N. R.G. 16728/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO Prima Sezione Civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._788_2025_- N._R.G._00016728_2023 DEL_14_02_2025 PUBBLICATA_IL_17_02_2025
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 16728/2023 promossa da: , con il patrocinio dell’avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Milano INDIRIZZO presso il difensore avv.to COGNOME.
Attore contro , con il patrocinio dell’avv.to NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Foggia INDIRIZZO presso il difensore avv.to COGNOME.
Convenuto
CONCLUSIONI
Le parti all’udienza del 13.1.2025 hanno discusso la causa e richiamato le rispettive difese.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione promuoveva ricorso in via monitoria nei confronti di per la consegna del contratto di finanziamento n. NUMERO_DOCUMENTO, nonché del piano di ammortamento, del modulo di adesione alla polizza, del contratto di polizza assicurativa, del modello SECCI e dell’estratto conto, delle modifiche contrattuali, del conteggio estintivo e dell’eventuale liberatoria di estinzione;
l’iniziativa monitoria era stata avviata sul presupposto che la convenuta aveva effettuato richiesta alla ex art. 119 TUB, non ricevendo alcun riscontro nel termine di 90 giorni previsto dalla citata norma.
2.
La Banca convenuta interponeva opposizione osservando come la richiesta di documenti nell’interesse dell’ , avanzata dall’ , era stata inviata all’ Ufficio Reclami di ufficio sfornito della competenza specifica.
Contrariamente a quanto rappresentato nella fase monitoria, l’Ufficio interpellato aveva inviato in data 22.11.2022 una pec all’ con indicazione dell’Ufficio a cui occorreva rivolgersi;
ciononostante, tali indicazioni non sembrava avessero avuto seguito.
Parte opponente eccepiva la carenza di prova scritta ex art. 633 e ss. c.p.c. per l’emissione del decreto ingiuntivo;
insussistente risultava infatti l’inadempimento della ex art. 117 TUB, dovendosi presumere, fino a prova contraria, la consegna al cliente dei documenti richiesti ai fini dell’ingiunzione, non essendo pervenuta, nel caso in esame, alcuna denuncia di mancata consegna o di smarrimento dei medesimi.
Appariva altresì insussistente l’inadempimento ex , evidenziando in proposito come la richiesta di documentazione fosse stata erroneamente inviata ad un ufficio non competente, sottraendosi poi la convenuta ad ogni cooperazione, in evidente violazione dei principi generali di buona fede e correttezza che gravano su ambe le parti.
La condotta del convenuto era quindi censurabile come abuso del diritto, con ciò integrando la fattispecie di cui all’art. 96 c.p.c. 3. Si costituiva il convenuto contestando le difese promosse.
Nel caso in esame il decreto ingiuntivo sarebbe stato validamente emesso, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 633 c.p.c.;
le modalità organizzative della banca non erano vincolanti per il cliente;
l’opponente aveva violato il generale principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, atteso che, depositata l’istanza ex art. 119 TUB, avrebbe dovuto mettere a disposizione i documenti richiesti;
la necessità di tutelare un proprio diritto precluderebbe altresì la responsabilità di cui all’art. 96 c.p.c. Sciogliendo la riserva assunta all’udienza di comparizione, con decreto del 8/03/2024 il Giudice respingeva l’istanza di provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto, risultando l’opposizione Con Contr fornita di prova scritta ed avendo l’opposto la disponibilità dei documenti oggetto di azione monitoria.
Assegnando poi alle parti i termini di cui all’ art. 189 comma 1 c.p.c., fissava l’odierna udienza di precisazione delle conclusioni.
Disposta senza esito la mediazione obbligatoria, la causa veniva dunque a decisione all’esito della discussione orale.
4. Il diritto del cliente di ottenere la documentazione relativa al rapporto contrattuale, concluso con l’Istituto Bancario, è tutelato dalla normativa di settore agli artt. 117 e 119 TUB ed è stato oggetto di più interventi della Corte di legittimità, la quale ha evidenziato come trattasi di “un diritto autonomo che, pur derivando dal contratto, è estraneo alle obbligazioni tipiche che ne costituiscono lo specifico contenuto”(cfr. Cass. n. 11004 del 2006, in motivazione).
Quanto ai documenti oggetto della presente istanza, si rileva come essi erano stati oggetto di consegna al cliente nel momento della stipulazione del contratto di finanziamento stesso, come emerge dal tenore della “ Offerta di Credito Personale “ risalente al 21.7.2025, circostanza peraltro non contestata da parte opposta;
emerge poi che dal 2016 al 2019 all’opposto sono state inviate annualmente comunicazioni circa l’andamento del rapporto finanziario in essere, anche questa circostanza non contestata.
Fermo il diritto di ottenere la documentazione relativa al rapporto contrattuale, concluso nel caso di specie con l’ , ed inerente la sua fase esecutiva, tutelato dalle previsioni normative sopraindicate degli artt. 117 e 119 TUB, il convenuto non ha prospettato nella propria richiesta alla Banca e neppure in giudizio di avere smarrito i documenti contrattuali relativi al rapporto di finanziamento ovvero di non averli mai ricevuti, nonostante il tenore dei documenti negoziali sottoscritti;
poiché dagli atti emerge che i documenti oggetto di richiesta erano già stati consegnati all al momento della conclusione del contratto e nulla è stato rappresentato, sia nel ricorso monitorio che nel presente giudizio di opposizione, in ordine all’indisponibilità di tali documenti in capo al cliente, non appare ravvisabile alcuna patente violazione, da parte della della buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., canoni di condotta che, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, debbono essere osservati da entrambe le parti del rapporto. Va poi rilevato che se da un lato appare condivisibile l’affermazione per cui spetta alla Banca dotarsi di modelli organizzativi rigorosi e di più semplice gestione per il cliente, dall’altro si deve porre in evidenza che l’ aveva promosso le proprie istanze non individualmente, bensì mediante un’associazione ( sistema finanziario), certamente più competente ed esperta relativamente ad i canali di ricerca da utilizzare;
appare quindi singolare che a fronte delle specifiche informazioni rese dagli uffici della Banca, parte opposta abbia preferito attendere il decorso del termine ex art. 119 TUB e quindi agire in via monitoria, nonostante fosse più semplice, e anche meno dispendioso, indirizzare la stessa richiesta all’indirizzo corretto della filiale e quindi ottenere i documenti, considerazioni complessive su cui l’opposto non ha ritenuto di spendere alcun argomento difensivo.
Circa i canoni di condotta cui le parti sono tenute, pare rilevante riportare quanto espresso dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale ha evidenziato come il diritto del cliente di ottenere la documentazione relativa al proprio rapporto contrattuale “nasce dall’obbligo di buona fede, che, in tema di esecuzione del contratto, si atteggia come un impegno di solidarietà che impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, ed è operante tanto sul piano dei comportamenti del debitore e del creditore nell’ambito del singolo rapporto obbligatorio, quanto sul piano del complessivo assetto di interessi sottostanti alla esecuzione di un contratto, specificandosi nel dovere di ciascun contraente di cooperare alla realizzazione dell’interesse della controparte”(cfr. Cass. n. 35039 del 2022).
Discostandosi dai canoni sopra descritti, appare evidente come il comportamento, reiterato altresì in altri giudizi con lo stesso modus operandi, configuri un’ipotesi di abuso del diritto e quindi integri un’ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 co. 3 c.p.c. L’opposizione è fondata e deve dunque essere accolta, non sussistendo nel caso in esame i requisiti di cui all’art. 633 c.p.c., con conseguente revoca del decreto ingiuntivo.
Le spese seguono la regola della soccombenza e devono essere poste a carico del convenuto;
per la loro determinazione occorre applicare i valori medi previsti per le prime due fasi del giudizio ( valore da €. 26.001,00 a €. 52.000,00 ) e quelli minimi per la fase decisoria che si è svolta con la discussione, con una liquidazione complessiva in €. 4.358,00.
Alle spese occorre ancora aggiungere, ex art. 96 comma 3 c.p.c., una somma determinata in via equitativa, che prescinde, come indicato da giurisprudenza prevalente (cfr. Cass. Civ., sez. un., 13/09/2018, n. 22405), dalla domanda di parte e dalla dimostrazione di un danno;
ritiene il Tribunale di quantificare il quantum in €. 1.000,00 importo che appare complessivamente congruo, oltre alla somma alla cassa delle ammende, da stabilirsi in €. 500,00, giusto disposto ex art. 96 IV co. c.p.c. .
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:
Accoglie l’opposizione e per l’effetto revoca il Decreto Ingiuntivo n. 9589/2023.
Dichiara tenuto e condanna a rimborsare a le spese di lite, che si liquidano in €. 4.358,00 per onorari, €. 384,00 per esposti, oltre IVA, se dovuta ex lege, CPA e rimborso spese generali in misura del 15 %.
Dichiara tenuto e condanna a corrispondere a la somma di €. 1.000,00.
Dichiara tenuto e condanna a corrispondere alla Cassa delle Ammende la somma di €. 500.00.
Sentenza resa ex articolo 281 sexies ultimo comma c.p.c..
Torino, 14 febbraio 2025
Il Giudice dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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