Repubblica Italiana In nome del popolo italiano
Tribunale di Teramo
ha pronunciato la seguente
sentenza n. 609/2018 pubblicata il 02/08/2018
nella causa civile di primo grado iscritta al n. del ruolo contenzioso generale dell’anno 2009, posta in deliberazione all’udienza del 27 marzo 2018, vertente tra
XXX,
elettivamente domiciliato in Atri (TE), presso lo studio dell’avv., che lo rappresenta e difende, in virtù di delega posta a margine dell’atto di citazione in riassunzione, attore in riassunzione; e
YYY,
elettivamente domiciliata in Atri (TE), presso lo studio dell’avv., che la rappresenta e difende, in virtù di delega posta a margine della comparsa di costituzione e risposta in riassunzione, convenuta in riassunzione; nonché
ZZZ ASSICURAZIONI S.P.A.,
in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Teramo, , presso lo studio dell’avv., che la rappresenta e difende, in virtù di delega posta in calce alla copia notificata dell’atto di citazione in riassunzione,
convenuta in riassunzione;
nonché
KKK, convenuta in riassunzione contumace;
nonché
JJJ ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Teramo, presso lo studio dell’avv., che la rappresenta e difende, in virtù di delega posta a margine della comparsa di costituzione di nuovo procuratore depositata in data 2 marzo 2016, convenuta in riassunzione;
Oggetto: risarcimento dei danni.
Conclusioni: come da verbale del 27 marzo 2018.
Motivi di fatto e di diritto della decisione
Osserva preliminarmente questo Giudice che la presente sentenza viene redatta ai sensi dell’art. 132 c.p.c., così come modificato dall’art. 45 comma 17 della L. 19 giugno 2009, n. 69 (applicabile ai giudizi pendenti in primo grado alla data della sua entrata in vigore – 4.7.2009 – giusta la previsione dell’art. 58 comma 2), senza esporre lo svolgimento del processo e limitandosi alla “concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”, salvo richiamarlo ove necessario o opportuno per una migliore comprensione della ratio decidendi.
Preliminarmente deve ritenersi superata l’eccezione di inammissibilità, sollevata dalla ZZZ Assicurazioni S.p.A., della domanda con la quale la società JJJ Assicurazioni S.p.A. chiedeva la condanna della medesima ZZZ Assicurazioni S.p.A. al risarcimento dei danni della terza trasportata KKK, dal momento che, costituendosi dinanzi al Tribunale, a seguito della riassunzione, la predetta JJJ Assicurazioni S.p.A. non reiterava la domanda, limitandosi a chiedere “previa reiezione di ogni domanda nei confronti della concludente società (…) voglia dichiarare tenuta al risarcimento dei danni della KKK chi di ragione”.
Deve essere parimenti rigettata l’eccezione con la quale la società ZZZ Assicurazioni S.p.A. chiedeva che fosse dichiarata inammissibile la domanda, proposta dal XXX, di condanna al risarcimento della stessa ZZZ Assicurazioni S.p.A. e di YYY. E’ vero, infatti, che – come sostenuto dalla difesa della ZZZ Assicurazioni S.p.A. – il XXX, costituendosi in giudizio dinanzi al Giudice di Pace, non chiedeva la chiamata in causa, quali terzi chiamati, della YYY e della ZZZ Assicurazioni S.p.A. e che questi entravano in giudizio solo perché chiamati dalla JJJ Assicurazioni S.p.A. Tuttavia va osservato che – come chiarito da ampia giurisprudenza – è possibile estendere la domanda nei confronti di un’altra parte processuale che non sia l’originale contraddittore (c.d. “domanda trasversale”), la quale segue la disciplina della domanda riconvenzionale (si veda, sul punto, Cass. sent. n. 7258/13), senza però che sia necessaria la nuova notifica dell’atto di citazione per chiamata di terzo, dal momento che la parte è già presente nel giudizio.
Deve essere altresì rigettata l’eccezione di prescrizione, sollevata sempre dalla ZZZ Assicurazioni S.p.A., dal momento che il XXX dimostrava di aver interrotto il periodo di prescrizione mediante invio di richieste di risarcimento (si veda documentazione allegata al fascicolo di parte XXX).
Passando all’esame del merito, vanno svolte le considerazioni che seguono.
Non è oggetto di contestazione il fatto che il giorno 8 settembre 2005, verso le ore 8.00 circa, il veicolo Fiat Punto, tg. *****, condotto da YYY e sul quale era trasportata KKK, e il veicolo Mazda 6, tg. *****, condotto da XXX, stavano viaggiando sulla SP 553, entrambi con direzione monti-mare. Non è altresì oggetto di contestazione il fatto che, nel momento in cui avveniva il sinistro, il veicolo condotto dal XXX stava ponendo in essere una manovra di sorpasso proprio nei confronti del veicolo condotto dalla YYY, mentre quest’ultimo stava compiendo una manovra di svolta a sinistra, all’altezza dell’intersezione con la strada laterale denominata C.da ***.
Dall’esame della documentazione in atti, con particolare riguardo al verbale della Polizia Municipale redatto immediatamente dopo il sinistro e alla documentazione fotografica allegata, è emerso altresì che il tratto di strada dove stavano viaggiando i due veicoli era costituito da un lungo rettilineo (circa 800 metri) e che nel tratto di strada in questione era consentita la manovra di sorpasso.
Sul valore probatorio degli elementi di fatto che emergono dal verbale va osservato che a nulla rileva la produzione del dispositivo della sentenza del Giudice di Pace di Atri di cui all’allegato n. 2 del fascicolo di parte YYY. In primo luogo la difesa della YYY si limitava a produrre esclusivamente il dispositivo della sentenza, omettendo la produzione dell’intero provvedimento, impedendo quindi al Giudice di questo procedimento di verificare i profili di illegittimità; in secondo luogo la difesa della YYY ometteva anche soltanto di riferire se la sentenza in questione era divenuta o meno cosa giudicata; da ultimo occorre rammentare che anche un eventuale annullamento delle conseguenze giuridiche dell’accertamento, sotto i profili sanzionatori, non elimina la capacità probatoria dell’accertamento con riguardo agli elementi di fatto che i pubblici ufficiali abbiano rilevato, capacità probatoria che può essere annullata solo mediante querela di falso, che nel caso in esame non risulta essere stata proposta. Da quanto osservato deriva che il verbale redatto dalla Polizia Municipale non può che costituire piena prova in riferimento agli elementi oggettivi percepiti e rilevati dagli agenti accertatori.
Tanto osservato, è possibile affermare che entrambe le manovre che stavano ponendo in essere i due veicoli (la manovra di sorpasso posta in essere dal XXX e la manovra di svolta a sinistra posta in essere dalla YYY) erano consentite. Pertanto il nodo della controversia è costituito dall’accertamento della tempistica nella quale i veicoli ponevano in essere le manovre, allo scopo di verificare quale dei due avrebbe dovuto attendere che l’altro veicolo terminasse la propria manovra.
Ai fini della ricostruzione della dinamica, decisivi sono gli elementi di fatto accertati nel verbale della Polizia Municipale, con particolare riguardo allo schizzo planimetrico, ed alle fotografie rappresentanti i danni riportati dai veicoli.
Nello schizzo planimetrico allegato al verbale di accertamento emerge che gli agenti accertatori rilevavano evidenti tracce del liquido del radiatore del veicolo condotto dal XXX a partire dal punto n. 5 sullo schizzo planimetrico. A questo punto, considerato che il veicolo Mazda 6 impattava con la parte anteriore, si può desumere che con estrema probabilità il punto di impatto tra i due veicoli va collocato all’altezza del punto n. 5 dello schizzo planimetrico e, quindi, sulla corsia dove il veicolo condotto dal XXX stava effettuando il sorpasso.
Particolare rilievo assumono inoltre i punti d’urto dei veicoli. Emerge dalla documentazione fotografica che la Fiat Punto, condotta dalla YYY, riportava ingenti danni da urto nella parte posteriore sinistra, all’altezza della ruota (si potrebbe dire che veniva colpito lo spigolo posteriore sinistro del veicolo); il veicolo Mazda 6, invece, riportava danni alla parte anteriore destra, all’altezza del faro anteriore destro. Sulla base di tali elementi è possibile svolgere alcune considerazioni.
Se la manovra di svolta a sinistra, posta in essere dal veicolo Fiat Punto, fosse stata già nella parte conclusiva (o comunque nel momento in cui non è più possibile per il conducente arrestarsi o tornare indietro), la Fiat Punto si sarebbe trovata in posizione ortogonale rispetto al senso di marcia del veicolo Mazda 6, che stava viaggiando sulla corsia di sorpasso. Conseguentemente l’impatto sarebbe avvenuto tra la parte centrale del lato sinistro della Fiat Punto e il lato centrale della parte anteriore della Mazda 6. Al contrario, il fatto che sia stato colpito lo spigolo posteriore sinistro della Fiat Punto lascia intendere che, al momento dell’urto, la manovra di svolta a sinistra era stata appena iniziata. In definitiva, il fatto che la Mazda 6 non abbia colpito la Fiat Punto con un movimento perfettamente ortogonale rispetto alla Fiat Punto lascia intendere che quest’ultima, al momento dell’urto, era ancora posizionata in modo obliquo rispetto all’asse stradale e, quindi, la manovra di svolta si trovava al momento iniziale.
Giova rammentare in punto di diritto che il conducente di un veicolo a motore che ad un crocevia fra strade pubbliche debba svoltare a sinistra, ha l’obbligo di dare la precedenza ai veicoli provenienti da destra ed ha altresì l’obbligo derivante dalla comune prudenza, di assicurarsi, prima di svoltare, che non sopravvengano veicoli da tergo, ai quali spetta al pari la precedenza, ancorché si trovino in una illegittima fase di sorpasso – con la precisazione che l’obbligo di ispezionare la strada a tergo, per assicurarsi che non sopraggiungano veicoli in fase di sorpasso è circoscritto al momento spazio-temporale che precede la manovra, mentre nella fase di esecuzione il conducente del veicolo che svolta non può distrarre l’attenzione dal suo normale campo visivo (di veda, in particolare, sul punto, Cass. sent. n. 13380/12; sent. n. 4402/04).
Facendo uso del principio di diritto appena riportato, è possibile affermare che la YYY, prima di porre in essere la manovra di svolta a sinistra, avrebbe dovuto accertarsi del fatto che la corsia che stava per invadere con la propria manovra fosse libera. Il fatto che, per le ragioni indicate sopra, il momento dell’urto sia avvenuto quando la manovra di svolta era appena iniziata lascia chiaramente intendere che, quando la YYY iniziava a porre in essere la manovra di svolta, il veicolo condotto dal XXX, che stava ponendo in essere la manovra di sorpasso, aveva ormai quasi del tutto affiancato la Fiat Punto. In ogni caso, a prescindere dalla distanza (minore o maggiore) che la Mazda 6 aveva dal punto dell’impatto nel momento in cui la Fiat Punto iniziava la manovra di svolta, rileva, in modo decisivo, il fatto che il tratto di strada era costituito da un lungo rettilineo e, quindi, la YYY, a prescindere dalla distanza della Mazda 6, non poteva non avvedersi del fatto che stava sopraggiungendo un veicolo in fase di sorpasso.
Segue dalle osservazioni svolte sopra che la YYY avrebbe dovuto concedere la precedenza al veicolo in fase di sorpasso e che, quindi, il sinistro si verificava a causa del comportamento colposo della medesima YYY.
Osservato che, in ogni caso, nel corso del giudizio non sono emersi elementi che lasciano ritenere un comportamento illegittimo del conducente della Mazda 6, rileva comunque che (come sottolineato dalla giurisprudenza sopra riportata) anche in caso di illegittimo sorpasso, qualora il veicolo che pone in essere la manovra di svolta non rispetti l’obbligo di dare precedenza, l’unico antecedente causale del sinistro va individuato nel comportamento colposo di chi pone in essere la manovra di svolta senza concedere la dovuta precedenza.
Sulla base delle considerazioni svolte si può concludere sostenendo che nel caso in esame l’analisi degli elementi emersi dall’istruttoria permette di superare la presunzione di corresponsabilità dei conducenti nella determinazione del sinistro ed attribuire l’intera responsabilità del sinistro al comportamento colposo della YYY. Segue che deve essere rigettata ogni pretesa risarcitoria della YYY, deve essere riconosciuto che il XXX nulla deve dare, a titolo di risarcimento, in favore della Di Remigio, e che, infine, la YYY e la compagnia assicurativa ZZZ Assicurazioni S.p.A. devono essere condannate, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti dal XXX.
Ciò posto in ordine all’an e venendo ad esaminare il profilo concernente il quantum, merita rilevare che il XXX, nell’atto introduttivo del giudizio, chiedeva la condanna della YYY e della compagnia assicurativa al risarcimento del danno biologico e del danno morale subito.
In particolare, a questo riguardo, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare (cfr. Cassazione civile , sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972) che vanno superate le categorie di danno morale e danno esistenziale potendo essere risarcito, come unicum, il danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., il quale non può essere suddiviso in diverse poste risarcitorie.
Al di fuori dei casi previsti dalla legge, la tutela risarcitoria è estesa ai soli casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, quale è innanzitutto il danno biologico, che costituisce appunto il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute tutelato dall’art. 32 Cost.
In ordine al danno biologico, merita rilevare che quest’ultimo consiste nella lesione all’integrità psicofisica dell’uomo e, cioè, in una menomazione incidente sul valore uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si ricollega al complesso delle funzioni naturali afferenti al soggetto nell’ambiente in cui egli vive e si estende quindi a tutti gli effetti negativi sul bene primario della salute, quale diritto inviolabile alla esplicazione della propria personalità morale, intellettuale, culturale (cfr., diffusamente, Cass. civ. sentenze n. 5635/97; 477/96; 357/93).
Avuto riguardo a tutte le conseguenze deteriori cagionate al bene primario della salute nel suo aspetto dinamico, si distingue, nell’ambito della unitaria nozione di danno biologico, in relazione ai diversi periodi temporali correlati alla differente entità della lesione, tra invalidità permanente, ovvero la perenne soppressione di una funzione vitale non suscettibile di regressione per decorso naturale o per effetto di cure e terapie, e inabilità temporanea (assoluta o parziale) quando la perdita della funzione vitale è destinata a cessare col decorso del tempo (in tal senso, cfr. Cassazione civile , sez. III, 15 settembre 1995, n. 9725, Cassazione civile , sez. III, 10 marzo 1992, n. 2840).
L’alterazione dell’integrità psicofisica del soggetto non è passibile di una reintegrazione in forma specifica o in natura, per cui il risarcimento del danno biologico non può che avvenire per equivalente, ovvero con una prestazione patrimoniale atta a reintegrare il valore non patrimoniale leso, da determinarsi con criteri di natura equitativa, informati da un lato ad una uniformità pecuniaria di base (a parità di lesioni, tutti avranno un risarcimento di una certa entità) e, dall’altro, ad elasticità e flessibilità, onde adeguare la liquidazione in ogni singolo caso all’effettiva incidenza nel contesto delle funzioni esistenziali perdute dal danneggiato (per un’autorevole affermazione ditali principi, Corte Cost., 14 luglio 1986 n. 184).
Ciò premesso, nella specie, i danni allegati possono essere verificati sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, ed in particolare dei referti stilati nell’immediatezza del fatto (contenuti nel fascicolo dell’istante) e dall’esame svolto dal c.t.u., dott. Michele Farinacci, le cui conclusioni appaiono pienamente condivisibili.
Ebbene il consulente tecnico ha avuto modo di accertare che, in conseguenza del sinistro ed in nesso eziologico con esso, XXX ha riportato “esiti di trauma distorsivo al rachide cervicale”.
In rapporto alla patologia ed alla sua evoluzione, il perito ha quantificato un periodo di invalidità temporanea per giorni 40, di cui 20 totale e 20 al 50%. Quanto al danno biologico da invalidità permanente, il perito ha ritenuto di dover riconoscere tale danno nella misura complessiva del 2%.
In merito alla quantificazione dei danni, giova specificare che nel caso di specie il danno deve essere risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209, secondo gli importi aggiornati, dettate – come noto – per la responsabilità derivante dalla circolazione stradale.
Pertanto il risarcimento del danno non patrimoniale subito può essere, sulla scorta delle tabelle sopra indicate, utilizzabili come indice di riferimento nella valutazione equitativa dello stesso, individuato nella seguente misura, espressa in termini monetari già rivalutati all’attualità:
€ 937,60 per inabilità temporanea parziale totale;
€ 468,80 per inabilità temporanea parziale al 50%;
€ 1.406,40 per danno biologico permanente;
€ 398,13 per spese mediche documentate.
Oltre al danno biologico, già liquidato, al XXX deve essere riconosciuto anche il danno morale, trattandosi di danno non patrimoniale risarcibile in virtù della lesione di un valore costituzionalmente riconosciuto, quale quello relativo all’integrità morale della persona (cfr., Cassazione civile , sez. III, 13 gennaio 2009, n. 479).
Come noto, le lesioni micropermanenti liquidate con il decreto ministeriale sono attinenti unicamente al danno biologico in sé considerato (la mera lesione fisica subita) e non agli ulteriori aspetti non patrimoniali, come il danno morale (ricompresi, invece, già nella liquidazione del punto nelle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano). Per la liquidazione di tale peculiare aspetto del danno non patrimoniale subito dal XXX debbono utilizzarsi criteri equitativi, non potendo soccorrere i criteri di cui al d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209. Ritiene, infatti, questo Giudice che tale liquidazione non trovi fondamento nella suddetta disposizione, atteso che proprio il comma 3 dell’art. 139 presuppone il “danno biologico”, mentre nel caso in esame la liquidazione è operata con riferimento ad una diversa voce di danno non patrimoniale, avente ad oggetto il risarcimento di quelle componenti soggettive della “sofferenza morale” che necessariamente si distinguono dalla mera integrità psico-fisica, pur restando ricomprese nella sostanziale unitarietà del danno non patrimoniale.
Con riferimento al problema della liquidazione del danno morale nelle lesioni micropemanenti, questo Giudice, pur consapevole del contrasto esistente anche nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, sussistendo una prima lettura interpretativa che predica la liquidazione del danno morale mediante personalizzazione del danno biologico, sfruttando l’incremento ex lege previsto nella misura massima di un quinto (in tal senso, Cass., 7 giugno 2011, n. 12408) ritiene maggiormente condivisibile l’opposto orientamento, secondo il quale deve procedersi ad una liquidazione in via autonoma del danno morale. Secondo quest’ultimo orientamento, le norme di cui agli artt. 138 e 139 d.lgs. n. 209/05 impongono, per come sono strutturate e per la chiarezza della terminologia adottata, una lettura che implica necessariamente la separazione tra i criteri di liquidazione del danno biologico in esse codificati e quelli funzionali al riconoscimento del danno morale; in altri termini stabiliscono la “non continenza”, non soltanto ontologica, nel sintagma “danno biologico” anche del danno morale (Cass. 17 settembre 2010, n. 19816; Cass. 3 ottobre 2013, n. 22585).
Tanto premesso, ritiene questo Giudice che nel caso in esame il danno non patrimoniale diverso dal biologico (danno morale) subito dal XXX, consistito nel turbamento e fastidio arrecato dall’immediato ricovero presso il Pronto Soccorso e la sofferenza di carattere morale provata dal XXX nel sottoporsi al periodo di obbligato riposo, elementi documentati dalle certificazioni mediche, debba essere liquidato nella misura di € 500,00 (del resto la difesa del XXX non ha dimostrato particolari situazioni di disagio oltre quelle che notoriamente accompagnano il periodo successivo al trauma).
Non può essere riconosciuto alcun danno per perdita della capacità lavorativa, dal momento che il c.t.u. concludeva sostenendo che i postumi del sinistro non impediscono lo svolgimento dell’attività svolta all’epoca dell’incidente, specificando che il XXX rimane idoneo a svolgere tutte le attività comprese nel ruolo che ricopre e non ha ostacoli nello svolgimento di attività extralavorative in genere.
Il XXX chiedeva altresì il risarcimento del danno patrimoniale, corrispondente ai danni riportati dal proprio veicolo. Tale pretesa risarcitoria è fondata per le ragioni che seguono.
Non è oggetto di contestazione il fatto che il veicolo condotto dal XXX sia stato colpito nella parte anteriore destra. Dalle fotografie allegate al verbale della Polizia Municipale emergono danni compatibili con la dinamica del sinistro (derivati con estrema probabilità dall’urto con il veicolo condotto dalla YYY), dal momento che appare lesionata tutta la parte anteriore destra.
A dimostrazione dell’entità della spesa necessaria per la riparazione dei danni, la difesa del XXX produceva una fattura emessa da autocarrozzeria, nella quale sono indicate lavorazioni che risultano compatibili con i danni riscontrabili dall’esame delle fotografie. Anche i prezzi applicati risultano compatibili con quelli comunemente applicati. A ciò va aggiunto che le controparti, nelle rispettive comparse di costituzione e risposta, non svolgevano specifiche contestazioni né sull’entità delle lavorazioni svolte (nel corso dell’istruttoria orale il teste ***, titolare dell’autocarrozzeria, confermava di aver effettivamente realizzato le opere indicate nella fattura) né sul costo delle stesse. Conseguentemente si può riconoscere al XXX la somma di € 13.186,61, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale.
Pertanto il danno complessivo ammonta ad € 16.897,54.
Tali somme sono liquidate all’attualità.
Oltre alla rivalutazione del credito, già riconosciuta, è stato chiesto da parte istante anche il riconoscimento degli interessi sui rispettivi crediti, con decorrenza dalla data del fatto.
Infatti, su tutte le somme liquidate a titolo di risarcimento del danno deve essere riconosciuto al XXX anche il cd. lucro cessante e cioè il risarcimento del danno derivante dalla mancata tempestiva disponibilità della somma che, ove tempestivamente posseduta, avrebbe determinato un lucro finanziario.
In conformità al combinato disposto degli artt. 2056, 1223, 1226 e 1227 c.c., il danno da ritardo in materia di responsabilità da fatto illecito non è presunto ex lege (non essendo applicabile, come precisato dalla Suprema Corte nella citata sentenza, l’art. 1224 I comma c.c.), ma deve essere allegato e provato facendo ricorso anche e soltanto a presunzioni semplici ed al criterio equitativo di cui all’art. 2056 II comma c.c.
Quindi, non avendo fornito il XXX alcun elemento di prova in ordine ai possibili impieghi delle somme dovute, il cd. lucro cessante dovrà pertanto essere equitativamente calcolato ex art. 2056 c.c., secondo l’orientamento della Suprema Corte (Cass. Sez. Un. 17.2.1995 n.1712 sul calcolo di interessi per debiti di valore), applicando, ad una base di calcolo costituita dall’attuale credito come sopra determinato, devalutato all’epoca del fatto (settembre 2005), e rivalutato anno per anno secondo gli indici Istat, un saggio di interesse corrispondente al rendimento medio degli interessi sui titoli di Stato (Bot, CCT) nel periodo di riferimento.
Sul complessivo ammontare del credito risarcitorio così come determinato decorrono interessi in misura legale dalla pubblicazione della sentenza al saldo.
In riferimento al governo delle spese di lite (tenuto conto che verrà applicato il criterio del decisum anziché quello del disputatum; Cass. S.U. civili n.1911/63 e n.19014/07), vanno svolte le considerazioni che seguono.
Per quanto concerne i rapporti tra il XXX, da un lato, e YYY, KKK e la ZZZ Assicurazioni S.p.A., dall’altro lato, in considerazione del fatto che l’attore chiedeva con l’atto di citazione (domanda ribadita nella medesima entità anche in sede di precisazione delle conclusioni, dopo lo svolgimento dell’istruttoria, quando il procuratore del XXX precisava le conclusioni riportandosi genericamente ai propri scritti) la condanna della convenuta al pagamento della somma di € 28.880,84, quando all’esito dell’istruttoria emergeva (sia per l’effettività dei danni accertati sia per le carenze probatorie della difesa del XXX) che l’entità effettiva dei danni era pari ad € 16.897,54, sussistono i presupposti per porre a carico delle parti soccombenti (YYY, KKK e ZZZ Assicurazioni S.p.A.) il 50% delle spese di lite, secondo il criterio della soccombenza, compensando il rimanente 50 %.
Per quanto concerne i rapporti tra la società JJJ Assicurazioni S.p.A. e le altre parti convenute nel processo in riassunzione, in considerazione dello scarso apporto processuale fornito dalla difesa della JJJ, la quale si limitava a chiedere “voglia dichiarare tenuta al risarcimento dei danni della KKK chi di ragione”, senza neanche individuare il soggetto ritenuto responsabile e apportare, quindi, elementi significativi ai fini della decisione, sussistono le ragioni di cui all’art. 92 c.p.c. perché siano integralmente compensate tra le parti le spese di lite.
p.q.m.
Il Tribunale di Teramo, definitivamente pronunciando in persona del dott. Alessandro Chiauzzi, così provvede:
- condanna YYY, e la società ZZZ Assicurazioni S.p.A. al risarcimento dei danni subiti da XXX, e pertanto le condanna al pagamento, in favore di XXX, in solido tra loro, della somma di € 16.897,54, oltre interessi corrispondenti al rendimento medio degli interessi sui titoli di Stato (Bot, CCT) nel periodo di riferimento, calcolati su detta somma devalutata all’epoca del fatto (settembre 2005) e rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat, nonché interessi in misura legale dalla pubblicazione della sentenza;
- rigetta la domanda proposta da YYY;
- dichiara che XXX nulla deve pagare, a titolo di risarcimento dei danni, in favore di KKK;
- condanna YYY, KKK e la ZZZ Assicurazioni S.p.A. alla refusione del 50 % delle spese legali, in favore di XXX, che si quantificano in complessivi €050,00 per compensi ed € 192,95 per esborsi (cifre già calcolate al 50 %), oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA come per legge, compensando il rimanente 50 %;
- compensa integralmente le spese di lite tra la JJJ Assicurazioni S.p.A. e le altre parti convenute in riassunzione;
- pone definitivamente a carico di YYY, KKK e della ZZZ Assicurazioni S.p.A. il 50 % delle spese della t.u., ponendo a carico di tutte le parti in solido il rimanente 50 %.
Teramo, 14 luglio 2018
Il Giudice
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