esercitata nel proprio interesse ma alieno nomine e non di possesso utile ad usucapionem, salva la dimostrazione di una sopraggiunta interversio possessionis nei modi previsti dall’art. 1141, comma 2, c.c.”.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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