REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di ROMA SETTIMA SEZIONE CIVILE
nella persona del giudice monocratico, dott., ha emesso la seguente
SENTENZA n. 23872/2019 pubblicata il 12/12/2019
nella causa civile di primo grado iscritta al n. R.G.A.C. dell’anno 2018, trattenuta in decisione all’udienza del 3/10/2019 con la concessione di termine abbreviato per il deposito delle comparse conclusionali, fino al 31/10/2019, e per il deposito delle memorie di replica fino al 20/11/2019, vertente
TRA
XXX SRL, YYY, ZZZ,
KKK, con il patrocinio dell’Avv., elettivamente domiciliati in presso il difensore
ATTORI
E
DITTA INDIVIDUALE JJJ, con il patrocinio dell’Avv., elettivamente domiciliata in presso il difensore
CONVENUTO
HHH ASSICURAZIONI S.P.A. , con il patrocinio dell’Avv., elettivamente domiciliata in presso il difensore
TERZO CHIAMATO
OGGETTO: danni ad immobile destinato ad attività commerciale
CONCLUSIONI: come da verbale dell’udienza del 3/10/2019
RAGIONI DELLA DECISIONE IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con atto di citazione notificato alla controparte, la società XXX s.r.l. e i Sig.ri YYY, ZZZ e KKK hanno chiesto che la convenuta ditta individuale JJJ, accertata la sua responsabilità per i fatti di causa e riconosciuto il diritto di essi attori al risarcimento dei danni subiti, sia condannata ad eseguire i lavori indicati dal CTU in sede di ATP nonché a corrispondere alla società la somma di € 246.112,50 o altra ritenuta di giustizia, con interessi, e agli altri attori la somma di € 13.887,50 o quella diversa ritenuta di giustizia ovvero in subordine a corrispondere alla società le somme determinate nella perizia di ATP, oltre, in ogni caso, al rimborso delle spese per il CTU e per i CTP e le spese processuali di quel procedimento e della presente causa.
A sostegno delle domande gli attori hanno dedotto: – che nella notte fra il 19 e il 20 ottobre 2016 i locali magazzino condotti in locazione dalla società, di proprietà dei Sig.ri YYY, ZZZ e KKK nonché della Sig.a *** hanno subito un allagamento dovuto ad infiltrazioni provenienti dal soffitto, a loro volta causate da una prolungata perdita di acqua, nottetempo, dalla cassetta di scarico del bagno del Bar di JJJ, sovrastante i locali; – che le compagnie assicuratrici hanno aperto le pratiche di risarcimento, ma senza esito; – che una successiva perdita d’acqua dal medesimo Bar si verificava il 13 marzo 2017 e poi il 13 luglio seguente avvenivano ulteriori infiltrazioni causate da una caduta di birra sempre all’interno del Bar; – che i danneggiati hanno promosso accertamento tecnico preventivo, producendo perizie sui danni, e il CTU ha riscontrato e quantificato i danni, ha individuato le opere da eseguire per eliminarne le cause, ha accertato le responsabilità del Bar; – che essi attori non hanno ancora ricevuto alcun risarcimento; – che la Sig.a *** è frattanto deceduta, lasciando quali unici eredi i
Sig.ri ZZZ e KKK; – che il CTU ha sottostimato l’entità effettiva dei danni.
La Ditta individuale JJJ, costituita, preliminarmente ha eccepito la mancata mediazione ante causam e ha richiesto autorizzazione a chiamare la sua compagnia di assicurazione per eventuale manleva in caso di condanna; nel merito ha chiesto il rigetto delle domande degli attori, per inammissibilità, infondatezza, mancanza di prova.
La convenuta ha dedotto: – che il CTU di ATP non ha avuto possibilità di accertare la cause dei fenomeni infiltrativi lamentati da parte attrice, giacché questi si sarebbero originati in tre diversi eventi del tutto indimostrabili, né il nesso di causalità, né la merce che si sarebbe effettivamente rovinata, ma ha proceduto con una valutazione astratta; – di aver eseguito, dopo l’infiltrazione del 10/3/2017, una puntuale revisione della distribuzione idrica a vista presente sotto le pedane dei banchi bar al fine di prevenire nuove infiltrazioni nei locali sottostanti, eliminando così la causa del danno, e da allora non vi sono state più perdite dai suddetti impianti; – che la parziale impermeabilizzazione del solaio di calpestio del Bar, indicata dal CTU, non sarebbe idonea ad eliminare la (potenziale) causa di nuove infiltrazioni; – che bisogna distinguere le aree danneggiate dalle infiltrazioni da quelle che potrebbero avere con ogni probabilità intonaci in via di distacco solamente perché vetusti o per altri fattori non compatibili con le infiltrazioni in questione; – che la valutazione del magazzino di parte attrice nel corso degli anni è stata effettuata in maniera poco attendibile e non è coerente con l’andamento della gestione; – che parte attrice chiede il risarcimento di beni già oggetto di una precedente richiesta di risarcimento danni nei confronti di altro soggetto giuridico, il Bar.
La HHH Assicurazioni S.p.A., costituita, ha chiesto il rigetto di qualunque domanda nei suoi confronti, per infondatezza, inammissibilità, mancanza di prova o, comunque, il rigetto della domanda di manleva, per inoperatività della polizza assicurativa; in subordine, ha chiesto che l’ammontare del risarcimento sia limitato al danno effettivamente provato e in nesso di causalità con la sola condotta della Ditta assicurata, secondo le pattuizioni e i limiti del contratto assicurativo, detratti lo scoperto e/o la franchigia. La Società ha dedotto: – che la Ditta assicurata ha violato gli obblighi contrattuali relativamente alla produzione della documentazione necessaria per l’accertamento del sinistro, con riguardo al primo e al secondo evento, e per il terzo evento ha omesso la denuncia alla compagnia assicuratrice; – che la polizza copre i danni conseguenti a rottura accidentale, mentre nel caso di specie difetta l’accidentalità e altresì la prova che si sia trattato di rottura di impianti; – che restano comunque fuori della garanzia i danni determinati o favoriti da difetti strutturali dell’immobile, non ascrivibili al conduttore, o cagionati da umidità o stillicidio o quelli a condutture ed impianti sotterranei; – che è prevista una franchigia di € 150,00; – che il CTU non ha potuto accertare le cause dei fenomeni infiltrativi, soprattutto in relazione al secondo e al terzo evento; – che la parte convenuta non può rispondere dei danni ad essa non ascrivibili e segnatamente di quelli riconducibili alla non corretta tenuta del locale di parte attrice, alla mancata adozione di interventi tempestivi per salvaguardare la merce e ad eventi anteriori all’inizio della gestione del Bar da parte del convenuto; – che il quantum della pretesa risarcitoria è eccessivo e non provato; – che parte attrice non ha diritto ad essere ristorata delle spese per CTU e CTP.
Dopo il deposito delle memorie ex art. 183, sesto comma, c.p.c. è stata respinta l’istanza di parte attrice di emissione di ordinanza ex art. 186-ter c.p.c. e quella di parte convenuta ex art. 89 c.p.c., per le rispettive ragioni espresse nell’ordinanza del 22/8/2019. Con il medesimo provvedimento si è deciso di non ammettere la prova per interpello e gli ordini di esibizione di cui alle istanze di parte convenuta e di parte chiamata, di non dover disporre rinnovazione o integrazione della CTU di ATP ed invece di acquisire gli atti di quest’ultimo; è stata infine ritenuta infondata l’eccezione di mancata mediazione formulata dalla parte convenuta, data la natura risarcitoria delle domande. La causa è stata, quindi, rinviata direttamente per la precisazione delle conclusioni e poi trattenuta in decisione, con assegnazione di termini abbreviati per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
2. Occorrono, preliminarmente, alcune considerazioni di carattere processuale.
Data l’insussistenza di una soggettività giuridica dell’impresa individuale distinta da quella della persona fisica dell’imprenditore (cfr. Cass. n. 19735/2014, n. 21714/2013, n. 12757/2007), la cessazione della Ditta individuale JJJ in pendenza di causa, resa nota dalla parte convenuta con apposita nota successivamente alla prima udienza di comparizione, non ha comportato alcun effetto interruttivo sul processo, contrariamente a quanto dedotto da HHH Assicurazioni nella memoria n. 2.
Sotto altro profilo, la donazione dal JJJ al figlio (***) dell’azienda inerente il Bar soprastante i magazzini della XXX s.r.l., rilevata dalla parte attrice nella memoria n. 1, non elide la responsabilità del donante per gli eventi dannosi oggetto di causa, accaduti quando egli era titolare dell’impresa e gestore dell’azienda (in quanto responsabilità extracontrattuale, ex art. 2051 c.c., basata, stando all’impostazione attorea, sulla mera derivazione di danni da res custodite dal convenuto, in disparte ogni considerazione, non pertinente a questa sede, sugli effetti della sentenza in relazione al suddetto trasferimento dell’azienda).
Diversamente da come eccepito da HHH Assicurazioni nella memoria n. 2, non è ravvisabile una mutatio libelli nella memoria n. 1 di parte attrice. In questo atto la parte ha introdotto soltanto precisazioni/integrazioni quantitative delle domande già espresse nell’atto di citazione, con riguardo all’ammontare del risarcimento per il mancato utilizzo dei locali e per il ripristino degli stessi, nonché con riferimento alla domanda subordinata. Neppure l’indicazione, come destinatario della condanna, del Sig. JJJ invece che della Ditta individuale JJJ concretizza una mutatio, stante la sopra ricordata identità soggettiva fra l’imprenditore e l’impresa individuale di cui egli è titolare. Va, inoltre, rammentato che i più recenti orientamenti del giudice di legittimità ritengono ammissibili sino alla memoria n.1 ben altre modificazioni delle domande delle parti attrici, purché – come nel caso di specie – la domanda modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, non sia aggiuntiva, ma sostitutiva o alternativa, rispetto a quella iniziale e non determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte o l’allungamento dei tempi processuali (cfr. Cass. S.U. n. 12310/2015, Cass. n. 22404/2018).
3. Le domande di parte attrice possono essere accolte, nei limiti e per le ragioni di seguito precisate.
3.1 Deve considerarsi provata la verificazione degli eventi infiltrativi dannosi dedotti dagli attori. Su di essi non vi è stata una contestazione negatoria della parte convenuta. Quest’ultima ha messo in dubbio che il CTU di ATP abbia potuto accertare la cause dei fenomeni infiltrativi e il nesso di causalità fra questi e i danni lamentati da parte attrice, ma al contempo non ha escluso che si sia effettivamente verificata una pluralità di eventi problematici («il Consulente Tecnico non avrebbe avuta alcuna possibilità di accertare la causa dei fenomeni infiltrativi in quanto, come stessa controparte asserisce, le infiltrazioni troverebbero la loro origine in tre diverse fattispecie del tutto indimostrabili allo stato attuale») ed ha reso, anzi, nella comparsa di costituzione osservazioni di carattere sostanzialmente e significativamente confessorio della verificazione di infiltrazioni dannose derivanti dall’esercizio commerciale da essa gestito: ha dichiarato di aver eseguito, dopo l’infiltrazione del 10/3/2017, una puntuale revisione della distribuzione idrica sotto le pedane dei banchi del Bar al fine di prevenire nuove infiltrazioni nei locali sottostanti, eliminando così la causa del danno, e che da allora non vi sono state più perdite dai suddetti impianti; ha osservato che la parziale impermeabilizzazione del solaio di calpestio del Bar, indicata dal CTU, non sarebbe idonea ad eliminare la (potenziale) causa di nuove infiltrazioni; ha rilevato che occorre distinguere le aree danneggiate dalle infiltrazioni da quelle che potrebbero avere con ogni probabilità intonaci in via di distacco solamente perché vetusti o per altri fattori non compatibili con le infiltrazioni in questione.
3.2 La parte convenuta, piuttosto, ha contestato l’attendibilità dei dati sulla consistenza del magazzino di parte attrice e ha lamentato che il CTU abbia compiuto una valutazione astratta dei danni, senza in realtà accertare la merce che risulti indiscutibilmente danneggiata dai fenomeni infiltrativi.
Ma la perizia di ATP, contrariamente a tale assunto, è stata espressione di un lavoro estremamente attento ed accurato, attraverso il quale il CTU è riuscito a coniugare due esigenze problematiche e non convergenti: non disperdere gli accertamenti in un’impossibile e troppo onerosa verifica di ogni singolo esemplare delle migliaia di beni esposti alle infiltrazioni; non accreditare una stima dei danni ipotetica e non correlata alla posizione e alle caratteristiche dei locali interessati, alla sussistenza di altri fattori dannogeni, ai fenomeni di bagnamento concretamente avvenuti, alla dislocazione della merce, alle sue modalità di confezionamento, commercializzazione, conservazione.
3.3 Premessa un’analitica descrizione e rappresentazione, anche fotografica, dei luoghi, il CTU (v. relazione, pp. 19-37): – ha individuato l’area dei magazzini XXX interessata dagli eventi infiltrativi e l’area corrispondente nel soprastante Bar di parte convenuta, che coincide con il bagno e con la zona impianti; – ha constatato che l’area dei magazzini di interesse per la causa ha ricevuto un intervento di messa in sicurezza nel marzo 2017 e ancora si presenta protetta e sostenuta dal tavolato in legno, con puntelli metallici tubolari, rilevando che «le armature inferiori di diversi travetti di solaio sono corrose in profondità, con scaglie di ruggine soggette al distacco per l’intera sezione. Tali armature non possono più venir considerate collaboranti ai fini della resistenza; pertanto quei travetti risultano, in pratica, attualmente privi di armatura», con conseguente necessità di provvedere ad «un intervento di riparazione e consolidamento locale del solaio, per il ripristino della funzione portante dei travetti interessati, con progetto di intervento locale da depositarsi al Genio Civile» (relazione, pp. 21, 22); – ha riscontrato ammaloramenti sul soffitto nei locali magazzino anche in altre aree, per infiltrazioni tuttavia pregresse ed estranee a quelle oggetto di causa, e comunque l’area maggiormente degradata e ammalorata (per umidità e ruggine) è risultata quella sottostante il bagno ed il retro bancone del Bar; – ha verificato, tramite prova di allagamento, che il bocchettone posto a pavimento nell’area magazzino interessata dagli eventi «risulta praticamente ostruito e non consente lo smaltimento di eventuali liquidi che si riversino a terra» (p. 23), desumendone che in occasione delle infiltrazioni le merci poste al livello inferiore, oltre ad essere bagnate dall’alto, sono rimaste anche parzialmente attinte dall’innalzamento del livello dell’acqua; – ha ravvisato nel locale Bar l’opportunità di sostituire la tubazione di scarico del water; – ha osservato che l’area interessata dalle infiltrazioni, pur potendo aver subito alcune limitazioni nell’attività lavorativa, non è rimasta tuttavia inutilizzata, constatando nel corso dei sopralluoghi che essa «veniva comunque utilizzata dal personale della XXX per le normali attività lavorative (prelievo e ricollocazione pezzi)» (p. 33); – ha confermato che le infiltrazioni hanno avuto origine dai locali del Bar, indicando come evento principale quello avvenuto nella notte fra il 19 ed il 20 ottobre 2016, dovuto alla rottura di un flessibile dell’acqua diretta nel bagno; – ha ritenuto che l’area infiltrata presenti un degrado/ammaloramento che «non è riconducibile unicamente agli ultimi episodi (quelli lamentati in Giudizio), bensì ad una prolungata e persistente umidità: questa risulta altamente compatibile con la presenza, appena sopra, del locale wc e dell’area impianti idrici e macchine del bar, incluse alcune tubazioni all’interno del solaio» (pp. 36, 37).
3.4 In ordine alle conseguenze, il perito ha individuato (pp. 38 e ss.): i) i danni materiali, alle strutture e alle opere murarie, determinando i lavori di ripristino da svolgere, con i relativi costi, compresi quelli accessori (per prestazioni professionali), nonché l’indennizzo per la parziale fruizione del magazzino; ii) i danni alla merce, in termini di danno emergente per deterioramento della stessa, lucro cessante per mancata vendita, nonché costi per l’inventario delle merci danneggiate.
Le cause di tali danni sono state individuate (p. 38): – nelle criticità afferenti al Bar soprastante, alcune (quelle relative agli eventi oggetto di causa) riferibili strettamente alla gestione del convenuto, altre (umidità derivante dagli impianti) risalenti a tempo più ampio; – nel difficoltoso deflusso dell’acqua tramite il bocchettone dei magazzini della XXX s.r.l.. È stata, inoltre, considerata la sussistenza di degrado/vetustà sul soffitto dei magazzini non ascrivibile, in parte, agli eventi in questione.
3.5 Per l’eliminazione della cause riferibili al Bar, il perito ha indicato interventi di verifica e di impermeabilizzazione degli impianti, dei macchinari e dell’area ad essi retrostante, nonché di rifacimento del bagno, dettagliandoli con un computo metrico (pp. 49-50, 54, 55).
All’udienza di precisazione delle conclusioni, tuttavia, la parte attrice ha dato atto dell’avvenuta esecuzione di lavori nei locali soprastanti, contrapponendo concettualmente tale fatto all’inerzia mantenuta per il resto. Questa precisazione, unitamente al fatto che gli scritti conclusionali della parte medesima non contengono alcun riferimento ai lavori nei locali Bar, dedicandosi integralmente alle tematiche di carattere risarcitorio, induce a ravvisare sulla predetta questione un venir meno dell’interesse sostanziale della parte e una sopravvenuta cessazione della materia del contendere.
3.6 Come danni materiali, soggetti ad opere di ripristino, il CTU (pp. 51-54, 56-62) ha individuato il degrado/ammaloramento e la perdita di capacità portante del solaio nella parte del magazzino investita dagli eventi infiltrativi oggetto di causa, sottostante il Bar, indicando il tipo di lavorazioni da eseguire, dettagliandole in computo metrico ed applicando ai relativi costi un coefficiente di riduzione per tener conto della vetustà e del degrado dei locali non ascrivibili agli eventi.
Può essere condivisibile l’applicazione del suddetto coefficiente, per non trascurare una componente – per così dire – naturale di invecchiamento delle strutture.
Non appare, invece, recepibile l’opzione del CTU per un’attribuzione al convenuto del restante ammontare di costi/danni soltanto in parte. Invero, dalla stessa analisi del perito ed in particolare dal confronto fra l’area oggetto degli eventi di causa e le altre aree dei magazzini si ricava che le condizioni di ammaloramento e di indebolimento statico del solaio, nella parte che qui interessa, sono dovute in maniera determinante proprio agli eventi in questione. Per altro verso, inoltre, seppure altri fattori, pregressi e/o diversi, avessero dato un contributo causale, si tratterebbe, sul piano giuridico, di un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale solidale ex art. 2055 c.c., a fronte della quale il convenuto nel presente giudizio dovrebbe comunque rispondere per intero nei confronti della parte attrice.
L’analisi del CTU, tolto il suddetto profilo, sconfinante con tematiche giuridiche, si presente rigorosa, congruamente argomentata e linearmente riferita e dalle parti controinteressate non sono venute contestazioni all’elaborazione del perito in grado di confutare le sue valutazioni tecniche sulle opere da compiersi e sui relativi costi. La parte attrice ha formulato istanza risarcitoria per equivalente monetario, non chiedendo l’esecuzione dei lavori nei propri magazzini direttamente a cura di controparte. L’ammontare dei suddetti costi, ridotti tramite coefficiente di vetustà, è pari ad € 12.625 (€ 13.600,00 – € 975,00, v. p. 62); vanno aggiunti gli oneri professionali per le prestazioni relative alla progettazione, allo svolgimento e al collaudo, quantificati in € 5.600,00 (p. 65); per il periodo di durata dei lavori, pari ad un mese solare, il CTU ha stimato (p. 66) un indennizzo parametrato ad un valore locativo mensile di € 2.000,00.
3.7 In merito ai danni alla merce, il CTU (pp. 68-82) ha seguito un criterio logico-tecnico funzionale, come già prima osservato, a contemperare l’impossibilità di una ricognizione “pezzo per pezzo” e l’esigenza di concretezza della stima.
Ai fini della stima del danno da deterioramento, il perito ha tenuto conto di specifiche circostanze, come da lui stesso riferito:
«1) i ripiani più alti degli scaffali hanno in parte protetto le merci sottostanti, tanto meno investite dall’acqua, quanto più basso era il loro livello;
2) le merci al livello più basso, poste o a livello del pavimento o appena al di sopra, hanno subìto una sommersione, almeno parziale, a causa dell’innalzamento del livello dell’acqua. Come già precisato, tuttavia, l’acqua è salita di livello all’interno del magazzino, in occasione della prima infiltrazione (20.10.2016), anche a causa della pressoché completa ostruzione del bocchettone di scarico a servizio dell’area (cfr. par.2.5): il maggior danneggiamento delle merci al livello inferiore, non potrà pertanto venir invocato dal Ricorrente per formare il monte-danni, giacché dovuto a disfunzione di un elemento del proprio magazzino che, se regolarmente manutenuto e funzionante, avrebbe evitato la risalita dell’acqua;
3) diverse tipologie di pezzi sono contenute in involucri in pvc flessibile chiuso (buste e bustine), tutt’oggi integri e sigillati. Questi hanno pertanto protetto il materiale all’interno;
4) molti pezzi sono conservati in scatole di cartone (della casa produttrice), che non presentano danni da infiltrazione;
5) altri elementi, pur entro scatole di cartone macchiate dalle infiltrazioni, sono rimasti integri ed efficienti: questi, sebbene non commerciabili come pezzi nuovi singoli, hanno tuttavia completa efficienza di utilizzo ed un valore percentualmente ridotto, ma non azzerato, qualora già in precedenza sussistente (elementi c.d. ‘ricondizionabili’);
6) diversi elementi hanno una complessità meccanica molto bassa e/o materiali non intaccabili dalla ruggine. Pertanto, quand’anche attualmente macchiati, se ripuliti tornerebbero come nuovi.»
A fronte della notevole quantità di prodotti, insuscettibili, come già osservato, di una valutazione individuale, e della pluralità di circostanze incidenti, in un senso o in un altro, sulla loro conservazione o sul loro deterioramento e, quindi, sul mantenimento o sulla diminuzione/perdita di valore, il CTU ha ragionevolmente proceduto (pp. 39-45) secondo una logica matematica, applicata, però, su basi concrete: attraverso esami a campione dei prodotti svolti nei vari sopralluoghi ha osservato diversi stati di (migliore o peggiore) conservazione o di (minore o maggiore) deterioramento; ha poi determinato diversi coefficienti di danneggiamento (cD,i) in funzione delle varie circostanze rilevanti ed in particolare dell’ubicazione del bene, del tipo di involucro e del tipo di “pezzo”; ne ha ricavato un coefficiente di danneggiamento complessivo (cD), che, applicato al valore delle merci in assenza di danni (Vo = Σi vo,i) fa pervenire al computo della perdita di valore (ΔV = cD Vo). Il perito ha proseguito con il calcolo dell’entità percentuale della perdita rispetto al prezzo di acquisto e a quello di vendita; ha applicato un coefficiente correttivo per dare espressione al sopraggiunto degrado di alcuni prodotti per la ruggine dovuta al trascorrere del tempo; non ha, invece, computato il maggior degrado dei beni dislocati nei livelli più bassi degli scaffali, ritenendo che su tale più intenso deterioramento abbia inciso la scarsa capacità di deflusso dell’acqua dovuta ad un fattore causale – l’otturazione del bocchettone a pavimento – ascrivibile non al convenuto, ma alla parte attrice.
Per dare l’idea della puntualità logico-matematica ed argomentativa dell’elaborazione peritale, è utile riportare uno stralcio della relazione (pp. 42-44):
«I valori cD,i stimati con valutazioni tratte dai ripetuti sopralluoghi, sono stati inseriti in quadro che riporta gli importi relativi ai pezzi, costo di acquisto e costo di vendita (all.3.2), ottenendo una stima approssimata della perdita effettiva. Il rapporto fra i suddetti valori, per la perdita riscontrata in situ e quella limite corrispondente ad un danneggiamento totale di tutti i pezzi (cD = 100%), ha così fornito una equa stima del danneggiamento percentuale globale medio: cD [%] = 100 (I valori cD,i stimati con valutazioni tratte dai ripetuti sopralluoghi, sono stati inseriti in quadro che riporta gli importi relativi ai pezzi, costo di acquisto e costo di vendita (all.3.2), ottenendo una stima approssimata della perdita effettiva.
Il rapporto fra i suddetti valori, per la perdita riscontrata in situ e quella limite corrispondente ad un danneggiamento totale di tutti i pezzi (cD = 100%), ha così fornito una equa stima del danneggiamento percentuale globale medio:
cD [%] = 100 (Σi cD,i vi,o / Σi vi,o)
Inserendo i valori di cD,i stimati nel precedente quadro, si è ottenuto un valore per il danneggiamento globale medio cD [%]:
– con riferimento al prezzo di acquisto → cD,A ≈ 26.27 %
– con riferimento al prezzo di vendita → cD,V ≈ 27.17 %
La perdita di valore per i pezzi presenti nel magazzino viene riferita al prezzo di acquisto, ossia: cD ≡cD,A. I valori riportati sono ovviamente affetti da un margine di approssimazione insito nella stima dei coefficienti cD,i .
Il sottoscritto ritiene equo ‘correggere’ tale percentuale, applicando un coefficiente correttivo ΔcD (> 0, quindi maggiorativo), dovuto al degrado di alcune confezioni per la ruggine sugli scaffali, sopraggiunta con il tempo. Tale ammaloramento ‘sopraggiunto’, può interessare, al più, alcune confezioni poste al livello più basso di ogni ripiano: dal momento che si sono stimate presenti dalle 4 alle 8 confezioni presenti su ogni ‘pila’ all’interno del singolo scaffale, considerando una media di 6 confezioni in altezza su ogni ripiano, il danneggiamento per sopraggiunto progressivo degrado degli involucri può aver interessato al massimo una aliquota pari ad 1/6 (= 16.7%) delle merci.
Dall’esame diretto dei luoghi emerge, che tale fenomeno può riguardare solo gli involucri in cartoncino (o comunque in ‘sopraggiunto’ delle confezioni pari a ΔcD- = + 0.167 x 0.50 + 0.083
ΔcD+ = + 0.167 x 0.60 + 0.100 da cui in definitiva:
cD- = 26.27% x (1 + 0.083) = 28.45 % cD+ = 26.27% x (1 + 0.100) = 28.89 %
cD 28.67 %
(indice di danneggiamento medio, a causa delle infiltrazioni, della merce dell’area ‘M2’ del magazzino)
Subentrano nella corretta stima del danno per la Ricorrente, riferibile al danneggiamento della merce dell’area ‘M2’ del magazzino, anche fattori relativi alla perdita di valore della merce per vetustà (→ obsolescenza), che incidono non sul coeff. cD, ma sul fattore Vo: essi sono tuttavia di natura commerciale/contabile e verranno trattati nella specifica sezione (capp.6/7), cui si rinvia.
Riguardo il danno da infiltrazione, si deve anche rilevare che la merce dislocata nel livello inferiore di tutti gli scaffali (quello prossimo al pavimento) risulta mediamente più danneggiata.
Il riconoscimento di un coefficiente di danno (cD,i) di maggiore entità rispetto a quello afferente la merce soprastante non viene qui effettuato, per i motivi prima esposti: si è infatti riscontrato, da prova in situ in corso di sopralluogo (vd. parr.2.5, 3.2, 4.2; all.1.2), che tale innalzamento del livello d’acqua di percolazione sul pavimento (e non piuttosto un regolare deflusso) dell’area M2 del magazzino (rif. fig.01/2) non risultò impedito, per la pressoché totale ostruzione (con conseguente capacità di deflusso
Ne consegue, che non può venir riconosciuto un incremento di risarcimento per ‘maggior danneggiamento’ delle merci posizionate sul livello più basso degli scaffali, il cui ‘cD,i’ verrà pertanto assunto uguale a quello della colonna soprastante.
La percentuale di danneggiamento globale del magazzino (confezione/contenuto), stimata nel 28.67%, concorda in linea di massima anche con quanto esprimeva il Rag. Mosti (C.T.P. per la Ricorrente), quando ipotizzava (vd. Relazione contabile del 19.07.2017 agli Atti – all.3.3) “un interessamento della merce danneggiata pari al 10% del totale magazzino iscritto a bilancio ed effettivamente utilizzato”.
Si è visto infatti, come l’area interessata dalle infiltrazioni (zona ‘M2’) riguardi circa il 42% dell’intero magazzino (81.4 mq / 190 mq = 0.42 – rif. par.2.1); ipotizzando un’uniforme distribuzione media dei pezzi entro l’area del locale, risulta che la merce realmente danneggiata sia stimabile in:
0.42 x 0.2867 = 0.1204 12 %
del totale magazzino (inteso ‘in media’, con valore della merce uniformemente distribuito).
Dal momento che il rapporto delle superfici (area M2/area M = 0.42) è un dato fisso e non più di tanto soggetto a valutazioni, mentre il coefficiente di danno cD presenta un’alea maggiore (giacché frutto di valutazione), si conclude come il valore del 28.67% stimato (per cD) si riveli compatibile con la realtà dei fatti. »
3.8 Con analogo rigore logico-matematico il perito ha elaborato la stima del valore del magazzino all’attualità (V1), muovendo dal valore originario dei prodotti al momento del loro ingresso nell’azienda (Vo), definito sulla base dei prezzi di acquisto indicati dalla stessa parte attrice, e correggendo tale valore con un coefficiente accrescitivo, espressivo della rivalutazione per inflazione, e con un coefficiente riduttivo, espressivo del deprezzamento per obsolescenza (V1 = (1 + α) Vo).
Il perito ha preso le mosse dalle nozioni legali e contabili-commerciali di rimanenza di magazzino, valore di mercato, costo storico; ha analizzato le relazioni contabili del consulente di parte attrice e i documenti, contabili e commerciali (bilanci, fatture, schede, inventario), forniti dalla stessa; per saggiare l’attendibilità delle deduzioni e dei documenti della XXX s.r.l., ha verificato a campione 14 voci dell’inventario, per pezzi singoli o gruppi, «riscontrandone la presenza in magazzino e la corrispondenza quantitativa al 100% …. nella posizione e nel numero indicati dalla Ricorrente», salvo uno collocato in diversa posizione (p. 69); basandosi sulle dimensioni dei locali e degli scaffali e sulla dislocazione di questi ultimi e calcolando la superficie di stoccaggio e l’ingombro medio dei beni inscatolati, ha riscontrato la verosimiglianza dell’entità numerica dei pezzi (27.000) e delle voci (7.400) che XXX s.r.l. ha complessivamente indicato come interessati dagli eventi (p. 72); a fronte di questa entità, non plausibilmente suscettibile di verifica individuale, ha operato una stima prudenziale dei danni, basandosi sui dati di bilancio, più che su singole fatture; ha tenuto conto del fatto che XXX s.r.l., effettuando vendite on line, necessita di integrità del prodotto anche nell’involucro, ma ha, altresì, osservato «molte confezioni, anche in cartone, perfettamente integre; come anche, in confezioni esternamente danneggiate, pezzi protetti con confezioni di plastica sigillata e quindi comunque asciutti: tali pezzi potrebbero non essere vendibili per Ebay, tuttavia risultano perfettamente utilizzabili per l’officina» ed inoltre «molti elementi perfettamente integri e senza danni, come anche confezioni immagazzinate in aree lontane dall’infiltrazione e con involucro ed interno danneggiati» (p. 70).
Per far intendere il contesto e la difficoltà della verifica e della valutazione da lui effettuate, il CTU ha evidenziato varie circostanze (pp. 70,71):
«- l’area adibita a magazzino dalla R.G. versa in uno stato di precaria manutenzione e senza avvertibile ricambio d’aria;
– il bocchettone di deflusso delle acque a terra, nell’area M2, si è rivelato intasato e non funzionale;
– i pezzi sono stivati in modo a volte caotico e non sempre tale da preservare l’integrità né degli involucri, né del contenuto. Molti elementi sono disposti praticamente a terra e toccano il pavimento;
– anche altre aree del magazzino, oltre quella ‘M2’, presentano sul soffitto indizi di pregresse ed ormai estinte infiltrazioni;
– i segni delle infiltrazioni lamentate nell’ambito del presente Giudizio sono comunque visibili ed emergono tutt’oggi. In ogni caso, sono prova della sussistenza delle lamentate infiltrazioni sia il Verbale dei VV.F. (agli Atti), che numerose foto scattate nel magazzino R.G. in data 20.10.2016, agli Atti;
– la tipologia di pezzi e le specifiche modalità di vendita di parte di essi sono tali che, in alcuni casi, il pezzo perda di valore o risulti invendibile, anche se utilizzabile a livello pratico;
– molti pezzi risultano comunque obsoleti e senza fattura di acquisto; questa particolarità costituisce spesso un fattore di deprezzamento per i pezzi di ricambio, in considerazione dell’obsolescenza tecnologica e del limitato rigiro, ma può in alcuni casi costituire un fattore di apprezzamento, per la specificità e la rarità;
– Parte ricorrente ha dichiarato, in più occasioni durante i sopralluoghi (risulta anche a Verbale), che i pezzi sono stati movimentati dopo la prima infiltrazione (20.10.2016), allo scopo di redigerne l’inventario.»
I criteri di calcolo della perdita di valore delle merci sono stati puntualmente illustrati dal CTU in raffronto differenziale con quelli proposti dalla parte attrice (pp. 73-78). Gli aspetti salienti di divergenza possono sintetizzarsi come segue.
La parte attrice assume come valore originario della merce il prezzo di listino dei prodotti, ridotto dell’80% in forza dello sconto di cui essa avrebbe beneficiato per acquisti a stock; come perdita di valore computa il 60% del prezzo di acquisto, considerando che il ricavo ottenibile dalla vendita dei prodotti come attualmente disponibili, vale a dire a seguito del danneggiamento, sia pari al 40% del prezzo di acquisto.
Il CTU, invece, pur mutuando il valore originario della merce dal costo di acquisto indicato dalla parte attrice (anzi, dalla media fra i due diversi importi indicati al riguardo dalla parte attrice, una prima volta € 281.000,00, una seconda volta € 315.516,00), determina la perdita applicando a tale costo originario il coefficiente di danneggiamento (28,67%), su cui ci si è sopra soffermati; sull’’importo così ottenuto (pari ad € 85.500,00) applica, poi, un ulteriore coefficiente, costituito – per dirla sinteticamente – dalla somma algebrica del coefficiente di rivalutazione per inflazione e del coefficiente di deprezzamento per obsolescenza. Quest’ultimo coefficiente è determinato in –0,50 per le merci prive della fattura di acquisto, che si deve presumere siano giacenti ed invendute da oltre 10 anni (periodo oltre il quale non vi è più obbligo di conservazione della documentazione contabilecommerciale), mentre per le merci più recenti esso varia in funzione dell’annualità di acquisto. Alla luce dell’esame svolto e delle informazioni assunte in occasione dei sopralluoghi il perito ha stimato che le merci ultradecennali costituiscano il 40% del magazzino interessato dalle infiltrazioni, mentre quelle più recenti rappresentino il restante 60%. Attraverso formule matematiche per l’applicazione dei suddetti, vari coefficienti, il CTU è giunto a determinare in una somma approssimabile ad € 60.000,00 la perdita di valore e quindi il danno emergente subito a causa del deterioramento della merce.
3.9 Quanto al lucro cessante, vale a dire al mancato ricavo da vendita della merce, la parte attrice lo calcola sulla base di un volume di affari annuo nel triennio 2014-2016, che sarebbe pari ad € 500.000,00 (sulla base delle fatture), pervenendo ad una perdita annua di volume di affari nella misura di € 50.000,00, per un utile lordo di € 20.000,00 annui.
Il CTU (pp. 79-82) ridetermina il volume d’affari sulla base dei dati dei bilanci, rilevando, peraltro, che il volume d’affari di XXX s.r.l. per il 2017 risulta inferiore all’entità del triennio 2014-2016 soltanto se non si computa il fatturato afferente al ramo d’azienda separato nel settembre di quell’anno, che ha preso nome *** s.r.l.. Ma secondo il perito, poiché «negli anni 2014/’16 l’Azienda è sempre stata unica, il fatturato 2017 della XXX deve pertanto venire sommato con quello della nuova Società che ha per oggetto l’officina, per giungere ad un valore omogeneo e comparabile con quello degli anni precedenti, 2014/’16» (p. 79). Già così la perdita di fatturato, pur applicando i parametri di parte attrice (interessamento della merce danneggiata “pari al 10 % del totale magazzino iscritto a bilancio ed effettivamente utilizzato” e ricarico del 40%), si ridurrebbe a circa € 43.000,00.
Il perito va, però, oltre ed evidenzia che dai bilanci della società, includendo nel 2017 i dati relativi al ramo d’azienda separato, emerge un andamento irregolare del fatturato, con aumenti e riduzioni, che non rende ravvisabile una perdita di volume d’affari nell’anno 2017. Il lucro cessante viene individuato dal CTU, piuttosto, correlandolo «alla mancata vendita della sola merce riconosciuta come realmente inservibile» (p. 82), quantificabile nel 12% dell’intero magazzino, e considerando «la sola aliquota di ‘lucro cessante’ e non l’intero ammontare di fatturato, giacché questo include anche i costi, già considerati nella voce della perdita di valore del magazzino e comunque non reclamabili ad indennizzo; in caso contrario, si avrebbe anche qui una duplicazione di richiesta» (p. 82). Il CTU perviene, così, a computare un pregiudizio in misura di € 17.300,00.
3.10 In ordine al costo per inventario delle merci, la parte attrice calcola la retribuzione del personale impiegato, pari ad € 17.000,00 in relazione a 824 ore-lavoro, ed aggiunge un ulteriore importo di € 18.540,00 quale effetto della distrazione del personale dal lavoro di officina, per il quale la Ditta percepisce dai clienti € 45/h. Il perito, tuttavia, disconosce la plausibilità di questo secondo elemento di costo, sia perché esso include la retribuzione del personale, già computata nella prima cifra, sia perché esso esprime un lucro cessante, che non è plausibile a fronte dell’assenza di un calo di fatturato (p. 84). Il perito conclude, dunque, riconoscendo la fondatezza del solo ammontare di € 17.000,00.
3.11 Le obiezioni di parte attrice alla perizia di ATP concernono, essenzialmente, la ritenuta sottovalutazione dei danni ad opera del CTU, che avrebbe applicato un coefficiente medio di danneggiamento troppo basso e non avrebbe considerato che l’obsolescenza dei prodotti, se in generale può rappresentare un fattore di devalorizzazione, nel caso di XXX s.r.l. non ha, invece, incidenza negativa e corrisponde, anzi, in un certo senso, alla strategia commerciale dell’impresa, che punta ad avere disponibilità (anche) di prodotti destinati a veicoli fuori produzione per la vendita sia sul mercato nazionale dell’usato sia sul mercato internazionale, dove è forte ed in espansione la presenza di veicoli fuori produzione.
La parte convenuta – e la parte chiamata, parzialmente adesiva – obietta, invece, al CTU, sostanzialmente, di non aver accertato il nesso di causalità, né la merce rovinata, e di aver effettuato una valutazione del danno astratta ed ipotetica.
3.11.1 Le obiezioni di parte convenuta non sono fondate.
Il CTU ha svolto un lavoro estremamente accurato, procedendo a numerosi sopralluoghi nel contraddittorio fra le parti, a una prova di allagamento, alla rilevazione dimensionale dei locali e degli scaffali, all’osservazione diretta e alla campionatura della merce, alla disamina analitica e critica di ampia documentazione, all’esatta illustrazione e documentazione dei luoghi e delle cose, e ha redatto una relazione chiara, esauriente e linearmente argomentata, con ampio e puntuale commento delle osservazioni delle parti. Non vi è astrattezza nella sue valutazioni; esse, piuttosto, sono l’esito di una difficile attività, che, come già detto, è stata volta – ragionevolmente – a contemperare le divergenti esigenze di concretezza, da un lato, e di razionale gestibilità, dall’altro, delle indagini peritali.
Il nesso di causalità fra infiltrazioni e danni trova, del resto, riscontro, come in precedenza osservato, in alcune deduzioni/considerazioni sostanzialmente confessorie della stessa parte convenuta, oltre che nelle condizioni oggettive dei luoghi, con la merce deteriorata ed il solaio del magazzino, nella parte sottostante il Bar, fortemente degradato anche a livello statico.
L’eccezione relativa ad un’asserita duplicazione di domanda risarcitoria rispetto ad un accadimento passato è rimasta priva di idoneo supporto probatorio, anche perché non è stata coltivata in sede di ATP, dove il perito avrebbe potuto effettuare adeguate verifiche. D’altra parte, il fatto che dopo l’infiltrazione dell’ottobre 2016 ne siano avvenute diverse altre, qualcuna anche in pendenza delle operazioni peritali, rende plausibile che anche nel 2015 si sia verificata un’infiltrazione, oggetto di precedente istanza risarcitoria di XXX s.r.l.
3.11.2 Delle obiezioni di parte attrice, non è condivisibile quella relativa al coefficiente di danneggiamento. Questo è stato determinato dal CTU per esprimere in maniera sintetica, su un piano matematico, il diverso impatto sui beni delle infiltrazioni a seconda della collocazione dei prodotti e l’incidenza dell’allagamento da terra dovuto alla scarsa pervietà del bocchettone. Né sono convincenti le deduzioni di parte attrice sul fatto che il bocchettone sarebbe risultato ostruito in conseguenza delle infiltrazioni medesime: il CTU ha svolto la prova di allagamento in un momento posteriore e distinto rispetto alle infiltrazioni, segnatamente a quella principale dell’ottobre 2016, e non risulta che la parte attrice sia stata in grado di far rilevare al perito un’ostruzione ascrivibile a residui di materiali dovuti alle infiltrazioni ed ancora non rimossi.
Quanto alla strategia commerciale di XXX s.r.l., che si gioverebbe della disponibilità di beni di vecchia produzione, la parte attrice, come notato dallo stesso CTU, non ne ha fornito una specifica evidenza documentale. È pur vero, però, che il perito medesimo – come prima osservato – ha stimato in una misura pari al 40% la quota di merci ultradecennali presenti nel magazzino interessato dalle infiltrazioni. Si tratta di una misura rilevante, che rende plausibile la particolare strategia di vendita dedotta da XXX s.r.l.. Appare, allora, ragionevole rettificare in aumento la stima finale del CTU sul danno da perdita di valore della merce, diminuendo l’incidenza riduttiva del fattore obsolescenza. Per evitare inutili appesantimenti della decisione e tenuto conto che le stime del CTU già di per sé sono espressioni sintetiche di più complesse realtà effettuali, la suddetta esigenza di riponderazione dell’obsolescenza può trovare soddisfazione individuando come entità della perdita di valore un importo mediano fra la stima finale del CTU (€ 60.000,00) e la somma determinata dal CTU medesimo (€ 85.500,00) attraverso l’applicazione del coefficiente di danneggiamento, da lui elaborato, al costo di acquisto dei prodotti indicato dalla parte attrice. Tale importo intermedio corrisponde ad € 72.750,00.
3.12 XXX s.r.l. non ha diritto a risarcimenti per danno da mancata fruizione dei locali, posto che il CTU ha espressamente constatato che anche l’area del magazzino interessata dagli eventi era concretamente utilizzata per le normali attività di lavoro (p. 33). Va, invece, ristorata del mancato godimento del magazzino nel periodo necessario per i lavori di ripristino (un mese solare), secondo la valutazione tecnica e la stima del CTU.
3.13 In conclusione. La parte convenuta è tenuta a corrispondere:
– ai proprietari dei locali l’importo complessivo di € 18.225,00 (€ 12.625 + € 5.600) compensativo del costo per il ripristino dell’immobile dai danni provocati dalle infiltrazioni (che gli interessati ripartiranno secondo quote di comproprietà);
– a XXX s.r.l. gli importi di € 2.000,00, € 72.750,00, € 17.300,00 ed € 17.000,00, per un ammontare complessivo di € 109.050,00, a titolo di risarcimento, rispettivamente, del mancato uso del magazzino durante i lavori di ripristino, della perdita di merce, dei mancati ricavi e dei costi per l’inventario.
Poiché si tratta di risarcimento di danni extracontrattuali, esso soggiace all’applicazione degli interessi (legali) con decorrenza dalla data del fatto illecito (cfr. Cass. n. 6545/2016, n. 9338 del 2009), individuabile ex actis nel mese di ottobre 2016; si perviene, così, alla data odierna ad importi approssimabili, rispettivamente, ad € 18.428,00 e ad € 110.267,00, sui quali continueranno a maturare ulteriori interessi legali sino al soddisfo.
4. La compagnia assicurativa chiamata in giudizio è tenuta alla manleva della parte chiamante. Essa ha avuto tempestiva notizia dell’evento infiltrativo del mese di ottobre 2016, il più grave e determinante a giudizio del CTU, come dimostrano la missiva di HHH Assicurazioni in data 8/11/2016, con cui è stata comunicata al legale di XXX s.r.l. l’avvenuta apertura del sinistro e la sua gestione, ed i verbali dei sopralluoghi del perito fiduciario della stessa HHH nelle date del 2/12/2016, 2/2/2017 e 15/3/2017, prodotti dalla parte attrice (v. all. H all’atto di citazione e poi ulteriormente in allegato alla seconda memoria), recanti lo stesso numero di sinistro riportato nella predetta comunicazione. Il terzo dei suddetti sopralluoghi è avvenuto due giorni dopo il secondo evento infiltrativo ed è quindi del tutto plausibile che, come riferito dalla parte attrice, tale evento sia stato immediatamente inserito nell’istruttoria assicurativa. Del terzo evento è la stessa compagnia assicurativa a dichiarare di esserne venuta a conoscenza, seppur attraverso la ricezione del ricorso per ATP. Posto che la norma contrattuale che la compagnia assume violata è posta a presidio di una tempestiva informazione dell’assicuratore, le circostanze di cui sopra consentono di escludere che vi sia stato un effettivo vulnus a tale diritto/onere informativo.
Peraltro, ai sensi dell’art. 1915 c.c. solo l’inadempimento doloso dell’obbligo di tempestivo avviso di cui all’art. 1913 c.c. determina l’esclusione del diritto all’indennizzo, mentre l’inadempimento colposo comporta soltanto il diritto dell’assicuratore di ridurre l’indennità in ragione del pregiudizio sofferto. E’ onere dell’assicuratore dimostrare che l’inadempimento è stato doloso (cfr. Cass. n. 5435/2005) e ai fini della sussistenza del dolo, pur non essendo richiesto l’intento fraudolento di recare danno all’assicuratore, occorre comunque la consapevolezza dell’obbligo e la cosciente volontà di non osservarlo, non bastando un’omissione non intenzionale, dovuta a dimenticanza o negligenza (cfr. Cass. n. 13355/2015, n. 24733/2007, n. 5435/2005).
Nel caso di specie non è stato addotto in giudizio alcun elemento di valutazione atto ad imputare a dolo l’eventuale intempestività della denuncia.
Per altro verso, posto che, come detto, l’inadempimento colposo dell’obbligo di tempestivo avviso comporta soltanto la riduzione dell’indennità in ragione del pregiudizio sofferto dall’assicuratore, deve ritenersi che quest’ultimo abbia l’onere di allegare il pregiudizio patito a causa della ritardata denuncia (cfr. ancora Cass. n. 24733/2017), mentre nel presente giudizio la compagnia assicuratrice della parte convenuta si è limitata a lamentare in termini generici ed astratti la tardività e insufficienza della denuncia e neppure dai documenti dalla stessa prodotti emerge che essa abbia sofferto un pregiudizio.
Non è fondata neanche l’eccezione relativa alla natura dell’evento. Il fatto determinante ai fini della produzione dei danni, secondo gli accertamenti peritali (pp. 19-21), è stata l’infiltrazione massiva con allegamento causata dalla rottura di una tubazione del bagno del Bar, nell’ottobre 2016. Ricorrono, dunque, entrambi gli elementi contrattualmente necessari ai fini della copertura assicurativa: la rottura di un impianto e l’accidentalità, che, come insegna il giudice di legittimità (cfr. Cass. n. 5273/2008, n. 4799/2013), sostanzialmente coincide con l’assenza di dolo e non è esclusa da eventuali condotte colpose (a cui la compagnia assicurativa allude, quando prospetta l’inoperatività della polizza a fronte della rilevazione da parte del CTU delle cattive condizioni manutentive del wc e degli impianti a terra del Bar).
Quanto all’estraneità alla garanzia dei danni determinati o favoriti da difetti strutturali dell’immobile, non ascrivibili al conduttore, oppure cagionati da umidità o da stillicidio o di quelli a condutture ed impianti sotterranei, si tratta di questioni che non trovano concreta attinenza con il caso di specie. Il CTU, peraltro, ha stimato i danni con stretto riferimento a quanto ascrivibile all’infiltrazione e all’allagamento e ha tenuto conto, come visto, in funzione diminutiva, attraverso l’elaborazione del coefficiente di danneggiamento, della quota di responsabilità attribuibile alla parte danneggiata (per l’ostruzione del bocchettone).
Le altre difese di HHH Assicurazioni, afferenti non al rapporto assicurativo, ma alla responsabilità della parte assicurata verso la parte attrice, restano assorbite dalle motivazioni della presente decisione relative a detta responsabilità.
L’unica eccezione difensiva accoglibile rimane, pertanto, la sussistenza di una franchigia di € 150,00.
HHH Assicurazioni S.p.A. dovrà, quindi, manlevare la parte convenuta degli oneri in favore degli attori derivanti dalla presente decisione, detratta la suddetta franchigia.
La parte convenuta, non avendone fatto domanda, non ha diritto, invece, ad essere ristorata dalla compagnia di assicurazione delle proprie spese di lite, ex art. 1917, co. III, c.c. (secondo cui «Le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata […]»), trattandosi di obbligazione autonoma e distinta da quella relativa alla rifusione, da parte dell’assicuratore, di tutto quanto l’assicurato debba pagare al terzo danneggiato (nella quale, invece, rientra la manleva dell’assicurato dagli oneri relativi alle spese di altre parti processuali, che per soccombenza siano poste a carico dell’assicurato medesimo, cfr. Cass. n. 6340/1998, n. 28430/2013, n. 28432/2017).
5. Va confermato in questa sede il diniego di attività istruttoria di cui all’ordinanza del 22/8/2019. I primi tre capitoli dell’interpello richiesto dalla parte convenuta erano volti a far confermare un precedente risarcimento per danneggiamento dei medesimi beni ancora presenti nel magazzino della XXX s.r.l., vale a dire un fatto espressamente negato dalla parte attrice, che si sarebbe dovuto provare in altro modo, in particolare attraverso un raffronto tecnico-descrittivo specifico, che dimostrasse l’identità non del tipo di prodotti, ma dei singoli esemplari, e/o promuovendo adeguate verifiche in tal senso da parte del CTU in sede di ATP. Il quarto capitolo concerneva il regolare uso del magazzino dopo la messa in sicurezza, che in questa sentenza viene considerato provato alla luce delle sopra richiamata constatazione del CTU.
L’ordine di esibizione della documentazione attinente il risarcimento danni del 2015 risultava in parte inammissibile, perché generico ed esplorativo, in parte comunque non dirimente, giacché la documentazione assicurativa non potrebbe dimostrare l’identità dei beni danneggiati in quella precedente vicenda con quelli ancora presenti nel magazzino e/o oggetto del presente giudizio. Va, peraltro, rilevato che la stima del danno è stata operata dal CTU dell’ATP con modalità e criteri prudenziali, mediante il già più volte ricordato coefficiente di danneggiamento, in modo tale da tener conto, fra l’altro, della presenza di beni deteriorati che, trovandosi in aree del magazzino diverse da quella interessata dagli eventi di causa, non potevano essere computati ai fini del risarcimento domandato da parte attrice nel presente procedimento. Questo modus operandi del CTU rende, pertanto, del tutto improbabile che si verifichi una duplicazione risarcitoria rispetto alla vicenda dell’anno 2015.
Queste stesse considerazioni valgono, ovviamente, a motivare il diniego dell’analoga istanza esibitoria formulata da HHH Assicurazioni.
La compagnia assicurativa ha richiesto, altresì, ordine di esibizione «delle polizze eventualmente stipulate contro il rischio danni da bagnamento e delle liquidazioni effettuate per il sinistro per cui è causa»: ma si trattava di istanza generica, riferita ad una mera ipotesi (l’esistenza di altre coperture assicurative), esplorativa ed inoltre non corrispondete ad una eccezione difensiva che risultasse formulata nella comparsa di costituzione.
6. La soccombenza di parte convenuta comporta l’attribuzione a suo carico delle spese processuali di parte attrice per il presente procedimento e di quelle per l’ATP, giacché queste ultime sono oneri che la parte anticipatrice può recuperare nel giudizio di merito, come spese che confluiscono in quelle di lite afferenti a quest’ultimo (nell’eventuale limite della soccombenza e/o della compensazione, cfr. Cass. n. 31142/2018, n. 14268/2017). Fra le spese di ATP vanno incluse quelle per la CTU, come ivi liquidate e corrisposte dalla XXX s.r.l. (v. fatture allegate alla comparsa conclusionale, per € 9.084,80), nonché quelle per i CTP della società, di ammontare congruo rispetto al costo della CTU (€ 1.522,56 ed € 1.562,00, v. fatture allegate alla comparsa conclusionale) e rispondenti ad attività difensive necessarie in relazione alla complessità degli accertamenti tecnici. Le altre spese processuali, di causa e di ATP, vengono liquidate nel dispositivo in maniera non adesiva alla nota spese di parte attrice, tenuto conto dei parametri regolamentari di riferimento, del valore delle domande accolte e dell’attività processuale svolta.
7. L’accoglimento delle domande risarcitorie in misura limitata sul piano quantitativo (oltre alla rinuncia tacita alla domanda relativa ai lavori nei locali di controparte) basta ad escludere la sussistenza delle condizioni per la condanna della parte convenuta ex art. 96 c.p.c., come invece richiesto dalla parte attrice.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede:
1) condanna la parte convenuta al pagamento in favore dei Sig.ri YYY, ZZZ e KKK, a titolo risarcitorio, complessivamente, della somma di € 18.428,00, oltre ulteriori interessi come in motivazione;
2) condanna la parte convenuta al pagamento in favore di XXX s.r.l., a titolo risarcitorio, della somma di € 110.267,00, oltre ulteriori interessi come in motivazione;
3) condanna la parte convenuta al pagamento delle spese processuali della parte attrice per la presente causa, che liquida in € 786,00 per spese di iscrizione ed in € 6.000,00, oltre a spese generali, Iva e C.A., per compensi di difesa, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario;
4) condanna la parte convenuta al pagamento delle spese processuali della parte attrice per il procedimento di ATP, che liquida in € 634,00 per spese di iscrizione, in € 2.000,00, oltre a spese generali, Iva e C.A., per compensi di difesa, ed in € 3.084,56 per spese di CTP, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario;
5) pone le spese di CTU dell’ATP definitivamente a carico della parte convenuta, nella misura di € 9.084,80;
6) condanna la compagnia assicuratrice chiamata, HHH Assicurazioni S.p.A., a tenere indenne la parte convenuta dagli oneri derivanti a carico di quest’ultima dai capi che precedono.
Roma, 12 dicembre 2019
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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