REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ORISTANO SEZIONE CIVILE
Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice, dott., ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 407/2022 pubblicata il 03/08/2022
nella causa civile iscritta al n. 304/2016 del ruolo contenzioso promossa da:
XXX,
ATTORE contro
BANCO DI YYY S.p.A.,
CONVENUTO
e contro
BANCA DI ZZZ S.p.A.,
CONVENUTA
La causa è stata tenuta sulle seguenti
CONCLUSIONI
Nell’interesse di parte attrice:
“Piaccia all’Ill.mo Tribunale di Oristano in accoglimento delle presenti domande, contrariis rejectis,
IN VIA PRINCIPALE
condannare le convenute, per quanto di rispettiva competenza, alla restituzione, a favore dell’attore, della somma definitiva di € 12.359,66 ovvero alle diverse somme emerse in corso di causa o che saranno ritenute di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, dal dì del dovuto all’effettivo soddisfo;
IN VIA SUBORDINATA
accertare e dichiarare la violazione del dovere di correttezza e buona fede della Banca di YYY e conseguentemente condannare la convenuta al pagamento, a favore dell’attore delle somme, a titolo di risarcimento, da quantificare nella misura corrispondenza ai maggiori oneri sopportati dal Sig. XXX, a cui vanno aggiunti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria.
IN OGNI CASO
Con vittoria di spese e compensi del presente giudizio; IN VIA ISTRUTTORIA
In ipotesi di contestazione in ordine alle risultanze peritali di parte, si chiede sin d’ora ammettersi CTU tecnico-contabile volta a determinare il saldo effettivo risultante alla stregua delle deduzioni di fatto e di diritto esposte e della normativa vigente.” Nell’interesse del convenuto Banco di YYY s.p.a.:
“voglia l’adito Tribunale, ogni contraria domanda, istanza ed eccezione disattesa, – respingere tutte le domande attoree, poiché infondate in fatto e in diritto.
– in ogni caso, con il favore delle spese di lite”.
Nell’interesse della convenuta Banca di ZZZ s.p.a.
“l’adito Tribunale voglia accogliere le conclusioni rassegnate che di seguito si riportano: – respingere tutte le domande attoree, poiché infondate in fatto e in diritto.
– in ogni caso, con il favore delle spese di lite.”
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
il 22.10.2008 aveva sottoscritto un contratto di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio con la Banca di ZZZ s.p.a., in qualità di mandataria del Banco di YYY s.p.a., in forza del quale si era impegnato al pagamento di 120 rate mensili da euro 185,00 ciascuna;
−
a fronte dell’importo finanziato di euro 9.840,34, comprese imposte di bollo, si era impegnato a restituire la somma complessiva di euro 22.200,00 nell’arco di dieci anni ma la decisione di stipulare il finanziamento con cessione del quinto era stata indotta dai preposti della filiale della banca;
−
la società di cui era socio illimitatamente responsabile aveva contratto un debito per lo scoperto sul conto corrente utilizzato per l’attività di impresa, sicché il finanziamento sarebbe stato utilizzato in toto per ripianare tale situazione debitoria societaria:
−
il TAEG indicato nel contratto risultava già superiore al tasso d’usura e, tenuto conto XXX, con atto di citazione ritualmente notificato, ha convenuto in giudizio il Banco di YYY s.p.a. e la Banca di ZZZ s.p.a., domandando che venisse accertata e dichiarata la violazione da parte delle convenute del disposto di cui all’art. 1815, comma 2, c.c. e, per l’effetto, che venisse dichiarata l’inesistenza di ogni credito residuo da esse vantato per il rimborso del finanziamento con cessione del quinto erogato in suo favore, nonché che le convenute venissero condannate alla restituzione della somma di euro 5.884,66 oltre agli importi delle rate successive corrisposte, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto al soddisfo. In via subordinata, l’attore ha richiesto che venisse accertata la violazione del dovere di correttezza e buona fede della Banca di YYY con conseguente condanna della stessa al pagamento, a titolo di risarcimento, delle somme da quantificare nella misura corrispondente ai maggiori oneri da egli sopportati, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
In particolare, l’attore ha esposto che:
degli interessi nominali e degli oneri accessori (tra cui gli oneri assicurativi) era effettivamente emersa la convenzione di oneri superiori alle soglie d’usura applicabili alla data della stipula;
−
fino alla data della perizia, commissionata al Dott. ***, con cui aveva proceduto ad accertare quanto sopra, aveva corrisposto l’importo di euro 15.725,00, maturando il diritto alla restituzione di euro 5.884,66 quale differenza rispetto al capitale di prestito;
−
infatti, per verificare il superamento del tasso di usura deve tenersi conto delle commissioni e delle remunerazioni a qualsiasi titolo (escluse imposte e tasse) collegate all’erogazione del credito, ivi comprese le polizze assicurative ancorché non obbligatorie, ove contestuali alla concessione del finanziamento;
−
ciò deve ritenersi valido anche per i finanziamenti con cessione del quinto stipulati in data anteriore all’emanazione delle istruzioni 2009 della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi di usura, con le quali erano state allineate le indicazioni per la rilevazione del TEGM alla normativa in materia di usura indicando nel calcolo tutte le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito ovvero a tutelare altrimenti i diritti del creditore, mentre nelle istruzioni precedenti per il calcolo del TEGM era stato indicato che nelle operazioni di prestito contro cessione del quinto dello stipendio e assimilate le spese per assicurazione in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del debitore non rientrano nel calcolo del tasso purché certificate da apposita polizza;
−
nel caso di specie gli oneri assicurativi in aggiunta agli interessi nominali, commissioni e altri costi avevano determinato un costo complessivo (TEG) del 20,99%, superiore al tasso di usura risultante dall’ultima rilevazione relativa alla specifica categoria di credito, ossia il decreto 24.9.2008, che riportava un tasso medio pari al 10,15% e un tasso soglia del 15,225%;
−
le convenuta avevano comunque violato il dovere di correttezza e buona fede, suggerendo di estinguere il debito pendente per lo scoperto del conto corrente n. intestato alla *** DI XXX E C. S.N.C. mediante il contratto di finanziamento, assicurandosi così la copertura della posizione debitoria e danneggiato il proprio cliente con le onerose condizioni del finanziamento stesso;
−
di fatto il XXX aveva estinto un debito che maturava a un tasso passivo del 13,75% stipulando un prestito a un tasso passivo del 20,99%.
Si è costituito in giudizio, tardivamente in quanto in violazione dei termini previsti dall’art. 166 c.p.c., il Banco di YYY s.p.a, la quale ha integralmente contestato il fondamento delle avverse pretese, esponendo che:
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non è condivisibile la tesi di controparte laddove ritiene non vincolanti le istruzioni della Banca d’Italia e asserisce, contrariamente a quanto indicato dal medesimo ente, che anche per i contratti stipulati antecedentemente al 2009 ai fini del calcolo del TEG è necessario tenere conto delle spese di assicurazione;
−
difatti, se è la Banca d’Italia a dettare le istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai fini della legge sull’usura, può affermarsi che dette istruzioni siano norme tecniche dotate di proprie ed esclusiva efficacia vincolante;
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se prima del 31.12.2009 le istruzioni della Banca d’Italia prevedevano che nelle operazioni di prestito contro cessione del quinto le spese per assicurazione non rientravano nel calcolo del tasso purché certificate, del premio assicurativo ai fini dell’usura nelle operazioni di cessione del quinto occorrerà tenere conto unicamente a partire dal 1.1.2010;
−
pertanto, il contratto de quo, stipulato il 22.10.2008, deve soggiacere alle disposizioni ratione temporis vigenti che prevedevano l’esclusione del premio assicurativo ai fini dell’usura nelle operazioni di cessione del quinto, con la conseguenza che nessun sforamento del tasso soglia è ravvisabile;
−
anche sotto il profilo della violazione del dovere di correttezza e buona fede, il tasso applicato al contratto di finanziamento era legittimo e al di sotto del tasso soglia nonché al tasso di mora applicato allo scoperto di conto.
Si è costituita in giudizio, a sua volta tardivamente, anche la Banca di ZZZ s.p.a., la quale ha integralmente contestato la domanda attorea sulla base delle medesime argomentazioni svolte dal Banco di YYY.
Entrambi i convenuti hanno concluso chiedendo il rigetto della domanda avversa e la vittoria delle spese di lite.
Mediante il deposito delle proprie note conclusive, parte attrice ha dato atto di aver, nelle more del presente giudizio, ottemperato a tutti i pagamenti, completando il rimborso di tutte le rate e corrispondendo, pertanto, un totale di euro 22.200,00 a fronte del prestito netto ricevuto di euro 9.840,34; egli ha, dunque chiesto la ripetizione ai sensi dell’art. 1815, comma 2, c.c. della differenza, ora costituita dalla somma di euro 12.359,66.
La causa, istruita con sole produzioni documentali, è giunta a decisione sulle conclusioni sopra trascritte.
*
Conformemente a quanto già rilevato con ordinanza depositata in cancelleria in data 18.9.2018, unico profilo controverso dell’odierna vertenza è costituito dalla valenza delle Istruzioni della Banca d’Italia in materia di rilevazione del tasso effettivo globale, con particolare riferimento alla necessità di includervi o meno, ai fini del raffronto con la soglia d’usura, le spese relative all’assicurazione in caso di contratti stipulati prima del 31.12.2009.
Difatti, se mediante l’emanazione delle istruzioni del 2009 per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura è stato espressamente affermato che nel calcolo debbano essere ricomprese tutte le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito o comunque a tutelare i diritti del creditore (v. voce C4 delle summenzionate istruzioni), dalle istruzioni previgenti (v. aggiornamento a febbraio 2006, voce C4) risultava che: “nelle operazioni di prestito contro cessione del quinto dello stipendio e assimilate indicate nella Cat. 8 le spese per assicurazione in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del debitore non rientrano nel calcolo del tasso purché siano certificate da apposita polizza”.
Invero, le parti convenute non hanno in alcun modo contestato né le circostanze fattuali relative alla sottoscrizione del contratto di finanziamento da parte del XXX (comunque confermate dalla produzione del contratto medesimo, doc. 1 di parte attrice) né le condizioni applicate, ivi compreso il calcolo del TEG, individuato nel 20,99%.
Tali profili devono, pertanto, considerarsi pacifici, essendosi i convenuti limitati a ribadire che le condizioni contrattuali non consentono di ravvisare la convenzione di interessi usurari in ragione della struttura dell’art. 644 c.p., da considerarsi norma parzialmente in bianco laddove al comma 3 dispone che sia la legge a stabilire il limite oltre al quale gli interessi sono sempre usurari: difatti, secondo la prospettazione in esame, il completamento della fattispecie richiede, alla luce dell’art. 2 L. 10/1996 (la quale ha novellato il reato di usura), che sia la Banca d’Italia a dettare le istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai fini della legge sull’usura, dal che conseguirebbe che tali istruzioni siano norme tecniche dotate di propria efficacia vincolante.
Secondo le convenute, perciò, nelle operazioni di cessione del quinto, quale quella in esame, non può tenersi conto del premio assicurativo ai fini dell’usura, in quanto sulla base delle suddette istruzioni occorrerà considerarlo solo a partire dalla data dell’1.1.2010.
Tale conclusione non è condivisibile.
In accordo alla più recente e consolidata giurisprudenza di merito, le spese per l’assicurazione del rimborso totale o parziale del credito rientrano tra gli esborsi rilevanti ai fini della valutazione circa il carattere usurario del contratto, in ossequio al principio di onnicomprensività fissato dall’art. 644, comma 3, c.p., secondo cui per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto di tutte le commissioni, remunerazioni e spese a qualsiasi titolo corrisposte dal mutuatario, escluse quelle per imposte e tasse (cfr. Tribunale Monza sez. I, 19/10/2021, n.1864); pertanto, è sufficiente che spese di assicurazione sostenute dal cliente risultino collegate alla concessione del credito per rilevare, quale costo collegato al finanziamento, ai fini della determinazione del superamento del tasso soglia (v. anche Corte appello Perug.ia sez. I, 06/08/2021, n.464).
La medesima valutazione deve essere, svolta, secondo quanto recentemente ribadito anche dalla Suprema Corte (v. sotto), per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore delle Istruzioni della Banca d’Italia del 2009, quale quello in esame (concluso in data 22.10.2018).
Già in precedenza la stessa Corte di Cassazione, occupandosi proprio di fattispecie di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, aveva enunciato il citato principio di diritto secondo cui, ai fini della valutazione dell’eventuale natura usuraria di un contratto di mutuo, devono essere conteggiate anche le spese di assicurazione sostenute dal debitore per ottenere il credito, in conformità con quanto previsto dall’art. 644 c.p., comma 4, essendo, all’uopo, sufficiente che le stesse risultino collegate alla concessione del credito, potendo dimostrarsi la sussistenza del collegamento con qualunque mezzo di prova, ed essendo presunto nel caso di contestualità tra la spesa di assicurazione e l’erogazione del mutuo (Cass. n. 8806 del 05/04/2017; in senso conforme Cass. n. 22458/2018).
In particolare, non può attribuirsi alcun rilievo al fatto che la Banca d’Italia, ai fini del calcolo del T.E.G. del singolo rapporto di credito, non avesse inserito nelle Istruzioni per la rilevazione del T.E.G.M. del 2006 i costi assicurativi, tenuto conto del fatto che le Sezioni Unite, mediante la sentenza n. 16303/2018, hanno condivisibilmente affermato come la circostanza che i decreti ministeriali di rilevazione del TEGM non includano nel calcolo di esso una particolare voce che, secondo la definizione data dall’art. 644 c.p., comma 5, dovrebbe essere inserita – si trattava in quella fattispecie della commissione di massimo scoperto – rileva ai soli fini della verifica di conformità dei decreti stessi, quali provvedimenti amministrativi, alla legge di cui costituiscono applicazione, in quanto la rilevazione sarebbe effettuata senza tenere conto di tutti i fattori che la legge impone di considerare.
Da ciò discende che la mancata inclusione di una specifica voce nei decreti ministeriali non comporta l’esclusione della stessa ai fini della determinazione della soglia usuraria, ma semmai comporta la conseguenza che il giudice ordinario debba incidentalmente accertare l’illegittimità dei decreti e provvedere alla disapplicazione degli stessi (cfr. anche Sezioni Unite n. 19597/2020, secondo cui in nessun caso il giudice è vincolato al contenuto della normazione secondaria nell’esercizio della sua attività ermeneutica).
Sulla base di tali presupposti è stato, altresì, affermato, con riferimento agli interessi moratori, che pur se nei decreti ministeriali sino al D.M. 22 marzo 2002 difetta la rilevazione, anche se separata, della maggiorazione propria di tali interessi (avendo tale rilevazione avuto inizio solo a partire dal decreto ministeriale del 25 marzo 2003) in ragione dell’esigenza primaria di tutela del finanziato si deve necessariamente raffrontare il T.E.G. del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori in concreto applicati, con il T.E.G.M. rilevato in detti decreti.
Per queste ragioni la recentissima pronuncia di legittimità cui si è precedentemente accennato ha concluso che “data I’eadem ratio, tale ragionamento deve svolgersi anche con riferimento alla mancata rilevazione fino al D.M. maggio 2009 dei costi assicurativi ai fini del calcolo del T.E.G.M., esclusione che, come sopra già illustrato, quindi non rileva nella determinazione della soglia usuraria del singolo rapporto” (Cassazione civile sez. VI, 01/02/2022, n.3025).
Nel caso in esame, non sussistono dubbi sul collegamento dei costi assicurativi alla concessione del credito, come risultante dal testo dello stesso contratto oggetto di causa, il quale nel documento di sintesi indica espressamente tali costi tra quelli ricompresi e nella nota sottostante, laddove chiarisce quale sia la tipologia di assicurazioni stipulate, chiaramente afferma che trattasi di “polizze assicurative collegate alla cessione del quinto” (pag. 1 del documento di sintesi).
Allo stesso modo, risulta evidente il superamento del tasso soglia stabilito a fini d’usura, sulla base di quanto risultante dalla rilevazione applicabile ratione temporis, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, relativa alla categoria di credito in questione, ossia il prestito contro cessione del quinto per importi oltre euro 5.000,00: con riguardo a tale tipologia di contratti, infatti, era stato rilevato un tasso medio del 10,15%, con individuazione del tasso soglia nel 15,225% (v. Decreto 24 settembre 2008, GU n. 228 del 29-9-2008, il quale all’art. 2, comma 2, ha previsto che “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2008, ai fini della determinazione degli interessi usurari ai sensi dell’art. 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, i tassi riportati nella tabella indicata all’art. 1 del presente decreto devono essere aumentati della metà”).
Si evidenzia, difatti, che il calcolo del TEG relativo al contratto in esame, comunque non contestato da controparte, risulta corretto e completo, essendo stato effettuato tenendo adeguatamente conto di tutte le voci di costo tratte dal documento contrattuale e compiutamente dimostrato mediante la produzione della perizia di parte a firma del Dott. *** (doc. 2).
L’usurarietà degli interessi pattuiti, perciò, comporta necessariamente l’operatività dell’art. 1815, comma 2, c.c., secondo il quale se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
Tale previsione, peraltro, si riferisce alla singola disposizione pattizia che stabilisca interessi eccedenti il tasso soglia, indipendentemente dal fatto che esaurisca la regolamentazione dell’entità degli interessi dovuti in forza del contratto, per cui l’invalidità non può che colpire la singola previsione negoziale che programmi la maturazione di interessi usurari; l’assunto in questione, tuttavia, deve principalmente essere riferito alla circostanza in cui nel contratto controverso siano state pattuite voci diverse di interessi.
Nel caso di specie, invece, essendo stata prevista un’unica tipologia di interesse ed essendo la stessa risultata di fatto superiore alla soglia d’usura in conseguenza del computo di tutti i costi che, secondo quanto previsto dalla legge, devono essere ricompresi nel calcolo, in forza del richiamato art. 1815, comma 2, c.c. dovranno considerarsi non dovuti tutti gli oneri connessi all’erogazione del prestito per cui è causa. Da una parte, infatti, sarebbe privo di senso logico affermare che tali oneri ulteriori concorrono a determinare il costo del credito e a determinare il tasso degli interessi per poi dichiarare la nullità della sola voce relativa agli interessi mantenendo gli altri costi e, dall’altra parte, risulta coerente con la logica sanzionatoria sottesa all’art. 1815 c.c. scomputare tutti i costi che hanno contribuito alla configurazione dell’interesse pattuito quale interesse usurario.
Da quanto enunciato consegue che le convenute saranno tenute alla ripetizione dell’indebito costituito dalle somme pagate dal XXX quali interessi (e altri oneri) risultati usurari.
Si precisa, tuttavia, che colui che agisce per la ripetizione di indebito, anche se derivante da clausole negoziali affermate nulle e/o dall’applicazione di condizioni che si risolvono nella violazione di norme imperative (come nel caso di violazione dei tassi soglia in materia di usura), deve provare il fondamento della pretesa fatta valere, secondo i principi generali enucleabili dalla regola di giudizio dettata dall’art. 2697 c.c.
In particolare, egli è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza rispetto ad essi di una valida causa debendi.
Nel corso dell’odierno procedimento, l’attore ha adeguatamente dimostrato solo il pagamento di 73 rate, come risultante dal rendiconto del finanziamento emesso dal Banco di YYY e allegato alla perizia di parte (doc. 2) per un importo corrisposto totale di euro 13.505 a fronte di un importo finanziato (comprensivo di tasse e imposte) di euro 9.840,34.
Ne consegue che la somma di cui l’attore ha diritto a ottenere la restituzione ammonta a complessivi euro 3.664,66.
Si osserva, invero, che l’avvenuto pagamento di un totale di 85 rate (per euro 15.725,00 al 15.12.2015) è rimasto una mera allegazione di parte, contenuta nell’atto introduttivo e nella stessa perizia di parte ma sprovvista di adeguato riscontro documentale.
Allo stesso modo e a maggior ragione non è stato comprovata la corresponsione di tutte le rate del finanziamento, circostanza meramente allegata con le note conclusive del 12.2.2019: seppur la richiesta di una maggior somma in tale sede non debba considerarsi domanda nuova, in quanto svolta entro il termine per la precisazione delle conclusioni e consistente in una semplice modifica sotto il profilo quantitativo della medesima domanda originaria derivante da fatti ulteriori verificatisi in corso di causa (ossia l’asserito avvenuto saldo di tutto l’importo richiesto), ciononostante essa non può essere accolta in assenza dell’effettiva prova del pagamento.
Poiché il debito restitutorio accertato in favore dell’attore costituisce senz’altro debito di valuta, esso non è soggetto a rivalutazione monetaria, se non nei termini del maggior danno rispetto a quello ristorato con gli interessi legali di cui all’art. 1224 cod. civ. che va, peraltro, provato dal richiedente.
Nel caso in esame, nessuna prova nemmeno in via presuntiva è stata fornita del maggior danno, essendosi il XXX limitato a richiedere nelle conclusioni gli interessi legali e la rivalutazione monetaria.
Quanto agli interessi legali, poiché le somme da egli corrisposte costituiscono un indebito, tali interessi maturano, in applicazione dell’art. 2033 c.c., dalla domanda giudiziale al saldo in caso di buona fede dell’accipiens, ovvero dal giorno del pagamento se chi lo ha ricevuto era in mala fede: tale ultima ipotesi deve essere esclusa, tenuto conto che alla luce della diversa interpretazione attribuita alla vincolatività delle Istruzioni della Banca d’Italia non può ritenersi sussistente la mala fede dell’istituto bancario.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo sulla base dei parametri minimi (alla luce della scarsa complessità della causa e dell’unicità della questione di diritto trattata) di cui allo scaglione di riferimento sulla base del DM 55/14.
PQM
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:
– in accoglimento della domanda, dichiara, sulla base di quanto disposto dall’art. 1815, comma 2, c.c. la nullità della clausola con cui sono stati convenuti interessi usurari nell’ambito del contratto di prestito contro cessione del quinto stipulato in data 22.10.2008 tra XXX e la Banca di ZZZ s.p.a., in qualità di mandataria del Banco di YYY s.p.a.;
– per l’effetto, dichiara che alcun interesse è dovuto nell’ambito del rimborso del suddetto prestito con cessione del quinto;
– condanna il Banco di YYY s.p.a. e la Banca di ZZZ s.p.a., per quanto di rispettiva competenza, alla restituzione, in favore di XXX, della somma di euro 3.664,66, a titolo di interessi indebitamente pagati dal XXX, nonché al pagamento degli interessi nella misura legale dalla data della domanda al saldo;
– pone a carico delle convenute, in solido, la rifusione delle spese di lite in favore di XXX, che liquida in euro 2.738,00 per compensi professionali ed euro 264,00 per spese vive, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Oristano, 3.8.2022
Il Giudice Dott.
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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