REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TORINO SEZIONE OTTAVA CIVILE
in composizione monocratica, in persona del giudice dr.
NOME COGNOME ha reso la seguente
SENTENZA N._4207_2024_- N._R.G._00018530_2023 DEL_05_08_2024 PUBBLICATA_IL_05_08_2024
nella causa civile iscritta al n. 18530/2023 del ruolo generale degli affari contenziosi TRA (P. Iva ), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME RICORRENTE IN OPPOSIZIONE (P.IVA ), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME CONVENUTA
OPPOSIZIONE Oggetto:opposizione a decreto ingiuntivo n. 5519/2023 del Tribunale di Torino
CONCLUSIONI
DELLE PARTI Parte ricorrente:
“Piaccia al Tribunale Ill.mo
Respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione;
Ritenute le declaratorie più opportune Nel merito In via principale Revocare e/o dichiarare illegittimo il decreto ingiuntivo n. 5519/2023 (R.G. 15585/2023) pronunciato dal Tribunale di Torino, Giudice Unico dott. NOME COGNOME per i motivi esposti nonché per carenza di legittimazione attiva in capo alla e, per l’effetto, respingere ogni domanda avanzata dalla nei confronti della in quanto infondata in fatto e in diritto, per i motivi esposti.
In via subordinata Giudice Unico dott. NOME COGNOME
e respingere ogni domanda avanzata dalla nei confronti della in quanto infondata in fatto e in diritto.
Dichiarare tenuta e condannare la , in persona del legale rappresentante pro tempore alla restituzione in favore della della somma di € 8.083,64= incassata dalla in forza della declaratoria di provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto.
In ogni caso Con vittoria di spese ed onorari di patrocinio IVA e CPA comprese.
” Parte convenuta:
piaccia all’ILL.MO TRIBUNALE adito in persona del GIUDICE UNICO designato, contrariis reiectis, IN INDIRIZZO
– rigettare l’istanza avversaria di sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo n. 5519/2023, emesso dal Tribunale di Torino – dott. NOME COGNOME in data 11.9.2023 depositato in Cancelleria in pari data, notificato in data 13.9.2023, in quanto l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione;
NEL MERITO:
– respingere l’opposizione avversaria in quanto infondata, per tutti i motivi in fatto e di diritto esposti e, per l’effetto, confermare integralmente il decreto ingiuntivo della cui opposizione trattasi, ivi compresa la statuizione sulle spese;
– in ogni caso, respingere le domande avverse e, per l’effetto, dichiarare tenuta e condannare la in persona del legale rappresentante pro tempo-re, al pagamento della somma di € 4.297,55, ovvero quella veriore accertanda in corso di causa, con conseguente condanna dell’opponente stessa al pagamento della relativa somma, oltre interessi moratori maturati e maturandi conteggiati dal dovuto al saldo o di veriore importo determinando in corso di giudizio, oltre le spese del procedimento monitorio.
IN OGNI CASO:
con vittoria di spese del giudizio, onorari, spese generali 15%, IVA e CPA, anche della fase della mediazione.
” RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con il decreto ingiuntivo n. 5519/2023 del 11.09.2023, il Tribunale di Torino ingiungeva alla di pagare immediatamente in favore della ricorrente somma di euro 4.297,55, oltre interessi e spese della procedura monitoria, per mancato pagamento della fattura n. 58 del 26.07.2023 emessa dalla creditrice per “Servizio spazi attrezzati per rimessaggio automezzi, locali e pertinenze aperte in INDIRIZZO, Torino:
Periodo Febbraio/Giugno 2021” e “Servizio spazi attrezzati per rimessaggio automezzi, locali e pertinenze aperte in INDIRIZZO Torino: Periodo luglio 2021”.
Con ricorso depositato in data 23.10.2023, ritualmente notificato, la debitrice spiegava formale opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo, insistendo per la revoca del titolo per insussistenza di un rapporto contrattuale tra le parti nel periodo indicato in fattura e, in subordine, per illegittimo frazionamento del credito e abuso del diritto.
all’interno dell’immobile sito in Torino, INDIRIZZO, per il deposito e ricovero dei propri automezzi.
Per l’utilizzo di tali aree, la ditta COGNOME NOME e la interfacciavano con il legale rappresentante della (poi fusa per incorporazione nella , arch..
Pur in assenza di un formale contratto, gli utilizzatori corrispondevano alla l’importo che la stessa esponeva sulle fatture periodicamente emesse.
Nel mese di novembre 2020 la ricorrente apprendeva che gli spazi dalla stessa utilizzati non erano di proprietà della , né della (nella quale la prima si era fusa con decorrenza dal 01.01.2019) bensì della società e che l’immobile era in custodia dell’Istituto Vendite Giudiziarie di Torino, in forza di un pignoramento immobiliare precedentemente azionato.
Lamentava l’opponente che, a seguito delle perplessità sollevate circa la titolarità del diritto alla percezione del compenso per l’utilizzo degli spazi, la nella persona del suo legale rappresentate, aveva assunto un atteggiamento ostativo nei confronti della ricorrente, impedendole l’accesso agli spazi sino ad allora pacificamente utilizzati, disattivando il collegamento delle utenze mobili in uso alla società necessario per l’apertura automatica del cancello.
Nonostante ciò la convenuta nell’anno 2021 intraprendeva una procedura monitoria nei confronti della ricorrente, per mancato pagamento delle fatture emesse per l’utilizzo degli spazi nel periodo 2020-2021.
Il titolo esecutivo veniva opposto dalla debitrice e la controversia veniva definita stra giudizialmente in sede di mediazione in data 01.09.2021.
Sulla scorta di tali circostanze, dunque, riteneva illegittima la pretesa creditoria azionata con il decreto ingiuntivo qui opposto, non sussistendo tra le parti alcun contratto.
L’inesistenza di un contratto, a parere della ricorrente, sarebbe provato dalla condotta della stessa creditrice che, nel diffidare la al pagamento delle fatture 80/001 e 104/001 (oggetto del precedente decreto ingiuntivo), le intimava di rilasciare l’immobile illegittimamente detenuto, denunciando, altresì, i soci della per accesso arbitrario agli spazi.
Contestava, inoltre, in via di subordine, il quantum delle richieste avversarie, lamentando un illegittimo frazionamento del credito ed abuso del diritto, evidenziando che gli importi azionati con il decreto ingiuntivo opposto fossero riferibili ad un periodo antecedente all’accordo di mediazione (febbraio-luglio 2021) e dunque, implicitamente rinunciati.
Formulava, pertanto, le conclusioni sopra riportate, chiedendo in via preliminare la sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto e rilevando il difetto di mediazione costituiva in giudizio la la quale contestando le avversarie pretese, evidenziava, in fatto, che nell’anno 2010 la ditta individuale COGNOME RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato con la ora un contratto di locazione ad uso strumentale relativamente ad un’area in cui parcheggiare i propri automezzi, collocata nel complesso immobiliare di Torino, INDIRIZZO di proprietà della convenuta, a fronte del pagamento di un canone pari ad euro 1.400,00-1.500,00 (in solido con l’altro conduttore), oltre IVA. Nel corso degli anni, la ditta individuale, avendo ampliato la propria attività commerciale, necessitava di un altro spazio dove poter effettuare le manovre degli automezzi;
sicchè nel 2018 stipulava con la resistente un contratto di service relativamente all’area inserita all’interno del complesso immobiliare di INDIRIZZO in forza del quale la si impegnava a fornire alla ricorrente il servizio c.d. “locali attrezzati”, che prevedeva l’utilizzo di aree e/o locali necessari per lo svolgimento dell’attività dell’opponente, nonché l’utilizzo dei locali ad uso “ricovero automezzi, corredati di impianto elettrico ed illuminazione, n. 2 portoni dedicati con serratura e automatizzati, nonché aree esterne e aree di manovra, mentre la ditta individuale COGNOME RAGIONE_SOCIALE avrebbe corrisposto l’importo (ridotto) di € 600,00 a titolo di canone mensile. La convenuta riferiva che in sede di spostamento tra l’area in INDIRIZZO e quella al numero civico INDIRIZZO, la ditta individuale COGNOME NOME ometteva di liberare completamente l’area in INDIRIZZO e occupava una maggiore area del locale magazzino in INDIRIZZO, pari a circa mq. 200, oltre all’area esterna di circa mq. 300, comportando ciò un aumento del corrispettivo pari ad € 900,00 mensili.
Nonostante una prima contestazione della ditta individuale della maggiorazione del canone, le parti addivenivano ad un accordo, che tuttavia la ricorrente disattendeva a far data dal giugno 2020, inducendo parte resistente ad esperire una prima azione monitoria (decreto ingiuntivo n. 1373/2021) e comunicando l’intervenuta risoluzione del contratto di service, con disabilitazione dell’accesso e dell’utilizzo del cancello automatizzato.
Lamentava parte resistente che la ricorrente aveva ripetutamente danneggiato il complesso immobiliare sito in INDIRIZZO e, in particolare, il cancello d’accesso, rompendo la serratura ed il motore elettrico.
Riferiva che, nonostante i numerosi solleciti, la continuava ad occupare l’area in Torino, INDIRIZZO senza soluzione di continuità e senza interruzione alcuna nell’attività lavorativa, sino a sino al 15.6.2023, allorquando l’IVG di Torino dava atto che l’area risultava sgombera da beni dei vari occupanti.
Riteneva, pertanto, che sino a quella data, il contratto di service originario avesse mantenuto la sua efficacia sino alla liberazione degli spazi.
Peraltro, tale della pretesa creditoria azionata in via monitoria in tale anno.
Contestava, per tali ragioni l’avversaria eccezione di inesistenza di un rapporto contrattuale tra le parti.
Con riferimento all’asserito frazionamento del credito, precisava che l’accordo raggiunto in sede di mediazione afferiva esclusivamente a somme maturate nel periodo da luglio 2020 a gennaio 2021 oggetto del decreto ingiuntivo in allora opposto, nulla riferendo in ordine alle ulteriori mensilità maturate e/o agli ulteriori servizi resi.
Gli importi azionati con il decreto ingiuntivo oggetto del presente giudizio, al contrario, si riferivano a somme maturate da febbraio 2021 a luglio 2021 e, pertanto, escluse dall’accordo (in quanto non ancora esistenti).
Si opponeva, pertanto, alle domande avversarie, rassegnando le conclusioni sopra riportate.
All’udienza di comparizione, parte ricorrente chiedeva la sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto e insisteva nelle proprie istanze istruttorie;
parte resistente si opponeva alla domanda cautelare chiedendo l’ammissione delle prove dedotte.
La causa veniva trattenuta a riserva.
Con ordinanza del 03.02.2024 il Giudice respingeva l’istanza ex art 649 cpc e, senza svolgere attività istruttoria, rinviava all’udienza del 07.06.2024 per la discussione.
Alla predetta udienza le parti chiedevano un rinvio per tentare una conciliazione, che tuttavia, aveva esito negativo;
pertanto, la causa veniva rinviata all’udienza del 19.07.2024 per la discussione ex art 429 cpc.
All’odierna udienza le parti discutevano la causa, che veniva decisa mediante lettura del dispositivo ex art 429 c.p.c. con riserva di deposito della motivazione.
2.
L’opposizione, articolata su due motivi, è infondata e va respinta.
Preliminarmente occorre disattendere l’eccezione di improcedibilità per difetto di mediazione proposta, in via subordinata, dalla ricorrente in opposizione.
Ai sensi dell’art 5 co 2 DLgs n. 28/10 “l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza”.
Alla prima udienza le parti hanno richiamato le sole istanze istruttorie e il giudice non ha rilevato d’ufficio il difetto di mediazione.
Inoltre, l’eccezione di improcedibilità è sollevata dall’opponente solo in via subordinata rispetto al merito dell’opposizione cosichè deve ritenersi decaduta dall’eccezione non tempestivamente sollevata solo all’esito della presente decisione sulla domanda principale.
Il decreto ingiuntivo opposto ha ad oggetto la somma di euro 4.297,55, oltre interessi e spese a favore della resistente per mancato pagamento dei canoni compresi tra febbraio e luglio 2021 indicati nella fattura n. 58/23 emessa dalla creditrice per “Servizio spazi attrezzati per rimessaggio Con un primo motivo parte attrice opponente contesta l’esistenza del contratto dal quale si è originato il credito.
La resistente qualifica il contratto dedotto in giudizio, causa petendi nel monitorio, quale contratto di service avente ad oggetto un’area inserita all’interno del complesso immobiliare di INDIRIZZO in forza del quale la si impegnava a fornire alla ricorrente il servizio c.d. “locali attrezzati”, (aree e/o locali necessari per lo svolgimento dell’attività dell’opponente e l’utilizzo dei locali ad uso “ricovero automezzi, corredati di impianto elettrico ed illuminazione, n. 2 portoni dedicati con serratura e automatizzati, aree esterne e aree di manovra), a fronte della corresponsione di un canone mensile di € 600,00. Il contratto è atipico, la forma è libera e la prova della sua esistenza in questo giudizio è raggiunta in forza della sostanziale non contestazione ex art 115 c.p.c., della presenza di elementi indiziari idonei a ritenerlo accertato e della documentazione prodotta in giudizio da entrambe le parti.
Sotto il primo profilo l’esistenza del contratto, almeno in un periodo antecedente a quello oggetto di causa, non è contestato dalla resistente che produce alcune fatture per gli anni 2018, 2019 e 2020 con le medesime causali e l’indicazione del canone di € 600 che sostiene di aver onorato.
Risulta, poi, documentalmente provata la detenzione dei locali oggetto di causa da parte dell’opponente (doc. 30 parte resistente verbale I.V.G. che dà atto della presenza del legale rappresentante della in INDIRIZZO in occasione dell’esecuzione del rilascio e doc 26, 28 e 29 resistente, comunicazioni da parte di di accesso per ritiro beni nell’area in oggetto), in continuità con il contratto di service originariamente concluso tra le parti.
Infatti, nel medesimo motivo di opposizione e con argomento alternativo che presuppone l’esistenza del contratto, e quindi logicamente incompatibile con il primo, la ricorrente sostiene di aver sospeso i pagamenti quando ha appreso dell’esistenza di una procedura esecutiva ai danni di effettiva proprietaria dell’area.
La contestazione dell’opponente, a ben vedere, si appunta quindi sulla corretta destinazione dei pagamenti dei canoni la cui sospensione è giustificata, dalla stessa società debitrice, dall’aver appreso dell’esistenza della procedura esecutiva e della custodia giudiziale sull’immobile (pag 3 ricorso).
La prova dell’esistenza, della validità ed efficacia di un contatto tra le parti è quindi raggiunta.
La contestazione circa la portata del doc 11 (diffida del difensore di parte opposta in data 4.12.2020) è incompatibile con la contestazione dell’esistenza di un contratto tra le parti:
infatti primo motivo di opposizione è quindi infondato.
Con un secondo motivo la ricorrente sostiene l’improcedibilità della domanda per illegittimo frazionamento del credito con conseguente abuso del diritto.
Afferma, infatti che la aveva azionato, con ricorso per decreto ingiuntivo autonomo, i canoni precedenti portati dalle fatture 80/20, 104/20 e 14/21.
Rileva il giudice con la giurisprudenza di legittimità che è consentito proporre plurime domande giudiziali aventi ad oggetto distinti diritti di credito derivanti da un medesimo rapporto di durata purché vi sia un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata.
Infatti “le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata” (Cass. Sez. III, sent. 6591 del 07/03/2019).
Nel caso all’esame del Tribunale l’interesse del convenuto oggettivamente valutabile ai fini della tutela frazionata del credito è rappresentato dalla inesigibilità dei canoni riferibili al periodo in oggetto (febbraio e luglio 2021) al momento della proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo n. 1373/2021, ovvero il 19.1.2021.
È, pertanto, infondata l’eccezione di improponibilità del decreto ingiuntivo per violazione del divieto di frazionamento del credito stante l’impossibilità per il creditore di agire la tutela processuale del credito non frazionata.
Nel medesimo motivo di opposizione la ricorrente evidenzia che gli importi azionati con il decreto ingiuntivo qui opposto fossero riferibili ad un periodo (febbraio-luglio 2021) antecedente all’accordo di mediazione e dunque, implicitamente rinunciati.
E’ pacifico e documentato che i canoni che hanno formato oggetto del decreto ingiuntivo n. 1373/2021 si riferissero ad un periodo diverso e antecedente rispetto a quelli oggetto del ricorso monitorio concluso con il decreto opposto.
La mediazione e il conseguente accordo ha avuto un oggetto, almeno quanto al petitum, diverso rispetto alla presente opposizione che riguarda canoni successivi che non possono intendersi, neppure tacitamente, rinunciati perchè non ricompresi nelle domande oggetto di mediazione.
Con eccezioni tardiva, perchè formulata solo con la precisazione delle conclusioni e supportata da argomenti svolti in sede di discussione, la ricorrente ha contestato la legittimazione attiva in capo alla resistente opposta perché il contratto di comodato concluso tra non sarebbe opponibile alla procedura esecutiva immobiliare ai danni di punto si richiama la sentenza Cassazione civile sez.
I, 09/08/2019, n.21227 secondo cui “Il convenuto, ai sensi dell’art. 167 c.p.c., è tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di “non contestazione” a seguito della modifica dell’art. 115 c.p.c., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, i quali debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata a negare genericamente la “sussistenza dei presupposti di legge” per l’accoglimento della domanda attorea, senza elevare alcuna contestazione chiara e specifica”. Come chiarito dalla Suprema Corte la contestazione dei fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda deve avvenire in modo chiaro, specifico e analitico, onere che, nel caso in esame non è stato assolto.
Neppure può sostenersi che si tratti di mera difesa posto che la contestazione circa la legittimazione attiva della resistente a chiedere i pagamenti dei canoni azionati con decreto ingiuntivo allarga il thema decidendum e probandum non limitandosi a contestare il diritto della ( la questione allarga il tema all’accertamento dell’esistenza e della validità del contratto di comodato tra Basile e e alla disciplina della restituzione della cosa concessa in comodato in caso di procedura esecutiva ai danni del comodante ex art 1809 c.c.). I motivi di
opposizione sono infondati e la domanda va respinta e il decreto ingiuntivo confermato.
3. Le spese sono poste a carico di parte ricorrente soccombente e sono liquidate, come in dispositivo, ai valori medi del dm 147/22 per lo scaglione di riferimento.
1. Rigetta l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 5519/23 del Tribunale di Torino e per effetto lo conferma;
2. Rigetta nel resto;
3. Condanna parte ricorrente a rifondere a parte convenuta le spese processuali che liquida per l’intero (1/1) in euro 1985,00 per compensi professionali (fase mediazione euro 284,00, fase studio euro 425,00, fase introduttiva euro 425,00 e fase decisionale euro 851,00) oltre rimb forfetario 15%, IVA e CPA;
Indica in giorni quindici il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Torino mediante lettura del dispositivo all’udienza del 19.7.2024.
Il Giudice Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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