REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dai magistrati:
riunita nella camera di consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA n. 3631/2021 pubblicata il 14/05/2021
nella causa civile in grado di appello, iscritta al numero del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2016, riservata in deliberazione all’udienza del 17. 6. 2020, svoltasi secondo le modalità previste dall’art. 83, 7° comma, del DL n. 18/2020, così come convertito dalla L. n. 27/2020;
TRA
XXX(CF ), YYY(CF ), ZZZ (CF), rappresentati e difesi dall’Avv., giusta procura in calce all’atto di citazione in appello, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in
APPELLANTI
E
COMUNE DI KKK (CF), in persona del Sindaco p. t., , rappresentato e difeso dall’Avv., giusta delega in calce all’atto di appello notificato e deliberazione della Giunta Comunale n., ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in
APPELLATO
OGGETTO: Responsabilità ex artt. 2049 – 2051 e 2052 c. c. – Appello avverso la sentenza n. /2015 del Tribunale di Civitavecchia in data 10. 12. 2015
CONCLUSIONI: All’udienza del 17 giugno 2020 le parti hanno precisato le conclusioni con note di trattazione scritta, secondo le modalità previste dall’art. 83, 7° comma, del DL n. 18/2020, così come convertito dalla L. n. 27/2020
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza di cui in rubrica il Tribunale di Civitavecchia così provvedeva:
Rigetta, per le ragioni di cui in motivazione, la domanda attorea;
Pone le spese di CTU definitivamente a carico dell’attrice come liquidate con separato decreto in atti;
Dichiara, per le ragioni di cui in motivazione, integralmente compensate le spese e le competenze del giudizio tra le parti costituite.
La decisione del Tribunale era intervenuta rispetto alla citazione in giudizio, da parte dei genitori del minore ZZZ, del Comune di KKK per ottenere la sua condanna al risarcimento dei danni ammontanti ad € 65.000,00 per le lesioni dallo stesso subite in conseguenza del sinistro occorsogli in data 26. 5. 2006, allorquando il minore dopo essere uscito da scuola per tornare a casa e stava percorrendo a piedi la salita prospiciente Via cadeva a terra a causa dell’improvviso cedimento sotto i suoi piedi di una pietra facente parte del muretto antistante detta strada, riportando la frattura scomposta biossea dell’avambraccio sinistro oltre numerose escoriazioni al volto, che in esito all’intervento chirurgico di riduzione e sintesi cui era stato sottoposto aveva fatto residuare in capo al minore un’invalidità permanente del 10 %.
Gli attori avevano dedotto che il sinistro fosse riconducibile al cattivo stato di manutenzione dell’area di passaggio pedonale e del soprastante muretto da parte del Comune.
Il Tribunale inquadrava la fattispecie nell’ambito dell’art. 2051 c. c. e dopo aver effettuato una ricognizione giurisprudenziale in materia riteneva che la domanda non fosse meritevole di accoglimento perché le parti attrici non avevano fornito la prova dell’obiettiva esistenza di un’insidia e/o trabocchetto non visibile e non prevedibile dall’utente medio e del nesso di causalità tra essa ed il sinistro accaduto al minore.
Il Tribunale rilevava che gli attori avevano prospettato che il minore era caduto a terra mentre percorreva la salita prospiciente Via a causa dell’improvviso cedimento sotto i suoi piedi di una pietra facente parte del muretto accanto a detta via, che si era scollata e caduta provocando la caduta del ragazzo che stava passando sopra con passo ed andatura normali.
Al riguardo il Tribunale riteneva che la dinamica del sinistro fosse intrinsecamente contraddittoria in quanto:
– non era stato allegato alcun rapporto di immediato intervento dei VV UU che potesse corroborare l’esatta localizzazione, l’esistenza e l’importanza degli avvallamenti, dei dislivelli e delle sconnessioni nel tratto indicato e la loro visibilità;
– Dal raffronto tra l’atto di citazione e le raffigurazioni prodotte non si comprendeva quale fosse il luogo preciso del sinistro;
– Non era utile a fondare la responsabilità del Comune il contenuto delle deposizioni testimoniali rese dall’unico teste oculare, che non erano chiare sul piano fattuale;
– Dalle emergenze procedimentali di tipo documentale ed orale non poteva ritenersi provato che l’infortunio del minore fosse stato causato dall’esistenza di una situazione addebitabile alla PA avente il carattere dell’insidia invisibile ed inevitabile;
– Il minore stava tornando a casa camminando pericolosamente ed in spregio a qualsiasi regola di prudenza, solo e senza essere accompagnato da un adulto che potesse controllarlo ed indirizzarlo per il meglio, sul ciglio ed al limite estremo di un muretto alto circa due metri, e che da esso era caduto a causa del distacco di una pietra che ne componeva la struttura;
– Non era emerso che si fosse in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa creata colposamente dalla PA, né che la parte attrice non avrebbe potuto facilmente evitare l’asserita situazione di pericolo con l’adozione della più elementare accortezza;
– In base all’art. 190 CdS i pedoni devono regolarsi con massima diligenza e prudenza, mentre nel caso di specie il minore non sembrava essersi attenuto a tali direttive, dal momento che se avesse evitato di camminare sopra al muro od a ridosso di esso avrebbe evitato di perdere l’equilibrio ed il sinistro;
– Il sinistro si era verificato in primavera inoltrata, di giorno(alle 14,00) in un tratto di strada non scarsamente illuminata, che per struttura(muro di delimitazione del giardino) e per estensione lasciava all’interessato la concreta possibilità di percepire o prevedere, con l’ordinaria diligenza, la situazione di pericolo;
– Le prospettazioni attoree erano rimaste prive del necessario supporto probatorio e non poteva escludersi che il sinistro fosse ascrivibile a colpa esclusiva del minore.
Con atto ritualmente notificato gli odierni appellanti proponevano appello avverso la sentenza di cui in rubrica per chiederne la riforma e vedere accolte le richieste indicate nell’atto di appello.
Si costituiva il Comune per chiedere di respingere l’appello proposto perché infondato in fatto e diritto.
Con decreto presidenziale in data 17. 2. 2020 la causa veniva assegnata all’odierno Consigliere relatore.
All’udienza del 27. 5. 2020 la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini di cui agli artt. 190 e 352 c. p. c.
L’appello è fondato e deve essere accolto.
Gli odierni appellanti hanno dedotto cinque motivi di gravame.
Con il primo hanno censurato le argomentazioni svolte dal Tribunale per sostenere che la dinamica del sinistro fosse stata allegata in maniera del tutto contraddittoria.
In realtà gli attori avrebbero illustrato in maniera chiara dove si trovasse il minore e la conformazione dei luoghi.
Infatti, il minore si trovava a camminare su un’area costituente un giardino pubblico, un terreno soprastante la sede carrabile, destinato al normale camminamento e ad area di ristoro e di gioco; quindi quello che si vedeva da Via era il ciglio del muro costituente il camminamento dello spazio soprastante la strada e sua parte integrante.
In tale contesto era stato precisamente affermato che mentre il minore camminava sul limite dell’area pedonale una pietra parte della struttura del muretto – limite si era staccata causando la rovinosa caduta del minore.
L’esposizione dei fatti sarebbe stata del tutto chiara.
Con il secondo motivo hanno evidenziato come l’atteggiamento processuale del Comune e l’istruttoria avrebbero confermato le allegazioni degli attori in ordine alla dinamica del sinistro, e che il Tribunale avrebbe violato il principio di non contestazione valutando erroneamente le risultanze con una ricostruzione non condivisibile dei fatti.
Infatti, il Tribunale avrebbe ritenuto controverso un fatto che avrebbe dovuto essere considerato del tutto pacifico tra le parti, anche avendo riguardo all’atteggiamento processuale del Comune, che non avrebbe contestato né i luoghi dove era avvenuto il sinistro, né lo stato degli stessi, vale a dire la conformazione del giardino pubblico la cui estremità fungeva da muretto di via.
Per effetto del principio di non contestazione dovrebbe quindi ritenersi accertato che il muretto di cui si parla sarebbe la parte finale di un giardino pubblico.
Inoltre, il Tribunale avrebbe erroneamente fatto riferimento alla non buona qualità delle foto, che avrebbero comunque consentito di comprendere la conformazione dei terreni e delle strade, ed in particolare che il muretto in questione fosse il limite di un giardino pubblico privo di recinzione.
Senza contare che quanto riferito dalla teste *** avrebbe confermato in modo preciso la prospettazione attorea dei fatti.
Con il terzo motivo gli appellanti hanno dedotto in ordine all’errata attribuzione di responsabilità al minore in ordine alla causazione del sinistro.
Infatti, ZZZ avrebbe camminato su quello che lo stesso Comune aveva definito come un marciapiede, ma non risponderebbe al vero che egli avrebbe scavalcato un muro e deciso di camminarci sopra; nessuna responsabilità sarebbe stata ravvisabile nella condotta tenuta dal minore, né sarebbe condivisibile la valutazione operata dal Tribunale circa il fatto che il XXX camminasse colpevolmente da solo, essendo del tutto normale che un ragazzo di 14 anni tornasse a casa da scuola da solo.
Il XXX non avrebbe neanche violato l’art. 190 CdS.
Con il quarto motivo gli appellanti hanno dedotto in ordine alla violazione dell’art. 2051 c. c. e dei principi giurisprudenziali in materia di responsabilità per le cose in custodia.
Infatti, proprio alla stregua della giurisprudenza di legittimità cui ha fatto riferimento il Tribunale il distacco della pietra che aveva poi causato la caduta del minore avrebbe dovuto essere addebitato al custode proprietario, il quale a sua volta avrebbe avuto l’onere di dimostrare il caso fortuito, onere che non sarebbe stato assolto.
Non vi sarebbero dubbi che il distacco della pietra costituirebbe un evento imprevedibile per il pedone, che non avrebbe certo potuto immaginare e prevedere che la pietra che costituiva la struttura limite del giardino, e funzione di marciapiede, si sarebbe staccata.
I primi quattro motivi di gravame, che possono essere esaminati congiuntamente essendo strettamente connessi, sono fondati e devono essere accolti.
La Corte rileva che occorre prendere le mosse dalla configurazione del regime di responsabilità giuridica applicabile al caso di specie che, secondo quanto correttamente affermato dal Tribunale, va riferita all’ambito dell’art. 2051 c. c.
La Corte alla luce di tale premessa rileva che secondo la giurisprudenza di legittimità “in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale, sicché, ove si lamenti un danno derivante dalla loro assenza (o inadeguatezza), la circostanza che alla causazione dello stesso abbia contribuito la condotta colposa dell’utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un’adeguata barriera avrebbe potuto opporre all’urto da parte del mezzo”(v. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26527 del 20/11/2020).
Ed ancora “ in tema di responsabilità, quale custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., dell’ente proprietario di una strada, ai fini della prova liberatoria che quest’ultimo deve fornire per sottrarsi alla propria responsabilità occorre distinguere tra la situazione di pericolo connessa alla struttura ed alla conformazione della strada e delle sue pertinenze e quella dovuta ad una repentina e imprevedibile alterazione dello stato della cosa, poiché solo in quest’ultima ipotesi può configurarsi il caso fortuito, in particolare quando l’evento dannoso si sia verificato prima che il medesimo ente proprietario abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata con diligenza per tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile condizione di pericolo determinatasi”(v. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 11096 del 10/06/2020).
La Suprema Corte alla stregua di quanto ora evidenziato ha precisato che:
a) “l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicchè incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”; b) “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, ed a fornire la prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”; c) “il caso fortuito, rappresentato dal fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere”; d) “il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227 c.c., comma 1, e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.
Conseguentemente, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benchè astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale” (v. Cass., 01/02/2018, n. 2477; Cass., 01/02/2018, n. 2478; Cass., 01/02/2018, n. 2479; Cass., 01/02/2018, n. 2480; Cass., 01/02/2018, n. 2481; Cass., 01/02/2018, n. 2482; Cassazione civile, sez. III, 17/01/2020, n. 858; Cassazione civile, sez. III, 26/05/2020, n. 9674 ).
Alla luce della giurisprudenza ora evidenziata la Corte ritiene di non dover condividere la decisione adottata dal Tribunale, dovendo essere ricostruita in termini del tutto diversi la dinamica del sinistro denunciato dagli appellanti e conseguentemente valutata in altri termini la responsabilità del Comune. Al contrario di quanto ritenuto dal Tribunale infatti, deve ritenersi corretta la ricostruzione dei fatti prospettata nell’atto introduttivo del giudizio, che ha trovato precisi riscontri nelle emergenze processuali.
Gli attori avevano descritto la dinamica del sinistro nei seguenti termini: “il giovane ZZZ è caduto a causa dell’improvviso ed imprevedibile cedimento di una pietra del muretto antistante la comunale via. Infatti la pietra, senza alcun preavviso, si è scollata ed è caduta, provocando a sua volta la caduta del ragazzo che ci stava passando sopra con passo e andatura normali. Per chiarire le modalità del sinistro si allegano n. 4 fotografie prese poco dopo il sinistro rappresentanti lo stato dei luoghi ancora immutato (allegato 5), con eventuale riserva di chiedere una ispezione giudiziale dei luoghi qualora la rappresentazione fotografica fosse ritenuta insufficiente. Come risulta dalle fotografie, la zona in questione, prospiciente via, è un giardino pubblico, destinata alla sosta e al passaggio dei pedoni. Si tratta di terreno soprastante la sede carrabile, destinato al normale camminamento e ad area di ristoro e di gioco, come anche confermato dalla presenza di panche e sedie sopra il lembo di terreno, strutture che peraltro sono poste quasi a ridosso del limite dello spiazzo e del muretto. Dalle fotografie si può anche constatare che il ciglio del muro costituisce in realtà il camminamento dello spiazzo soprastante la strada e sua parte integrante, per cui è del tutto ordinario che i pedoni camminino anche presso il limitare dello spiazzo, come peraltro necessario per scendere nella sottostante strada. Nelle fotografie si notano la pietra caduta e il buco che il suo distacco ha provocato sulla sommità del muro, al di sopra dell’idrante di color rosso. Nelle fotografie è anche visibile la pesante pietra che si è staccata, rimasta in terra presso il luogo della caduta. In quel punto il muro è alto circa due metri, come facilmente constatabile e come, peraltro, già si può apprezzare visivamente, dato che è più alto degli autoveicoli in sosta e procede in senso crescente. Nessuna opera o cautela protegge il passante da possibili cadute accidentali, come risulta più evidente nella foto di campo lungo. Assenza più grave nella parte del muro da cui il XXX è caduto, dato che subito prima il muro cresce rapidamente in altezza portandosi da un’altezza di meno di mezzo metro a circa due metri”.
A fronte di tale analitica descrizione dei fatti, supportata da documentazione fotografica che in ragione del peculiare evento verificatosi(distacco di una pietra dal muretto di contenimento) consente senza ombra di dubbio l’individuazione del luogo del sinistro, il Comune di KKK nella propria comparsa di risposta si era limitato a contestare genericamente i fatti dedotti, ad escludere la sussistenza di un’insidia o di un trabocchetto, a contestare che il muro si trovasse in cattivo stato di manutenzione ed a sostenere che il sinistro fosse da ricondursi all’incedere poco accorto del ragazzo.
In concreto il Comune non ha di fatto contestato che la zona in cui era accaduto il sinistro fosse un giardino pubblico, destinato anche al passaggio dei pedoni, che il ciglio del muro fosse parte integrante del giardino pubblico, che terminava sopra la strada Via tramite un lato più alto della strada stessa, per poi ricongiungersi ad essa, e, che anche se tale estremità (il muro) era percorribile dai pedoni, che potevano anche camminare sul limitare del giardino, nessuna opera o cautela proteggeva il passante da possibili cadute accidentali, ed infine che la caduta era avvenuta per il distacco di una pietra che costituiva parte del limitare del giardino e che era la base su cui il minore stava camminando. In tal modo la circostanza che la caduta era stata causata dal distacco di una pietra che costituiva parte del marciapiede e su cui stava camminando il minore, non è stata contestata dal Comune di KKK, ed in virtù del principio di non contestazione deve ritenersi confermata.
Peraltro, ad ulteriore conferma della ricostruzione rappresentata dagli appellanti milita la testimonianza resa all’udienza dell’8 aprile 2011 dalla teste ***, che rispetto ai capitoli di prova formulati aveva confermato che il minore, il giorno 26 maggio 2006, verso le ore 14.00, stava camminando sul lato sinistro della via, in KKK, quando da sotto i suoi piedi si era distaccata una pietra del muretto che costituiva anche margine della zona di circolazione pedonale, che aveva causato la caduta del giovane sulla strada sottostante, ed aveva riconosciuto nelle foto che le erano state mostrate la zona in parola.
In tal modo la teste aveva confermato la dinamica della caduta così come ricostruita dagli attori, i quali hanno quindi assolto all’onere su di essi gravante nell’ambito della responsabilità per le cose in custodia, a nulla potendo quindi rilevare il fatto che non era stato allegato alcun rapporto di immediato intervento dei VV UU che potesse corroborare l’esatta localizzazione, l’esistenza e l’importanza degli avvallamenti, dei dislivelli e delle sconnessioni nel tratto indicato e la loro visibilità, come argomentato dal Tribunale.
In tale contesto la Corte dissente anche rispetto alla valutazione della condotta del minore effettuata dal Tribunale che l’ha definita pericolosa ed in spregio di ogni regola di prudenza. Tale giudizio avrebbe avuto senso se il minore fosse caduto dal ciglio del muretto per fatto proprio scivolando; ma in realtà il minore era caduto a causa del distacco della pietra che costituiva la base del proprio appoggio mentre stava camminando, e che di fatto costituiva un’insidia non visibile ed imprevedibile, sicuramente riconducibile al suo non buono stato di manutenzione, con la conseguenza che rispetto all’evento la condotta del minore non ha avuto alcuna influenza concreta.
In tal senso non può essere condiviso il giudizio espresso dal Tribunale circa la condotta del pedone che avrebbe determinato la caduta, dal momento che a franargli sotto i piedi era stata la base su cui stava camminando.
Né può ritenersi pertinente il richiamo operato dal Tribunale all’art. 190 del CdS in quanto il minore stava camminando su uno spazio destinato ai pedoni, od al fatto che il minore stesse camminando da solo senza essere accompagnato da un adulto, essendo del tutto normale che un ragazzo di 14 anni facesse rientro a casa da scuola da solo.
Sotto altro profilo non può essere condivisa l’affermazione del Tribunale che ha di fatto ricondotto la verificazione della caduta al comportamento imprudente del minore, che non appare conforme alla giurisprudenza di legittimità in tema di nesso causale e di idoneità del fatto del terzo, inteso anche come danneggiato, ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa e l’evento.
Infatti, “si ha interruzione del rapporto di causalità tra fatto del danneggiante ed evento dannoso per effetto del comportamento sopravvenuto di altro soggetto (che può identificarsi anche con lo stesso danneggiato), quando il fatto di costui si ponga, ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p., come unica ed esclusiva causa dell’evento di danno, sì da privare dell’efficienza causale e rendere giuridicamente irrilevante il precedente comportamento dell’autore dell’illecito, ma non quando, essendo ancora in atto ed in fase di sviluppo il processo produttivo del danno avviato dal fatto illecito dell’agente, nella situazione di potenzialità dannosa da questi determinata si inserisca una condotta di altro soggetto (ed eventualmente dello stesso danneggiato) che sia preordinata proprio al fine di fronteggiare e, se possibile, di neutralizzare le conseguenze di quell’illecito. In tal caso lo stesso illecito resta unico fatto generatore sia della situazione di pericolo sia del danno derivante dall’adozione di misure difensive o reattive a quella situazione, sempre che rispetto ad essa coerenti ed adeguate (v. Cass. civ. Sez. III Sent. 19/07/2018, n. 19180).
Nel caso di specie, la caduta è stata causata dal cedimento della pietra e non già dal comportamento del minore.
Senza contare che il tratto di strada interessato non era in alcun modo delimitato, nella parte in cui il muro era alto circa due metri, da alcuna opera o cautela che potesse proteggere i passanti da possibili cadute accidentali(con la conseguenza che nessun rilievo può assumere il fatto che il minore camminasse in prossimità del ciglio del muretto), e che l’improvviso distacco della pietra in questione dimostra senza ombra di dubbio che il Comune, tenuto ad effettuare la manutenzione di quel tratto di strada, non aveva evidentemente curato in modo attento le condizioni di agibilità del passaggio pedonale.
Gli appellanti hanno quindi assolto all’onere probatorio su di essi gravante (di provare il rapporto causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, a prescindere dalla pericolosità o meno della cosa o dalle sue caratteristiche intrinseche).
Il Comune dal canto suo non è stato in grado di dimostrare la sussistenza del caso fortuito, né possono ravvisarsi le condizioni per affermare la sussistenza del c. d. caso fortuito incidentale, sussistente in ipotesi ove quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro(v. Cass. civ., n. 2480 del 2018).
Conseguentemente, la domanda degli attori deve essere accolta in ragione della riconosciuta responsabilità del Comune di KKK rispetto alla caduta occorsa all’allora minore ZZZ alla stregua delle considerazioni che precedono.
Alla stregua di quanto sinora esposto i primi quattro motivi devono ritenersi fondati e devono essere accolti.
Con il quinto motivo gli appellanti hanno analiticamente rappresentato i profili di danno risarcibili.
Gli appellanti hanno chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal minore da liquidarsi in misura non inferiore ad € 40.000,00 od a quella maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria; inoltre hanno chiesto il risarcimento in favore dei genitori di ZZZ, XXX e YYY, delle spese sostenute nella misura di € 146,00 e del danno morale subito da liquidarsi in misura non inferiore ad € 20.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Per quantificare l’entità dei danni richiesti può farsi ricorso agli esiti della CTU espletata nel corso del giudizio di primo grado, con la conseguenza che tenendo conto delle conclusioni cui era giunta la suddetta CTU, fondate sul rilievo oggettivo delle lesioni riscontrate, motivate in modo congruo e corretto sia sotto il profilo logico che sotto il profilo medico-scientifico, e che avevano concluso facendo riferimento alle categorie da tempo invalse nella giurisprudenza in materia di risarcimento del danno, deve essere liquidata in favore di ZZZ la somma complessiva di € 23.411,50(calcolata secondo le Tabelle di Milano del 2021) di cui € 18.214,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale ed € 5.197,50 per il danno biologico temporaneo(sulla base delle voci evidenziate nella CTU – 30 giorni di invalidità totale e 30 giorni di invalidità parziale, e percentuale di invalidità permanente dell’8 %).
Per quanto riguarda il danno morale richiesto dai genitori dell’allora minore, tenuto conto che il danno sofferto dai familiari può desumersi presuntivamente anche dal legame parentale, e che non è necessario lo sconvolgimento delle abitudini di vita (v. Cass. Ord. 7748/2020), e che il danno subito dai congiunti, a causa delle lesioni riportate da un loro caro per fatto illecito altrui, è un danno diretto, non riflesso, esso può essere liquidato in misura equitativa riconoscendo in favore di ciascun genitore la somma di € 3.000,00 ciascuno, oltre ad € 146,00 per spese mediche.
Trattandosi, nel caso di specie, di debiti di valore, sulle somme complessive in precedenza indicate devono essere calcolati la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalla data del sinistro sulla cifra rivalutata anno per anno in base “agli indici ISTAT sui prezzi al consumo” (rectius, l’indice del costo della vita per le famiglie di operai ed impiegati – FOI, pubblicato in Gazzetta Ufficiale ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 81), da calcolarsi sulla semisomma tra il quantum risarcitorio base e quello aggiornato; sulle somme così determinate competono, infine, gli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza al soddisfo.
All’esito di quanto sinora esposto il quinto motivo deve ritenersi fondato e deve essere accolto.
Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello deve ritenersi fondato e deve essere accolto.
Le spese processuali del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore del difensore degli appellanti, l’Avv., dichiaratosi antistatario, a norma delle tabelle allegate al DM 55 del 2014, tenuto conto della natura dell’affare e dell’attività professionale prestata.
Le spese di CTU vanno poste definitivamente a carico del Comune di KKK.
P. Q. M.
La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da XXX, YYY, ZZZ avverso la sentenza n. /2015 del Tribunale di Civitavecchia in data 10. 12. 2015, così provvede:
A) In accoglimento dell’appello proposto ed in riforma della sentenza impugnata condanna il Comune di KKK a pagare in favore di XXX la somma complessiva di € 23.411,50, oltre rivalutazione ed interessi come calcolati in motivazione, ed in favore di XXX e YYY la somma di € 3.000,00 ciascuno, e la somma di € 146,00 per spese mediche, oltre rivalutazione ed interessi come calcolati in motivazione;
B) Condanna il Comune di KKK al pagamento in favore del difensore degli appellanti, l’Avv., dichiaratosi antistatario, delle spese processuali del doppio grado di giudizio che si liquidano d’ufficio quanto al primo grado in complessivi € 3.500,00 a titolo di compenso onnicomprensivo, oltre al rimborso forfettario delle spese, computato secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 2, Decreto del Ministero della Giustizia 10 marzo 2014 n. 55, ed agli oneri accessori legali, compresi quelli fiscali e quanto al presente grado di giudizio in complessivi € 5.000,00 a titolo di compenso onnicomprensivo, oltre al rimborso forfettario delle spese, computato secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 2, Decreto del Ministero della Giustizia 10 marzo 2014 n. 55, ed agli oneri accessori legali, compresi quelli fiscali;
C) Pone le spese di CTU definitivamente a carico del Comune di KKK.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 22 dicembre 2020
Il Consigliere Estensore Il Presidente
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
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