La Corte di appello di Ancona rigettava l’appello proposto da XXX nei confronti di YYY Banca spa, avverso la decisione con cui il tribunale di Macerata lo aveva condannato al pagamento della somma di E.117.228,50, a titolo di risarcimento del danno causato dalla sua negligenza quale direttore della filiale di ***, per aver omesso di custodire, in un dossier relativo ad una società cliente (*** srl) copia dei documenti consacranti il contratto di prestito accordato e la fideiussione prestata, in tal modo impedendo alla banca di insinuarsi al passivo fallimentare della società, rimasta inadempiente rispetto alla restituzione del prestito accordato.
La corte di merito, confermando il tribunale, sulla base degli elementi istruttori e testimoniali acquisiti, aveva ritenuto sussistente la responsabilità del ricorrente, attesa la sua posizione, la responsabilità in vigilando che doveva esercitare, pur in assenza di una azione disciplinare promossa dalla banca.
Avverso detta decisione XXX proponeva ricorso per cassazione.
Il ricorrente lamentava di quanto statuito dalla corte territoriale circa l’indipendenza dell’azione disciplinare rispetto a quella risarcitoria.
In particolare, rilevava che pur non mettendosi in dubbio detta indipendenza, nel caso in esame alla iniziale contestazione non era seguito nessun provvedimento disciplinare.
Tale circostanza avrebbe dovuto far escludere la pretesa risarcitoria in quanto fondata sui medesimi fatti oggetto della contestazione mai giunta ad uno specifico addebito.
La Suprema Corte ha chiarito che la violazione degli obblighi di fedeltà e diligenza da parte di un dipendente comporta, oltre all’applicabilità di sanzioni disciplinari, anche l’insorgere del diritto al risarcimento dei danni e ciò tanto più nel caso in cui il medesimo, quale dirigente di un istituto di credito in rapporto di collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro, del quale è un “alter ego”, occupi una posizione di particolare responsabilità, collocandosi al vertice dell’organizzazione aziendale e svolgendo mansioni tali da improntare la vita dell’azienda (Cass.n.394/2009; Cass.n. 8702/2000; Cass. n. 2097/18).
L’esistenza di fatti accertati, anche se non censurati sotto il profilo disciplinare, può comunque determinare il diritto al risarcimento del danno provocato, poiché l’interesse perseguito dal datore di lavoro è costituito dal ripristino della situazione patrimoniale evidentemente lesa.
In tale prospettiva la scelta di non far conseguire provvedimenti disciplinari è legittimamente assunta dal datore di lavoro che non valuti sanzionabile la condotta.
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza n. 27940 del 4 ottobre 2023
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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