TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE LAVORO
Sentenza n. 2014/2023 pubbl. il 28/02/2023
Il Giudice dott.ssa in funzione di giudice del lavoro ha pronunciato la seguente sentenza nella causa n.2321 /2022
Tra
XXX ( avv.)
E
INPS in persona del legale rapp.te p.t. ( )
FATTO E DIRITTO
Il ricorrente in epigrafe ha proposto opposizione avverso l’ avviso di addebito n. 397 2021 00155807 92 000 notificato dall’I.N.P.S 18.12.2021 a mezzo del quale veniva richiesto al medesimo il pagamento dell’importo di euro 3203,49 a titolo di importi dovuti e non versati per la Gestione Separata INPS – Liberi Professionisti Reddito anno 2012 . A fondamento dell’opposizione ha eccepito la prescrizione del credito e l’erronea quantificazione delle sanzioni
L’INPS si è costituito resistendo alla domanda sulla base di articolate argomentazioni ed evidenziando di aver notificato , in data 27.9.2018, avviso bonario di pagamento
La causa è stata decisa a seguito del deposito di note di trattazione scritta ex art 221 l 77/20
L’eccezione di prescrizione deve ritenersi fondata.
Al riguardo si richiamano le argomentazioni esposte dalla corte d’appello di Roma (Sentenza n. 594/2022), che richiama l’orientamento invalso nella più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 27950/2018, Cass. 4329/2019, Cass. 9270/2019) secondo cui in tema di contributi a percentuale, con riferimento ai quali il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall’ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono il termini di pagamento di essa e non dal più avanzato termine di presentazione della dichiarazione dei redditi che, quale dichiarazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo e semmai, quale atto giuridico successivo alla esigibilità del credito, può determinare l’effetto interruttivo della prescrizione se ed in quanto dalla medesima consti la ricognizione dell’esistenza del credito contributivo. In ogni caso, rileva la stessa Corte di legittimità, tra il momento di esigibilità del credito ed il successivo momento in cui intervenga la dichiarazione dei redditi o comunque l’accertamento tributario, ex art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, munito di valenza anche previdenziale, quella che si determina è una difficoltà di mero fatto rispetto all’accertamento dei diritti contributivi (Cass. n. 27950 del 31/10/2018. Nello stesso senso, Cass. n. 6106 del 4/3/2020).
Deve escludersi poi che il diritto dell’ente previdenziale possa essere fatto valere solo nel momento di iscrizione del professionista alla Gestione separata, in quanto l’obbligo di iscrizione, trattandosi di previdenza obbligatoria, non dipende dall’iniziativa dell’interessato, ma dal maturare dei corrispondenti fatti costitutivi; e quindi, anche il termine di prescrizione dei conseguenti crediti matura con il sopravvenire del termine di esigibilità di tali crediti (cfr. Cass. n. 27950/2018). D’altra parte, allorquando non vi sia stata previa iscrizione e non siano ancora intervenuti atti ricognitivi (dichiarazione dei redditi, contenente l’indicazione dell’obbligo contributivo) o di controllo della dichiarazione da parte degli enti tributari o previdenziali, nulla vieta che si possa in ipotesi avere – in particolare tra il momento della scadenza dell’obbligo di pagamento a saldo e quello di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi – un accertamento tributario da cui possano emergere, ai sensi dell’art. 1 ss. del d.lgs. n. 462 del 1997 i presupposti del diritto dell’ente previdenziale, il che conferma l’esclusione del ricorrere di un caso di impedimento giuridico (Cass. 27950/2018 cit.). Neppure rileva la dedotta incompletezza della dichiarazione dei redditi sotto il profilo dell’omessa individuazione, al suo interno, degli obblighi contributivi riconnessi al lavoro autonomo soggetto a contribuzione per la Gestione Separata (c.d. quadro RR del modello di dichiarazione dei redditi) e ciò non tanto sotto il già menzionato profilo dell’efficacia interruttiva di tale dichiarazione, quale atto ricognitivo del debito, evidentemente insussistente nel momento in cui essa risulti carente proprio degli aspetti attinenti al debito contributivo, quanto ai fini della configurazione di un comportamento doloso idoneo a sospendere ( ex art. 2941, n. 8 c.c.) il termine di prescrizione per avere dolosamente occultato all’Inps di aver conseguito un reddito superiore a quello imponibile. Invero, come viene puntualizzato dal Giudice di legittimità (Cass. n. 19640/2018 e Cass. 21567/2014), l’operatività della causa di sospensione della prescrizione, di cui all’art. 2941, n. 8), cod. civ., ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire e non una mera difficoltà di accertamento del credito, e, quindi, quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione ( v. sul punto, Cass. n. 19640/2018; Cass. n. 21567/2014, Cass. 9113/2007). La Cassazione ha altresì chiarito che in tema di sospensione della prescrizione dei contributi dovuti dai professionisti a seguito di iscrizione alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della l. n. 335 del 1995, non è configurabile un automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo, in quanto il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione rimessa al giudice di merito, ( Ordinanza n. 37529 del 30/11/2021)
Nel caso di specie l’ipotesi del doloso occultamento del debito contributivo, deve essere esclusa, giacché è incontestato tra le parti che il reddito percepito dal ricorrente è stato comunque oggetto di denuncia: l’Inps difatti ha dedotto la sola omessa compilazione del riquadro “RR”, con la conseguenza che comunque il reddito percepito è stato oggetto di denuncia.
Ed invero, pur prescindendo dalla scarsa configurabilità del dolo di omissione ove si consideri che il supposto obbligo contributivo trova titolo in una disposizione (art. 2 comma 26, I. n. 335/95) rispetto alla quale il legislatore è intervenuto con norma di interpretazione autentica (art. 18, comma 12, I. n. 111/2011), entrata in vigore il 17.7.2011, dando luogo peraltro ad una dibattuta applicazione della norma anche con diversità di orientamenti giurisprudenziali ( risolti dall’intervento nomofilattico della Cassazione con la pronuncia del 12.12.2018 n. 32167), va nondimeno osservato che l’Inps, non ha dimostrato il supposto dolo di occultamento, ove si consideri che non è neanche dedotto che il contribuente avesse omesso di dichiarare oltre che la natura del reddito (da lavoro autonomo) percepito, che qui si assume fonte del presupposto impositivo, anche il suo ammontare.
La mancata compilazione del quadro indicato non impediva certamente all’I.N.P.S. di calcolare la contribuzione dovuta alla Gestione separata . Infatti, l’ente, sulla base dei dati dichiarati e relativi all’attività svolta dal professionista, al volume di affari e soprattutto sulla base della esplicita dichiarazione dell’omesso versamento dei contributi dovuti, aveva a disposizione tutti gli elementi di fatto per accertare l’inadempimento dell’obbligo contributivo, e, comunque, l’effetto conseguente non è configurabile in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli.
Dunque, il mero dato formale dell’omessa compilazione del quadro RR, qualora si inserisca in una dichiarazione dei redditi sostanzialmente fedele (la non veridicità dei redditi dichiarati non è neppure prospettata dall’INPS), osta alla configurabilità dell’ipotesi di cui all’art. 2941 n. 8 c.c., perché il debitore adempie puntualmente all’obbligo di legge mettendo a disposizione, con la propria dichiarazione, il dato necessario anche al computo dei contributi.
In applicazione dei richiamati principi, va quindi affermato che la mancata denuncia del reddito non equivalga né ad un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo da corrispondere all’INPS; né che essa configuri impedimento assoluto, non scongiurabile con i normali controlli che l’Istituto può invece sempre attivare e sollecitare anche rivolgendosi all’Agenzia dell’Entrate ( Cass. 19640/2018 che richiama pure Cass. 17769/2015).
Pertanto, poiché il termine ultimo per il versamento scadeva, come risulta anche dall’avviso bonario, l’ 08.07.13 alla data notifica dell’avviso in data 27.09.2018 il credito risultava estinto per prescrizione quinquennale.
Le oscillazioni giurisprudenziali in materia giustificano tutta via la compensazione delle spese di lite.
P.M.Q.
Accoglie il ricorso e per l’effetto annulla l’ avviso di addebito n. 397 2021 0015580792 000
Compensa le spese di lite.
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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