Con l’accezione “mora credendi” (mora del creditore), si intende quel comportamento imputabile al soggetto attivo di un rapporto obbligatorio, il creditore per l’appunto, il quale senza giustificato motivo, si rifiuti di ricevere il pagamento offertogli dal debitore oppure non compie quanto è necessario affinché lo stesso possa adempiere ad una obbligazione esistente. Affinché si possa […]
Con l’accezione “mora credendi” (mora del creditore), si intende quel comportamento imputabile al soggetto attivo di un rapporto obbligatorio, il creditore per l’appunto, il quale senza giustificato motivo, si rifiuti di ricevere il pagamento offertogli dal debitore oppure non compie quanto è necessario affinché lo stesso possa adempiere ad una obbligazione esistente. Affinché si possa parlare di mora credendi è necessario che il debitore abbia comunque formulato un’offerta di adempimento, corredata, per la sua validità ad una serie di requisiti; pertanto è necessario che l’offerta sia: a) formulata al creditore capace di ricevere o a chi ha la facoltà di ricevere per lui; b) formulata da persona che può validamente adempiere; c) che comprenda la totalità della somma o delle cose dovute, dei frutti o degli interessi e delle spese liquide, e una somma per le spese non liquide, con riserva di un supplemento, se è necessario; d) che il termine sia scaduto, se stipulato in favore del creditore; e) che si sia verificata la condizione dalla quale dipende l’obbligazione; f) fatta alla persona del creditore o nel suo domicili; g) fatta da un ufficiale pubblico a ciò autorizzato. Il debitore può subordinare l’offerta al consenso del creditore necessario per liberare i beni dalle garanzie reali o da altri vincoli che comunque ne limitano la disponibilità. Se l’obbligazione, cui è tenuto il soggetto passivo del rapporto, ha per oggetto danaro, titoli di credito, ovvero cose mobili da consegnare al domicilio del creditore, l’offerta deve essere reale, cioè la res debita, deve essere effettivamente essere messa a disposizione del creditore. Se si tratta invece di cose mobili da consegnare in luogo diverso, l’offerta consiste nell’intimazione al creditore di riceverle, fatta mediante atto a lui notificato nelle forme prescritte per gli atti di citazione. Quando il creditore è in mora, è a suo carico l’impossibilità della prestazione sopravvenuta per causa non imputabile al debitore; pertanto non sono più dovuti gli interessi né i frutti della cosa che non siano stati percepiti dal debitore. Il creditore è altresì tenuto a risarcire i danni derivati dalla sua mora e a sostenere le spese per la custodia e la conservazione della cosa dovuta. Gli effetti della mora si verificano dal giorno dell’offerta, se questa è successivamente dichiarata valida con sentenza passata in giudicato o se è accettata dal creditore. Se il creditore rifiuta di accettare l’offerta reale o non si presenta per ricevere le cose offertegli mediante intimazione, il debitore è legittimato ad eseguire il deposito e da questo momento è da ritenersi liberato, anche se non è più tenuto a ritirare in futuro il bene. Qualora le cose oggetto del rapporto obbligatorio non possono essere conservate o sono deteriorabili, oppure se le spese della loro custodia sono eccessive, il debitore, dopo l’offerta reale o l’intimazione di ritirarle, può farsi autorizzare a venderle nei modi stabiliti per le cose pignorate e a depositarne il prezzo. Per la validità del deposito è necessario: a) che sia stato preceduto da un’intimazione notificata al creditore e contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui la cosa offerta sarà depositata; b) che il debitore abbia consegnato la cosa, con gli interessi e i frutti dovuti fino al giorno dell’offerta, nel luogo indicato dalla legge o, in mancanza, dal giudice; c) che sia redatto dal pubblico ufficiale un processo verbale da cui risulti la natura delle cose offerte, il rifiuto di riceverle da parte del creditore o la sua mancata comparizione, e infine il fatto del deposito; d) che, in caso di non comparizione del creditore, il processo verbale di deposito gli sia notificato con l’invito a ritirare la cosa depositata. Il deposito che ha per oggetto somme di danaro può eseguirsi anche presso un istituto di credito. Il deposito non produce effetto se il debitore lo ritira prima che sia stato accettato dal creditore o prima che sia stato riconosciuto valido con sentenza passata in giudicato; se dopo l’accettazione del deposito o il passaggio in giudicato della sentenza che lo dichiara valido, il creditore consente che il debitore ritiri il deposito, egli non può più rivolgersi contro i condebitori e i fideiussori, né valersi dei privilegi, del pegno e delle ipoteche che garantivano il credito. Quando l’offerta reale e il deposito sono validi, le spese occorse sono a carico del creditore. Se deve essere consegnato un immobile, l’offerta consiste nell’intimazione al creditore di prenderne possesso. L’intimazione deve essere fatta nella forma prescritta dal secondo comma dell’art. 1209 del Codice Civile. Il debitore, dopo l’intimazione al creditore, può ottenere dal giudice la nomina di un sequestratario. In questo caso egli è liberato dal momento in cui ha consegnato al sequestratario la cosa dovuta; se invece la prestazione consiste in un fare, il creditore è costituito in mora mediante l’intimazione di ricevere la prestazione o di compiere gli atti che sono da parte sua necessari per renderla possibile.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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