RG. n. 214/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA SEZIONE SECONDA nelle persone dei magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente dott.ssa NOME COGNOME Consigliere relatore dott.ssa NOME COGNOME Consigliere riuniti in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente:
SENTENZA N._1314_2024_- N._R.G._00000214_2022 DEL_03_11_2024 PUBBLICATA_IL_04_11_2024
nella causa civile iscritta al R.G. 214/2022, promossa ex art. 392 c.p.c. in fase di rinvio a seguito della sentenza n. 37819/21, della Suprema Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, resa in data 4 giugno 2021, depositata il successivo 1° dicembre 2021 promossa da: , rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. NOME COGNOME in forza di procura speciale allegata all’atto di citazione in riassunzione ex art. 392 c.p.c., ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Prof. NOME COGNOME in Genova, INDIRIZZO ATTORE IN RIASSUNZIONE contro , quale erede di , entrambi rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di rinvio, e alla comparsa di costituzione del 19/9/2022, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO CONVENUTI IN RIASSUNZIONE “Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, previa integrazione della CTU espletata nel presente grado di giudizio dal Geom. sui punti a) b), c) e d) delle note di trattazione scritta depositate dall’esponente in data 20 giugno 2023, con allegate osservazioni del CTP, Geom. in data 18.06.2023, cui integralmente si rinvia, previa, ove occorra, convocazione del C.T.U. a chiarimenti sui predetti punti, in applicazione dei principi di diritto enunciati nella sentenza n. 37819/2021 della Suprema Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, ed in accoglimento, in parte qua, dell’appello proposto dal signor avverso la sentenza n. 69/2012, resa dal Tribunale di Chiavari in data 1° dicembre 2011, depositata il 27 gennaio 2012, 1) dichiarare tenuti e condannare i signori al pronto risarcimento, in favore del Signor , di tutti i danni dallo stesso patiti e patiendi per le causali dedotte in atti, nella misura di € 380.000,00, così come quantificata dal C.T.P., Geom. nella propria memoria tecnica del 2 maggio 2023, allegata alla CTU (All. A1), alla quale si rinvia integralmente, ovvero nella misura di giustizia, da liquidarsi anche, ove occorra, con ricorso a criteri equitativi, oltre rivalutazione monetaria ed interessi dal dovuto al saldo; 2) con vittoria di spese e compensi di tutti i gradi di giudizio e di spese di CTU e CTP”.
PER I CONVENUTI IN RIASSUNZIONE “Piaccia all’Ecc.ma Corte adita, contrariis rejectis, così giudicare:
Nel merito:
Principalmente:
Dichiararsi, in applicazione dei principi di diritto enunciati nella sentenza n°37819/2021 della Suprema Corte di Cassazione, per tutto quanto esposto in narrativa, nonché sulla base della nuova CTU o in base a criteri equitativi, che non sussiste alcun importo liquidabile a titolo di danni da parte dei signori in favore del signor per i fatti di causa.
Con vittoria di spese del grado, del giudizio di legittimità e del precedente giudizio in Corte d’Appello.
In subordine:
Ridursi, nella denegata ipotesi di rigetto della domanda principale e sempre in applicazione dei principi di diritto enunciati nella sentenza n°37819/2021 della Suprema Corte di Cassazione ed in accoglimento, in parte qua, dell’appello proposto dal signor avverso la sentenza n°69/2012, resa dal Tribunale di Chiavari in data 01.12.2011, depositata il 27.01.2012, quanto esposto in narrativa, nonché sulla base della nuova CTU o in base a criteri equitativi, l’importo dei danni dovuti da parte dei signori in favore del signor per i fatti di causa. Con vittoria di spese del giudizio di legittimità e riduzione di quelle liquidate nel DEL PROCESSO , proprietario di un appartamento al piano terra di un edificio in INDIRIZZO Sestri Levante (GE), acquistato tramite successione dal padre (che a sua volta lo aveva comprato nel 1955), conveniva in giudizio , proprietari dell’appartamento al piano superiore, chiedendone la condanna alla remissione in pristino di un sottotetto di proprietà , trasformato dai predetti convenuti in locale abitabile con apertura di finestre e appropriazione di bene comune, nonchè al risarcimento dei danni dal medesimo subiti ed alla corresponsione dell’indennità per l’occupazione dell’area comune a decorrere dal mese di dicembre 2009. I convenuti, costituitisi in giudizio, contestavano le domande di rivendicando la proprietà esclusiva del sottotetto, che doveva considerarsi come pertinenza del loro appartamento, non essendo lo stesso suscettibile di uso autonomo da parte dei condomini e non essendo elencato tra i beni per i quali opera la presunzione di condominialità ex articolo 1117 c.c… Il Tribunale di Chiavari, istruita la causa, con sentenza n. 69/2012, depositata il 27 gennaio 2012, respingeva le domande dell’attore, condannandolo al pagamento delle spese legali. proponeva appello contro la sentenza del Tribunale di Chiavari, chiedendo dichiararsi che il sottotetto dell’immobile fosse una proprietà comune e indivisibile tra i condomini, sulla base di titoli contrattuali o, in subordine, per usucapione ultraventennale a suo favore.
Chiedeva, inoltre, la condanna degli appellati a ripristinare lo stato originario del sottotetto, a rimuovere i canali di scolo lesivi del decoro architettonico, al risarcimento dei danni e al pagamento di un’indennità per l’occupazione del sottotetto.
Si costituivano gli originari convenuti chiedendo la conferma della sentenza impugnata, ed in ogni caso il rigetto di tutte le domande attoree.
La Corte d’Appello disponeva una consulenza tecnica d’ufficio diretta ad accertare lo stato attuale del sottotetto e, se possibile, determinarne le condizioni prima dei lavori di trasformazione eseguiti dai convenuti, sulla base del seguente quesito, affidato al Geom. :
“descrivere lo stato dei luoghi per cui è causa;
descrivere – se possibile – il sottotetto prima dell’esecuzione dei lavori per cui è causa;
dire quale fosse l’accesso al sottotetto;
se esso fosse comune a tutti i condomini”, nonché “descrivere le opere eseguite dagli appellati;
dire quale sia la loro natura, portata e consistenza;
dire se esse abbiano trasformato in tutto od in parte il sottotetto per cui è causa;
accertare la presenza di nuovi ’esecuzione dei lavori per cui è causa e qualificarli”, infine, “determinare un’indennità per l’occupazione del sottotetto da parte degli appellati a far data dal mese di dicembre 2009”.
All’esito della consulenza, in parziale accoglimento dell’appello, la Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 688/2016 depositata il 18/06/2016, condannava gli appellati in solido al risarcimento dei danni patiti dall’appellante che liquidava nella somma complessiva di euro 158.200,00, oltre interessi legali.
Le spese di giudizio e quelle per la consulenza tecnica venivano divise tra le parti.
hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.
ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale autonomo fondato su cinque motivi.
Con sentenza n. 37819/2021, la Cassazione ha così statuito:
“accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso principale, rigetta il secondo motivo del ricorso principale e i primi tre motivi del ricorso incidentale, dichiara inammissibile il quarto motivo del ricorso incidentale e assorbito il quinto motivo, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità”.
Con atto di citazione notificato il 28/2/2022 ha riassunto il giudizio dinanzi a questa Corte, quale giudice del rinvio, chiedendo, sulla base dei ritenuti esiti del giudizio di legittimità, in accoglimento dell’appello proposto avverso la sentenza n. 69/2012, resa dal Tribunale di Chiavari in data 1° dicembre 2011, depositata il 27 gennaio 2012, l’accoglimento della domanda risarcitoria formulata in relazione a tutti i danni dallo stesso patiti e patiendi per le causali dedotte in atti, nella misura ritenuta di giustizia, ove occorra, previo licenziamento di CTU e/o con ricorso a criteri equitativi, oltre rivalutazione monetaria ed interessi dal dovuto al saldo. Si costituivano , chiedendo in via pregiudiziale istruttoria disporsi nuova consulenza tecnica d’ufficio, e nel merito dichiararsi, in applicazione dei principi di diritto enunciati nella sentenza n°37819/2021 della Suprema Corte di Cassazione, per tutto quanto esposto in narrativa, nonché sulla base della nuova CTU o in base a criteri equitativi, che non sussiste alcun importo liquidabile a titolo di danni da parte dei signori in favore del signor per i fatti di causa.
In subordine, chiedevano la riduzione sulla base della nuova CTU o in base a criteri equitativi, l’importo dei danni dovuti da parte loro in favore del signor per i fatti di causa.
“Dica il CTU se ed in che misura la trasformazione edilizia del sottotetto di cui è causa realizzata dai coniugi abbia determinato i danni reclamati nell’atto di citazione da ed indicati come “prevalentemente di natura estetica” dalla Corte Suprema nella summenzionata sentenza n.37819/2021 con cui è stata cassata la sentenza della Corte di Appello di Genova n. 688/2016 del 18/6/2016 ed è stato rinviato il giudizio a nuova Sezione della Corte di Corte, ossia:
-modifiche delle parti comuni della copertura e dei prospetti;
-modifica del vano scale in relazione alla facoltà di accesso al tetto;
-appropriazione di una porzione del ballatoio -apertura di nuove vedute sulla proprietà del a distanza inferiore a quella legale dal confine, previa individuazione delle stesse e del numero;
-installazione di due nuovi scarichi di acqua piovana con effetto antiestetico sulle facciate del caseggiato;
Provveda il CTU alla quantificazione dei danni medesimi.
” All’esito, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni.
Disposta la sostituzione dell’udienza di precisazione delle conclusioni con il deposito di note scritte contenenti le conclusioni definitive delle parti, ai sensi dell’art. 83, c. 7, lett. h), D.L. 18/2020, la causa è stata trattenuta in decisione con ordinanza del 5/6/2024, con concessione dei termini di legge per conclusionali e repliche.
A seguito di istanza di discussione orale ex art. 352 c.p.c. della Difesa della parte attrice in riassunzione la causa è stata rinviata all’udienza del 15/10/2024 e, all’esito della discussione, trattenuta in decisione immediata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Cassazione, in primo luogo, ha respinto i primi tre motivi del ricorso incidentale proposti da diretti a sostenere la natura condominiale del sottotetto, così confermando le statuizioni di primo e secondo grado inerenti la proprietà esclusiva del sottotetto in capo ai convenuti.
In secondo luogo, la Corte di Cassazione ha respinto anche il secondo “motivo del ricorso principale che attiene al vizio di ultra petizione rispetto alla domanda di risarcimento danni, questione che viene logicamente prima di quella relativa alla mancanza di motivazione in ordine alla quantificazione del risarcimento del danno”.
Afferma al riguardo la Corte che “dagli atti risulta che la originaria domanda del aveva ad oggetto la richiesta di di proprietà condominiale.
Pertanto, rispetto all’apertura delle vedute e all’appropriazione di una piccola porzione di pianerottolo, che dalla sentenza risultano accertate, non vi è stato alcun vizio di ultra petizione nel riconoscimento di un danno risarcibile.
In terzo luogo, la Corte di Cassazione ( sia pure esaminando tale motivo dopo quelli accolti) ha dichiarato l’inammissibile anche il quarto motivo di appello incidentale inerente l’esclusione del pregiudizio alla statica del caseggiato, in quanto implicante una inammissibile rivalutazione delle risultanze della CTU.
Venendo ai motivi del ricorso principale accolti, la Corte di Cassazione ha esaminato “le censure relative alla mancanza di motivazione in ordine alla quantificazione dei danni derivati al dai lavori effettuati dai coniugi sul sottotetto di loro proprietà, in quanto la sentenza impugnata è del tutto sfornita di motivazione su tale aspetto”.
Sul punto la Corte ha affermato affermando che “Il collegio in proposito intende dare continuità al seguente principio di diritto:
«In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito tenuto conto degli elementi istruttori agli atti» (Sez. L, Ord. n. 3819 del 2020) Peraltro, anche qualora si volesse ritenere che la Corte d’Appello abbia fatto ricorso ad un criterio equitativo (vi è un cenno a pag. 5 della sentenza) comunque l’onere di motivazione non risulta assolto. Infatti, nel caso di ricorso ad un criterio equitativo, il giudice del merito deve comunque indicare gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum, esplicitando i criteri di valutazione equitativa che, se pure rimessi alla sua prudente valutazione discrezionale, devono consentire una quantificazione del danno che sia adeguata e proporzionata, in considerazione di tutte le circostanze concrete del caso specifico, al fine di ristorare il pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato. In tale prospettiva, si è, infatti, sottolineato come la liquidazione equitativa, anche nella sua forma cd. “pura”, consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicché, pur nell’esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice è chiamato in motivazione, a rendere evidente il percorso logico seguito nella propria seguiti per determinare l’entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum, al fine di evitare che la relativa decisione si presenti come arbitraria e sottratta ad ogni controllo, (cfr. Cass. 31.1.2018 n.2327 e in motivazione 2018 n,22272).
Orbene, nello specifico, la Corte d’Appello non si è attenuta agli enunciati principi laddove ha ritenuto che la trasformazione edilizia del sottotetto eseguita dai coniugi avesse determinato una rilevante diminuzione (50 per cento) del valore commerciale dell’appartamento del.
Nella sentenza gravata, peraltro, si è dato atto che non risultavano danni alla statica dell’edificio, sicché restavano solo da quantificare i danni accertati in relazione alla modifica dei prospetti e delle vedute dell’edificio e all’appropriazione di una parte di un pianerottolo.
La quantificazione dei suddetti danni è stata effettuata dalla Corte d’Appello senza esplicitare il criterio seguito, se non mediante un generico richiamo alla relazione peritale.
La motivazione del Giudice del gravame, infatti, si esaurisce in un mero richiamo alla valutazione del consulente tecnico d’ufficio senza neanche riportarne il contenuto.
Ne consegue che il criterio di calcolo dei danni pari al 50 per cento del valore commerciale dell’appartamento del , risulta del tutto sfornito di motivazione, tanto più che i danni causati dai lavori di ampliamento del sottotetto sono prevalentemente di natura estetica:
la modifica della copertura e dei prospetti, la modifica del vano scale, l’appropriazione di una porzione di ballatoio , l’apertura di nuove vedute sulla proprietà dell’attore a distanza inferiore a quella legale dal confine, e l’installazione di due nuovi scarichi di acqua piovana con effetto antiestetico sulle facciate del caseggiato.
” Questa Corte, quale giudice del rinvio, è vincolato al dictum della Corte Suprema ai sensi dell’art. 384 c.p.c. “La Corte, quando accoglie il ricorso, cassa la sentenza rinviando la causa ad altro giudice, il quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte”.
La Corte in ossequio ai dettami della Corte Suprema ha ritenuto necessario acquisire elementi tecnici, licenziando sul punto CTU al fine di valutare i danni che erano stati allegati in citazione da parte di , e riconosciuti come suscettibili di risarcimento dalla Corte di Cassazione, quali conseguenze della trasformazione del sottotetto in locale abitabile sotto il profilo della modifica dei prospetti, della creazione di vedute a distanza inferiore a quella legale, della creazione sulle facciate di canali di scarico, danni riconducibili sostanzialmente all’alterazione in senso peggiorativo del decoro CTU emerge, con riferimento alle modifiche dei prospetti (escluso in ogni caso dal CTU che l’innalzamento della copertura abbia modificato l’originaria forma caratterizzante lo skyline del fronte dei blocchi di edifici, mantenendo l’effetto “scaletta delle coperture”, pag. 23 CTU), la ritenuta sussistenza di un “danno estetico”, da intendersi come alterazione rispetto alle linee preesistenti dell’edificio e alle caratteristiche di omogeneità dei fabbricati circostanti, nella presenza delle nuove bucature aderenti alla falda del tetto sul fronte principale e sul retro dell’edificio di cui è causa, essendo -dette bucature – le uniche di questo tipo tra tutti i fabbricati esaminati, nonché nella presenza della linea marcapiano realizzato sui prospetti della casa in posizione sottostante alle suddette bucature, tenuto conto delle caratteristiche delle facciate degli edifici attigui a quello di cui è causa ed in continuità con questo (lisce e senza linea marcapiano). Tale valutazione viene condivisa dalla Corte ravvisando nella presenza delle suddette bucature e della linea marcapiano una alterazione della preesistente linea, geometria ed estetica della facciata.
Ai fini della quantificazione, il CTU, premessa la difficoltà della stima del “danno estetico” in quanto “particolarmente complessa e di difficile Inquadramento”, “al fine di riuscire ad esprimere un valore logico e coerente”, ha ipotizzato di eseguire talune opere edilizie per ridurre l’impatto della modifica del prospetto uniformandolo a quello degli edifici a fianco, in sostanza ha quantificato il costo delle opere per la chiusura delle finestre e della linea marcapiano, individuandolo nell’importo di euro 7.500,00 (pag. 34). Tale criterio è stato oggetto di critiche ad opera della parte attrice sulla base dell’assunto che l’importo sopra indicato (inerente l’eliminazione delle opere) non sarebbe ristoratore in quanto il danno rimane permanente.
Se la considerazione è astrattamente condivisibile, tuttavia – osserva la Corte – partendo dalla considerazione della difficoltà di stima evidenziata dal CTU, ricordandosi che trattasi di danno da liquidarsi in via equitativa ex art. 1226 c.c., va messo in evidenza che vi sarebbe stata la possibilità per parte attrice di chiedere la rimozione e che, non essendo allo stato tale domanda di rimozione oggetto di questo giudizio di rinvio, in cui ciò che è rimasto il discussione è solo la posta risarcitoria, il dato evidenziato dal CTU può essere preso quale dato di partenza, sul quale operare una maggiorazione proprio al fine di ristorare la maggiore penosità connessa alla definitività dell’opera pregiudizievole dell’estetica del fabbricato, maggiorazione che la Corte stima nella misura del 30% al fine di ristorare il danno, oggetto, giova ribadire di liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c., nella sua dimensione di danno permanente. Sempre con riferimento alle modifiche dei prospetti, il CTU ha esaminato l’apertura delle nuove vedute sulla proprietà del a distanza inferiore a quella legale dal confine.
Dopo aver individuato le nuove bucature, ossia due sul prospetto principale di INDIRIZZO ed una porta finestra su tale prospetto, due sul prospetto retrostante, ed una porta finestra, oltre ad un’altra che si affaccia sul terrazzino a pozzo, ha accertato che “Le vedute in violazione alla distanza legale dal confine sono 3 composte da una finestra, una porta finestra e un terrazzino a pozzo.
La finestra-veduta (seppur con inferriate a maglie larghe ma che impediscono l’affaccio) posta a distanza inferiore a quella legale dal confine, è quella sul retro che prospetta sull’area pertinenziale l’alloggio di Parte Appellante.
Anche la porta finestra che si apre sul terrazzino a pozzo, che è arretrata di m 1,26 circa dal filo del prospetto e quindi dal confine, nonostante il terrazzino (anch’esso in violazione) sia dotato di parapetto alto m 1,55, è a distanza inferiore dal confine.
Tenuto conto delle caratteristiche delle bucature:
– inferriata fissa per la finestra che impedisce l’affaccio – porta finestra che si apre su terrazzino a pozzo, arretrata da filo facciata di m 1,26 – terrazzino a pozzo con parapetto di altezza circa m 1,55 e spesso m 0,14 all’esterno del quale vi è uno sporto di falda con grondaia che impedisce la vista diretta (cfr fotografia a pagina 14) per effetto della violazione dalla distanza legale, stimo in via equitativa, tenuto conto delle peculiarità dei manufatti esaminati, l’importo di € 2.500,00” (pag. 35 CTU). Tale stima è condivisa dalla Corte in ragione delle specifiche valutazioni del CTU sulle caratteristiche tipologiche sopra descritte delle vedute realizzate a distanza inferiore dal confine, caratteristiche che soddisfano i criteri per operare una liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c..
Ancora con riferimento ai prospetti, il CTU ha rilevato l’installazione di due nuovi scarichi di acqua piovana sulle facciate del caseggiato, ed in particolare uno scarico con tubazione orizzontale sul retro dell’edificio ed altro pluviale a discesa verticale sul fronte principale, ovvero su INDIRIZZO
La Corte condivide l’effetto antiestetico della condotta orizzontale fissata al muro perimetrale, che potrebbe peraltro essere diminuito mediante tinteggiatura della medesima tonalità del prospetto.
Il danno, ancorato anche in tal caso dal CTU al costo per la sua eliminazione, quantificato in euro 800,00 (pag. 35) può essere rideterminato, secondo una valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., secondo il medesimo conteggio di cui sopra con Corte condivide altresì la valutazione del CTU che non sussista danno estetico con riferimento al tubo verticale, posto che “si tratta di un pluviale che dall’originaria posizione in prossimità dello spigolo dell’edificio è stato spostato quasi in aderenza al balcone di proprietà dell’Appellato e che raccoglie l’acqua piovana del tetto e del terrazzino “a pozzo” pertinente l’alloggio nel sottotetto. L’innesto di quest’ultimo nella condotta principale è di dimensioni ridotte.
Il pluviale non impatta particolarmente tenuto anche conto che lungo la facciata continua dei blocchi di edifici che la compongono, vi sono altri elementi analoghi” (pag. 33 CTU).
Venendo al danno relativo all’appropriazione di una porzione del ballatoio condominiale, il CTU ha valutato che trattasi di mq 6,00 come rilevabile dalla precedente CTU del geom. .
L’appropriazione deve ritenersi pertanto accertata (non risultando neppure oggetto di specifiche doglianze del ct dei convenuti in sede di contraddittorio tecnico).
Pertanto, ai fini della valutazione del danno, il CTU, con motivazione condivisa da questa Corte, ha ritenuto equo il valore unitario adottato dal ct di parte attrice che matura una stima complessiva pari ad €/mq 2.000,00 in relazione al valore commerciale.
Partendo dalla base di stima del Geom. pari ad € 12.000,00, il danno patito è stato valutato nella misura del 50% del valore globale (all’origine erano due unità immobiliari) e quindi € 6.000,00.
Infine, relativamente alla modifica del vano scale in relazione alla facoltà di accesso al tetto, il CTU ha affermato che il vano scala è stato modificato riguardo agli originali ultima rampa e ballatoio, demolendoli integralmente e ricostruendo due nuove rampe e un nuovo ballatoio.
Il tutto con struttura lignea.
Non v’è dubbio che l’opera sia stata realizzata e non v’è dubbio che questa si discosti tipologicamente dalle caratteristiche delle scale originarie (intonaco e tinteggiatura).
Il CTU ha aggiunto che “Anche in questo caso (come per le modifiche a copertura e facciate), per la valutazione del opererò in via equitativa.
L’espressione di un valore logico e coerente è ipotizzabile equiparandolo alla stima delle teoriche opere edilizie, necessarie per rendere conformi le nuove strutture a quelle originarie”.
Il danno stimato dal CTU ammonta ad in € 3.200,00 a titolo di danno estetico alle modifiche al vano scala.
Ne consegue, in linea con quanto sopra affermato che il danno con la maggiorazione del 30% va quantificato in € 4.160,00 a titolo di liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c.
Il danno ammonta quindi complessivamente ad euro 23.450,00, con stima attualizzata alla può, invece, essere riconosciuta l’indennità di sopraelevazione ex art. 1127 c.c. richiesta dal riassumente, in quanto domanda nuova.
Neppure possono essere riconosciute ulteriori voci di danno.
Se è vero che la Corte di Cassazione individua i danni come “prevalentemente” di natura estetica, e non in sostanza esclusivamente – come afferma parte attrice in riassunzione a sostegno dell’esistenza di ulteriori danni, osserva la Corte che non può essere riconosciuto alcun (ulteriore) danno “funzionale”, come anche definito in sede di discussione orale, quale danno patrimoniale diretto che possa riflettersi sull’alloggio inteso quale minor valore, sulla base delle valutazioni, condivisibili e argomentate del CTU per cui egli ha ritenuto che non sussista, sulla base delle seguenti affermazioni: “la realizzazione della nuova copertura espone la proprietà a circostanze favorevoli e meno favorevoli, ovvero:
– Il completo rinnovo della copertura a fronte della vecchia risalente all’inizio del 1900, è un fatto migliorativo perché allontana temporalmente eventuali spese per opere di manutenzioni (la copertura è nuova).
– Vi è un aumento del carico insediativo (1 alloggio in più).
Questo aspetto ha una valenza negativa per effetto della minor tranquillità nell’ambito del fabbricato (una famiglia in più), ma anche una positiva, per la suddivisione delle spese future per le parti comuni ed in particolare per la manutenzione di copertura, facciate e scale (in tre invece che in due).
– Vi è un miglioramento energetico dell’edificio.
– Vi è un aggravamento dell’uso delle cose comuni (fognatura) ma in futuro vi sarà una ripartizione delle spese per tre unità invece che per due.
– Vi è l’uso della cosa comune (fognatura) di cui la nuova abitazione ne trae vantaggio senza aver partecipato alla realizzazione.
Tutti questi elementi (positivi e negativi) considerati nel loro insieme, non mi consentono di individuare un danno reale e concreto riferibile al minor valore applicabile al singolo cespite” (pag. 9 e segg. CTU).
Tale circostanza consente, altresì, di ritenere non attendibili le valutazioni espressi dal precedente CTU Geom. , poste a base della sentenza cassata che per effetto dei lavori eseguiti dai convenuti aveva ritenuto sussistere un significativo deprezzamento dell’alloggio dell’attore, individuando un abbattimento pari al 60% del suo valore commerciale, nella misura di euro 382.000,00, e quindi in una misura ed in un importo senz’altro da escludersi, alla luce dei pregiudizi di natura prevalentemente estetici indicati in ordine al giudizio del precedente CTU, affermando “Prendo atto della CTU del Geom. (che conosco, avendo letto il fascicolo) ma che per i passaggi specifici non mi sento di condividere, in ispecie ove genericamente ed in modo assolutamente sbrigativo e privo di argomentazioni a sostegno, espone una riduzione di valore dell’immobile al piano rialzato, applicando una percentuale di diminuzione a fronte di una stima codificata OMI (neppure eseguita con gli ormai ordinari metodi comparativi). Dal canto mio, in tutta ragionevolezza, non ho assolutamente modo di rendere conto, per logica e coscienza, di una percentuale in alcuna maniera motivata né comprovata da elementi sostanziali” (pag. 6 CTU).
Ne consegue che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Chiavari n. 69/2012, i convenuti debbono essere condannati, in solido fra loro, al risarcimento del danno pari ad euro 23.450, liquidato all’attualità, oltre interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo.
Venendo alle spese di lite, occorre considerare che “In tema di spese processuali il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicchè non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione – e, tuttavia, complessivamente soccombente – al rimborso delle stesse in favore della controparte (Cass. n. 20289 del 2015; n. 22461/2019). Ne consegue che, alla luce del solo parziale accoglimento della domanda di (soccombente sulla natura condominiale del sottotetto, e vittorioso sulla domanda risarcitoria, sia pure nell’entità riconosciuta in questa sede), la Corte ravvisa le ragioni di una reciproca soccombenza, trattandosi di domande articolate in più capi, (Cass. Sez. Un. 32061/2022), e quindi per compensare le spese di lite nella misura del 50%, con condanna dei convenuti in riassunzione maggiormente soccombenti al pagamento della residua frazione del 50%. Le spese del giudizio di ciascun grado vengono liquidate in base al DM. N. 55/2014, che debbono trovare applicazione (cfr. Cass. n. 31884/2018, per cui “In tema di spese processuali, i parametri introdotti dal d.m. n. 55 del 2014, cui devono essere commisurati i ancorché la prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione, purché a tale data la prestazione professionale non sia stata ancora completata.
Ne consegue che, qualora il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima della entrata in vigore del detto d.m., non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado;
nondimeno, in caso di riforma della decisione, il giudice dell’impugnazione, investito ai sensi dell’art. 336 c.p.c. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d’appello, atteso che l’accezione omnicomprensiva di “compenso” evoca la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera prestata nella sua interezza), secondo lo scaglione del valore indeterminabile complessità bassa.
Le spese di CTU svolte sia nel giudizio di appello che nel presente giudizio di rinvio vanno poste in via definitiva a carico dell’attore in riassunzione nella misura del 25% ed a carico dei convenuti in riassunzione nella misura del 75%.
definitivamente pronunciando nella causa d’appello in riassunzione della causa di cui alla sentenza n. 37819/21, della Suprema Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, resa in data 4 giugno 2021, depositata il successivo 1° dicembre 2021, all’esito del giudizio R.G. n. 28956/2016, -in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Chiavari n. 69/2012 condanna , quale erede di in solido fra loro, al risarcimento dei danni patiti da che liquida all’attualità nella somma complessiva di euro 23.450,00 oltre interessi dalla data della presente sentenza al saldo; -compensa
le spese di lite di tutti i gradi di giudizio fra le parti nella misura del 50% e condanna , quale erede di solido fra loro, al pagamento della residua frazione in favore di che liquida, già nella ridotta frazione, quanto al primo grado, in euro 2.500,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, oltre iva e cpa;
quanto al secondo grado in euro 3.000,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa;
quanto al giudizio di cassazione in euro 2.500,00, oltre spese forfetizzate, iva e cpa;
quanto al giudizio di rinvio in euro 3.000,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa;
-pone in via definitiva le spese di CTU svolte sia nel giudizio di appello che nel presente giudizio di rinvio a carico dell’attore in riassunzione nella misura del 25% ed a carico dei convenuti in riassunzione nella misura del 75%;
Genova, 15/10/2024
IL CONSIGLIERE ESTENSORE
IL PRESIDENTE Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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