R.G. Nr.
3791/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI Sezione Unica CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa NOME COGNOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._807_2024_- N._R.G._00003791_2021 DEL_07_09_2024 PUBBLICATA_IL_09_09_2024
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3791/2021 promossa da:
(C.F. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’avv. NOME COGNOME come da procura alle liti in atti;
ATTORE contro (C.F. ), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso nel presente giudizio dall’avv. COGNOME NOMECOGNOME come da procura alle liti in atti;
(C.F. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’Avvocatura dello Stato di Bologna ex lege;
CONVENUTI
CONCLUSIONI
:
I procuratori delle parti hanno precisato le rispettive conclusioni come da note scritte in sostituzione di udienza ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE
RAGIONI DI FATTO
E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato, la società conveniva in giudizio il e l’ chiedendo che fosse accertato il proprio diritto di vedersi riconosciuto il beneficio, previsto dall’art. 100 comma 7 del DL 104/2020 convertito con Legge 126/2020, della c.d. definizione agevolata dei contenziosi relativi ai canoni di concessione per i beni del demanio marittimo dalla stessa dovuti, con conseguente estinzione della propria posizione debitoria per gli anni dal 2010 al 2020.
A fondamento della domanda, la società attrice – rappresentato di essere “titolare della concessione del demanio marittimo n° 24/2007 prat. 3244 intestata a avente ad oggetto l’occupazione e l’uso di un’area allo scopo di mantenere un manufatto, asseritamente acquisito al Pubblico Demanio Marittimo, iscritto tra le pertinenze demaniali” –
esponeva di aver prontamente impugnato e contestato, tanto avanti alla giustizia ordinaria quanto alla giustizia amministrativa, a partire dal 2010, la rideterminazione dei canoni di concessione, per come di volta in volta effettuata dal in applicazione delle disposizioni della finanziaria 2007 che, prevedendo l’applicazione dei valori di mercato (c.d. omi) nella determinazione dei canoni, ne aveva determinato un incremento esponenziale.
La società rappresentava che, a seguito dell’emanazione del DL 104/2020, poi convertito con legge 126/2020 – con cui il legislatore, considerato il diffuso contenzioso determinato dall’aumento dei canoni, aveva deciso di riformare la materia e di chiudere i procedimenti giudiziari ed amministrativi concernenti il pagamento dei canoni, pendenti alla data di entrata in vigore del DL, “mediante versamento:
a) in un’unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo” – aveva presentato, in data 16.11.2020, domanda di definizione agevolata dei procedimenti giudiziari e amministrativi pendenti alla data del 14.8.2020, domanda che, così come comunicato dal dopo aver esteso l’istanza all’ , era stata accolta esclusivamente per le annualità dal 2010 al 2018 con la quantificazione della somma dovuta per definire il contenzioso pendente in euro 161.614,581, calcolata – a seguito di un’intensa corrispondenza con la società attrice – detraendo dal sopracitato 30% quanto era già stato pagato in precedenza dal concessionario. L’odierna attrice esponeva, poi, che il a seguito del dissenso espresso dall’ sui calcoli dallo stesso eseguiti per stabilire l’importo dovuto, le aveva richiesto, a conclusione delle operazioni di ricalcolo, il versamento di ulteriori 154.235,729 euro per essere ammessa alla definizione agevolata del contenzioso.
La società evidenziava che, erroneamente, l’amministrazione convenuta, per individuare la base su cui calcolare il “30% delle somme richieste”, aveva detratto le somme già versate a monte anziché a valle della determinazione di detta percentuale ed esponeva che il aveva proceduto ad una rideterminazione dei conteggi sulla scorta delle osservazioni tardivamente svolte dall’ , omettendo di computare correttamente quanto già pagato per la determinazione del 30% dell’importo dovuto.
Richiamata la giurisprudenza ordinaria ed amministrativa formatasi sui precedenti condoni, la società attrice rassegnava, quindi, le seguenti conclusioni:
“Voglia codesto Ill.mo Tribunale di Rimini:
-nel merito accertare che ha diritto di vedersi riconosciuto il beneficio previsto dall’art. 100 comma 7 del DL 104/2020 convertito con Legge 126/2020 mediante il pagamento eseguito o della somma maggiore o minore che sarà accertata in corso di causa anche a mezzo CTU (qualora ritenuta necessaria) e che avendo assolto a detto pagamento devono considerarsi definiti i contenziosi relativi ai canoni di concessione per i beni del demanio marittimo dovuti e che, pertanto, nulla è più dovuto per gli anni dal 2010 al 2020; -in via di subordine e salvo gravame, nella denegata ipotesi di reiezione della domanda principale, riconoscere la violazione dei principi di correttezza e buona fede da parte del e dell’ per avere chiesto il pagamento di una somma rilevante il giorno prima della scadenza del termine dopo dieci mesi dall’apertura dell’istruttoria e pertanto accertare la remissione in termini per l’esecuzione del pagamento residuo.
Previa, ove occorra, rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità dell’art. 100 comma 7 DL 104/2020, come convertito dalla L. 13 ottobre 2020 n. 126, nella parte in cui sia possibile attribuirgli un’interpretazione che consenta la detrazione delle somme versate dal “richiesto” e non, invece, dal 30% per come quantificato su quest’ultimo.
Con vittoria di spese e onorari di causa oltre iva, cap e rimb. spese gen. 15% come per legge”.
Con comparsa di risposta depositata in data 06.02.2022, si costituiva in giudizio l’ la quale – per tutte le ragioni ivi meglio dedotte, illustrate e argomentate -, ribadita la correttezza delle modalità di calcolo dalla stessa applicate, formulava le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, dichiarare inammissibili e comunque infondate le domande attrici;
in via riconvenzionale, condannare parte attrice al pagamento delle maggiori somme risultanti all’esito dell’espletanda istruttoria.
Vinte le spese”.
Si costituiva in giudizio il il quale rappresentava che, pur non condividendo l’interpretazione della norma dettata dall’ , aveva provveduto a richiedere alla società attrice un versamento integrativo di importo pari ad euro 159.537,042, evidenziando come tale scelta fosse del tutto obbligata stante il costante orientamento della Corte dei Conti in materia di canoni demaniali marittimi.
Il Rimini formulava, quindi, le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ill.mo Tribunale di Rimini, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, NEL MERITO – rigettare tutte le domande formulate anche in via istruttoria da in quanto infondate in fatto e in diritto per tutti i motivi esposti in narrativa.
Sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 100, comma 7, D.L. 104/2020, convertito in L. 13.10.2020 n. 126 sollevata dalla difesa di si rimette a giustizia.
Con vittoria di spese e competenze oltre accessori di legge”.
Le parti comparivano alla prima udienza del 20.04.2022 e, concessi i termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c., il Giudice, ritenuto non necessario, ai fini della decisione, disporre la c.t.u. richiesta dall’ , fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 06.03.2024, poi sostituita dal deposito di note scritte ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c. Depositate le note scritte contenenti la precisazione delle conclusioni entro il termine assegnato alle parti, il Giudice assegnava i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica trattenendo la causa in decisione. Preliminarmente, va affermata, nel caso di specie, la giurisdizione del giudice ordinario:
a quest’ultimo sono, infatti, riservate, in materia di concessioni amministrative, le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi che abbiano un contenuto meramente patrimoniale, senza che residui in capo alla PA un potere discrezionale o un potere di intervento – ancorché vincolato – a tutela di interessi generali.
Nella specie, non residua alcun potere autoritativo in capo all’amministrazione, non essendo in discussione il rapporto concessorio sottostante e trattandosi soltanto di definire le modalità di calcolo della somma che il concessionario è tenuto a versare al fine di accedere alla definizione agevolata del contenzioso sull’applicazione del canone previsto dall’art. 100 comma 7 del DL 104/2020 che non lascia alcun margine di azione in capo alla pubblica amministrazione, indicando a quali condizioni ed entro quali tempi sia possibile beneficiare, per il concessionario, della cd. definizione agevolata.
In termini analoghi, del resto, si è espresso anche il TAR Lecce con sentenza n. 727 del 2016 nella quale, declinando la propria giurisdizione, ha affermato che “con il provvedimento in discussione, il si è limitato a verificare la sussistenza dei presupposti pretesi dalla legge per l’ammissione al beneficio della definizione agevolata dei contenziosi pendenti e a quantificare, previa interpretazione della normativa vigente, l’importo a tal fine dovuto dalla ricorrente, sicché la giurisdizione non può che radicarsi in capo al Giudice ordinario”. Ciò posto, al fine di verificare la fondatezza delle domande svolte dalla società occorre procedere all’interpretazione dell’art. 100, comma 7 del DL 104/2020 secondo cui “Al fine di ridurre il contenzioso relativo alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, derivante dall’applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni ai sensi dell’articolo 03, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, i procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, concernenti il pagamento dei relativi canoni, possono essere definiti, previa domanda all’ente gestore e all da parte del concessionario, mediante versamento: a) in un’unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo;
b) rateizzato fino a un massimo di sei annualità, di un importo pari al 60 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo”.
La predetta disposizione indica nel versamento in un’unica soluzione “di un importo pari al 30% delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo” l’adempimento necessario per poter fruire della definizione agevolata.
Avuto riguardo allo scopo della normativa in esame, diretta a definire il contenzioso pendente, deve ritenersi che la misura del 30% sia da calcolare sulle somme – tutte – che formano oggetto della controversia che il concessionario chiede di definire.
Occorre, quindi, partire dall’intero importo dovuto per le varie annualità oggetto di contestazione e quantificare il 30% di tale somma, per poi calcolare l’ammontare effettivo da versare, dato dalla differenza tra detto 30% e quanto già versato dal concessionario o coattivamente riscosso, perché i versamenti effettuati e le somme comunque riscosse a tale titolo vanno computate nella determinazione non della somma necessaria per ottenere il condono, ma in quella effettivamente ancora da pagare.
Qualora, infatti, il concessionario avesse già pagato, liberamente o coattivamente, il 30% o più della somma originariamente dovuta, vedrebbe realizzata la condizione per l’applicazione del beneficio senza ulteriori esborsi.
Una volta fissato l’ammontare dell’importo da versare nel 30% del totale, il pagamento pregresso vale solo ad indicare quale sia la misura che resta ancora da corrispondere, senza che venga messa in discussione la determinazione della somma totale necessaria per usufruire del condono.
Come affermato anche da precedenti pronunce di questo Tribunale (v. Tribunale di Rimini, sentenza n. 414/2024 del 08.04.2024), non può condividersi la diversa interpretazione dei convenuti, secondo cui la norma farebbe riferimento alle sole somme ancora dovute, detratti gli importi già versati (dunque, indipendentemente dal fatto che fossero o meno contestati).
Si legga in termini TAR Toscana n. 1125 del 2016 (riferita all’impianto normativo previgente, ma sostanzialmente analogo a quello attualmente in vigore) che conferma che l’espressione in parola “non può che far riferimento alle somme dovute per l’importo dei canoni relativi a ciascun anno in contestazione;
non è quindi conforme a legge escludere dal beneficio la parte del canone già pagata, anche per la illogica conseguenza che verrebbe a crearsi, consistente nell’attribuire un vantaggio maggiore a chi non abbia pagato alcunché rispetto a chi abbia in parte fatto fronte al pagamento del dovuto”.
E ancora, il Consiglio di Stato nella pronuncia n. 5243 del 2016, che ha espressamente affermato che è “corretto quanto afferma l’appellante, e cioè che la tesi secondo cui le ‘somme dovute’ di cui al comma 732 della l. 27 dicembre 2013 n. 147 sono le somme ulteriori rispetto a quelle già versate dalla società, pari alla differenza tra il preteso e il versato, non ha alcun fondamento normativo e va disattesa.
L’accoglimento della tesi della parte pubblica comporterebbe infatti l’indebita locupletazione, da parte di questa, del 30% della differenza tra il preteso e il versato, oltre al 30% del preteso, con la conseguenza che per ottenere l’estinzione dei procedimenti in corso gli interessati dovrebbero versare un importo pari alla somma del 30% del preteso e del 30% della differenza fra preteso e versato, il che appare all’evidenza contrario al dettato normativo.
La lettera della legge è invero univoca, e fa riferimento alle somme dovute, e se per ‘somme dovute’ devono intendersi le somme pretese dalla parte pubblica non si può ritenere che siano dovute somme ulteriori rispetto a quelle richieste, essendo evidente che il pagamento effettuato, pari al 30% delle somme richieste, ha prodotto l’effetto estintivo del credito dell’appellata, effetto collegato dalla legge di stabilità al pagamento spontaneo del 30% degli importi dovuti in origine”.
Né merita seguito il ragionamento della parte convenuta che pretende di ravvisare una diversità di ratio tra le due discipline che si sono succedute nella materia, quella previgente, cui si riferisce la giurisprudenza citata, e quella attuale, in ragione del fatto che il DL 104/2020, a differenza del precedente normativo, espressamente fa salvi i pagamenti intervenuti al momento della sua entrata in vigore, trattandosi di precisazione che non incide sulle modalità di calcolo della somma necessaria per accedere al beneficio. Invero, la previsione del nuovo condono di cui all’art. 100 DL 104/2020 è la seguente:
“Fermo restando quanto previsto al successivo comma 4, sono comunque fatti salvi i pagamenti già eseguiti alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni”, laddove il comma 4 dispone “Dal 1° gennaio 2021 l’importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell’utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime non può essere inferiore a euro 2.500”.
È dunque chiaro che la salvezza dei pagamenti eseguiti riguarda – come reso ovvio anche dalla collocazione della previsione – la rideterminazione del canone e non il pagamento delle somme dovute per accedere al beneficio della definizione agevolata di cui al comma 7. Così precisate le modalità di calcolo della somma da versare per accedere alla c.d. definizione agevolata, deve rilevarsi come, nel caso di specie, vi sia contestazione circa l’individuazione delle annualità per cui ammettere il beneficio.
ha ricompreso “nel procedimento di definizione agevolata soltanto le annualità dal 2010 al 2016 (oggetto di “contenzioso giudiziario” pendente avanti al Tar Bologna sub R.G. 246/2014) con conseguente esclusione delle annualità dal 2017 al 2020” (cfr. comparsa di costituzione).
Tale decisione è censurata dalla società la quale ha evidenziato come la domanda formulata in giudizio avanti al TAR Emilia Romagna “era diretta a contestare in radice il diritto del di pretendere il pagamento dei nuovi canoni ai sensi della Legge 296/2006.
La causa, quindi, non aveva natura esclusivamente impugnatoria dei provvedimenti emessi dal ma aveva natura di accertamento negativo del diritto vantato dal onde una eventuale pronuncia favorevole alla Società concessionaria era destinata a travolgere inevitabilmente anche le pretese avanzate successivamente all’introduzione del giudizio”.
Secondo quanto prospettato dall’attrice, inoltre, “la richiesta di pagamento dei canoni, che viene inviata ogni anno ai concessionari, non è un atto amministrativo in senso proprio e, quindi, non sarebbe nemmeno necessaria la sua singola impugnazione”
(cfr. atto di citazione).
Orbene, la scelta del di escludere le annualità dal 2017 al 2020 appare corretta alla luce della finalità del beneficio che, essendo diretto alla definizione del contenzioso pendente, non può che avere ad oggetto l’importo predeterminato dei canoni di cui si discute in giudizio.
Quanto alla circostanza allegata dalla società secondo cui “alla data del 14 agosto 2020 risultava ancora pendente il procedimento avviato per la decadenza della concessione per il mancato pagamento di canoni e quindi anche sotto questo profilo dovevano considerarsi i canoni per gli anni considerati visto che con il primo provvedimento il Comune di Rimini aveva ritenuto di ammettere anche gli anni 2017 e 2018”, deve rilevarsi come l’art. 100 comma 7 del DL 104/2020 faccia riferimento al contenzioso “derivante dall’applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni”, non potendo, quindi, attribuirsi rilievo al procedimento avviato dal per la decadenza della concessione in ragione del mancato pagamento di canoni. Ne deriva che, essendo pacifico l’avvenuto pagamento delle somme utili per accedere alla c.d. definizione agevolate per le annualità dal 2010 al 2016, deve essere affermato il diritto della società ad ottenere, ai sensi dell’art. 100, comma 7, del DL n. 104/2020, la definizione agevolata dei procedimenti giudiziari relativi ai canoni demaniali per gli anni dal 2010 al 2016.
Da ultimo, va dichiarata inammissibile per carenza di legittimazione attiva la domanda riconvenzionale proposta dall’ – domanda, peraltro, priva di specificità non essendo indicato l’ammontare asseritamente dovuto che la convenuta chiede di quantificare a mezzo di c.t.u., del tutto esplorativa -, spettando solo all’ente locale la competenza a procedere al calcolo delle somme da riscuotere, come ricordato anche nella Circolare dell’ del settembre 2021.
In ogni caso, sembra potersi affermare, quale corollario dell’interpretazione della norma che viene privilegiata, che le somme dovute da assumere per il calcolo di quanto sufficiente ad estinguere l’obbligazione siano quelle frutto dell’accertamento originario e non quelle maturate nel tempo anche mediante il calcolo degli interessi.
La peculiarità della materia e la mancanza di un orientamento giurisprudenziale consolidato sulla stessa giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
Il Tribunale di Rimini, definitivamente pronunciando nel giudizio di I grado iscritto al R.G. Nr.
3791/2021, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
– accerta e dichiara che la società ha diritto al riconoscimento del beneficio di cui all’art. 100, comma 7, del DL n. 104/2020 e, dunque, ad ottenere la definizione agevolata dei procedimenti giudiziari relativi ai canoni demaniali per gli anni dal 2010 al 2016;
– dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale svolta da – compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Manda alla Cancelleria per le comunicazioni e per ogni altro adempimento di sua competenza.
Rimini, 7 settembre 2024.
Il Giudice dott.ssa NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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