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Datore di lavoro, mora accipiendi

La retribuzione spetta al lavoratore soltanto se la prestazione di lavoro sia effettivamente eseguita, salvo che il datore di lavoro versi in una situazione di mora accipiendi.

Pubblicato il 05 November 2021 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI ROMA V SEZIONE LAVORO

La Corte d’Appello di Roma, in funzione di giudice del lavoro, composta dai Magistrati:

Riunita in camera di consiglio il giorno 22/10/2021, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 3787/2021 pubblicata il 29/10/2021

nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 3747/2019 vertente tra:

tra

XXX

rappresentato e difeso dall’avv.

Appellante

E YYY YYY

rappresentata e difesa dall’avv.

Appellata

Oggetto: appello avverso la sentenza n.6357/19 del tribunale di Roma

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

XXX adiva il tribunale di Roma esponendo di essere dipendente di YYY soc.coop.

(azienda che si occupa dell’esecuzione in appalto di lavori di facchinaggio, trasporti, carico e scarico merci) dall’01/09/2015 con qualifica di operaio, 3° livello ccnl settore multiservizi, con orario part time orizzontale di 35 ore settimanali.

Con raccomandata del 29/04/2016 la datrice di lavoro aveva unilateralmente disposto dal 02/05/2016 la riduzione dell’orario di lavoro a 30 ore settimanali.

Egli aveva impugnato la riduzione oraria con pec del 24/07/2017 ma senza esito.

Il lavoratore sosteneva che il comportamento della cooperativa era illegittimo e chiedeva al Tribunale, previa declaratoria di illegittimità del provvedimento datoriale, l’accertamento del diritto al ripristino dell’orario lavorativo di 35 ore settimanali su cinque giorni a settimana, in conformità al contratto di assunzione, l’accertamento del suo diritto a ricevere la retribuzione parametrata a 35 ore settimanali, la condanna della società al pagamento della differenze retributive relative al periodo 02/05/2016 – luglio 2018, pari alla complessiva somma di euro 5.978,47.

YYY soc coop si costituiva in giudizio ed affermava che vi era stata una improvvisa sopravvenienza oggettiva perché il committente *** aveva unilateralmente ridotto l’appalto in termini di ore previste nel capitolato e che di conseguenza essa aveva dovuto ridurre l’orario di lavoro di tutti i suoi dipendenti perché altrimenti l’unica alternativa possibile era il licenziamento.

Il tribunale ha rigettato il ricorso affermando che YYY soc.coop. aveva agito sulla base di una ragione oggettiva espressamente dichiarata al lavoratore e comunicata dal *** alla società con missiva del 18.4.16 nella quale la committente inviava il prospetto con i nuovi orari ridotti per ciascun dipendente a decorrere dal 2 maggio.

La cooperativa aveva quindi indicato le ragioni tecnico organizzative della propria determinazione, che era intervenuta nei confronti di tutti i lavoratori indistintamente, il che dimostrava la coerenza della sua condotta, indotta alla decisione per evitare più gravi rimedi come il licenziamento.

Inoltre, il *** aveva impugnato il provvedimento solo dopo un anno e due mesi dalla comunicazione della riduzione dell’orario di lavoro, circostanza che corroborava la convinzione che egli avesse compreso l’oggettività delle ragioni della cooperativa prestandovi acquiescenza per fatti concludenti.

Avverso tale sentenza il sig.*** propone appello lamentando con il primo motivo che il Tribunale aveva erroneamente violato il principio di corrispettività del contratto di lavoro ed omesso di considerare che una mera difficoltà del datore di lavoro nell’adempiere la propria prestazione non legittima la modifica unilaterale dell’orario di lavoro, che deve essere concordata con il lavoratore e risultare per atto scritto, indipendentemente dalla situazione economica in cui versa l’azienda.

Con il secondo motivo d’appello afferma che il tribunale aveva erroneamente ritenuto specifica l’indicazione delle ragioni tecnico organizzative addotte dalla cooperativa per giustificare la riduzione dell’orario di lavoro, laddove nella missiva del 29/04/2016, la società non aveva affatto specificato le ragioni oggettive della riduzione dell’orario di lavoro, né tantomeno la durata dell’intervenuta riduzione dell’orario di lavoro, limitandosi ad invocare una “richiesta da parte del Cliente”.

La necessità di salvaguardare il posto di lavoro era stata affermata solo ex post dalla difesa della società ed il tribunale aveva inoltre omesso di considerare la disciplina prevista dal ccnl ed in particolare l’art.33 del ccnl sul lavoro a tempo parziale che prevedeva il consenso del lavoratore anche nel caso di clausole elastiche o flessibili (articolazione destrutturale dell’orario di lavoro).

Con un terzo motivo parte appellante lamenta che erroneamente il tribunale aveva valutato il comportamento del lavoratore in termini di acquiescenza ed aveva omesso di considerare il fatto che egli non aveva firmato la comunicazione di riduzione oraria “per accettazione”.

Afferma che il silenzio in presenza di limiti formali e di necessità di forma scritta non assume rilevanza per difetto di forma e che può assumere rilevanza solo se accompagnato da peculiari circostanze e situazioni oggettive e soggettive tali da renderlo significativo.

Nello specifico, il suo comportamento non era rivelatore di un consenso perché egli non aveva firmato per accettazione la comunicazione di riduzione dell’orario di lavoro e si era attivato impugnando il provvedimento di riduzione dell’orario di lavoro. L’inerzia doveva poi essere valutata con riferimento a un rapporto caratterizzato da una oggettiva soggezione economica e di dipendenza, a maggior ragione per quelle clausole che impongono una forma scritta , non potendosi attribuire rilevanza di accettazione ad una condotta non caratterizzata da una immediata reazione ad un atto illegittimo.

YYY soc coop si è costituita chiedendo il rigetto dell’appello.

Assegnati alle parti i termini per il deposito telematico di note contenenti le sole istanze e conclusioni in luogo dello svolgimento dell’udienza già fissata per la discussione, ai sensi dell’art. 221, comma 4, d.l. 34/2020 conv. in l. 77/2020, la causa, sulle conclusioni riportate in atti, è stata decisa come da dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è parzialmente fondato.

Come regola generale, in ordine alla variazione in diminuzione dell’orario lavorativo, si ritiene che il datore di lavoro non possa unilateralmente ridurre o sospendere l’attività lavorativa e specularmente rifiutare di corrispondere la retribuzione: diversamente incorrendo nell’inadempimento contrattuale previsto in linea generale dalla disciplina delle obbligazioni corrispettive, secondo cui il rifiuto di eseguire la prestazione può essere opposto da un contraente (nella specie il datore di lavoro) soltanto se l’altra parte (il lavoratore) ometta di effettuare la prestazione da lui dovuta; ma non già quando questa sia impedita dalla volontà datoriale unilaterale, salva la prova a carico del medesimo di una impossibilità sopravvenuta, a norma degli artt. 1256, 1463 e 1464 c.c., fondata sull’inutilizzabilità della prestazione lavorativa per fatti non addebitabili al predetto, perché non prevedibili, ne’ evitabili, ne’ riferibili a carenze di programmazione o di organizzazione aziendale ovvero ad un calo di commesse o a crisi economiche o congiunturali o strutturali e “salvo comunque un eventuale accordo tra le parti” (Cass.n.7300/04, Cass.n.25006/16).

Nello specifico non sussiste e non è stata provata la presenza di una impossibilità sopravvenuta, perché la cooperativa ha prodotto solo un prospetto dei nuovi orari degli addetti alle pulizie che il committente *** le ha comunicato.

Questo prospetto costituisce una mera modifica unilaterale da parte del committente in corso d’opera del contratto d’appalto, che allo stato non trova alcuna giustificazione e pertanto non può costituire una causa di impossibilità sopravvenuta per la cooperativa per disporre la riduzione oraria dei contratti di lavoro dei suoi dipendenti.

La cooperativa non ha infatti né allegato nè provato di aver chiesto il corretto adempimento del contratto stipulato con il *** e tantomeno ha provato l’eventuale presenza nel contratto di appalto di clausole autorizzative la diminuzione delle ore di pulizia: quindi non ha provato di non aver potuto far fronte alla unilaterale -ed allo stato ingiustificata- richiesta di modifica unilaterale del contratto.

Va inoltre evidenziato che non si è in presenza dell’ipotesi di cui all’art.4 del ccnl multiservizi del settore, sulla base del quale talvolta la giurisprudenza di merito ha ammesso la variazione in diminuzione delle ore di lavoro senza accordo del lavoratore in quanto funzionale ad evitare l’alternativa del licenziamento dei lavoratori impiegati sull’appalto (vedi Corte app.Roma n.2361/20) . L’art.4 seconda parte, infatti, si riferisce esclusivamente alle ipotesi di rinnovo di un contratto d’appalto scaduto/in scadenza, quando la committente intenda modificare termini, modalità e prestazioni contrattuali del nuovo appalto, anche se l’impresa subentrante sia la stessa che già gestiva il servizio in virtù dell’appalto cessato, ponendo così alla stessa l’alternativa fra perdere l’appalto in rinnovo e quindi licenziare i lavoratori o rinnovare l’appalto alle nuove sostanziali- condizioni (fattispecie caratterizzata anche dall’informativa alle ooss).

Questa non è la fattispecie in oggetto, dove la cooperativa non ha affatto provato gli elementi costitutivi del rinnovo dell’appalto con modifica sostanziale delle condizioni e quindi l’impossibilità di richiedere il mantenimento delle ore di pulizia e, conseguentemente l’alternativa del licenziamento.

Non può inoltre sostenersi che vi sia un tacito consenso delle parti alla modifica in diminuzione dell’orario di lavoro.

E’pacifico che il lavoratore è stato assunto nel settembre 2015: trova quindi applicazione l’art.5 comma 1 del d.lgs. n. 81/2015 che ha confermato l’art.8 comma 1 dlgs.n.61/2000 che ha espressamente previsto per il contratto a tempo parziale la forma scritta solo ad probationem. Secondo l’orientamento consolidato della Cassazione laddove per il contratto sia prevista la forma scritta ad probationem, la successiva modifica di singole clausole non deve necessariamente essere pattuita per iscritto ma può risultare anche da un comportamento tacito concludente. (Cass.n.27391/19, Cass. n. 729 del 2003; n. 1824 del 2013; n. 9226 del 2014; Ord. n. 21764 del 2015)

Ciò significa che, una volta stipulato il contratto con forma scritta (necessaria solo ad probationem), è ben possibile – e valida – una sua riduzione concordata, che risulti da fatti concludenti, mediante la valenza che possono assumere i comportamenti delle parti ex art. 1362 c.c.

Nello specifico, ritiene però il Collegio che il solo elemento costituito dal decorso del tempo di un anno e due mesi prima di inviare la messa in mora alla cooperativa non possa costituire di per sé solo elemento inequivocabilmente significativo dell’espressione della volontà contrattuale del lavoratore di diminuire le ore lavorative.

Si tratta infatti di un lasso temporale non particolarmente lungo e quindi non significativo di una chiara volontà del lavoratore di acconsentire alla modifica in peius del suo contratto: a tal fine si evidenzia, quale elemento presuntivo, che i periodi temporali solitamente considerati rilevanti dalla giurisprudenza quali condotte negoziali abdicative dei lavoratori sono ben più ampi (ad esempio, quanto ai contratti a termine, l’inerzia per 5 anni ex Cass.n.23586/18, ovvero 4 anni ex Cass.n.13660/18).

Questa inerzia -limitata ad un periodo temporale non particolarmente significativo- non è assistita da altre condotte del lavoratore indicative della volontà di ridurre le ore di lavoro per la cooperativa (es. prestazione lavorativa per terzi).

Peraltro, non può neanche sostenersi che la cooperativa abbia chiaramente e ragionevolmente esposto le ragioni della riduzione dell’orario di lavoro in termini tali da far comprendere al lavoratore che la predetta riduzione oraria rappresentava l’unica alternativa possibile rispetto al licenziamento, perché, come sopra evidenziato, non vi è prova alcuna che fosse in atto la scadenza dell’appalto ed il relativo rinnovo, nel quale la committente ben avrebbe potuto richiedere una sostanziale modifica dei termini dell’appalto.

La mancata reazione immediata del lavoratore a fronte di modifiche unilaterali peggiorative da parte del datore di lavoro deve essere d’altro canto attentamente valutata quale inequivocabile manifestazione di volontà negoziale, tenendo conto anche del fatto che si trattava di un rapporto di lavoro in corso al quale si applicava il nuovo sistema di tutele crescenti di cui al c.d. jobs act, per cui non può neanche escludersi la necessità per il lavoratore di una particolare riflessione conseguente allo stato di timore di perdere il posto di lavoro, prima di intraprendere la via giudiziale.

Le differenze retributive sono però dovute dalla sola messa in mora.

Sul tema specifico della necessità della cd. mora accipiendi, è sufficiente richiamare l’ampia elaborazione della giurisprudenza di legittimità che, in base alla regola generale di effettività e corrispettività delle prestazioni nel contratto di lavoro, ha precisato come la retribuzione spetti al lavoratore soltanto se la prestazione di lavoro sia effettivamente eseguita, salvo che il datore di lavoro versi in una situazione di “mora accipiendi” (cfr. Cass. n. 20316 del 2008; n. 11741 del 2007; n. 24886 del 2006; cfr. anche Cass., S.U. n. 2990 del 2018).

Il principio è affermato anche in caso di nullità del contratto a tempo parziale e conversione del contratto in rapporto a tempo pieno: In tema di contratto di lavoro “part time”, il difetto della forma scritta prevista “ad substantiam” dall’art. 5 del d.l. n. 726 del 1984 non determina la nullità dell’intero contratto, ma la sua conversione in un ordinario rapporto “full time”, con conseguente diritto del lavoratore al risarcimento del danno, commisurato alle differenze retributive tra quanto percepito e quanto dovuto in base a un orario a tempo pieno, previa costituzione in mora del datore di lavoro ex art. 1217 c.c., mediante la messa a disposizione delle energie lavorative. (Cass.n.14797/19).

Le differenze retributive sono pertanto dovute dal 24/07/2017 al luglio del 2018 e si evincono agevolmente dai conteggi depositati dal lavoratore in primo grado ed indicanti le differenze di retribuzione mese per mese.

Il parziale accoglimento della domanda giustifica la compensazione delle spese processuali per 1/3, con condanna della cooperativa al pagamento dei residui 2/3 per il doppio grado, liquidati come in dispositivo.

P.Q.M.

-in parziale accoglimento dell’appello ed in parziale riforma della sentenza appellata, confermata nel resto, dichiara il diritto di XXX a svolgere la prestazione lavorativa per un monte orario settimanale di 35 ore e condanna la YYY soc.coop. a ripristinare l’orario lavorativo ed a corrispondergli le differenze di retribuzione dal 24.7.17 al 31.7.18 per euro 3.037,06, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione al saldo;

-compensa per 1/3 le spese processuali del doppio grado di giudizi, liquidate per l’intero in euro 2.100,00 per il primo grado ed euro 1.950,00 per il grado d’appello, e condanna l’appellata al pagamento dei residui 2/3, oltre spese forfettarie, iva e cap.

Roma,22/10/2021

Il Consigliere estensore

Il Presidente

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