REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI
Sezione Unica CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 870/2019 PUBBLICATA IL 07.11.2019
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. /2015 promossa da:
IMMOBILIARE X1 SRL (C.F.), con il patrocinio dell’Avv. CARMINE PAUL ALEXANDER TEDESCO, elettivamente domiciliato in VIA FRATELLI ADDABBO N. 11, BENEVENTO, presso il difensore Avv. CARMINE PAUL ALEXANDER TEDESCO ATTORE
CONTRO
X2 S.R.L. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X3 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X4 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X5 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X6 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X7 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X8 S.A.S. DI E C. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv.; elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X9 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X10 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X11 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X12 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X13 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X14 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X15 S.P.A. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv.; , elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X16 S.R.L. IN CONCORDATO PREVENTIVO (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. , elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X17 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X18 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X19 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X20 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X21 S.P.A. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X22 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X23 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X24 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X25 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X26 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X27 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X28 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X29 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X30 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X31 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X32 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X33 S.P.A. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X34 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X35 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X36 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
CONVENUTI
X37 (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X16 SRL IN CONCORDATO PREVENTIVO (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X38 S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X39 S.R.L. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X40 S.RL. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv.
X41 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
TERZO CHIAMATO
X42 SRL (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
X43 (C.F.), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
INTERVENUTI
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d’udienza.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
1. La Immobiliare X1 s.r.l. – premesso di essere utilizzatore, in forza di un contratto di leasing immobiliare stipulato con X38, dell’immobile occupato dall’hotel *** – conveniva dinanzi all’intestato Tribunale i condomini dell’edificio frontista, “condominio —”, per sentirli condannare al risarcimento del danno derivante dalla costruzione in violazione delle distanze prescritte dall’art. 9, comma 1, n. 2 del D.M. n. 1444/1968.
A fondamento della domanda, esponeva che, nel 2010 – ottenuto, all’esito di un complesso iter amministrativo, il titolo abilitativo edilizio – la X16 aveva iniziato la costruzione, previa demolizione, del complesso immobiliare sul lotto in viale tra viale e viale, confinante con l’hotel ***; che, nel corso della esecuzione delle opere, la X16 s.r.l. tamponava, con una costruzione in muratura, parte della parete perimetrale finestrata dell’hotel ***, esistente da tempo immemorabile sul lato nord, realizzando, in aderenza alla stessa una porzione del fabbricato del Condominio —.
2. Ritualmente costituitisi, i convenuti chiedevano il rigetto della domanda, eccependo la nullità della citazione per indeterminatezza della domanda; il difetto di procura al difensore nella copia notificata (convenuto X21); il mancato esperimento del tentativo di mediazione (convenuto X17); il difetto di giurisdizione del giudice ordinario; il difetto di legittimazione attiva dell’Immobiliare X1, in quanto mero utilizzatore, non proprietario del bene; il difetto di legittimazione passiva degli attuali proprietari, estranei all’edificazione illegittima; l’intervenuta prescrizione dell’azione risarcitoria.
Ancora, eccepivano che l’invocato art 9 non poteva trovare applicazione, per essere entrambe le pareti degli edifici frontisti prive di finestre, atteso che, già nel 2005, dunque ben prima che X16 iniziasse la costruzione del condominio —, la X38, proprietaria dell’hotel ***, aveva presentato domanda per il tamponamento del portico in origine esistente sul lato nord.
In via subordinata, per l’ipotesi di accoglimento della domanda dell’attore, i condomini (fatta eccezione per il solo X18) chiedevano (con riconvenzionale c.d. asimmetrica) di essere manlevati dal costruttore X16 (già convenuta in giudizio dall’attore, in quanto proprietaria di alcune unità immobiliari del condominio —), che aveva loro venduto le unità immobiliari costruite a distanza illegale.
A sua volta, X16 chiedeva di essere manlevata (esclusivamente in relazione alle somme che fosse stata condannata a pagare agli altri convenuti che la chiamavano in manleva, e non in relazione alle somme che fosse stata condannata a pagare all’attore) dall’arch. X37, progettista e direttore dei lavori di edificazione del condominio —.
Anche i condomini X29, X11, X31, X30, X6, X9, X26, X7, X5, X13, X35, X12, X36 chiedevano di essere manlevati dall’arch. X37, il quale, costituendosi, chiamava in garanzia la propria compagnia assicuratrice X43.
Si costituivano in giudizio X43 certificato, eccependo il difetto di legittimazione passiva, atteso che il X37 avrebbe stipulato la polizza con un soggetto diverso, precisamente X43 certificato, i quali intervenivano in giudizio per contestaree la domanda del X37.
I condomini X21 e X15 chiedevano, invece, di essere manlevati rispettivamente da X39 s.r.l. e X40 s.r.l., utilizzatori delle unità immobiliari in forza di contratto di leasing, che trasferiva loro tutti i rischi connessi alla cosa.
Gli utilizzatori, a loro volta, chiedevano di essere manlevati dal venditore X16. Interveniva in giudizio X42 s.r.l., quale utilizzatore in forza di contratto di leasing di una delle unità immobiliari del condominio —, chiedendo il rigetto della domanda, nonché di essere manlevato da X16.
I condomini X29, X11, X31, X30, X6, X9, X26, X7, X5, X13, X35, X12, X36 chiamavano in causa X38, quale proprietaria dell’immobile hotel ***, di cui l’attore è utilizzatore, chiedendo, in via subordinata, che venisse condannata a chiudere la parete finestrata dell’hotel ***.
Espletati gli incombenti istruttori, in particolare una consulenza tecnica in ordine all’effettiva sussistenza dell’inosservanza contestata, la causa era trattenuta in decisione sulle conclusioni sopra richiamate.
3. Prima di esaminare le molteplici eccezioni sollevate dai convenuti, appare utile una breve ricostruzione della disciplina in materia di distanze tra costruzioni, che rinviene il proprio referente codicistico nell’art. 873 c.c., a mente del quale le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non inferiore a tre metri, salva la possibilità che i regolamenti locali stabiliscano una distanza maggiore.
L’art. 872 c.c. tratteggia il sistema delle sanzioni per la violazione dei limiti legali alla proprietà, distinguendo, nell’ambito delle leggi speciali e dei regolamenti edilizi, le norme integrative delle disposizioni del codice civile sui rapporti di vicinato, dalle norme che, prive di portata integrativa o modificativa, tendono principalmente a soddisfare interessi diversi, come quelle in materia di igiene ed estetica edilizia.
In sostanza all’interno dell’insieme delle “regole da osservarsi nelle costruzioni” – cui fa riferimento l’art. 871 c.c. – occorre distinguere le disposizioni che hanno per oggetto la disciplina delle distanze tra le costruzioni, da quelle che tendono più genericamente alla tutela dell’igiene e dell’estetica in materia edilizia.
Le norme del primo tipo sono definite integrative della disciplina codicistica inerente i rapporti di vicinato, mentre tutte le altre norme, pur essendo genericamente richiamate dagli artt. 871 e 872 c.c., non sono integrative.
La distinzione riverbera in punto di disciplina, atteso che la violazione delle norme del primo tipo legittima chi ha subito il conseguente pregiudizio a richiedere, non solo il risarcimento del danno, ma anche l’eliminazione della situazione antigiuridica prodotta, attraverso la riduzione al pristino stato delle opere costruite a distanza illegale; mentre, in caso di violazione di norme del secondo tipo, il vicino danneggiato può chiedere soltanto il risarcimento del danno.
La giurisprudenza ha chiarito che l’azione conseguente alla violazione delle disposizioni del codice civile in tema di distanze o da questa richiamate e che ha per oggetto la riduzione in pristino, è di natura reale, potendosi assimilare all’actio negatoria servitutis; essa ha per oggetto l’eliminazione dello stato di cose venutosi a creare, senza che sia necessario dimostrare l’esistenza di un effettivo danno patrimoniale (Cass. 3024/1952) e legittimato passivo è sempre il proprietario della costruzione illegittima (così Cass 458/2016). L’azione risarcitoria, mirando al ristoro del pregiudizio patrimoniale, invece, è di natura personale e può essere esercitata da chi assume di aver subito un danno per effetto dell’attività edificatoria illecita.
4. Così delineato in estrema sintesi il sistema di tutele avverso l’attività edificatoria illecita – e posto che la doglianza relativa alla nullità della citazione per indeterminatezza della domanda è manifestamente infondata, essendo chiara la prospettazione dell’attore, che chiede il risarcimento del danno derivante dalla costruzione in violazione delle distanze legali – può procedersi all’esame delle plurime eccezioni sollevate dai convenuti.
5. In primo luogo, è infondata l’eccezione relativa alla mancanza della procura al difensore sulla copia notificata al convenuto, considerato, che essa non dà luogo a nullità, a meno che non si determini assoluta incertezza sull’identificazione della parte e del difensore, incertezza che, nella specie, è esclusa alla luce del chiaro tenore dell’atto, che richiama la procura rilasciata a margine dell’originale in favore dell’Avv. Tedesco (cfr. Cass. 11632/2003).
6. Pure infondata è l’eccezione relativa al mancato esperimento del procedimento di mediazione nei confronti della convenuta X17, atteso che, dal verbale del primo incontro di mediazione, risulta che alla predetta è stata inviata la raccomandata contenente l’invito a partecipare al procedimento, senza che la convenuta abbia offerto elementi utili a ritenere l’invalidità della citata comunicazione.
In ogni caso, va rilevato che, per quanto si dirà nel prosieguo, la presente controversia non verte in materia di diritti reali, ma ha ad oggetto un’ordinaria azione risarcitoria da lesione del diritto di credito dell’Immobiliare X1, utilizzatore del bene immobile concessole in leasing, con la conseguenza che l’esperimento del procedimento di mediazione non costituisce condizione di procedibilità del giudizio.
7. Si viene ad affrontare quella relativa al difetto di giurisdizione del G.O. in favore del G.A., al quale, a dire dei convenuti, dovrebbe essere devoluta la presente controversia, siccome riguardante la validità del provvedimento amministrativo che costituisce titolo abilitativo edilizio in favore della X16.
L’eccezione è infondata.
Come noto, a fronte delle doglianze del privato relative all’attività edificatoria illecita del vicino, la giurisprudenza distingue due situazioni: quella consistente nell’interesse legittimo del terzo al diniego e/o all’annullamento dell’autorizzazione edilizia, devoluta al giudice amministrativo, e l’altra, consistente nel diritto soggettivo del terzo, nei confronti del privato autorizzato dalla P.A. ad edificare, con la quale si fa valere la lesione di un interesse meritevole di tutela cagionato dalla materiale esecuzione dell’opera, devoluta al giudice ordinario. Alla luce di questi principi generali, opera la c.d. doppia tutela giurisdizionale avverso la violazione delle distanze tra costruzioni, nell’ambito della quale, indipendentemente dall’esercizio dell’azione davanti al giudice amministrativo per censurare l’esercizio del potere amministrativo sull’attività edificatoria, il vicino può domandare l’eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli dalla stessa derivanti, al giudice ordinario, che potrà conoscere incidentalmente del provvedimento (lato sensu) autorizzatorio della costruzione.
La giurisprudenza sul punto è costante sin da S.U. 673/1971: Nelle controversie relative al rispetto delle distanze legali tra costruzioni, la giurisdizione del giudice ordinario viene meno solo quando il privato impugni la legittimità della licenza edilizia, rilasciata ad altro privato, nei confronti della Pubblica Amministrazione, al fine di ottenere l’annullamento; se invece la controversia si svolge esclusivamente fra privati, uno dei quali pretenda la reintegrazione dei suoi diritti che assuma lesi dalla costruzione che l’altro ha eseguito in violazione di norme sulla edilizia, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, che accerterà, in via incidentale, la illegittimità della licenza edilizia non per revocarla o modificarla, ma solo per disapplicarla in quanto difforme a legge (più di recente si legga Cass. 12956/2014).
La presente controversia, dunque, vertendo in materia di danno da attività edificatoria illecita, senza che venga in questione la legittimità dei provvedimenti amministrativi che l’hanno autorizzata, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario.
8. Si viene ora ad affrontare l’eccezione relativa al difetto di legittimazione attiva della Immobiliare X1, in quanto mero utilizzatore, non proprietario, dell’immobile occupato dall’hotel ***.
L’eccezione è infondata.
Innanzitutto, appare utile descrivere la fattispecie negoziale del leasing nelle sue linee essenziali. Nella prassi degli affari, essa si presenta sotto molteplici forme e strutture, tutte sostanzialmente accomunate dalla causa di finanziamento dell’operazione economica che sta alla base del congegno negoziale: il concedente, dietro il pagamento di interessi, consente all’utilizzatore di godere di un bene, transitoriamente o in vista del definitivo acquisto, con pagamento rateale o differito del prezzo, a garanzia del quale si pone la perdurante proprietà dello stesso in capo al concedente.
Come noto, si distingue il leasing di godimento, col quale le parti trasferiscono il godimento di un bene la cui utilità si esaurisce tendenzialmente in un tempo coincidente con la durata del rapporto, che risulta assimilabile ad una locazione finanziaria, dal leasing traslativo, che ha la precipua funzione di trasferire la proprietà di un bene che conserva un apprezzabile valore economico al momento della cessazione del rapporto, sicché la volontà delle parti è ab origine rivolta alla realizzazione dell’effetto traslativo (che appare il naturale esito della vicenda contrattuale, stante l’assoluta convenienza economica dell’acquisto per l’utilizzatore), rispetto al quale la concessione in godimento è meramente strumentale.
Orbene, nella specie, si è con tutta evidenza in presenza di un leasing traslativo, avuto riguardo al valore del bene al momento della cessazione del rapporto, all’entità del prezzo di riscatto e dei singoli canoni di locazione, che comprendono inequivocabilmente, non solo un compenso per il godimento del bene, ma anche un anticipo del pagamento del prezzo.
Le ridondanze della predetta ripartizione in punto di disciplina sono molteplici e, per quel che qui interessa, inducono ad accostare la fattispecie del leasing traslativo a quella della vendita con riserva della proprietà (così Cass. 21895/2017).
Tale ultima figura viene generalmente ricondotta nell’alveo delle vendite obbligatorie (sebbene autorevole dottrina preferisca parlare di vendita con effetto traslativo differito, ma comunque automatico, in quanto non mediato da una specifica obbligazione del venditore), nelle quali la produzione dell’effetto traslativo, pur sempre riconducibile al consenso delle parti manifestato in unico atto (e non rimessa ad un successivo negozio traslativo, proprio dello schema romanistico), viene differita al momento dell’integrale versamento del prezzo.
Per questa via, si realizza una situazione peculiare, nella quale la proprietà resta (a garanzia dell’obbligazione di pagamento del prezzo) in capo al venditore e, tuttavia, vi è la consegna immediata del bene all’acquirente, cui sono anche trasferiti immediatamente i rischi, elementi questi che valgono ad introdurre una tendenza alla realità anche nella posizione di quest’ultimo. In effetti, sebbene nel nostro ordinamento non sia concepibile una pluralità di situazioni proprietarie su di un medesimo bene, è la stessa relazione al codice civile che riconosce in capo all’acquirente “un contenuto patrimoniale del diritto di proprietà”, che parrebbe compendiarsi in un diritto di godimento caratterizzato dall’inerenza al bene e opponibile a terzi, unitamente ad un’aspettativa di acquisto della proprietà, che consegue automaticamente al pagamento dell’ultima rata di prezzo e che risulta anch’essa opponibile a creditori e aventi causa dell’alienante.
A fronte di questo peculiare atteggiarsi del dominio, occorre ricostruire specificamente la posizione delle parti del contratto, individuando gli strumenti di tutela azionabili rispettivamente dal concedente e dall’utilizzatore.
Innanzitutto, logico corollario della perdurante proprietà del bene in capo all’alienante è che solo a costui sono riservate le azioni petitorie (si legga, in ordine alla rivendica, Cass 7399/1986), pur potendosi registrare opinioni contrarie in dottrina.
All’acquirente spettano, invece – oltre alle azioni nei confronti del concedente – le azioni nei confronti di terzi a tutela del godimento e dell’aspettativa di acquisto, azioni che parrebbero iscriversi nell’alveo della tutela aquiliana, la quale, come noto, spetta in relazione alla lesione di qualsiasi interesse meritevole di tutela, e non solo del diritto di proprietà.
Ciò permesso sul piano della teoria generale e venendo al caso di specie, occorre indagare la legittimazione attiva dell’utilizzatore rispetto alle azioni di cui all’art. 872 c.c., che qui vengono in rilievo.
Come anticipato, la norma articola il sistema sanzionatorio dell’attività edificatoria illecita in una duplice tutela: quella reale, attraverso la quale si chiede la riduzione in pristino dell’opera costruita a distanza illegale, e quella personale, con la quale chi assume di aver subito un danno per effetto della costruzione in violazione delle distanze legali, ne domanda il ristoro.
Mentre la prima azione, qualificabile come azione petitoria, è indefettibilmente riservata al proprietario, la seconda, in ossequio ai principi generali che governano la responsabilità aquiliana, spetta a chiunque dimostri di aver subito la lesione di un interesse meritevole di tutela, che, ovviamente non deve necessariamente identificarsi con la proprietà, e ne domandi il ristoro.
Orbene, nella specie, l’azione esercitata dalla immobiliare X1 deve all’evidenza qualificarsi, non già come azione petitoria, bensì come un’ordinaria azione di danno, di natura personale, considerato, per un verso, che viene richiesta la sola tutela risarcitoria, e non la riduzione in pristino della costruzione a distanza illegale e, per l’altro, che viene dedotto il danno derivante dall’attività edificatoria illecita, in termini di diminuzione di amenità, comodità, tranquillità e visuale, effetti pregiudizievoli suscettibili di valutazione patrimoniale, che si compendiano nell’indebita limitazione delle facoltà di godimento del bene concesso in leasing e nel deprezzamento del bene in vista del suo definitivo acquisto da parte dell’utilizzatore.
L’utilizzatore del bene in leasing che agisce ai sensi dell’art. 2043 c.c. fa valere la lesione di una situazione giuridica soggettiva complessa (danno-evento), che non si identifica con il diritto di proprietà, né con il mero potere materiale sulla cosa, di cui egli ha la disponibilità quale detentore qualificato, bensì con il diritto di credito derivante dalla sua posizione contrattuale articolata nella duplice dimensione del godimento e dell’aspettativa di acquisto, entrambi opponibili a terzi.
La precisazione appare di estrema rilevanza in quanto il mero detentore di cosa altrui, danneggiata dal fatto illecito del terzo, è legittimato a domandare il risarcimento solo se dimostri, da un lato, la sussistenza di un titolo in virtù del quale è obbligato a tenere indenne il proprietario, e, dall’altro, che l’obbligazione scaturente da quel titolo sia stata già adempiuta, in modo da evitare che il terzo proprietario possa pretendere anche egli di essere risarcito dal danneggiante” (Cass. 26 ottobre 2009 n. 22602).
In caso di danneggiamento della cosa concessa in leasing, invece, la legittimazione all’azione risarcitoria deve essere riconosciuta all’utilizzatore e non al concedente, rispetto al quale il danneggiamento (o il perimento) della cosa è reso indifferente dalle clausole contrattuali che trasferiscono i relativi rischi al primo, invariabilmente obbligato al pagamento dei canoni (come nella specie espressamente previsto dall’art. 4 del contratto).
Si legga Cass. S.U. 19785/2015 riguardante specificamente la pretesa risarcitoria relativa ai vizi della cosa (che l’utilizzatore può far valere nei confronti del fornitore, il quale deve in ogni caso considerarsi terzo rispetto al contratto), nonché più in generale Cass. 534/2011, secondo cui “Qualora sia stata danneggiata una cosa (mobile o immobile) concessa in “leasing”, la legittimazione ad agire per il risarcimento dei danni patiti compete all’utilizzatore, qualora questi sia tenuto alla manutenzione ordinaria e straordinaria della cosa stessa e al medesimo, al momento della conclusione del contratto e del trasferimento del possesso della res, gli siano stati trasferiti tutti i rischi di questa”.
Ne deriva che la Immobiliare X1 s.r.l. deve ritenersi legittimata all’azione ex art. 2043 c.c. per il risarcimento del danno (da lesione del credito) cagionato, dall’attività edificatoria illecita, alla propria posizione contrattuale complessa, articolata nel diritto di godimento e nell’aspettativa qualificata di acquisto.
Né assume rilievo in contrario la circostanza che l’attrice abbia affittato l’azienda hotel *** alla <<< s.r.l., atteso che – questa sì – deve qualificarsi come mero detentore di cosa altrui, il quale, come anticipato, non è legittimato (salvo che provi di aver tenuto indenne il proprietario) a far valere il danno derivato alla cosa stessa, danno che, lo si ripete, si produce nella sfera giuridica soggettiva dell’utilizzatore, in quanto titolare di un c.d. dominio utile, ovvero di un diritto avente il contenuto patrimoniale della proprietà, che egli ben può esercitare, anche concedendo ad un terzo l’uso della cosa, senza per ciò solo perderne la disponibilità giuridica.
9. Parimenti infondata è l’eccezione di difetto di legittimazione passiva degli attuali proprietari dell’immobile costruito in violazione delle distanze legali.
Assumono costoro di essere del tutto estranei all’attività edificatoria illegittima, realizzata dal costruttore X16, unico autore materiale dell’illecito contestato, chiamato a risponderne in via esclusiva ai sensi dell’art. 2043 c.c. in applicazione dei criteri di imputazione soggettiva ivi previsti.
La soluzione della questione impone di richiamare, ancora una volta, il sistema sanzionatorio articolato dall’art. 872 c.c., nella duplice tutela reale e personale.
Mentre è pacifico che, in relazione alla prima – rivolta alla riduzione in pristino, mediante l’abbattimento della costruzione, o della parte di essa che viola la distanza legale – sussista la legittimazione dell’attuale proprietario della costruzione, quand’anche diverso dal soggetto che l’ha realizzata, più problematico appare stabilire se l’azione ordinaria di danno possa essere esperita nei confronti dell’attuale proprietario, che non abbia partecipato all’attività edificatoria illecita.
Si è occupata della questione Cass. 6078/1990, la quale ha ritenuto, in primo luogo, che – riferendosi l’azione reale e l’azione personale alla medesima fattispecie di attività edificatoria illegale – sarebbe irragionevole riconoscere la legittimazione passiva dell’attuale proprietario in un caso, negandola nell’altro e, in secondo luogo che, trattandosi di illecito permanente, che continua a produrre un danno al vicino, l’individuazione dei soggetti coinvolti, sia dal lato attivo che da quello passivo, non possa che farsi con riferimento all’attualità.
Il danno, in altri termini, non si consuma e non si esaurisce nel momento della costruzione, ma continua a prodursi nel tempo finché dura la situazione di illiceità che ne è la causa, la quale, dunque, può trovarsi ora in capo ad un soggetto ora in capo ad un altro, ovvero al proprietario del bene, al quale solo, peraltro, spetta il potere di eliminare la situazione fonte di responsabilità.
In conclusione, la sentenza ha condivisibilmente affermato il carattere ambulatorio dell’obbligazione risarcitoria, che compete in via esclusiva all’attuale proprietario e non al costruttore, il quale sarebbe tenuto a risarcire le conseguenze di una perdurante situazione obiettivamente dannosa, senza avere più il potere di rimuoverla (così testualmente: “l’azione di risarcimento del danno, prevista dall’art. 872 c.c. come unico rimedio per colui che ha subito danno in conseguenza della violazione delle norme di edilizia e di ornato pubblico che non concernano le distanze legali, al pari dell’azione risarcitoria ed a quella di riduzione in pristino concesse in tema di violazione delle distanze nelle costruzioni, si ricollega ad un’obbligazione propter rem e va, di conseguenza, proposta nei confronti dell’attuale proprietario dell’edificio, che si trova in obbiettiva situazione di lesione del diritto del vicino, indipendentemente dal fatto che l’edificio stesso sia stato in precedenza realizzato da altri”).
Facendo applicazione dei principi sin qui esposti al caso di specie, si ritiene che la legittimazione passiva spetti in via esclusiva agli attuali proprietari dell’immobile costruito a distanza illegale, tra i quali vi è anche la X16, convenuta in quanto proprietaria di tre unità immobiliari del Condominio —.
Il condomino X8 s.a.s. eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto titolare di un’unità immobiliare non prospiciente l’edificio occupato dall’hotel *** e, dunque, non interessata dalla violazione contestata.
L’eccezione è infondata, dovendosi ritenere che la sussistenza di irregolarità riguardanti le parti comuni e le parti di proprietà solitaria legittimi ad agire e a resistere alternativamente il condominio e i singoli condomini, stante l’unitarietà del vizio dell’edificio condominiale, complessivamente costruito a distanza illegale e degli interventi di riduzione al pristino stato, eventualmente conseguenti al vittorioso esperimento della domanda del vicino, senza possibilità di distinguere le porzioni di proprietà dei singoli condomini dalle parti comuni (valga il richiamo alle considerazioni espresse da Cass. 2436/2018 che, sebbene resa in tema di vizi della cosa, chiarisce efficacemente come l’unitarietà dell’edificio condominiale si rifletta, in ambito processuale, nella descritta legittimazione alternativa).
10. Ancora infondata è l’eccezione di prescrizione, atteso che, qualificata la violazione delle distanze legali nelle costruzioni come illecito permanente, la decorrenza del termine di prescrizione si rinnova di momento in momento, avendo inizio da ciascun giorno rispetto al fatto già verificatosi ed al corrispondente diritto al risarcimento (in questo senso, Cass. 685/1982).
11. Rigettate le eccezioni dei convenuti, si viene ad esaminare la domanda svolta dall’Immobiliare X1, che, come anticipato, chiede il risarcimento del danno derivante dalla lesione della sua posizione di utilizzatore dell’immobile occupato dall’hotel *** in conseguenza dalla costruzione del condominio — in violazione della distanza prevista dall’art. 9 D.M. 1444 del 2 aprile 1968 tra edifici frontisti di cui anche solo uno presenti pareti finestrate.
Come noto, l’art. 9 del citato decreto fissa in dieci metri la distanza minima tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.
La previsione, stante la sua assolutezza ed inderogabilità, risultante da fonte primaria (segnatamente l’art. 41 quinquies della Legge 17 agosto 1942 n. 1150, su delega della quale il decreto è stato emanato), sovraordinata rispetto agli strumenti urbanistici, comporta che, nel caso di esistenza, sul confine tra due fondi, di un fabbricato avente il muro perimetrale finestrato, il proprietario dell’area confinante che voglia, a sua volta, realizzare una costruzione sul suo terreno deve mantenere il proprio edificio ad almeno dieci metri dal muro altrui, con esclusione, nel caso considerato, di possibilità di esercizio della facoltà di costruire in aderenza (esercitabile soltanto nell’ipotesi di inesistenza sul confine di finestre altrui) e senza alcuna deroga, neppure per il caso in cui la nuova costruzione realizzata nel mancato rispetto di essa sia destinata ad essere mantenuta ad una quota inferiore a quella dalle finestre antistanti e a distanza dalla soglia di queste conforme alle previsioni dell’art. 907, comma terzo, cod. civ. e così pure dal confine (così Cass 145/2006; per l’inderogabilità da parte di strumenti urbanistici, che il giudice è tenuto a disapplicare in favore del citato articolo, che diviene, per effetto di inserzione automatica, parte integrante del Regolamento con esso contrastante, si legga Cass 23483/2018).
La norma è applicabile a qualsiasi nuova costruzione, ovvero a qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità e di immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata.
Va ulteriormente precisato che si considera nuova costruzione, come tale assoggettata ai limiti citati, la ricostruzione di un precedente edificio, nel caso in cui essa importi una modifica strutturale che esuli dalla sagoma e dall’ingombro planivolumetrico preesistenti (così Cass. 21578/2011).
12. Ciò detto e venendo al caso di specie, giova ripercorrere le risultanze della ctu, espletata per verificare l’effettiva sussistenza della violazione contestata.
Quanto alla situazione originaria, ovvero precedente all’intervento edilizio della X16, il ctu incaricato ha rilevato che:
– i due fabbricati (Hotel *** e fabbricato esistente sull’area di pertinenza del Condominio —), in parte, risultavano costruiti in aderenza (per un fronte limitato privo di finestre da entrambe le parti), e, in parte, si fronteggiavano ad una distanza inferiore a cinque metri;
– la parete lato nord dell’hotel *** presentava le caratteristiche tipologiche e funzionali [di una] parete finestrata (Permesso di Costruire n. /2008 del ; variante al P.d.C. /2007).
Quanto all’intervento edilizio realizzato da X16, il ctu ha accertato trattarsi di nuova costruzione, rilevando che:
– esso non si è tradotto nell’esatto ripristino del fabbricato demolito, ma si denota per una modifica delle originarie dimensioni, della superficie occupata, della sagoma di ingombro oltre che della volumetria;
– esso ha comportato una diversa collocazione sul lotto di pertinenza e una diversa configurazione volumetrica (sagoma); una diversa conformazione; una variazione volumetrica e della superficie inizialmente occupata dall’originaria sagoma.
Quanto alla situazione attuale conseguente al predetto intervento, il ctu ha accertato che:
– la costruzione realizzata da X16 S.r.l. non può considerarsi alla distanza prevista dal D.M. 1444/68 e dal vigente regolamento comunale non essendo rispettata la distanza di 10 m tra pareti finestrate, in plurime porzioni indicate nell’elaborato peritale (a mero titolo esemplificativo, porzione di immobile individuata con la lettera “A” nell’allegato 1; porzione di immobile individuata con la lettera “B” nell’allegato 1). Va precisato che le conclusioni del ctu sul punto non sono specificamente contestate dai convenuti, le cui osservazioni investono sostanzialmente due profili.
Il primo è quello relativo alla successione dei titoli edilizi relativi all’hotel *** e al condominio —.
A dire dei convenuti, al tempo dell’edificazione di quest’ultimo, era già stato eseguito il tamponamento della parete finestrata del primo.
L’obiezione è stata efficacemente smentita dal ctu, il quale ha chiarito come, in realtà, all’epoca dell’edificazione del condominio —, l’hotel *** presentasse una parete finestrata, il cui tamponamento era solo previsto, ma non ancora realizzato. Il permesso di Costruire n. /2007 del dell’hotel *** riporta, nella tavola dello “Stato di fatto”, la presenza del porticato, il cui tamponamento era previsto nella tavola di progetto “Piante e conteggi” come opera in progetto, dunque, all’evidenza, non ancora realizzata al momento dell’esecuzione dei lavori da parte di X16 S.r.l.
La presenza del portico (parete finestrata) è confermata dalla documentazione fotografica trasmessa da X16 S.r.l. al comune di Riccione in data e acquisita al protocollo con il n., che dà contezza della presenza (al momento dell’inizio dei lavori da parte di X16 S.r.l.) di un porticato (completato alla sommità da un reticolo di travi) e da un muretto basso che consentiva l’affaccio sulla proprietà finitima.
Ora – posto che il rispetto delle norme in materia di costruzioni e distanze legali deve, ovviamente, verificarsi con riguardo all’effettivo stato di fatto degli edifici frontisti – risulta del tutto irrilevante ai fini della decisione la mera previsione di realizzare il tamponamento della parete finestrata dell’hotel ***, atteso che l’opera non è mai stata realizzata (e poi è stata definitivamente rinunciata con la D.I.A. n. /2011 prot. n. del ).
Il secondo dei profili investiti dalle osservazioni dei cc.tt.pp. dei convenuti riguarda la stessa parete finestrata, che i predetti assumono non essere mai stata autorizzata dal Comune. Anche tale rilievo è stato efficacemente smentito dal c.t.u., il quale ha accertato come la parete finestrata sia rappresentata nell’elaborato grafico di condono e nei successivi titoli edilizi (P.d.C. n. /2007 del e successive varianti) che ne confermano la regolarità approvata dal Comune di Riccione.
L’argomento che i convenuti mirano ad introdurre, in ogni caso, non merita seguito, essendo riconosciuta la legittimazione ad ottenere il risarcimento del danno derivante dall’attività edificatoria illegittima, anche a chi abbia a sua volta violato le norme in materia di distanze legali, non essendo applicabili alla materia i principi propri dei rapporti bilaterali riconducibili alla regola inadimplenti non est adimplendum (in questo senso Cass. 160/1973).
13. Orbene, alla luce delle chiare risultanze della consulenza, deve ritenersi effettivamente sussistente l’illecito contestato, atteso che l’intervento edilizio realizzato da X16 per l’edificazione del Condominio —, da qualificarsi come nuova costruzione, è avvenuto in violazione della previsione di cui al citato art. 9 per le distanze tra edifici frontisti con pareti finestrate, quale era quella sul lato nord dell’hotel ***.
Ne deriva, ovviamente, il rigetto della domanda riconvenzionale, con la quale i condomini X29, X11, X31, X30, X6, X9, X26, X7, X5, X13, X35, X12, X36, nonché l’intervenuto X42 s.r.l. chiedevano la condanna di X38 alla chiusura delle aperture della parete finestrata dell’hotel ***.
14. L’accertata violazione delle distanze legali deve ritenersi di per sé produttiva di danno. In argomento, Cass. 21501/2018 ha chiarito che il danno (-conseguenza) subito in caso di costruzione a distanza illegale, comportante l’indebita imposizione di una servitù sul fondo del vicino, deve ritenersi “in re ipsa”, senza necessità di approfondimenti istruttori, essendo l’effetto automatico della limitazione delle facoltà tipiche del proprietario.
Il precedente richiamato è stato reso in materia di lesione della proprietà per effetto dell’illecito comportamento del vicino; tuttavia, le considerazioni ivi svolte possono essere trasposte nel caso di lesione del diritto dell’utilizzatore del bene in leasing, atteso che costui, per le motivazioni sopra esposte, è titolare di un dominio utile, ovvero di una posizione contrattuale complessa che si articolata nel diritto di godimento e nell’aspettativa qualificata di acquisto, avente il contenuto patrimoniale della proprietà.
È l’utilizzatore del bene ad esercitare le facoltà tipiche della proprietà della cosa e a sopportare i rischi ad essa connessi, sicché è in capo a costui che si produce il danno derivante dall’illegittima imposizione di un peso sul bene, con conseguente deprezzamento commerciale del fabbricato in concreto danneggiato in termini di diminuzione di visuale, esposizione, luce, aria, sole e amenità in genere, e compressione del relativo godimento.
15. Per quanto concerne la quantificazione di tale pregiudizio, Cass. 12630/2019 ammette con larghezza la liquidazione equitativa, con adozione, a parametro, di una percentuale del valore reddituale del bene.
Nella specie, il ctu, prendendo a base il valore complessivo del fabbricato, ha calcolato il minor valore delle porzioni in concreto interessate dall’attività edificatoria illegittima e ha indicato il danno subito da parte attrice nella complessiva somma di euro 401.875,86.
L’impatto negativo sulle singole porzioni dell’Hotel *** è stato calcolato salendo dal piano terra al piano sottotetto, con progressiva riduzione della percentuale di incidenza in termini di diminuzione di amenità, comodità e tranquillità, che va dal 50% per la superficie porticata immediatamente a contatto con la costruzione finitima, al 25% per il primo piano, al 20% per il secondo piano e al 15% per il piano sottotetto, ove l’influenza negativa è via via attenuata; per i locali posti a piano terra (destinati a cucina, zona pranzo e disimpegno) le influenze negative, in considerazione della destinazione d’uso dei locali, sono state graduate al ribasso (30%) rispetto al coefficiente adottato per il portico.
Le conclusioni del ctu meritano senz’altro di essere recepite, in quanto ampiamente e congruamente motivate, con riferimento sia alla stima dell’intero complesso immobiliare, sia alla limitazione del pregiudizio alle sole porzioni che prospettano sul condominio —.
Non possono invece essere condivise le osservazioni dell’attore, che pretenderebbe di determinare il danno avendo riguardo, per un verso, all’intero edificio e non solo alle porzioni effettivamente “danneggiate” dalla costruzione del condominio —, e, per l’altro, al vantaggio conseguito da quest’ultimo per effetto dell’attività edificatoria illegittima.
In relazione ad entrambi i profili, è sufficiente osservare che si deve risarcire il dannoconseguenza effettivamente patito dall’attore, sicché, in primo luogo, la relativa stima non può estendersi alla parte interrata dell’Hotel *** e alle porzioni di fabbricato che non prospettano sul Condominio —, non avendo esse subito una diminuzione di valore; in secondo luogo, non può tenersi conto del vantaggio conseguito dal vicino per effetto dell’attività edificatoria illegittima, criterio che, seppure adottato dalla risalente giurisprudenza richiamata dall’attore (Cass. 2207/1984), non appare conforme al principio di integralità del risarcimento, alla stregua del quale esso deve comprendere tutti i pregiudizi patiti dal danneggiato e nulla più di questo.
La domanda della Immobiliare X1 va, dunque, accolta, con conseguente condanna dei condomini convenuti, quali comproprietari dell’edificio complessivamente costruito a distanza illegale, al risarcimento del danno così cagionato, nella misura di euro 401.875,86.
16. A questo punto, debbono essere esaminate le domande di manleva svolte dai predetti condomini nei confronti del loro dante causa, X16, della quale viene invocata la responsabilità per inadempimento del contratto di compravendita stipulato con ciascuno di essi, inadempimento consistito nell’aver venduto un bene costruito a distanza illegale. Le domande sono infondate.
Preliminarmente, giova rammentare che, nella vendita, il sistema dei rimedi avverso le violazioni del contratto generalmente intese si atteggia in maniera peculiare, essendo profondamente influenzato dalla natura di contratto ad effetti reali e dalla conseguente applicazione del principio del consenso traslativo.
Posto che la proprietà si trasferisce dall’alienante all’acquirente per effetto del semplice consenso, manifestato al momento della stipulazione del contratto, nella vendita, diviene centrale, non tanto il contegno successivo del debitore (rilevante ai limitati fini dell’adempimento delle obbligazioni accessorie assunte con il contratto), quanto piuttosto l’obiettiva inattuazione o l’imperfetta attuazione del risultato traslativo programmato, in ragione di anomalie preesistenti alla stipulazione.
Ne deriva che le violazioni della lex contractus vengono sanzionate nell’ambito di un sistema di responsabilità (comunque contrattuale, ma) connotato da elementi di specialità, in quanto rivolto a rimediare, non già al contegno inadempiente successivo alla stipulazione, quanto piuttosto alla mancata realizzazione dell’effetto traslativo sul piano oggettivo.
Coerentemente, tale sistema risulta incentrato non già sull’obbligazione in senso tecnico, ma sul dispositivo della garanzia, che il venditore è tenuto a prestare in favore del compratore per l’ipotesi di evizione o di vizi della cosa venduta, quali anomalie dell’effetto traslativo, necessariamente anteriori alla sua produzione.
Ciò premesso in estrema sintesi in tema di garanzie edilizie, va osservato come la giurisprudenza sia costante nel ricondurre alla relativa disciplina le ipotesi di compravendita di un bene costruito in violazione delle distanze legali.
L’actio negatoria esperita dal vicino, infatti, si traduce in un fatto evizionale o di evizione qualitativa, a seconda che comporti o meno la perdita del bene. In argomento, si legga Cass. 23818/2012 secondo cui In tema di compravendita, qualora l’immobile venduto risulti costruito in violazione delle limitazioni legali della proprietà, la pretesa del proprietario del fondo confinante, diretta a ottenere il rispetto di tali limitazioni, può concretare un’ipotesi riconducibile, alternativamente, alla garanzia per evizione, ai sensi degli artt. 1483 e 1484 cod. civ., ovvero alla garanzia prevista dall’art. 1489 cod. civ., secondo che dall’accoglimento della domanda derivi, in tutto o in parte, la perdita della cosa venduta (nella specie, a seguito della totale o parziale demolizione dell’edificio costruito a distanza illegale), ovvero discenda soltanto una restrizione del godimento del bene, il quale resti, però, integro nella sua identità strutturale. (nonché più specificamente Cass 1346 del 08/04/1977 Nel caso di vendita di immobile costruito in violazione di limitazioni legali della proprieta – e, in particolare, dei limiti relativi alle distanze legali – il compratore puo essere costretto, secondo la specifica domanda del proprietario del fondo contiguo, o alla demolizione, totale o parziale, della costruzione acquistata, o ad una restrizione del godimento di essa (es a seguito di avversa actio negatoria servitutis), o al risarcimento dei danni che la costruzione stessa ha arrecato al vicino. Nella prima ipotesi sono applicabili le norme in tema di evizione, nelle altre quelle in tema di vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi.).
Occorre, dunque, analizzare più nello specifico le garanzie che vengono in questione nel caso di vendita di un bene costruito a distanza illegale previste dagli artt. 1483 e 1489 c.c., che disciplinano rispettivamente l’evizione e l’evizione c.d. qualitativa.
La prima norma prevede che se il compratore subisce l’evizione totale della cosa per effetto di diritti che un terzo ha fatto valere su di essa, il venditore è tenuto a risarcirlo.
La seconda prevede, invece, che, se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione o la riduzione del prezzo, salvo il risarcimento del danno.
In quest’ultimo caso, la tutela del compratore è limitata agli oneri non apparenti e non dichiarati che diminuiscono il godimento del bene, sicché il compratore che, al momento del contratto sia a conoscenza dell’onere, non può valersi del rimedio, presumendosi che se ne sia accollato le conseguenze, mentre non gli è preclusa (nel caso in cui l’onere o la limitazione conducano alla perdita del bene) la tutela evizionale, che prescinde dalla sua buona fede (così Cass. 5369/1987).
Ricostruisce la differenza tra le due azioni Cass. 3196/1973 “la garanzia per evizione (artt 1483, 1484 cod civ) e quella per l’esistenza di oneri o diritti reali o personali di terzi sulla cosa venduta (art 1489 cod civ), si differenziano, oltre che per i distinti presupposti su cui si fondano, anche per la diversa disciplina delle relative azioni: invero, nel caso di evizione totale o parziale la responsabilita del venditore non e esclusa dal semplice fatto che al compratore fosse nota l’esistenza del diritto del terzo sulla cosa ed il conseguente pericolo di evizione e sussiste sempre per il venditore – salvo il caso di vendita convenuta a rischio e pericolo del compratore (art 1488 cod civ) – l’obbligo di restituire il prezzo pagato e di rimborsare le spese, anche se sia stata pattuita l’esclusione dalla garanzia; nell’ipotesi prevista dall’art 1489 cod civ, invece, l’esperibilita dell’azione e subordinata alla condizione che la denunciata limitazione qualitativa del diritto acquistato derivi dall’esistenza di diritti od oneri non apparenti o non dichiarati nel contratto e non altrimenti noti al compratore.
Dunque, nel caso di garanzie edilizie per la vendita di bene costruito a distanza illegale, l’art. 1483 c.c. risulterà applicabile nel caso di evizione a seguito della totale o parziale demolizione dell’edificio richiesta dal vicino, mentre, in tutti gli altri casi, la fattispecie risulterà attratta nell’orbita dell’art. 1489 c.c., che, appunto, presuppone la buona fede del compratore.
Costui potrà valersi della garanzia soltanto se provi di aver senza colpa ignorato l’onere, che poteva qualificarsi come non apparente e non era stato dichiarato dal venditore, potendosi in mancanza presumere che egli se ne sia accollato le conseguenze. In termini, Cass. . 2947 del 02/08/1975, secondo cui Nell’ipotesi di vendita di cosa gravata da oneri o da diritti apparenti del terzo, spetta al compratore, che agisca per evizione cosiddetta qualitativa – art 1489 cod civ – l’Onere di provare la propria ignoranza incolpevole. (la S C ha fatto applicazione di tale principio in una specie in cui, trattandosi di una terrazza che consentiva l’affaccio nel fondo vicino di una distanza inferiore a quella legale, risultava evidente che il proprietario di tale fondo avrebbe potuto pretendere l’eliminazione di tale stato di fatto, ammesso che esso fosse giustificato da una servitu a favore del fondo stesso; e ne ha tratto la conseguenza che, a seguito della eliminazione della veduta, l’acquirente, per agire in rivalsa verso il venditore, avrebbe avuto l’Onere di fornire la prova di avere ritenuto senza colpa che esistesse un titolo d’acquisto di quella servitu e che, quindi, la veduta fosse legittima.
Va ulteriormente precisato che gli oneri imposti nell’interesse pubblico da atti normativi di carattere generale non possono considerarsi oneri non apparenti e il compratore non può opporre al venditore di averli senza colpa ignorati.
In questo senso, tra le molte, Cass 21582/2019 Il diritto reale d’uso di aree destinate a parcheggio, quale limite legale della proprietà del bene, deriva da norme imperative assistite, come tali, da una presunzione legale di conoscenza da parte dei destinatari, sì che il vincolo da esse imposto non può legittimamente qualificarsi come onere non apparente gravante sull’immobile secondo la previsione dell’art. 1489 c.c. e non è, conseguentemente, invocabile dal compratore come fonte di responsabilità del venditore che non lo abbia dichiarato nel contratto.
Secondo altra opinione, al fine di stabilire se l’onere possa considerarsi o meno apparente nel senso di cui all’art. 1489 c.c., dovrebbe farsi riferimento, non già alla fonte da cui promana, ma al criterio della normalità della limitazione che grava sulla cosa, in relazione alla categoria cui essa appartiene, nel senso che nessuna garanzia è dovuta se la limitazione rientra tra quelle che normalmente gravano sulla cosa.
Facendo applicazione dei principi sin qui esposti al caso di specie, non può che concludersi per il rigetto della domanda di manleva svolta dai condomini convenuti per il risarcimento del danno nei confronti del venditore.
Non essendo stata richiesta la demolizione del fabbricato costruito a distanza illegale, ma solo il risarcimento del danno, la fattispecie risulta attratta sotto l’egida dell’art. 1489 c.c., con la conseguenza che spettava al compratore dimostrare di aver senza colpa ignorato gli oneri e le limitazioni derivanti dalle norme in tema di distanze legali tra le costruzioni.
E con tutta evidenza i condomini non hanno fornito tale prova, considerato anche che la relativa disciplina – oltre ad imporre una normale limitazione alle facoltà edificatorie, inerenti i rapporti di vicinato – deriva da norme imperative assistite da presunzione di conoscenza da parte dei consociati, potendosi conseguentemente presumere che i condomini, ben conoscendo la portata della violazione, se ne siano accollati le conseguenze, non potendo poi invocarla quale fonte della responsabilità del venditore, nei confronti del quale la domanda deve, dunque essere rigettata.
17. Le medesime ragioni fondano il rigetto della domanda di manleva svolta dai condomini nei confronti dell’arch. X37 progettista e direttore dei lavori.
18. Il rigetto delle domande di manleva nei confronti della X16, poi, determina l’assorbimento della domanda di manleva da quest’ultima svolta nei confronti dell’arch. X37, atteso che tale ultima domanda riguardava esclusivamente le somme che la X16 fosse stata tenuta a pagare agli altri condomini, suoi aventi causa.
La X16 non ha, invece, richiesto di essere tenuta indenne dalle somme che fosse stata tenuta a corrispondere all’attore, in qualità di proprietaria delle unità immobiliari del condominio —, sicché non si pone in radice la questione di indagare i profili di responsabilità contrattuale del X37 nei confronti del costruttore, ciò che consente, altresì, di ritenere assorbita la pretesa avanzata da quest’ultimo nei confronti della propria compagnia assicuratrice.
19. Occorre ora affrontare la domanda svolta da X21 e X15, rispettivamente nei confronti di X39 e X40, utilizzatori, in forza di contratto di leasing delle unità immobiliari del condominio —.
Come sopra argomentato, nel leasing, l’utilizzatore è titolare di una posizione contrattuale assimilabile, dal punto di vista del contenuto patrimoniale, alla proprietà. La causa di finanziamento, che la fattispecie rivela, sottende la scissione tra rischi finanziari e rischi operativi, che sono immediatamente trasferiti all’utilizzatore, il quale si obbliga invariabilmente a pagare i canoni e a manlevare il concedente da tutte le obbligazioni nascenti dalla proprietà della cosa.
Coerentemente, nei contrati di leasing stipulati rispettivamente tra X21 e X39, da una parte, e X15 e X40, dall’altra, è espressamente previsto il trasferimento di tutti i rischi, gli oneri anche nei confronti di terzi e più in generale di tutte le conseguenze pregiudizievoli derivanti anche indirettamente dalla cosa.
S’impone, pertanto la condanna di X39 s.r.l. e X40 s.rl. a tenere indenne il concedente da quanto sia tenuto a pagare per effetto della presente sentenza a titolo di risarcimento del danno cagionato al vicino.
20. Conclusivamente, s’impone la condanna di tutti i condomini convenuti, in solido tra loro, a corrispondere in favore dell’Immobiliare X1 la complessiva somma di euro 401.875,86, nonché la condanna di X39 s.r.l. e X40 s.rl. a tenere indenni rispettivamente X21 e X15 da quanto sono tenuti a pagare in favore dell’attore per effetto della presente sentenza.
S’impone, altresì, il rigetto delle domande di manleva nei confronti del costruttore (con assorbimento della domanda di manleva da costui svolta nei confronti del X37) e dell’arch. X37, con assorbimento della domanda da costui svolta nei confronti della propria compagnia assicuratrice e delle connesse questioni di legittimazione di X41, sollevate anche dall’interveniente X43.
21. Quanto, infine, al governo delle spese di lite, esse sono regolate in dispositivo secondo il criterio della soccombenza, in considerazione dell’attività processuale effettivamente svolta e della complessità delle questioni affrontate specificamente da ciascuna parte (in relazione alle domande svolte in suo confronto) e in applicazione dei parametri di cui al DM 55/2014 e successive modifiche.
Conseguentemente, tutti i condomini sono tenuti, in solido tra loro, all’integrale rifusione delle spese sostenute da parte attrice; i condomini – fatta eccezione per X18 (che non ha chiesto di essere manlevato) e per X16 (la cui domanda nei confronti del X37 deve ritenersi assorbita, atteso che era stata svolta esclusivamente per il caso dell’accoglimento della domanda di manleva svolta dai condomini in suo confronto) – e gli utilizzatori X40 s.r.l. e X39 s.r.l. sono tenuti in solido tra loro a rifondere le spese sostenute da X16, nei confronti della quale sono soccombenti in ordine alla domanda di manleva, e dal X37, alla chiamata del quale hanno dato luogo, chiedendo di essere tenuti indenni dalla X16.
Quanto alle spese sostenute da X41, quegli assicuratori del rischio assunto col certificato, che il X37 ha erroneamente chiamato in causa, in luogo degli assicuratori che hanno effettivamente assunto il rischio, esse vanno poste a carico del X37.
Quanto, invece, alle spese sostenute dalla X43 certificato, che è spontaneamente intervenuta in giudizio, per sollevare la questione afferente la legittimazione della compagnia assicuratrice, esse vanno poste a carico dei condomini – fatta eccezione per X18 (che non ha chiesto di essere manlevato) e per X16 – nonché degli utilizzatori X40, X39, che – chiedendo di essere tenuti indenni da X16 – hanno dato luogo alla chiamata in manleva del X37 e, conseguentemente, della compagnia assicuratrice.
I convenuti X29, X11, X31, X30, X6, X9, X26, X7, X5, X13, X35, X12, X36, nonché l’intervenuto X42 s.r.l. sono tenuti a rifondere le spese sostenute da X38 che hanno chiamato in causa; gli utilizzatori X40, X39 sono tenuti a rifondere le spese sostenute rispettivamente da X15 e X21 nei confronti dei quali sono soccombenti.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione disattesa o assorbita, così provvede:
1. Condanna tutti i condomini convenuti, in via solidale tra loro, al pagamento in favore di parte attrice della complessiva somma di euro 401.875,86, oltre interessi al tasso legale dalla presente sentenza al saldo;
2. Condanna gli utilizzatori X39 s.r.l. e X40 s.r.l. a tenere indenni rispettivamente X21 e X15 di quanto sono tenuti a pagare per effetto della presente sentenza;
3. Rigetta tutte le domande di manleva svolte nei confronti di X16;
4. Rigetta le domande svolte dai condomini X29, X11, X31, X30, X6, X9, X26, X7, X5, X13, X35, X12, X36 nei confronti dell’arch. X37;
5. Dichiara assorbita la domanda di X16 nei confronti dell’arch X37 e la domanda di quest’ultimo nei confronti della compagnia assicuratrice;
6. Rigetta la domanda svolta dai condomini X29, X11, X31, X30, X6, X9, X26, X7, X5, X13, X35, X12, X36 e da X42 s.r.l. nei confronti di X38;
7. Condanna tutti i condomini convenuti, in via solidale tra loro, alla rifusione delle spese sostenute da parte attrice, con distrazione in favore del procuratore Tedesco, dichiaratosene antistatario, che liquida in euro 30.000,00, oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15 %, iva e cpa;
8. Condanna i condomini – fatta eccezione per X18 – X40 s.r.l. e X39 s.r.l., in solido tra loro, a rifondere le spese sostenute da X16, che liquida in euro
21.387,00 oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15 %, iva e cpa;
9. Condanna i condomini – fatta eccezione per X18 e per X16 –
X40 s.r.l. e X39 s.r.l., in solido tra loro, a rifondere le spese sostenute da X37, che liquida in euro 21.387,00 oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15 %, iva e cpa;
10. Condanna X37 a rifondere le spese sostenute da quegli X41 certificato, che liquida in euro 10.000,00 oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15 %, iva e cpa;
11. Condanna tutti i condomini – fatta eccezione per X18 e per X16 – nonché gli utilizzatori X40, X39 a rifondere le spese sostenute da X43 certificato, che liquida in euro 7.000,00 oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15 %, iva e cpa;
12. Condanna i convenuti X29, X11, X31, X30, X6, X9, X26, X7, X5, X13, X35, X12, X36, nonché l’intervenuto X42 s.r.l. a rifondere le spese sostenute da X38 che liquida in euro 5.000,00 oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15 %, iva e cpa;
13. Condanna gli utilizzatori X40 s.r.l. e X39 s.rl. a rifondere le spese sostenute rispettivamente da X15 e X21, che liquida in euro 15.000,00 per ciascuna parte, oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15 %, iva e cpa;
14. Pone le spese di CTU, liquidate con separato decreto, definitivamente a carico di tutti i condomini e degli utilizzatori, in via solidale tra loro e, nei rapporti interni, in pari misura tra di loro, fatta eccezione per X15 e X21.
Rimini, 6 novembre 2019
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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