REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI
Sezione Unica Civile
Il Tribunale Ordinario di Rimini, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei magistrati:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 248/2020 pubblicata il 06/04/2020
sul ricorso Nr. /2019 R.G. promosso da: XXX (C.F.) nata a, residente in, con il patrocinio dell’avv. che la rappresentano e difendono nel presente giudizio come da procura in atti;
– ricorrente –
nei confronti di YYY nato a
– resistente contumace –
con l’intervento del
PUBBLICO MINISTERO
– intervenuto per legge –
CONCLUSIONI: All’udienza del 03/12/2019, il difensore di parte ricorrente ha concluso come da verbale di udienza.
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Dagli atti e dai documenti di causa risulta quanto segue.
XXX e YYY hanno contratto matrimonio civile a in data ed hanno avuto un figlio, (nato il).
I coniugi si sono separati in forza di sentenza n. /2017 emessa dal Tribunale di Reggio Emilia in data 31/05/2017, pubblicata in data 27/06/2017 e passata in giudicato.
Con ricorso depositato in data 19/02/2019, XXX ha promosso il presente giudizio di scioglimento del matrimonio, chiedendo altresì che sia dichiarata la decadenza di YYY dalla responsabilità genitoriale e che sia posto a carico dello stesso l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio corrispondendo un importo mensile non inferiore ad euro 250,00, oltre al 50% delle spese straordinarie.
All’udienza del 14/05/2019, dinanzi al Presidente del Tribunale, YYY non è comparso nonostante la ritualità della notifica del ricorso introduttivo e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di comparizione dei coniugi, perfezionatasi ai sensi dell’art. 143 c.p.c. Dato atto dell’impossibilità di esperire il tentativo di conciliazione, il Presidente del Tribunale non ha adottato provvedimenti provvisori ed urgenti – non ravvisandone i presupposti -, ferma restando l’efficacia delle vigenti condizioni di separazione.
All’udienza del 23/10/2019, dinanzi al Giudice Istruttore, verificata la ritualità della notifica del verbale dell’udienza presidenziale e dell’ordinanza in esso contenuta, perfezionatasi ai sensi dell’art. 143 c.p.c., è stata dichiarata la contumacia di YYY. Alla successiva udienza del 03/12/2019, il procuratore di parte ricorrente ha precisato le proprie conclusioni, rinunciando alla concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. e, all’esito, il Giudice Istruttore ha rimesso gli atti dinanzi al Collegio per la decisione.
Il Pubblico Ministero, intervenuto nel procedimento riservandosi di concludere, non ha poi presentato le conclusioni; tale circostanza non integra violazione del precetto di legge in quanto ai fini dell’osservanza delle norme che prevedono l’intervento obbligatorio del P.M. nel processo civile, è sufficiente che gli atti siano comunicati all’ufficio del medesimo per consentirgli di intervenire nel giudizio, mentre l’effettiva partecipazione e la formulazione delle conclusioni sono rimesse alla sua diligenza (cfr. Cass. n. 10894/2005; Cass. n. 2381/2000 secondo cui “Nelle controversie relative alla modifica delle condizioni patrimoniali imposte con sentenza di divorzio, con riferimento al mantenimento dei figli minori, che rientrano tra quelle per le quali è previsto l’intervento obbligatorio del P.M., ai sensi dell’art. 9 della legge n. 898 del 1970,come modificato dall’art. 13 della legge n. 74 del 1987, è sufficiente, al fine di assicurare l’osservanza di detto precetto normativo, che l’ufficio del P.M. venga ufficialmente informato del procedimento, affinché il suo rappresentante sia posto in grado di intervenire e di esercitare i poteri attribuitigli dalla legge, restando irrilevante che in concreto egli non partecipi alle udienze e non formuli conclusioni”).
Tutto ciò premesso, la domanda con cui XXX ha chiesto che sia dichiarato lo scioglimento del matrimonio dalla stessa contratto con YYY è fondata e merita accoglimento. Risulta dai documenti prodotti che i coniugi si sono separati in forza di sentenza n. /2017 emessa dal Tribunale di Reggio Emilia in data 31/05/2017, pubblicata in data 27/06/2017 e passata in giudicato.
Emerge, inoltre, dagli atti di causa e dai certificati di residenza che i coniugi dall’epoca della separazione non si sono più riconciliati e hanno condotto vite distinte (cfr. la documentazione di causa).
Deve concludersi, pertanto, che sussistono i presupposti di fatto stabiliti dagli artt. 3 n. 2 lett. b) e 4 della Legge 1.12.1970 n. 898, così come modificata dalla Legge 6.03.1987 n. 74, come novellata dall’art. 1 della Legge 6.05.2015, n. 55, per farsi luogo alla pronuncia di scioglimento del matrimonio, non essendovi possibilità di ricostituzione dell’unione familiare.
Quanto ai provvedimenti relativi al figlio minore , va osservato che XXX ha chiesto, in via principale, che sia dichiarata la decadenza di YYY dalla responsabilità genitoriale e, in via subordinata, che sia disposto l’affidamento esclusivo rafforzato del figlio minore alla stessa. La domanda con cui si chiede che sia adottata in questa sede una pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale non può trovare accoglimento, essendo il procedimento di cui all’art. 330 c.c. demandato alla competenza funzionale del tribunale per i minorenni. A tale conclusione si perviene muovendo dalla lettera dell’art. 38 disp. att. c.c. secondo cui “Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all’articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’articolo 316, del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono, altresì, di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile”. Nell’interpretare la disciplina così dettata dall’art. 38 disp. att. c.c., la giurisprudenza di legittimità ha identificato la ratio della vis attractiva dalla stessa prevista in favore del tribunale ordinario nelle interrelazioni ed interferenze frequentemente riscontrabili tra i procedimenti di separazione e divorzio o relativi a figli di genitori non coniugati e quelli previsti dagli artt. 330 e 333 c.c., osservando che spesso risulta assai difficile distinguere, in concreto, una domanda di affidamento pura e semplice da una fondata su comportamenti pregiudizievoli o gravi abusi del genitore. Il dettato normativo, volto ad evitare l’adozione di provvedimenti contrastanti o la presentazione di ricorsi strumentali ad un organo diverso, limita l’attrazione all’ipotesi in cui il procedimento dinanzi al tribunale ordinario sia già pendente, in tal modo implicitamente escludendo quella in cui il procedimento dinanzi al tribunale per i minorenni sia stato instaurato anteriormente, richiedendo, inoltre, che i due procedimenti si svolgano tra le medesime parti, condizione quest’ultima non riscontrabile nel caso in cui quello dinanzi al tribunale per i minorenni sia stato promosso da un soggetto diverso dai genitori del minore. Si vuole così attuare, nei limiti previsti, una concentrazione delle tutele onde evitare, a garanzia del preminente interesse del minore, che sulla stessa materia conflittuale possano essere aditi due organi giudiziari diversi e possano, quindi, essere assunte decisioni tra loro contrastanti e incompatibili, tutte temporalmente efficaci ed attuabili. La Suprema Corte ha di recente precisato come la vis attractiva di cui all’art. 38 disp. att. c.c. non si estenda alla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale che resta riservata in ogni caso al giudice minorile, ferma restando la competenza del tribunale ordinario per l’adozione dei provvedimenti conseguenti (cfr. Cass. n. 1866/2019). Occorre, infatti, considerare che la predetta disposizione normativa effettua una distinzione: “per i procedimenti di cui all’art. 333 c.c.”, è esclusa la competenza del tribunale per i minorenni; anche per quelli contemplati dal “primo periodo” dell’articolo, i relativi “provvedimenti” spettano al tribunale ordinario, sempre che, come per il procedimento ex art. 333 c.c., siano stati instaurati anteriormente e tra le medesime parti. L’art. 38 disp. att. c.c. parla di “provvedimenti” perché in vari procedimenti – ed in particolare in quello di cui all’art. 330 c.c. – vi è una distinzione tra la pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale ed i conseguenti provvedimenti di affidamento, collocamento del minore, eventuali visite del genitore, contributo al mantenimento, ecc., che, invece, non sussiste nell’ambito del procedimento di cui all’art. 333 c.c. Se la diversa collocazione introdotta dall’articolo in esame riveste un qualche significato, ciò comporta necessariamente che la pronuncia sulla decadenza resti di spettanza del tribunale per i minorenni e l’attrazione attenga, invece, ai provvedimenti conseguenti (cfr. Cass. n. 15971/2015).
Così interpretato il disposto dell’art. 38 disp. att. c.c., va dichiarata l’incompetenza funzionale del tribunale ordinario in ordine alla pronuncia di decadenza di YYY dalla responsabilità genitoriale richiesta in via principale da XXX, dovendo nel contempo provvedersi a segnalare alla Procura presso il tribunale per i minorenni l’esistenza di una situazione di potenziale pregiudizio per il minore, affinché sia valutata la necessità di adottare i più opportuni provvedimenti.
In accoglimento della domanda svolta in via subordinata da XXX, va, invece, disposto l’affidamento esclusivo del figlio minore alla madre ai sensi dell’art. 337 quater comma 3 c.c., con collocazione presso l’abitazione materna e con riserva al genitore affidatario delle decisioni di maggior interesse per il figlio, quali quelle in materia di residenza, passaporto o altri documenti, salute e scuola. Nel caso di specie, infatti, devono ritenersi sussistenti i presupposti che giustificano l’adozione del regime dell’affidamento esclusivo del minore. Al riguardo, occorre considerare che, nel vigente assetto ordinamentale, l’affidamento esclusivo può essere disposto solo nel caso in cui l’ordinario regime dell’affidamento condiviso risulti “contrario all’interesse del minore” ai sensi dell’art. 337 quater c.c. In assenza di ogni tipizzazione normativa, le circostanze ostative all’affidamento condiviso devono essere individuate dal giudice con provvedimento motivato, secondo quanto previsto dallo stesso art. 337 quater c.c. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che “Perché possa derogarsi alla regola dell’affidamento condiviso, occorre che risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore … (come nel caso, ad esempio, di un sostanziale disinteresse di uno dei genitori per le complessive esigenze di cura, di istruzione e di educazione del minore), con la conseguenza che l’esclusione della modalità dell’affidamento condiviso dovrà risultare sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal pari esercizio della potestà genitoriale e sulla non rispondenza, quindi, all’interesse del figlio dell’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento…” (cfr. Cass. n. 18559/2016; Cass. n. 27/2017; Cass. n. 6535/2019). L’affidamento esclusivo può, pertanto, essere disposto ogni qualvolta l’affidamento condiviso risulti pregiudizievole all’interesse del minore, come, ad esempio, nel caso in cui un genitore sia indifferente nei confronti del figlio, non contribuisca al mantenimento dello stesso, manifesti un disagio esistenziale incidente sulla relazione affettiva, ecc. Nel caso di specie, la condotta anche processuale di YYY dimostra un completo disinteresse per il fattivo esercizio della responsabilità genitoriale ed una condizione di manifesta inidoneità educativa, tale da concretizzare quel pregiudizio che, secondo quanto previsto dall’art. 337 quater c.c., può giustificare la mancata adozione del regime dell’affidamento condiviso e l’affidamento monogenitoriale in favore della ricorrente, alla quale, inoltre, devono essere rimesse anche le scelte sulle questioni più importanti per il figlio minore, stante l’irreperibilità del padre che renderebbe di fatto impossibile a XXX l’adozione di ogni decisione. Per quest’ultima va formulata una prognosi favorevole in ordine alla idoneità genitoriale, essendosi sempre occupata con continuità e responsabilità del figlio minore .
Quanto alla regolamentazione delle visite paterne, l’attuale assenza di ogni rapporto e il totale disinteresse manifestato dal resistente nei confronti del figlio impone di stabilire che, in caso di ripresa dei rapporti, il padre potrà vedere il minore rivolgendosi ai Servizi Sociali competenti per territorio, i quali provvederanno a formulare apposito programma di visite da tenersi con modalità protette in presenza dei Servizi Sociali.
A carico di YYY deve essere posto l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio minore versando – in via anticipata entro il giorno 5 di ogni mese – l’importo mensile di euro 250,00, rivalutabile annualmente secondo gli indici Istat. Al riguardo, va considerato che, pur non essendo nota l’attuale condizione economico – patrimoniale e lavorativa di YYY, deve ritenersi, ad ogni modo, che quest’ultimo sia in possesso di sicura capacità lavorativa, in ragione della giovane età e dell’assenza di elementi che possano far ragionevolmente affermare che lo stesso sia incapace o inabile al lavoro. L’importo mensile di euro 250,00 è comprensivo del contributo paterno alle spese straordinarie, considerato che l’irreperibilità di YYY renderebbe di fatto estremamente difficile il recupero delle spese di volta in volta sostenute.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con pagamento a favore dello Stato, in quanto XXX risulta ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Nella condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di lite non viene applicata la riduzione degli importi spettanti al difensore prevista dall’art. 130 DPR 130/2002 (in termini Cass., Ord. n. 22017 del 11/09/2018: In tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato ex art. 133 del d.P.R. n. 115 del 2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo d.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità).
P.Q.M.
Il Tribunale Ordinario di Rimini, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta con ricorso depositato in data 19/02/2019 da XXX nei confronti di YYY, così provvede:
a) dichiara lo scioglimento del matrimonio contratto a in data da XXX e YYY, matrimonio trascritto al n. , Parte , dell’anno del Registro degli atti di matrimonio del Comune di;
b) ordina all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di di procedere all’annotazione della presente sentenza;
c) dichiara la propria incompetenza funzionale in ordine alla pronuncia di decadenza di YYY dalla responsabilità genitoriale, per essere competente il Tribunale per i minorenni di Bologna;
d) dispone che, a cura della Cancelleria, sia segnalata alla Procura presso il Tribunale per i minorenni di Bologna l’esistenza di una situazione di potenziale pregiudizio per il minore ;
e) affida il figlio minore , nato a il , in modo esclusivo alla madre, con collocazione presso l’abitazione di quest’ultima, disponendo che le decisioni di maggior interesse per il figlio, quali quelle relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale, siano assunte dalla madre in via esclusiva, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni del figlio;
f) dispone che il padre potrà vedere il figlio minore rivolgendosi ai Servizi Sociali competenti per territorio, i quali provvederanno a formulare apposito programma di visite da tenersi con modalità protette in presenza dei Servizi Sociali;
g) dispone che YYY versi a XXX, a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore , in via anticipata entro il giorno 5 di ogni mese, l’importo omnicomprensivo di euro 250,00 mensili, rivalutabile annualmente secondo gli indici Istat;
h) condanna YYY alla rifusione delle spese di lite di parte ricorrente, che si liquidano in euro 2.768,00 a titolo di compenso professionale ed euro 98,00 a titolo di spese, oltre al 15% a titolo di rimborso forfettario spese generali, Iva e Cpa, come per legge, con pagamento a favore dello Stato ex art. 133 DPR 115/2002.
Così è deciso in Rimini nella Camera di Consiglio del 20 febbraio 2020.
Il Giudice Relatore
Il Presidente
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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