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Decreto Rilancio Incentivi fiscali , riqualificazione energetica edifici

La sentenza chiarisce che l’onere della prova in caso di inadempimento contrattuale spetta alla parte che lo lamenta. Inoltre, precisa che l’avveramento della condizione sospensiva, se dipendente dalla condotta di una parte, deve essere dimostrato dalla parte nel cui interesse tale condizione opera. In assenza di prove concrete, la domanda di accertamento dell’inadempimento e di risarcimento danni viene rigettata.

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Pubblicato il 29 gennaio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI PESCARA in persona del giudice unico dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._21_2025_- N._R.G._00002806_2023 DEL_08_01_2025 PUBBLICATA_IL_08_01_2025

nella causa civile iscritta al n. 2806/2023 R.A.C.C. RAGIONE_SOCIALE

in persona del lrpt, rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in atti;

-RICORRENTE – , e in persona dei rispettivi RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, rappresentate e difese dall’Avv. NOME COGNOME come da procura in atti;

-RESISTENTI-

Oggetto: Altri contratti d’opera

Conclusioni delle parti:

all’udienza del 6.11.2024, le parti hanno precisato le conclusioni come in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso ex art. 281 decies cpc, TI. ha dedotto di avere sottoscritto in data 31.3.2021 un contratto con di imprese operanti nel settore edile anche per l’esecuzione “chiavi in mano” di interventi di riqualificazione energetica e sismica ex D.L. 34/2020, con eventuale cessione del credito maturato- con cui si è obbligata a svolgere attività nelle fasi antecedenti la sottoscrizione di contratti di appalto, assumendo, in particolare, l’impegno a curare le fasi relative alle intese precontrattuali ed alla stipula del contratto definitivo tra ed i committenti, a fronte del pagamento di un corrispettivo del 4 % del valore dei lavori appaltati, con “ …possibilità, per mera comodità del ridetto ” di pagare entro gg. 10 dall’emissione dei singoli SAL precisando, altresì, che dal giugno 2021 le pratiche condominiali sono state gestite da , come dall’intercorsa corrispondenza telematica.

Ha dedotto, inoltre, che TI. ha adempiuto le obbligazioni in favore di favorendo la stipula dei contratti di appalto tra ed i (importo lavori € 2.114.105,04 iva inclusa), 30 (importo lavori €662.885,40, iva inclusa) e tra ed il (importo lavori € 608.374,60, iva inclusa sulla base del verbale assembleare del 13.4.2022), lamentando che i contratti di appalto non fossero stati eseguiti per inadempimento dell’appaltatrice, che di poi, nulla ha corrisposto a Al riguardo, ha rappresentato che la prova dell’adempimento da parte di alle prestazioni di cui al contratto 31.3.2021 è fornita da e-mail e verbali delle assemblee dei Condomini, precisando che, sulla scorta del valore dei contratti di appalto cennati, la ricorrente ha maturato un credito, al netto dell’iva, pari ad € 76.106,20 in relazione al RAGIONE_SOCIALE Celidonio, € 21.901,48 in relazione al ed € 23.863,87 per l’appalto RAGIONE_SOCIALE, per un totale di €121.871,55. Sulla scorta di queste allegazioni, ha chiesto:

“Accertare e dichiarare l’inadempimento e di al contratto (doc. 1) del 31.3.2021 e per l’effetto Condannare:

• al pagamento della somma di € 99.970,07 (€.76.106,20 corrispettivo derivante dall’operazione con il condominio + €;

€ 23.863,87 corrispettivo derivante dall’operazione col condominio 30) con interessi moratori ex dpr 231/2002 dalla data di stipula dei contratti di appalto con i condomìni di cui in premessa o altra data ritenuta di giustizia se del caso anche ex art. 1284 c.4 c.c.;

• in solido al pagamento della somma di € 21.901,48 quale corrispettivo per l’operazione relativa al condominio RAGIONE_SOCIALE

B o altra somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, con interessi moratori ex dpr 231/2002 dalla data di stipula dei contratti di appalto con i condomìni di cui in premessa o altra data ritenuta di giustizia se del caso anche ex art. 1284 c.4 c.c..

In subordine:

– accertare e dichiarare l’inadempimento della quale cessionaria del rapporto originante dal contratto del 31.3.21 relativamente all’operazione col condominio RAGIONE_SOCIALEab per la partecipazione a tale inadempimento e per l’effetto condannare la (quest’ultima anche a titolo di responsabilità extracontrattuale), al pagamento, in solido, della somma di € 21.901,48 o altra somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, con interessi moratori ex dpr 231/2002 dalla data di stipula dei contratti d’appalto di cui in premessa o altra data ritenuta di giustizia se del caso anche ex art. 1284 c.4 c.c.; – oppure accertare e dichiarare l’inadempimento di al contratto del 31.3.21 e la partecipazione all’inadempimento della (anche quale mandataria) in relazione all’operazione col condominio e per l’effetto condannare (quest’ultima anche a titolo di responsabilità extracontrattuale) in solido, al pagamento della somma di € 21.901,48 o altra somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, con interessi moratori ex dpr 231/2002 dalla data di stipula dei contratti d’appalto di cui in premessa o altra data ritenuta di giustizia se del caso anche ex art. 1284 c.4 c.c.; – In subordine, cioè nel caso di accertata inefficacia/inutilità del Contratto del 31.3.21, accertare e dichiarare la responsabilità precontrattuale o in subordine extracontrattuale della e della (quest’ultima quale partecipante alle violazioni della prima e nei limiti sopra descritti), e per l’effetto condannare la in solido, o in subordine ciascuna per il relativo grado di accertata responsabilità, al pagamento del risarcimento dei danni che si quantificano nella somma di euro € 200.000,00 o altra somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, con interessi e rivalutazione dalla data di stipula dei contratti di cui in premessa o altra data ritenuta di giustizia; – In ogni caso, accertare e dichiarare il diritto della a ricevere dalle resistenti, in solido o in subordine ciascuna per il rispettivo grado di accertata responsabilità, il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale o in subordine extracontrattuale pari ad € 50.000,00 per danno d’immagine o ad altra somma maggiore o minore ritenuta di Giustizia, oltre rivalutazione e interessi di legge;

Condannare per l’effetto la e la in solido o in subordine ciascuna per il rispettivo grado di accertata responsabilità, al pagamento in favore della della somma di € 50.000,00 o di altra somma maggiore o minore ritenuta di Giustizia, oltre rivalutazione e interessi di legge.

Con vittoria delle spese di lite.

” Si sono costituiti in giudizio i quali, preliminarmente, hanno chiesto la trasformazione del giudizio ex art. 281 duodecies c.p.c. nel rito ordinario nonchè, nel merito, hanno contestato le pretese della ricorrente chiedendo il rigetto del ricorso perché inammissibile e infondato.

Disattesa l’istanza di trasformazione del rito, venivano concessi i termini di cui all’art. 281 duodecies cpc e, all’esito del deposito delle memorie di cui ai predetti termini, all’udienza del 26.03.2024, venivano rigettate le richieste istruttorie articolate dalle parti.

La causa veniva, dunque, istruita documentalmente.

In data 6.11.2024 le parti hanno precisato le conclusioni e la causa è stata rimessa in decisione ai sensi dell’art. 189 cpc. Merito 1) domanda dell’attrice di accertamento dell’inadempimento di La domanda

è destituita di ogni fondamento e, pertanto, deve essere rigettata.

Nella vicenda in esame, infatti, deve ritenersi che la ricorrente non abbia assolto all’onere probatorio su di essa gravante, in ordine ai fatti dedotti, atteso che la documentazione versata in atti non risulta idonea a dimostrare l’esistenza del credito né, tantomeno, il presunto inadempimento di Più esattamente, la ha posto a fondamento delle proprie richieste, il contratto stipulato, in data 31 marzo 2021, con b, in virtù del quale la stessa si è obbligata a svolgere le prestazioni esplicate all’art. 2.1 del predetto contratto, a fronte del pagamento da parte di quest’ultima di un corrispettivo del 4 %. Con Ciò posto, come è noto, l’art 1362 c.c. stabilisce che il contratto deve essere interpretato indagando la comune intenzione delle parti;

mentre l’art. 1363 c.c. dispone che le clausole vanno interpretate le une per mezzo delle altre, attribuendo ad esse il senso che risulta dal complesso dell’atto, nel rispetto del principio di buona fede (art.1366 c.c.), in maniera più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto (art.1370 c.c.).

Al riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che “Nell’interpretazione del contratto il carattere prioritario dell’elemento letterale non va inteso in senso assoluto in quanto il richiamo contenuto nell’art.1362 cod.civ.

alla comune intenzione delle parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici laddove si registri, pur nella chiarezza del testo dell’accordo, una incoerenza con indici esterni che rivelino una diversa volontà dei contraenti.

In tal caso assume valore rilevante il criterio logico-sistematico di cui all’art. 1363 cod.civ.

, che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi conto, se del caso, anche del comportamento successivo delle parti” (Cass. Civ. Sent.

10 settembre 2021, n. 24483).

Nella vicenda in esame, sulla regolamentazione dell’obbligazione di , dalla lettura testuale del predetto contratto emerge come, l’art. 2.3 dello stesso, indichi nel 4% sul valore dei lavori (come indicato nel punto 2.2) il corrispettivo spettante a Tian per lo svolgimento delle sue attività.

Al punto 2.2, inoltre, si legge, espressamente, che ordine a tutti gli interventi che saranno successivamente effettuati “riconoscerà ad AN un corrispettivo -su ogni singolo edificio- determinato in percentuale come indicato al punto 2.3, in ragione del valore riportato nel computo metrico, che si identifica nel valore delle opere appaltate e regolarmente deliberati dalle assemblee (o comunque committenti), da corrispondere, per mera comodità di , mediante bonifico da effettuare ad ogni stato avanzamento lavori (SAL), come riportato al punto 2.4. ”.

Al successivo punto 2.4 si legge, altresì, che:

si impegna ad effettuare il pagamento del corrispettivo sopra riportato entro 10 giorni dall’emissione e liquidazione dei relativi SAL, fino ad integrale copertura del medesimo.

Ed infine, al punto 2.7, è precisato che si impegna a comunicare al AN il verbale di ogni SAL e relativo atto di liquidazione il giorno stesso provvedendo al pagamento dei corrispettivi nei tempi stabiliti come al punto 2.4.

Ebbene, dalla lettura combinata delle clausole sopra richiamate risulta che l’esigibilità del credito vantato da quale compenso per l’attività svolta in relazione ad ogni contratto di appalto, ovvero l’obbligo, da parte di di effettuare il pagamento, si ha nel termine di gg. 10 dalla emissione e liquidazione dei SAL che si impegna a comunicare tempestivamente, provvedendo al pagamento dei corrispettivi con l’evidente conseguenza che il credito di non può essere richiesto a prescindere dalla emissione e liquidazione dei SAL.

Tale interpretazione, del resto, appare l’unica plausibile, non soltanto alla luce dell’univoca lettura di tutte le clausole contrattuali ma, anche, alla luce della ratio e della logica sottesa al contratto stesso.

Al riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che “L’interpretazione del contratto non può limitarsi all’analisi isolata di singole clausole, ma deve tener conto dell’intero contesto negoziale, valutando tutte le clausole in coerenza con l’atto complessivo e la comune intenzione delle parti ai sensi degli artt. 1362 e 1363 cod. civ.” (Cass. civ., Sez. V, 19/07/2024, n. 20011).

Ebbene, volendo applicare le predette statuizioni giurisprudenziali al caso di specie, non si può trascurare il rilievo che la funzione economico sociale del contratto in parola si ricolleghi alle previsioni del Decreto Rilancio, riguardo il finanziamento degli interventi edilizi volti al miglioramento delle prestazioni energetiche e di resistenza sismica dei fabbricati attraverso un sistema di incentivi fiscali.

Difatti, nelle premesse del contratto ripassato tra le parti, si legge testualmente che:

“a) rappresenta un gruppo d’imprese operanti nel settore edile anche allo scopo di proporsi sul mercato quale soggetto qualificato nell’esecuzione ‘chiavi in mano’ di tutti gli interventi di riqualificazione energetica ambientale e/o riduzione del rischio sismico con eventuale cessione del credito maturato ad importanti realtà industriali o finanziarie b) Il Decreto Legge 19/5/2020 n 34 cd Decreto Rilancio come modificato…finanzia interventi tesi al miglioramento delle prestazioni energetiche e della capacità di resistenza sismica c) TI. opera anche nel settore appena menzionato e svolge tra le altre attività previste dallo Statuto quello di consulenza e rappresentanza in favore di terzi, supporto al reperimento documentale e marketing.

” In considerazione delle premesse sopra riportate, risulta evidente, allora, che il contratto de quo ha ad oggetto una collaborazione tra per la conclusione dei contratti “chiavi in mano”, nel campo della riqualificazione energetica in regime di bonus fiscali e, dunque, che detto contratto debba ritenersi inserito all’interno del contesto di cui agli incentivi fiscali del D.L. Rilancio.

Come è noto, infatti, il “D.L. Rilancio” – (DL del 19.5.2020 n.34, convertito in L. n. 77/2020), finanzia interventi edilizi tesi al miglioramento delle prestazioni energetiche e di resistenza sismica dei fabbricati attraverso un sistema di incentivi fiscali.

In particolare, la predetta normativa, al comma 1 dell’art. 121, prevede che il soggetto che esegue l’intervento edilizio, in luogo della detrazione fiscale diretta, può, in relazione a ciascun SAL, optare alternativamente:

a) per un contributo sotto forma di sconto in fattura;

oppure, b) per la cessione del credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti (art.121, comma 1, lett. a e b, comma 1 bis, L. cit.).

Al successivo comma 1-bis del predetto articolo, inoltre, stabilisce che “L’opzione di cui al comma 1 può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori” con la conseguenza, dunque, che soltanto la presentazione del SAL fa maturare il credito fiscale in capo al committente e, dunque, la relativa possibilità di monetizzarlo tramite lo sconto in fattura o la cessione del credito.

In poche parole, il meccanismo di liquidazione previsto dal D.L. Rilancio è subordinato alla emissione del SAL e, dunque, ad ogni stato di avanzamento di lavori effettivamente realizzati.

Ciò posto alla luce delle precisazioni che precedono, deve rilevarsi che, se le prestazioni di – di ricerca del contraente e di predisposizione di quanto occorra ai fini di pervenire ai contratti rientranti nell’applicazione dei benefici fiscali, senza che sia previsto, peraltro, alcun obbligo per la di addivenire alla stipula degli stessi- si inseriscono, per espressa previsione contrattuale, nella ratio dei benefici introdotti e disciplinati dal Decreto Rilancio, anche per la procedura di liquidazione del compenso di NOME parti hanno previsto il medesimo meccanismo di liquidazione di erogazione previsto dalla normativa del DL del 19.5.2020 n.34 – L.77/2020.

In tale contesto, infatti, , come risulta anche dalla documentazione versata in atti, essendo una società cooperativa che non ha fini di lucro, si è presentata sul mercato quale RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE), operando uno sconto in fattura ai committenti e cessione dei crediti fiscali ad e, all’esito della liquidazione del SAL da parte di quest’ultima, provvedeva a pagare tutte le imprese esecutrici nonché i vari professionisti.

Tali crediti fiscali, tuttavia, come si evince anche dalla comunicazione Pec inviata da allegata in atti, sono generati e liquidati esclusivamente a fronte dalle opere effettivamente eseguite in virtù dei contratti di appalti.

Ne consegue, allora, che anche il credito di deve intendersi a consuntivo e che, dunque, non possa essere richiesto anche nel caso in cui l’appalto non abbia avuto esecuzione tout court ma, esclusivamente, a seguito della liquidazione del credito ceduto al partner Finanziario, generato, a sua volta, dall’esecuzione dei lavori.

La tesi del pagamento dovuto all’esito del solo licenziamento del SAL da parte del direttore dei lavori, del resto, trova fondamento, non soltanto nella normativa del Decreto Rilancio sopra richiamata, ma anche nella previsione di cui al punto 2.2 del contratto in parola laddove è indicato che riconoscerà a Tian un corrispettivo ad ogni stato di avanzamento lavori (SAL) come riportato al punto 2.4 ove si precisa che s’impegna ad effettuare il pagamento entro 10 giorni dall’emissione e liquidazione dei relativi SAL, dovendosi, pertanto, ritenere che il pagamento del corrispettivo è regolamentato dal medesimo meccanismo previsto dal Decreto Rilancio. In altre parole, il contratto in parola prevede una condizione sospensiva in virtù della quale le parti hanno stabilito che il pagamento del compenso di è subordinato all’approvazione del SAL e, dunque, all’esecuzione dei lavori di cui ai singoli appalti.

Tale condizione, tuttavia, non si è avverata e, per tale ragione, il credito di non risulta esigibile.

Né in senso contrario può soccorrere il disposto dell’art. 1359 c.c., secondo cui “la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di essa”, come invece invocato da parte ricorrente.

Al riguardo, infatti, deve osservarsi, innanzitutto, che non aveva alcun interesse contrario all’avveramento della condizione sospensiva richiamata poiché, al contrario, la stessa essendo una società cooperativa che persegue lo scopo di fare conseguire vantaggi ai soci consorziati attraverso l’organizzazione della gestione in comune di servizi e attività legati al mondo delle costruzioni aveva tutto l’interesse ad eseguire quanti più lavori possibili.

In ogni caso, parte ricorrente non ha fornito alcun valido elemento di prova che consenta di imputare il mancato avveramento della condizione alla resistente.

Al riguardo, infatti, la Suprema Corte ha stabilito che “spetta alla parte interessata la prova che l’altra parte “abbia impedito” il verificarsi della condizione, in quanto, qualora l’acquisto di un diritto dipenda da un evento futuro e incerto rimesso al comportamento volontario di una delle parti (la norma prevede una funzione di avveramento della condizione quando essa sia mancata per causa ascrivibile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento), il suo adempimento è elemento costitutivo della fattispecie negoziale attributiva del diritto” (cfr. Cass. 31728/2021; Cass. 25597/2016).

Più esattamente, è stato chiarito che “se l’acquisto di un diritto dipende dal verificarsi di un evento futuro ed incerto rimesso alla condotta volontaria di una delle parti, l’adempimento della condotta determinativa del fatto in questione viene a costituire elemento costitutivo della fattispecie negoziale attributiva del diritto, con la conseguenza che non vi è ragione di derogare al principio generale di riparto dell’ “onus probandi”, come disciplinato dall’art. 2697 c.c., secondo cui colui che intende far valere quel diritto – ovvero colui che intende affermare che l’evento condizionante si è avverato producendo l’acquisto del diritto – è tenuto a fornire in giudizio la prova di tale fatto” (cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1390 del 05/08/1948; id. Sez. 2, Sentenza n. 656 del 20/02/1975).

Orbene, nel caso che ci occupa, parte ricorrente non ha offerto concreti elementi probatori sulla base dei quali poter ritenere riconducibile ad un comportamento attivo/inattivo di (anche il comportamento inattivo integra gli estremi di cui alla norma, ove questo costituisca violazione di un obbligo di agire imposto alla parte dalla legge o dal contratto: Cass. n. 8843/2013; Cass. n. 2464/1985; Cass. n. 1680/1983; Cass. n. 2223/1979) la mancata emissione dei SAL ovvero la mancata esecuzione degli appalti, essendosi limitata, esclusivamente, a dedurre apoditticamente l’ingiustificato “rifiuto della controparte di portare avanti le operazioni con i condomini proposti da Appare verosimile, invece che, come rilevato da parte resistente, la complessità della normativa e le sue ripetute modifiche hanno reso particolarmente difficoltosa la gestione degli interventi e incerta la cessione dei crediti, minando la funzione economico sociale dell’appalto “chiavi in mano” e la fattibilità degli interventi in assenza di adeguata copertura. Dal ché il rigetto della domanda attrice.

Da ultimo, relativamente al con riguardo alla dedotta cessione del contratto da parte di in favore di , si ritiene che parte ricorrente non abbia fornito alcun valido elemento probatorio atto a dimostrare l’asserita “cessione” del contratto de quo.

In proposito, infatti, l’art. 3 del contratto cennato prevede testualmente che “qualsiasi modifica o integrazione al presente contratto, per essere valida ed efficace, dovrà essere effettuata per iscritto e sottoscritta da entrambe le parti”, escludendo, dunque, in modo esplicito qualsiasi altra forma e prevedendo, comunque, pur sempre una sottoscrizione di entrambe le parti.

Al riguardo, si rammenta che l’art. 1352 c.c. stabilisce che “ Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo”.

Ne discende, allora, che, se le parti hanno adottato la forma scritta (art.1352 c.c.) per la conclusione del contratto 31.3.2021, la medesima forma avrebbe dovuto essere adottata per una qualsiasi ulteriore modifica contrattuale.

La Suprema Corte, infatti, ha chiarito che “la previsione, in un contratto, dell’adozione di una forma convenzionale, atteso l’univoco disposto di cui all’art. 1352 c.c., importa la presunzione che essa sia stata voluta per la validità del contratto senza che rilevi l’assenza di un’espressa e specifica previsione di nullità convenzionale dei contratti conclusi in violazione di tale requisito di forma, da considerarsi come inserita anche nell’interesse di tutte le parti” (Cassazione civile, Sez. I, ordinanza n. 7108 del 12 marzo 2020). Alla luce della giurisprudenza della Suprema Corte e, soprattutto, dell’art.3 del contratto in parola, deve ritenersi, pertanto, che non vi sia stata alcuna cessione di contratto da parte di in favore di Nessun valore probatorio, infatti, può essere attribuito all’email cui fa riferimento parte ricorrente atteso che la stessa, trattandosi, per l’appunto, di una mera comunicazione telematica, non presenta i requisiti richiesti dal richiamato art. 3 del contratto.

Al pari, non si può ritenere che abbia assunto il ruolo di mandataria di non avendo parte ricorrente offerto alcun valido elemento di prova circa il presunto contratto di “mandato” tra le richiamate resistenti.

Ne consegue, pertanto, che, nel caso di specie, non può ritenersi instaurato alcun rapporto trilaterale e, dunque, non risultano configurabili né la cessione del contratto né il contratto di mandato.

2) Sulla domanda di risarcimento danni La domanda è infondata e va rigettata.

Premesso che la responsabilità precontrattuale evocata da parte ricorrente, derivante dalla violazione della regola di condotta posta dall’art. 1337 c.c. a tutela del corretto dipanarsi dell’iter formativo del negozio, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, si osserva come anche in relazione alla stessa vadano applicate le medesime regole in tema di distribuzione dell’onere della prova:

vale a dire che la prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno (oltre che al nesso di causalità tra la condotta illecita denunciata e l’evento dannoso) sono a carico del danneggiato ex artt. 2043 e 2059 cc.

Nel caso in esame, tale prova non è stata offerta dalla ricorrente, difettando la dimostrazione della condotta illecita di parte resistente e, conseguentemente, del preteso credito risarcitorio.

Al riguardo, in particolare, si rileva che, con riferimento alla voce “Costi sostenuti per portare a compimento le prestazioni”, Ti.

ha genericamente quantificato il valore dell’attività professionale che sarebbe stata svolta da e COGNOME senza l’indicazione dei parametri utilizzati per una tale quantificazione;

lo stesso deve rilevarsi per le spese per viaggi e sopralluoghi, che risultano solo forfettariamente descritte.

Al pari, parte ricorrente, in riferimento alla “Perdita di affari” per non avere potuto svolgere le medesime prestazioni contrattuali, di cui all’accordo con in favore di omette anche di dedurre le ragioni per cui non avrebbe potuto dare seguito alla medesima attività con l’altra Società, ovvero non chiarisce in alcun modo quale sarebbe il nesso di causalità tra la condotta (illecita) denunciata nei confronti delle resistenti e l’evento dannoso asseritamente subito per non avere potuto lavorare con Infine, quanto ai “Danni d’immagine”, la ricorrente si è limitata ad evocare “le lamentele” degli amministratori condominiali senza fornire alcun elemento di prova del pregiudizio concretamente subito in conseguenza dell’asseritamente illecito comportamento delle resistenti. Ne consegue, allora, con tutta evidenza che parte ricorrente non ha assolto l’onere della prova su di essa gravante, né in ordine alla dedotta condotta illecita né, tantomeno, in ordine all’ammontare del danno.

In conclusione, alla luce di tutte le considerazioni che precedono, anche la domanda attorea in esame deve essere respinta.

Spese di lite Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da d.m. 147/2022 (scaglione da 52.000,00- 260.000,00 euro, fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale, secondo i parametri), in €14.103,00 per compensi, oltre 15% per rimborso forfettario, iva e cap.

Il Tribunale di Pescara, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

rigetta per le causali di cui in motivazione, le domande attoree;

condanna l’attrice alla rifusione, in favore della parte convenuta, delle spese di lite, che liquida in € 14.103,00 per compensi, oltre 15% per rimborso forfettario, iva e cap. Pescara, 7 gennaio 2025

Il giudice -dott.

NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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