N. R.G. 21723/2024
TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO Sezione terza civile
Il Giudice dott. NOME COGNOME visti gli atti della causa n. r.g. 21723/2024, pendente tra , rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME
RICORRENTI Contro , rappresentata e difesa dall’avv.to NOME COGNOME
RESISTENTE E contro , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
RESISTENTE Letto il ricorso ex artt. 1168 c.c. e 703 c.p.c. presentato da a scioglimento della riserva che precede, pronuncia la presente
ORDINANZA N._R.G._00021723_2024 DEL_11_02_2025 PUBBLICATA_IL_12_02_2025
1) I ricorrenti hanno dedotto:
1) di essere figli ed eredi necessari di , morto in data 18.09.2024;
2) che fra i beni caduti in successione vi era anche la villa sita in Bruino, INDIRIZZO in cui il de cuius risiedeva al momento della morte;
3) che in forza del testamento olografo del defunto ai due figli era stata lasciata la legittima di 2/3, mentre per il restante 1/3 erano state istituite eredi le odierne resistenti;
4) di essersi recati dopo il funerale del padre presso la villa per prendere visione dei beni e dei documenti ivi contenuti, avendo essi le chiavi ed il telecomando per l’apertura del cancello di ingresso;
5) che, tuttavia, in data 27.09.2024 si accorsero che erano stati apposti dei lucchetti sui cancelli di ingresso, così lucchetti, cosa tuttavia mai avvenuta, ragion per cui inviarono una diffida sia a che a ;
7) che le due resistenti, difese da un medesimo avvocato, rigettavano la richiesta in quanto sosteneva di aver avuto una relazione more uxorio con il defunto, con la villa quale luogo di abitazione della coppia, ragion per cui la villa sarebbe il suo domicilio inviolabile ed esclusivo;
8) che la condotta contestata ledeva il diritto di accesso dei ricorrenti quali coeredi e dunque co- possessori del patrimonio ereditario ex art. 460 c.c.;
9) che, inoltre, la convivenza more uxorio allegata da non era in realtà sussistente, non avendo la resistente suddetta neppure mai preso la residenza presso la villa;
10) di voler pertanto essere reintegrati nel possesso perduto mediante la rimozione dei lucchetti o mediante la consegna di una copia delle chiavi, con istanza altresì per una condanna ex art. 614 bis c.p.c. in danno delle resistenti in caso di mancato ottemperamento all’ordine giudiziale.
costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto dell’avversario ricorso rilevando:
1) di essere stata con il ruolo di contabile una dipendente storica dell’azienda del defunto, pure assistito negli affari personali;
2) di essere entrata nella casa del defunto per l’ultima volta in data 20.09.2024 per la chiusura della bara, non avendo per il resto mai avuto a disposizione le chiavi di accesso, né prima né dopo la morte di ;
3) di non aver apposto lei i lucchetti ai cancelli di ingresso, essendo stata un’iniziativa esclusiva di 4) di difettare, pertanto, di legittimazione passiva, non avendo neppure ragioni per opporsi all’accesso alla villa da parte degli altri coeredi.
costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto dell’avversario ricorso rilevando:
1) di avere avuto una relazione sentimentale con e di essere stata con lo stesso convivente presso la villa a partire da metà 2017 e sino al giorno del decesso;
2) che gli odierni ricorrenti, che mai avevano avuto le chiavi di accesso alla villa, il giorno del rosario chiedevano a una copia delle chiavi con la scusa di essere in ritardo, dicendole che l’avrebbero raggiunta al rosario in seguito, richiesta esaudita da 3) che, in seguito, i ricorrenti lasciavano definitivamente la casa in data 24.09.2024, trattenendo tuttavia le chiavi che si erano fatti dare il giorno del rosario, ragion per cui decise di apporre una catena al cancello principale e di cambiare il nottolino al cancelletto della villa per evitare che i ricorrenti o terzi potessero entrare nella sua abitazione, anche in considerazione della presenza di 4 cani di grossa taglia; 4) che mai i ricorrenti ebbero il possesso della villa, essendo stato solo loro concesso da l’accesso nei giorni successivi al decesso del padre, dal 18 al 24 settembre 2024, per ragioni di ospitalità e di esame del compendio ereditario, avendo ricevuto le chiavi in data 19.09.2024 al solo fine di poter chiudere la casa prima di lasciarla per partecipare al rosario;
5) l’insussistenza dell’animus spoliandi posto che ella, quale convivente moro uxorio, era titolare prima del decesso di un potere di fatto da parte sua doveva essere qualificata alla stregua di una condotta legittima a tutela del suo domicilio esclusivo;
6) l’assenza di periculum in mora, dal momento che non si opponeva agli accessi all’immobile da parte degli altri coeredi al fine della redazione dell’inventario, avendo inoltre i ricorrenti già ampiamente visionato e fotografato i beni presenti nella villa.
Espletata istruttoria orale, all’esito dell’udienza di discussione il Tribunale tratteneva la causa a decisone.
2) La domanda verso è manifestamente infondata dal momento che essa non ha mai avuto il possesso delle chiavi d’accesso alla villa (né prima né dopo la morte di ), dal momento che non ha mai vissuto nella villa (di cui pertanto non è mai stata posseditrice corpore), dal momento che non è stata lei ad apporre materialmente i lucchetti oggetto dell’asserito spoglio, dal momento che non ha concorso con nell’apposizione dei lucchetti e dal momento che non trae alcun vantaggio personale dalla suddetta apposizione in relazione al godimento dell’immobile: le circostanze che precedono all’esito del procedimento possono ritenersi pressoché pacifiche.
Secondo parte ricorrente, tuttavia, l’azione possessoria è stata legittimamente svolta anche nei confronti di in quanto essa replicò alla prima diffida dei ricorrenti insieme a a mezzo dello stesso avvocato, in tal modo palesandosi come “complice nello spoglio” o comunque sostenitrice delle ragioni di opponendosi alla reintegra, ragion per cui le spese legali dovrebbero essere quanto meno compensate, come da Cass. n. 1238/2015 secondo cui “la giustificazione della posizione di litisconsorte necessario del compossessore nel giudizio possessorio introdotto contro altro compossessore che si individui come unico autore dello spoglio o della lesione del possesso va affermata nelle seguenti ipotesi, distinguendo e cogliendo la specificità di ognuna: a) se il compossessore non autore della lesione possessoria, trovandosi nel compossesso materiale, abbia manifestato stragiudizialmente, successivamente alla lesione possessoria, adesione all’attività del compossessore che ne sia stato unico autore oppure rifiuto d’adoprarsi per eliminarla, poiché in tal modo egli “fa propria” l’attività del compossessore autore della lesione, ne segue che della lesione assume la posizione di coautore,;
b) se il compossessore che non sia autore della lesione non si trovi nel compossesso materiale del bene e, tuttavia, abbia, successivamente alla sua verificazione, manifestato adesione ad essa espressa o tramite rifiuto d’adoprarsi per eliminarla, anche in tal caso ne assume parimenti la posizione di coautore ;
d) in fine quando si verifichi che chi ha subito la lesione possessoria versi in una situazione di ignoranza della situazione compossessoria materiale o solo in iure in capo ad altro o ad altri soggetti, diversi dall’autore della stessa, :
anche in tal caso la soggezione del giudizio al litisconsorzio necessario si configura, in quanto l’operare della regola del litisconsorzio necessario e le quali possono anche soltanto emergere nel corso del giudizio”, sottolineando in particolare i ricorrenti la sussistenza dei requisiti di cui ai punti a) e d) della massima sopra citata.
Detto assunto non è tuttavia condivisibile.
Il punto a), infatti, non rileva in quanto non si trovava nel compossesso “materiale” del bene, ipotesi che avrebbe implicato che , pur non autrice materiale dello spoglio, fosse comunque nel concreto possesso del bene e, successivamente alla lesione possessoria, avesse manifestato adesione all’attività del compossessore che sia stato unico autore dello spoglio oppure avesse rifiutato di adoperarsi per eliminare lo spoglio, poiché in tal modo ella avrebbe fatto propria l’attività del compossessore autore della lesione divenendone coautore, giovandosene personalmente. Ebbene, non era e non è nel compossesso materiale della villa, sicché ella non si è giovata in alcun modo dell’asserito spoglio, di cui anzi, in concreto, sarebbe vittima nella stessa misura degli odierni ricorrenti.
Per poter essere considerati coautori dello spoglio commesso da altri in base al punto a) della massima citata dai ricorrenti, in altre parole, è necessario godere dello spoglio stesso:
infatti, “In tema di azioni a difesa del possesso, chi ha collaborato con l’autore morale dello spoglio è passivamente legittimato all’azione di reintegrazione solo se ha stabilito con la cosa un rapporto materiale che ne comporti il potere di disposizione, in difetto del quale egli non avrebbe nulla da restituire” (Cass., Sez. II, sentenza n. 8811 del 30 aprile 2015).
Ma neppure i punti b) e d) della massima sopra ricordata sono rilevanti nella fattispecie in esame, dal momento che i ricorrenti erano perfettamente consapevoli del fatto che fosse ad abitare l’immobile e che la stessa avesse apposto i lucchetti (tanto che i ricorrenti chiedevano copia delle chiavi alla sola e non anche a , come emerge dalla diffida delli 11.10.2024).
Ed a ciò si aggiunga che la missiva di risposta alla diffida dei ricorrenti congiuntamente inviata dalle due resistenti non conteneva alcuna ammissione di responsabilità in capo a , né alcuna adesione esplicita alla condotta di Infatti, la missiva di replica individuava chiaramente in il solo soggetto che aveva apposto i lucchetti con annessa indicazione delle ragioni che, evidentemente, erano personali alla sola ovvero il rapporto di convivenza con il defunto ed il conseguente diritto del convivente a continuare a vivere nell’abitazione della coppia, posto che la villa rappresentava dalla morte di il domicilio inviolabile di ragion per cui “la stessa può provvedere a tutelarlo nei modi consentiti, conservando in esclusiva la facoltà di autorizzare o escludere l’accesso”: chiaro l’utilizzo di espressioni al singolare e non al plurale.
Nulla nella missiva adombrava una compartecipazione di all’asserito spoglio commesso da ’eredità da parte di entrambe le resistenti e la loro disponibilità a procedere con una divisione consensuale dell’asse ereditario.
Il restante contenuto della missiva ha come unica protagonista e non , rivendicando anzi un credito verso tutta la comunione ereditaria, ovvero anche verso , in relazione al mantenimento dei 4 cani.
Posta, pertanto, l’assenza di una situazione di effettiva e ragionevole ignoranza in ordine all’individuazione dell’unico soggetto autore dello spoglio e unico fruitore della villa e posta l’assenza di una condotta di dichiaratamente adesiva alla condotta posta in essere da allora non può ritenersi litisconsorte necessaria ai sensi dei punti b) e d) della massima sopra citata, posto che in tema di azioni a difesa del possesso, lo spoglio e la turbativa, costituendo fatti illeciti, determinano la responsabilità individuale dei singoli autori, secondo il principio di solidarietà di cui all’art. 2055 cod. civ., sicché nel giudizio possessorio non ricorre tendenzialmente l’esigenza del litisconsorzio necessario, che ha la funzione di assicurare la partecipazione al processo di tutti i titolari degli interessi in contrasto (Cass., S.U., n. 1238/ 2015). Conseguentemente, le spese di lite devono essere poste a carico dei ricorrenti ed a favore di in applicazione del principio di soccombenza non avendo essa concorso a determinare una situazione di apparenza circa l’effettivo stato delle cose, che al contrario era perfettamente noto ai ricorrenti.
3) Anche la domanda verso è infondata.
Al riguardo va premesso che in questo giudizio ha dimostrato di essere stata la convivente more uxorio di presso la villa oggetto di causa.
Sul punto le testimonianze escusse sono state univoche ed assai dettagliate.
Così vivevano insieme nella casa di Bruino, INDIRIZZO da parecchi anni, sicuramente da prima del Covid.
Il sig. presentava come la sua compagna in pubblico.
Ad esempio in occasione di feste, come i compleanni di presso il caseificio, si presentava come compagna di con fianco.
Sporadicamente ho frequentato la casa oggetto di causa, e quindi ho visto personalmente vivere lì”.
Così “nei 7 o 8 anni in cui ho lavorato a casa di era presente come compagna. viveva a casa di stava sempre lì.
Io preparavo il pranzo per la cena.
Io andavo da a tutti i pranzi e spesso anche la cena.
In particolare io ho cominciato a fare il pranzo per 5 anni fa, a pranzo non era presente perché lavorava, tranne il sabato e la domenica, mentre la sera era sempre presente.
Avevano una relazione sentimentale, una o due volte, presso la casa di ove hanno dormito una notte o due.
Quando erano in vacanza, io dovevo rimanere nella casa, di solito la loro vacanza durava 10 giorni o 2 settimane.
Tutta la roba d era a casa d Così :
“Nella casa oggetto di causa viveva stabilmente con la io ero il loro vicino di casa dal 2021.
Ci vedevamo abbastanza frequentemente, spesso finito il lavoro prendevo un caffè da loro la sera e era sempre presente, partecipavo anche a momenti conviviali come cene e grigliate, e era sempre presente, come la compagna di diceva che era la sua compagna.
Non credo che in quel periodo avesse relazioni con altre donne.
In un’occasione ho visto al compleanno del padre, mentre il fratello non lo avevo mai visto se non al momento del funerale.
Io conoscevo da 4 anni, viveva con al momento del decesso, i due mi avevano detto che la loro relazione durava da 7 anni”.
Così :
“Frequentavo la casa di e quindi posso dire che aveva una relazione con con cui conviveva, da parecchi anni, 6/8 anni, come minimo.
Io in un mese almeno 4 o 5 volte passavo a casa di per salutarli e in quelle occasioni era sempre presente.
Sapevo che era la sua compagna, non vi era necessità che me lo dicesse.
Alcuni anni fa hanno fatto insieme un viaggio in Costa Brava in una zona in cui io ho un appartamento, e quindi abbiamo fatto la vacanza insieme.
La relazione era consolidata ed i due erano conviventi da tempo.
Sapevo che aveva delle quote in una società che gestisce un night club a Torino, ma non abbiamo mai parlato di questa vicenda.
Nell’ultimo periodo non aveva altre relazioni viste le condizioni di salute e gli interventi chirurgici, essendo sempre assistito da Negli anni precedenti, quanto stava bene non mi ha mai detto che avesse altre relazioni”.
In questo quadro probatorio la testimonianza di (marito della ricorrente) è sostanzialmente irrilevante sia per la sua genericità (“Non per diretta ammissione di ma per dichiarazione di ho saputo che per un certo tempo, ma non so quando, mandava dei soldi ad una sua amante di Milano.
Sembrava che fosse un fatto piuttosto comune per che mi disse ciò poco tempo fa, non ricordo se poco prima o poco dopo la morte di …Non ho mai visto l’amante di Milano e non so dire la data di questa relazione di ) sia perché la presenza di un’amante non esclude di per sé la relazione sentimentale di con La mancata registrazione presso l’anagrafe della residenza di presso la villa oggetto di causa non esclude invece l’esistenza del rapporto di convivenza di fatto giuridicamente rilevante, anche ai sensi della Legge n. 76/2016, posto che la registrazione anagrafica, per pacifica giurisprudenza, “non dispiega effetto costitutivo nel perfezionamento della fattispecie. La stabile unione more uxorio, infatti, è fenomeno giuridico che preesiste e non invece che segue alla dichiarazione Bologna, ord. 01.12.2022, Tribunale Palermo, ord. 27.01.2023; Tribunale di Trento, ord. 08.11.2024; Trib. Milano, ord. del 25/04/2021).
pertanto, quale convivente more uxorio non comproprietaria dell’immobile era titolare sull’immobile stesso, vivente , di una detenzione qualificata ex art. 1168 c.c., secondo comma, legittimamente l’esercizio della tutela possessoria:
sul punto Cass., sentenza 21/3/2013 n. 7214 secondo cui “la convivenza more uxorio, quale formazione sociale che dà vita ad un consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità e tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare.
Pertanto, l’estromissione violenta o clandestina dall’unità abitativa, compiuta dal convivente proprietario in danno del convivente non proprietario, legittima quest’ultimo alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l’azione di spoglio”.
La sentenza della Cass. n. 19423/2014 aggiunge poi che neppure l’erede del convivente proprietario potrebbe spogliare legittimamente il convivente more uxorio non proprietario, aggiungendo pure detta decisione che “L’azione è esperibile anche nei confronti dell’erede del proprietario il quale, pur subentrando per fictio iuris nel possesso del de cuius, non è legittimato ad estromettere dal possesso con violenza o clandestinità colui che non poteva esserne estromesso dal de cuius”, ovvero il convivente non proprietario, ragion per cui “mancando il precedente possesso “corpore”, la materiale apprensione con esclusione del detentore qualificato è stata legittimamente sanzionata con l’ordine di reintegrazione”. Ovviamente a seguito del decesso di ha acquisito iure hereditario il possesso animo dell’immobile (come i ricorrenti), ma anche il possesso corpore (a differenza dei ricorrenti) in quanto assistito da effettiva presa di possesso materiale da parte di trattasi di circostanza che non pare contestata dai ricorrenti, che infatti non hanno chiesto che rilasci la villa (il che implicherebbe la negazione del compossesso da parte della suddetta resistente), ma che consenta anche a loro il libero accesso alla villa (il che implica il riconoscimento del legittimo compossesso in capo alla controparte). I ricorrenti, invece, a differenza di prima del decesso di non erano né possessori né detentori qualificati della villa, sicché al momento del decesso del padre hanno semplicemente acquisito il possesso paterno per fictio iuris ex art. 460 c.c., come sopra appena esposto.
Nel ricorso, in effetti, i ricorrenti avevano fondato la loro domanda di reintegrazione sulla base del possesso da loro acquisito iure hereditario, affermando genericamente di essere stati nel possesso , solamente con la costituzione delle parti convenute sono emerse le modalità con cui i ricorrenti sono entrati in possesso delle chiavi di accesso alla villa:
ebbene, fu a consegnarle il giorno del rosario di (19.09.2024) su loro richiesta in quanto i ricorrenti (che si trovavano nella villa paterna) avrebbero raggiunto più tardi il luogo del rosario.
Alcuni giorni dopo (il 24.09.2024) che aveva continuato ad abitare la villa, decise di apporre i lucchetti contestati per evitare che i ricorrenti, che non le avevano restituito le chiavi, e terzi potessero accedere a quello che lei considerava il suo domicilio esclusivo.
Ora, la difesa dei ricorrenti nel corso delle udienze di trattazione ha confermato che le chiavi furono consegnate da il giorno 19.09.2024, asserendo tuttavia che dette chiavi furono consegnate loro da in quanto figli del defunto, facendo intendere che con la consegna delle chiavi essi avrebbero acquisito il possesso materiale (corpore) della villa, con conseguente patimento dello spoglio a seguito dell’apposizione dei lucchetti da parte di Il Tribunale non ritiene questa ricostruzione condivisibile in quanto la loro frequentazione della villa fra il 19 ed il 24 settembre 2024 è in realtà avvenuta sulla base di rapporti di cordialità ed ospitalità da parte di (specie a favore di e del di lei marito, risiedendo essi in Toscana), che tuttavia da sempre ha dimostrato di voler godere dei suoi diritti esclusivi di abitazione della villa quale convivente del defunto, tanto da rifiutare (ancor prima della pubblicazione del testamento che la istituiva erede) di rilasciare la villa malgrado le richieste dei ricorrenti. Certo, l’ospitalità da parte di discendeva dal fatto che i ricorrenti fossero i figli del defunto ovvero del compagno della stessa nonché coeredi, ma ciò non esclude (ed anzi supporta) la tesi dell’ospitalità offerta.
Dunque, i ricorrenti, ad avviso del Tribunale, non hanno mai avuto il possesso corpore della villa né prima della morte del padre, né successivamente, avendo semplicemente goduto per neppure una settimana della disponibilità ed ospitalità di per recarsi nella villa al fine sostanziale di verificare il compendio ereditario (interesse comune a tutti i coeredi), verifica che i ricorrenti avevano pieno diritto di effettuare quali eredi necessari, e che del resto non è stata in alcun modo ostacolata da né nella settimana successiva al decesso di né in occasione dell’inventario che è stato redatto a seguito dell’accettazione dell’eredità beneficiata da parte dei ricorrenti. Ma una tale relazione con l’immobile non vale a costituire sul bene un potere di fatto avente i caratteri esteriori della proprietà o di un altro diritto reale (Cass. n. 21233/2009).
Per la tutela possessoria, infatti, è necessario provare una situazione di fatto, protrattasi per un periodo di tempo apprezzabile con la conseguenza che, per l’esperimento dell’azione di ), ipotesi non sussistente nella fattispecie in esame, sia in relazione ai pochissimi giorni in cui i ricorrenti avrebbero esercitato un possesso corpore sia in relazione alle concrete modalità con cui era stata acquisita la disponibilità della villa, oggettivamente più riconducibili ad una gentile concessione di a favore dei coeredi (anche in considerazione del momento di lutto che aveva colpito tutte le parti di questo giudizio), che ad uno spossessamento della stessa spossessamento peraltro solamente parziale perché al possesso di si sarebbe aggiunto quello dei ricorrenti, ipotesi tuttavia francamente poco verosimile considerando che la villa rappresentava il luogo di domicilio di a cui costei non voleva in alcun rinunciare (sarebbe in effetti anomalo consentire a terzi il compossesso del proprio domicilio). Dunque, ritiene il Tribunale che i ricorrenti non abbiano provato di essere stati titolari di un possesso giuridicamente rilevante ai fini dell’esercizio dell’azione di spoglio, sicché la successiva decisione di (che era indubbiamente posseditrice animo et corpore) di apporre dei lucchetti per impedire loro l’accesso alla villa deve ritenersi perfettamente legittima.
La suddetta convenuta, infatti, afferma di aver agito in conformità a quanto a lei consentito dalla Legge n. 76/2016, art. 1, comma 42 secondo cui “Salvo quanto previsto dall’articolo 337-sexies del codice civile, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni.
Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni”.
Ritiene quindi il Tribunale che l’invocazione di detta norma da parte di sia condivisibile, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa dei ricorrenti, in quanto sostanzialmente riconducibile all’eccezione feci, sed iure feci, eccezione che nel giudizio possessoria è ammessa solo ove tenda a far valere lo “ius possessionis” (e, cioè, l’esistenza di un possesso nello spogliatore), come avvenuto nella fattispecie in esame, e non anche lo “ius possidendi” (e, cioè, il diritto, in capo al medesimo, di possedere), non potendosi la prova del possesso desumere, in seno a tale procedimento, dal regime, legale o convenzionale, del corrispondente diritto reale, occorrendo invece che venga dimostrato l’esercizio di fatto del vantato possesso, indipendentemente dal titolo (cfr. Cass. del 3.3.2016 n. 4198). Ora, che la Legge n. 76/2016 attribuisca al convivente superstite un diritto reale di abitazione passibile di possesso vero e proprio (possesso di cui comunque la resistente è titolare iure hereditario a seguito del decesso di ) oppure più semplicemente una detenzione qualificata rilevante ex art. 1168 c.c., secondo comma, va in ogni caso affermato che il convivente superstite esercita un potere esclusivo sulla cosa, come tale legittimante l’esclusione del godimento , come già deciso dalla sopra menzionata sentenza della Cass. n. 19423/2014, e come avvenuto nella fattispecie in esame. Un’ultima considerazione:
la ratio della Legge n. 76/2016 è palesemente quella di tutelare i diritti del convivente superstite, anche in deroga alla normativa di ordine generale rispetto a cui costituisce indubbiamente una lex specialis, non potendosi pertanto attribuire ai coeredi che non vivevano nella villa di abitazione della coppia un sostanziale diritto di coabitazione con il convivente superstite, il quale, al contrario, ha diritto di continuare a mantenere il proprio domicilio esclusivo sino allo spirare del periodo previsto dalla legge, oppure sino al verificarsi delle ipotesi di cui al comma 43 dell’art. 1 della legge citata, secondo cui il diritto di abitare “viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto”. Alla luce di quanto precede il ricorso deve essere respinto anche in relazione alla domanda formulata nei confronti di dovendosi pure aggiungere che la reiezione della domanda verso comporta a maggior ragione anche l’infondatezza della domanda verso , avendo essa, nella prospettiva originaria dei ricorrenti, concorso moralmente ad un illecito che in realtà è insussistente.
4) Le spese di lite seguono la complessiva soccombenza di parte ricorrente verso le due resistenti, venendo liquidate come in dispositivo secondo i parametri previsti per i giudizi cautelari avanti al Tribunale, valore indeterminabile, complessità media, con liquidazione pari ai parametri minimi per tutte le fasi processuali in relazione alla posizione di come conseguenza alle concrete difese assunte (essendosi tra l’altro limitata la difesa di in relazione alla fase istruttoria a presenziare all’escussione testimoniale ed a riferire la posizione della sua assistita sul punto), mentre in relazione alla posizione di le spese sono liquidate in conformità ai parametri medi per le prime due fasi, in € 1.500,00 per la fase istruttoria e in conformità ai valori minimi per la fase decisoria stante la modesta attività processuale ivi espletata, per un totale di € 1.713,00 + € 1.027,00 + € 1.500,00 + € 744,00 = € 4.984,00:
PQM
Il Tribunale di Torino, definitivamente pronunciando, rigettata ogni diversa istanza, eccezione e domanda, nel contraddittorio delle parti, così provvede:
RIGETTA le domande tutte formulate da parte ricorrente.
, in solido fra di loro, alla refusione delle spese di lite a favore di , spese che si liquidano in € 3.320,00 a titolo di compenso, oltre contributo forfetario al 15%, Iva e Cpa come per legge e successive occorrende.
CONDANNA , in solido fra di loro, alla refusione delle spese di lite a favore di , spese che si liquidano in € 4.984,00 a titolo di compenso, oltre contributo forfetario al 15%, Iva e Cpa come per legge e successive occorrende.
Torino, 11.02.2025.
Si comunichi.
Il Giudice NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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