REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA
SEZIONE CIVILE n. 1526/2020 pubblicata il 10/11/2020
La Corte di Appello di L’Aquila, riunita in camera di consiglio nelle persone di:
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile di secondo grado iscritta al n. /2017 R.G., assunta in decisione con ordinanza in data 5.6.2020 in seguito alla trattazione scritta di cui all’art. 83, 7° comma, del D.L. n. 18 del 2020 relativamente all’udienza di precisazione delle conclusioni del 27.5.2020, e vertente tra
XXX (Cod. Fisc.),
rappresentato e difeso dall’Avv. per procura in calce all’atto di citazione del giudizio di primo grado,
Appellante
E
YYY (Cod. Fisc.) e ZZZ (Cod. Fisc.), rappresentati e difesi dall’Avv., elettivamente domiciliati in presso l’Avv. per procura a margine della comparsa di costituzione e di risposta,
Appellati
Oggetto: appello alla sentenza del Tribunale di Avezzano n. 905/2017 del 20.9.2017.
Conclusioni dell’appellante: Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello dell’Aquila disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione: Dichiarare nulla la CTU del Consulente Tecnico di Parte ing. *** per tutti i motivi spiegati, conseguentemente disporre nei confronti dello stesso l’adozione di tutti i provvedimenti che l’Ecc.ma Corte d’Appello reputa necessari e idonei sulla base delle irregolarità e violazioni di legge, anche penale, evidenziate in tale atto e cosi come più volte ribadite nel giudizio di primo grado, con particolare riferimento al documento pubblico allegato alla perizia alterato con l’aggiunta a penna di false misure non rinvenute nel documento originale depositato al Comune di ***, nonché tutti gli altri documenti e irregolarità cosi come evidenziate nel presente atto; disponendo altresì, qualora dovesse ritenerlo opportuno a carico del CTU *** il risarcimento dei danni patiti da parte attrice. Accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l’effetto riformare la sentenza n. 905/2017 emessa dal Tribunale Civile di Avezzano in persona del Giudice dott.ssa in totale violazione del principio del contraddittorio e della legge, nell’ambito del Giudizio rubricato con il nrg 1026/2014 depositata in Cancelleria in data 20 settembre 2017, ed in accoglimento della domanda proposta dall’attore sig. XXX, ordinare ai sigg.ri YYY – ZZZ l’eliminazione di ogni ingerenza nella sua proprietà dovuta ad aperture illegittime realizzate nel mancato rispetto della legge e del progetto, disponendo la regolarizzazione delle stesse in base al progetto e con l’adozione di tutti i provvedimenti di legge; Ordinare ai convenuti l’eliminazione delle controfinestre metalliche presenti su tali aperture che aprendosi verso l’esterno rappresentano un insidioso ostacolo e un continuo grave pericolo per lo stesso e per chiunque transiti nel giardino di sua esclusiva proprietà, e di ogni altro elemento sporgente: davanzali in marmo e blocca ante metallici con conseguente risarcimento di tutti i danni subiti e subendi da liquidarsi nella misura ritenuta equa e di giustizia da Codesta Ecc.ma Corte d’Appello adita; Conseguentemente disattendere tutte le eccezioni e istanze sollevate dagli appellati dinanzi il Tribunale per tutti i motivi meglio esposti nel presente atto. Con vittoria di spese diritti ed onorario di entrambi i gradi del giudizio”:
Conclusioni degli appellati: “Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello adita, contrariis reiectis, così giudicare 1) in via principale in fatto e diritto: per tutte le motivazioni in fatto e diritto meglio dedotte in narrativa, rigettarsi gli assunti dell’appellante. 2) condannare l’appellante alle spese, ai diritti ed agli onorari di causa da distrarsi al procuratore antistatario e tenuto conto delle richieste infondate, nonché tenuto conto del contegno processuale dell’appellante improntato in mala fede e colpa grave (che alla luce della chiara CTU di primo grado ha trascinato nuovamente in giudizio i coniugi convenuti asserendo delle nullità e contestando documenti ufficiali reperiti presso Uffici Pubblici) condannarlo per lite temeraria ex art. 96 cpc.”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Avezzano, con la sentenza n. 905/2017 del 20.9.2017, ha rigettato la domanda proposta da XXX nei confronti di YYY e ZZZ per l’innalzamento e la regolarizzazione, ai sensi dell’art. 901 c.c. di n. 5 finestre poste sul muro dei convenuti e per il risarcimento del danno, ritenendo assorbita la domanda riconvenzionale dei predetti e condannando l’attore al pagamento delle spese processuali.
XXX, con la propria domanda, ha dedotto di essere proprietario di una parte del fabbricato sito in Comune di *** deducendo inoltre l’apertura, da parte dei convenuti, sul muro della loro proprietà, di n. 5 finestre costituenti un’illegittima apertura sul cortile di proprietà dell’attore.
YYY e ZZZ si sono costituiti in giudizio affermando che le stesse finestre sono state realizzate secondo il progetto nel 1982 dal proprietario originario dell’intero fabbricato per cui, in seguito alla vendita dello stesso si è costituita la servitù di veduta per destinazione del padre di famiglia.
Il Tribunale di Avezzano, qualificata la domanda come azione negatoria ai sensi dell’art. 949 c.c., ha respinto la richiesta dell’attore di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio espletata e, secondo gli accertamenti dalla stessa risultanti, ha ritenuto la legittimità delle finestre in esame per la sussistenza appunto di una servitù di veduta costituita per destinazione del padre di famiglia. Il predetto Tribunale ha infatti rilevato che il fabbricato è stato costruito nel 1982 dall’originaria proprietaria e l’esistenza delle finestre emerge dai progetti iniziali per cui, quando il medesimo fabbricato ha cessato di appartenere ad un unico proprietario e la parte al piano terreno è stata venduta dagli eredi della proprietaria ai convenuti, l’attore è stato assoggettato alla servitù di veduta in relazione alle predette finestre.
XXX ha proposto appello alla sentenza in esame chiedendo l’accoglimento delle conclusioni sopra indicate; gli appellati si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Nel termine stabilito per la trattazione scritta dell’udienza del 27.5.2020 sono state precisate le conclusioni e quindi la causa è stata trattenuta in decisione, con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE.
1 L’appellante, con un unico motivo di impugnazione, ha criticato la sentenza di primo grado poiché fondata sulla consulenza tecnica d’ufficio ritenuta nulla essendo stata redatta in violazione del principio del contraddittorio e delle disposizioni che regolano l’attività del C.T.U. Inoltre il Giudice di primo grado avrebbe omesso di decidere su tutte le domande dell’attore.
Il Consulente Tecnico d’Ufficio, secondo l’appellante, ha redatto la sua relazione indicando la presenza, all’inizio delle operazioni, di un soggetto estraneo al giudizio, non ha rispettato i termini concessi dal Giudice per il deposito della relazione, ha allegato alcuni documenti non rinvenuti nei fascicoli di parte e acquisti irritualmente.
1.1. In ordine al motivo in esame occorre innanzitutto considerare, relativamente ai primi due aspetti, che all’udienza del giudizio di primo grado in data 6.4.2016, cioè all’udienza immediatamente successiva al deposito della c.t.u., l’appellante ha chiesto la dichiarazione di nullità della stessa consulenza esclusivamente per il ritardo nel deposito della relativa bozza e per il deposito di documenti non pertinenti ai fatti di causa, con particolare riferimento all’allegato n. 11.
Pertanto, l’eccezione di nullità della predetta consulenza deve essere esaminata limitatamente ai suddetti profili, atteso che ogni altra questione attinente alla stessa nullità, avendo carattere di nullità relativa, si sarebbe dovuta proporre entro e non oltre l’udienza sopra indicata, ai sensi dell’art. 157, 2° comma, c.p.c. (in tal senso, tra le altre, Cass., 15 giugno 2018, n. 15747; Cass., 31 gennaio 2013, n. 2251).
1.2. In relazione al ritardo nell’invio della bozza di relazione del C.T.U. alle parti, si deve allora ribadire, secondo il constante e condivisibile orientamento della Corte di Cassazione, l’irrilevanza di tale fatto, già affermata dal primo Giudice, non avendo lo stesso determinato alcuna lesione del contraddittorio (Cass., 13 luglio 2018, n. 18522; Cass., 9 ottobre 2017, n. 23493). Infatti, come emerge incontestatamente dalla senza impugnata, il ritardo del C.T.U. non ha impedito alle parti di formulare le osservazioni alla bozza di relazione, che sono state dal predetto trascritte ed esaminate formulando le relative conclusioni
Poi, per quanto concerne i documenti allegati alla predetta relazione si deve considerare, in ordine all’allegato n.11, che il Tribunale di Avezzano, nelle sentenza impugnata ne ha già rilevato l’inconferenza rispetto all’oggetto del giudizio e quindi l’allegazione per un mero errore del C.T.U. nonché l’inutilizzabilità per la decisione.
1.3. In relazione agli altri documenti, la cui allegazione è criticata dall’appellante alle pagg. 11 – 12 dell’atto di citazione in appello, occorre osservare l’erroneità del riferimento all’art. 198 c.p.c., concernente la diversa fattispecie dell’esame contabile, richiamando piuttosto il condivisibile principio affermati dalla Corte di Cassazione proprio con riguardo all’acquisizione, da parte del C.T.U. della documentazione sulla situazione catastale e urbanistica dell’immobile oggetto di causa.
Ad avviso della Suprema Corte, il consulente tecnico d’ufficio, ai sensi dell’art. 194 c.p.c., può acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti, come in questo caso, di fatti accessori, rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza e costituenti il presupposto necessario per rispondere ai quesiti formulati, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse. (Cass., 21 agosto 2012, n. 14577).
Inoltre, secondo la stessa Corte, il consulente tecnico d’ufficio può acquisire i documenti pubblicamente consultabili o provenienti da terzi o dalle parti nei limiti in cui siano necessari sul piano tecnico per valutare la correttezza delle affermazioni e produzioni documentali delle parti stesse (Cass., 14 novembre 2017, n. 26893).
1.4. Nel caso in esame, le circostanze in ordine alle quali il C.T.U. ha acquisito la pubblica documentazione indicata dall’appellante sono state dedotte dagli odierni appellati nella comparsa di costituzione e di risposta del giudizio di primo grado, alla quale sono stati allegati, per la relativa dimostrazione, la consulenza tecnica di parte sull’edificazione del fabbricato dedotto in giudizio, i rilievi fotografici, la copia del progetto comunale del predetto fabbricato e la concessione in sanatoria del 12.3.2002.
Pertanto il Giudice di primo grado ha correttamente recepito le conclusioni del Consulente Tecnico d’Ufficio, effettivamente fondate sull’indagine compiuta alla luce degli atti e documenti delle parti confrontati con quelli che, per le ragioni esposte, devono ritenersi ritualmente acquisiti.
Secondo tali conclusioni, la realizzazione delle finestre nello stato attuale risale al progetto originario, quando l’immobile apparteneva ad un unico proprietario, per cui il successivo trasferimento comporta l’esistenza della servitù di veduta secondo lo stato di fatto predisposto dal proprietario originario, ai sensi dell’art. 1062 c.c.
1.5. Infine, in relazione alla dedotta carenza della sentenza di primo grado per l’omesso esame di alcune domande dell’attore si deve rilevare che la richiesta dell’appellante di adozione dei provvedimenti per il rispetto dei limiti posti a tutela della proprietà, formulata nell’atto di citazione, è evidentemente generica e, quanto alla veduta, i presupposti della tutela richiesta sono esclusi in origine dall’accertata sussistenza della relativa servitù. L’appellante non ha poi provato il fatto che l’apposizione delle controfinestre in metallo comporti un pregiudizio per la sua proprietà e per le persone.
2. Alla luce delle considerazioni esposte l’appello proposto da XXX alla sentenza del Tribunale di Avezzano n. 905/2017 è integralmente infondato e dunque deve essere respinto, disponendo la condanna dell’appellante, in ragione della sua soccombenza, al pagamento delle spese di questo grado del giudizio, che si liquidano ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 come in dispositivo; con distrazione in favore del difensore degli appellati, dichiaratosi antistatario.
2.1. Inoltre, in relazione alla domanda degli appellati, l’appellante deve essere condannato al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96 c.p.c., atteso che la proposizione dell’appello è caratterizzata dalla colpa grave costituita dalla mera riformulazione delle questioni inerenti alla nullità della consulenza tecnica d’ufficio in parte sotto aspetti già adeguatamente superati dal Giudice di primo e in parte non proposti nel giudizio di primo grado sebbene soggetti ad un preciso limite temporale, come indicato in motivazione.
Il predetto danno può liquidarsi equitativamente nella misura di € 4.000,00. 3. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 l’appellante è tenuto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte di Appello di L’Aquila, definitivamente pronunciando nella causa civile sopra indicata, così provvede:
1) Rigetta l’appello proposto da XXX nei confronti di YYY e ZZZ alla sentenza del Tribunale di Avezzano 905/2017 del 20.9.2017, che conferma integralmente.
2) Condanna l’appellante al pagamento, in favore degli appellati, delle spese del presente grado del giudizio, che liquida in € 4.304,00 per compenso (con determinazione secondo il valore minimo del compenso per la fase di trattazione attesa la non particolare rilevanza dell’attività processuale svolta in tale fase), oltre al rimborso delle spese generali 15%, al c.a.p. 4% e all’i.v.a. 22% come per legge; con distrazione in favore del difensore degli appellati, Avv., dichiaratosi antistatario.
Condanna inoltre l’appellante al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96 c.p.c. in favore degli appellati, che liquida equitativamente in € 4.000,00.
3) Dichiara che ricorrono i presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso nella Camera di Consiglio virtuale del 3 novembre 2020.
Il Presidente
Il Giudice ausiliario est.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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