1 marzo 1986, n. 1310) che gli atti di appropriazione di pregi si distinguono dagli atti di confusione, in quanto l’illecito sviamento della clientela da essi causato si realizza non a seguito della confusione di identità tra prodotti od attività di imprese distinte, bensì esclusivamente ingenerando nel pubblico la convinzione che un prodotto od un’impresa abbiano le stesse qualità e pregi di quella concorrente. Né rileva se, la persona fisica, la cui prestazione d’opera aveva in concreto contribuito alla realizzazione delle passate campagne pubblicitarie per un dato numero di clienti, avrebbe per il futuro esplicato tali attività nell’ambito dell’organizzazione imprenditoriale del nuovo soggetto, imputato dell’atto di concorrenza sleale: invero, appunto, ciò sarebbe avvenuto per il futuro, onde l’informazione decettiva ed appropriativa permane.
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