REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BARI SEZIONE LAVORO
Il Tribunale di Bari, in persona della dott.ssa NOME COGNOME in funzione di Giudice del Lavoro, all’udienza del 2/10/2024, ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._3493_2024_- N._R.G._00000852_2022 DEL_02_10_2024 PUBBLICATA_IL_02_10_2024
nella causa iscritta al n. 852/2022 R.G. tra , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME RICORRENTE , in persona del rappresentati e difesi ex art. 417 bis c.p.c., dalla dott.ssa NOME COGNOME RESISTENTI Oggetto: inserimento nella prima fascia delle GPS e nella seconda delle G.I.
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato in data 28/1/2022, la parte ricorrente in epigrafe indicata, premesso di essere in possesso del diploma di maturità tecnica di Geometra conseguito il 13/7/1988, titolo che, ai sensi della normativa vigente, è idoneo all’accesso nella seconda fascia delle G.I. e, conseguentemente, nella prima fascia delle nuove GPS, ha dedotto che, causa dell’illegittimo sbarramento operato dall’ordinanza ministeriale n. 60/2020, gli è stato consentito, previa sua domanda, solo l’inserimento nella terza fascia delle G.I. e seconda fascia delle GPS dell’Ambito Territoriale Provinciale di Bari per la classe di concorso B014 “Laboratori di Scienze e Tecnologie delle Costruzioni”, nella posizione n. 115. Allegando, altresì, che la citata O.M. n. 60 del 10/7/2020, nel creare tale sbarramento, violava la normativa primaria e secondaria vigente in materia, che gli conferiva il diritto ad accedere nella seconda fascia delle G.I. e, conseguentemente, nella prima fascia delle nuove GPS, il ricorrente ha, pertanto, chiesto a questo Tribunale, in via preliminare, di autorizzare la notifica del ricorso e del decreto di fissazione udienza ex art. 151 c.p.c. mediante la pubblicazione sul sito internet del nonché dell’ nonché “anche previa disapplicazione dell’Ordinanza Ministeriale n. 60 del 10 luglio 2020, accertare e dichiarare che il ricorrente è in possesso di un titolo idoneo all’insegnamento per l’accesso alla classe di concorso B014 e, per l’effetto, ordinare al di inserirlo nella prima fascia delle GPS e nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, ovvero nell’elenco aggiuntivo alle GPS e alle graduatorie di istituto del personale docente, per la predetta classe di concorso, nella posizione e secondo il punteggio spettante e maturato come per legge”. Instaurato il contraddittorio, si costituiva ritualmente il convenuto, eccependo il difetto di interesse ad agire nonché la giurisdizione del Giudice adito e, nel merito, contestando la domanda e chiedendone il rigetto.
Veniva autorizzata la notifica del ricorso e del decreto di fissazione udienza ex art. 151 c.p.c. e la causa, in tal modo instaurata, è giunta sul ruolo della scrivente Giudicante e, all’odierna udienza, sostituita con lo scambio di note d’udienza ex art. 127 ter c.p.c., è stata decisa mediante lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e diritto.
L’eccezione sollevata da parte resistente in ordine al difetto di giurisdizione del giudice adito deve essere disattesa.
Ed invero, la giurisdizione è da individuarsi in capo al Giudice ordinario, avuto riguardo al petitum sostanziale dedotto in giudizio, essendo la domanda rivolta al giudice finalizzata all’accertamento del singolo docente all’inserimento nella graduatoria, previa disapplicazione dell’atto amministrativo che detto inserimento potrebbe precludere (cfr. Nel merito il ricorso è infondato e deve essere disatteso per le ragioni di seguito esposte.
Ritiene il Tribunale di richiamare in questa sede, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., le condivisibili motivazioni poste a fondamento della sentenza n. 2895 pronunciata dal Tribunale di Roma in data 21/3/2023, in una fattispecie speculare a quella oggetto del presente giudizio da cui non vi è motivo di discostarsi:
“… si rileva che al fine di valutare la sussistenza del diritto vantato dal ricorrente è necessario esaminare la questione relativa al riconoscimento o meno del valore abilitante del diploma di scuola media superiore posseduto dagli ITP (Insegnanti Tecnico Pratici).
La parte ricorrente, infatti, è insegnante tecnico-pratico, figura professionale creata dal decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1277 (Revisione dello stato giuridico ed economico del personale tecnico degli istituti e delle scuole di istruzione tecnica) la quale richiede per l’accesso all’attività di insegnamento il semplice diploma di scuola secondaria superiore, in materia attinente, con la precisazione che negli istituti tecnici e professionali si occupa in prevalenza delle attività didattiche che vengono svolte nei laboratori. In tale loro qualità, gli ITP sono impiegati a titolo precario nelle supplenze presso le scuole statali, supplenze alle quali si accede attraverso le consuete graduatorie ovvero per il tramite degli elenchi di insegnanti dai quali i dirigenti scolastici attingono per individuare, in base al maggior punteggio attribuito, i soggetti con i quali concludere i corrispondenti contratti di lavoro.
Orbene, sul punto, vale richiamare l’orientamento della giurisprudenza amministrativa in materia che ha espressamente escluso il valore abilitante del diploma di scuola media superiore posseduto dagli ITP (cfr. Consiglio di Stato n. 1431/2020, Consiglio di Stato n. 2041/2019, Consiglio di Stato n. 4507/2018).
Il Giudicante condivide il citato orientamento, fatto proprio anche dal Tribunale di Bari con ordinanza ex art. 700 cpc del 15/07/2021 per escludere che il possesso di Diploma istruzione secondaria superiore ITP (Insegnanti Tecnico Pratici), idoneo all’insegnamento nelle materie tecnico – pratiche titolo abilitante all’insegnamento costituito da di cui alla Tabella B del DPR 19/2016, costituisse titolo idoneo a consentire l’urgente iscrizione negli elenchi aggiuntivi della fascia delle Graduatorie Pr.
per le Supplenze (GPS) e (contestualmente) della II Fa. delle Graduatorie d’Istituto.
I passaggi essenziali di tale ordinanza di seguito si riportano.
“In particolare, va premesso che l’abilitazione all’insegnamento come titolo distinto ed ulteriore per accedervi, ovvero per intraprendere la professione di insegnante iscrivendosi al relativo concorso, è stata creata per effetto dall’art. 4 comma 2 della l. 19 novembre 1990 n. 341.
La norma, per l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie superiori prevedeva un diploma post-universitario, che si conseguiva con la frequenza ad una scuola di specializzazione biennale, denominata appunto Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario – SSIS, e con il superamento del relativo esame finale.
Secondo il testo della norma stessa, infatti, “Con una specifica scuola di specializzazione articolata in indirizzi, cui contribuiscono le facoltà ed i dipartimenti interessati, ed in particolare le attuali facoltà di magistero, le università provvedono alla formazione, anche attraverso attività di tirocinio didattico, degli insegnanti delle scuole secondarie, prevista dalle norme del relativo stato giuridico.
L’esame finale per il conseguimento del diploma ha valore di esame di Stato ed abilita all’insegnamento per le aree disciplinari cui si riferiscono i relativi diplomi di laurea.
I diplomi rilasciati dalla scuola di specializzazione costituiscono titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi a posti di insegnamento nelle scuole secondarie”.
La l. 341/1990 ha però introdotto, per implicito ma inequivocabilmente, un’innovazione ulteriore nel sistema:
nel prevedere che per ottenere l’abilitazione fosse necessario un corso post-laurea, ha infatti escluso che gli insegnanti , i quali per definizione della laurea sono privi, potessero conseguire l’abilitazione stessa e quindi accedere al concorso.
La suddetta disposizione innovativa, quindi ed in buona sostanza, ha per il futuro escluso i diplomati dall’accesso all’insegnamento.
In proposito va ulteriormente rammentato che, con l’art. 402 d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, si è stabilito che “Fino al termine dell’ultimo anno dei corsi di studi universitari per il rilascio dei titoli previsti dagli articoli 3 e 4 della legge 19 novembre 1990 n. 341, ogni ordine e grado, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, è richiesto il possesso dei seguenti titoli di studio:
a) diploma conseguito presso le scuole magistrali o presso gli istituti magistrali, od abilitazione valida, per i concorsi a posti di docente di scuola materna;
b) diploma conseguito presso gli istituti magistrali per i concorsi a posti di docente elementare;
c) laurea conformemente a quanto stabilito con decreto del , od abilitazione valida per l’insegnamento della disciplina o gruppo di discipline cui il concorso si riferisce, per i concorsi a cattedre e a posti di insegnamento nelle scuole secondarie, tranne che per gli insegnamenti per i quali è sufficiente il diploma di istruzione secondaria superiore”.
Tale ultima ipotesi è proprio quella alla quale appartengono gli Il principio per cui il semplice diploma di scuola secondaria superiore non consente l’accesso diretto all’insegnamento è stato poi mantenuto anche nel sistema di cui al recente d.lgs. 13 aprile 2017, n. 59, in base al quale, secondo l’art. 5, per accedere al concorso per ITP è comunque necessaria la cd laurea breve.
Una deroga al principio così introdotto, tale da consentire direttamente l’accesso all’insegnamento (che con l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie è immediato) all’ITP che non sia abilitato si potrebbe allora ritenere esistente solo nel caso detta deroga fosse espressamente disposta da una specifica norma, ma tale circostanza non risulta essersi verificata nell’ordinamento di settore, in quanto una siffatta norma non si rinviene né nei numerosi testi legislativi e di prassi amministrativa che la stessa parte ricorrente appellata ha citato, né altrove. Va poi aggiunto, sempre in linea con quanto già affermato dalla sentenza della Sezione 4587/2018 (più sopra citata), tale esito non si potrebbe nemmeno ritenere contrario alla Costituzione, nell’ordine di idee sostenuto dalla parte ricorrente appellata in I grado, ovvero sul rilievo per cui i percorsi abilitanti previsti dalla l. 341/1990 e dalle norme successive non sarebbero stati in concreto attivati.
Ciò può giustificare la partecipazione degli ITP a concorsi pubblici a cattedre che richiedono l’abilitazione semplicemente per parteciparvi, in quanto in questo caso la verifica dell’idoneità all’insegnamento stesso si realizza attraverso il filtro della procedura concorsuale;
la mancanza dell’abilitazione però non può valere per consentire l’iscrizione nella In virtù delle suesposte argomentazioni si deve escludere il valore abilitante del titolo posseduto dagli ITP.
A ulteriore conferma dell’iter argomentativo sopra esposto, si richiama la recente pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VI, del 27.2.2020, n. 1341 secondo cui “- l’abilitazione all’insegnamento come titolo distinto ed ulteriore per accedervi, ovvero per intraprendere la professione di insegnante iscrivendosi al relativo concorso, è stata introdotta dall’art. 4 comma 2 della legge 19 novembre 1990 n. 341;
– tale disposizione, per l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie superiori, prevedeva un diploma post-universitario, che si conseguiva con la frequenza ad una scuola di specializzazione biennale, denominata appunto Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS), e con il superamento del relativo esame finale;
– secondo il testo della norma stessa, infatti, «on una specifica scuola di specializzazione articolata in indirizzi, cui contribuiscono le facoltà ed i dipartimenti interessati, ed in particolare le attuali facoltà di magistero, le università provvedono alla formazione, anche attraverso attività di tirocinio didattico, degli insegnanti delle scuole secondarie, prevista dalle norme del relativo stato giuridico.
L’esame finale per il conseguimento del diploma ha valore di esame di Stato ed abilita all’insegnamento per le aree disciplinari cui si riferiscono i relativi diplomi di laurea.
I diplomi rilasciati dalla scuola di specializzazione costituiscono titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi a posti di insegnamento nelle scuole secondarie»;
– la citata legge n. 341 del 1990 ha dunque introdotto, per implicito ma inequivocabilmente, un’innovazione ulteriore nel sistema:
nel prevedere che per ottenere l’abilitazione fosse necessario un corso post-laurea, ha infatti escluso che gli insegnanti ITP, i quali per definizione della laurea sono privi, potessero conseguire l’abilitazione stessa e quindi accedere al concorso;
– il principio per cui il semplice diploma di scuola secondaria superiore non consente l’accesso diretto all’insegnamento è stato poi stato confermato anche dal recente d.lgs. 13 aprile 2017, n. 59, in base al quale, secondo l’art. 5, per accedere al concorso per ITP è comunque necessaria la c.d. laurea breve;
– una deroga espressa al descritto assetto ordinamentale in cui l’abilitazione costituisce un requisito necessario per l’esercizio delle mansioni di docente anche con riferimento agli incarichi di docenza temporanei, ed in cui il ricorso a docenti non abilitati (od impossibilitati ad abilitarsi con il possesso del solo diploma di scuola secondaria) per le supplenze è ben circoscritto in quanto giustificato da particolari contingenze ‘ non si rinviene nei numerosi testi legislativi e di prassi amministrativa che la stessa parte ricorrente appellata ha citato, né altrove; – le norme contenute nel d.P.R. n. 19 del 2016 individuano i titoli validi ai fini della partecipazione a procedure di carattere concorsuale, senza prevedere che tali titoli possano valere anche ai fini dell’inserimento nelle graduatorie di II fascia (le quali restano precluse, come si è detto, ai soggetti privi della abilitazione stessa);
– va poi aggiunto che tale esito ermeneutico non appare contrario alla Costituzione, nell’ordine di idee sostenuto dalla parte ricorrente appellata (con riferimento agli artt. 3,4,51 e 97 Cost.), ovvero sul rilievo per cui i percorsi abilitanti previsti dalla legge n. 341 del 1990 e dalle norme successive non sarebbero stati in concreto attivati;
– tale circostanza, infatti, può giustificare la partecipazione degli ITP a concorsi pubblici a cattedre che richiedono l’abilitazione per parteciparvi, in quanto in questo caso la verifica dell’idoneità all’insegnamento stesso si realizza attraverso il filtro della procedura concorsuale;
– per contro, la mancanza dell’abilitazione (ovvero del titolo attestante il conseguimento di quel complesso di qualità e abilità che rende un diplomato o un laureato un vero e proprio docente) non può consentire l’iscrizione nella seconda fascia, la quale consente direttamente l’insegnamento;
– si deve quindi escludere, anche in questo ordine di idee, il valore abilitante del titolo posseduto dagli ITP” (nello stesso senso Cons. Stato n. 1068/2021).
Da ultimo, si menziona la recentissima sentenza del Consiglio di Stato 16 febbraio 2021 n. 1434 che ha “escluso il valore abilitante del diploma di scuola media superiore posseduto dagli ITP”.
In particolare, Consiglio di Stato, in una controversia analoga alla presente, richiamando precedenti pronunce favorevoli all’Amministrazione scolastica, ha statuito secondo le condivisibili argomentazioni che di seguito precedenti della Sezione con i quali è stato escluso il valore abilitante del diploma di scuola media superiore posseduto dagli ITP ( ex plurimis: Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 ottobre 2019, n. 6762; Sez. VI, 24 luglio 2019, n. 5240; id, 23 luglio 2018, n. 4507;
da ultimo, sentenze nn. 1431 e 6595 del 2020), ritenendo infondate le censure di illegittimità dell’art. 2 del decreto ministeriale n. 374 del 2017, nella parte in cui si consente l’ingresso nelle graduatorie di circolo e di istituto di II fascia esclusivamente ai soggetti in possesso “ di specifica abilitazione o di specifica idoneità” all’ insegnamento conseguita a seguito dei concorsi per titoli e/o per esami anche ai soli fini abilitanti” ( Consiglio di Stato, sez. VI, 16 novembre 2020, n. 7066; cfr anche Consiglio di Stato, sez. VI, 28 gennaio 2020, n. 683 e 27 gennaio 2020, n. 628).
In subiecta materia, alla stregua dei citati precedenti, emerge che:
– il presente contenzioso riguarda la possibilità per gli odierni appellati, titolari di diploma per l’insegnamento tecnico pratico, di essere inseriti nella graduatoria di II fascia di circolo e d’istituto;
– siffatte graduatorie, utilizzabili per assegnare le supplenze in un singolo istituto, sono ordinate in tre fasce, ai sensi del combinato disposto dell’art. 4, comma 5, legge 3 maggio 1999, n. 124 e dall’art.5, comma 3, decreto ministeriale del 13 giugno 2007 n. 131:
nella prima fascia, che non rileva direttamente ai fini di causa, sono inclusi i docenti già iscritti nelle graduatorie ad esaurimento ( GA. )
, per il medesimo posto o classe di concorso cui è riferita la graduatoria di circolo e di istituto;
nella seconda fascia, sono iscritti i docenti forniti di specifica abilitazione o di specifica idoneità a concorso cui è riferita la graduatoria di circolo e di istituto, i quali non siano, per qualsiasi ragione iscritti nelle Ga. ;
nella terza fascia sono iscritti i docenti non abilitati in possesso del titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento;
– l’abilitazione all’insegnamento come titolo distinto ed ulteriore per accedere alle graduatorie de quibus, oltre che per intraprendere la professione di insegnante partecipando al relativo concorso, è stata introdotta dall’art. 4, comma 2 della legge 19 novembre 1990, n. 341;
– tale disposizione, per l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie ad una scuola di specializzazione di durata non inferiore a due anni, denominata Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario ( SISS) e con il superamento del relativo esame finale;
– secondo il testo della norma stessa, infatti, “con una specifica scuola di specializzazione articolata in indirizzi, cui contribuiscono le facoltà ed i dipartimenti interessati, ed in particolare le attuali facoltà di magistero, le università provvedono alla formazione, anche attraverso attività di tirocinio didattico, degli insegnanti delle scuole secondarie, prevista dalle norme del relativo stato giuridico.
L’esame finale per il conseguimento del diploma ha valore di esame di Stato ed abilita all’insegnamento per le aree disciplinari cui si riferiscono i relativi diplomi di laurea.
I diplomo rilasciati dalla scuola di specializzazione costituiscono titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi a posti di insegnamento nelle scuole secondarie”;
– la citata legge n. 341 del 1990 ha dunque introdotto, per implicito ma inequivocabilmente, un’innovazione ulteriore nel sistema:
nel prevedere che per ottenere l’abilitazione fosse necessario un corso post-laurea, ha infatti escluso che gli insegnanti ITP – che risultano privi di laurea – potessero conseguire l’abilitazione stessa e quindi accedere al concorso;
– il principio per cui il semplice diploma di scuola secondaria superiore non consente l’accesso diretto all’insegnamento è stato poi confermato anche dal recente D. lgs. 13 aprile 2017, n. 59 in base al quale, secondo l’art. 5, per accedere al concorso per ITP è comunque necessaria la c.d. laurea breve (ed ai limitati fini dell’accesso al concorso deve leggersi la disciplina transitoria di cui all’art. 22, comma 2, del D.lgs. n. 59 del 2017);
– una deroga espressa al descritto assetto ordinamentale in cui l’abilitazione costituisce un requisito necessario per l’esercizio delle mansioni di docente anche con riferimento agli incarichi di docenti temporanei ed in cui il ricorso a docenti non abilitati (od impossibilitati ad abilitarsi con il possesso del solo diploma di scuola secondaria) per le supplenze è ben circoscritto in quanto giustificato da particolari contingenze non si rinviene nei numerosi testi legislativi e di prassi amministrativa che la stessa parte appellata ha citato, né altrove; – né può argomentarsi diversamente sulla base della disciplina recata dal D.P.R. n. 19 del 2016, che individua, in realtà i titoli validi ai fini della partecipazione a procedure di carattere concorsuale, senza prevedere che tali titoli possano valere anche ai fini dell’inserimento nelle graduatorie di II fascia (le quali restano precluse, come si è detto, ai oggetti privi della abilitazione stessa);
– va poi aggiunto che tale esito ermeneutico non appare contrario alla Costituzione, non attribuendo l’art. 51 Cost. un diritto indiscriminato ad accedere ai pubblici impieghi;
non è nemmeno decisivo il rilievo per cui i percorsi abilitanti previsti dalla legge 341/1990 e dalle norme successive non sarebbero stati in concreto attivati (quest’ultimo aspetto, oltretutto, attiene ad una circostanza di fatto insuscettibile di inficiare la norma primaria come innanzi interpretata);
– difatti, tale circostanza potrebbe giustificare la partecipazione degli ITP a concorsi pubblici a cattedre che richiedono l’abilitazione per parteciparvi, in quanto in questo caso la verifica dell’idoneità all’insegnamento stesso si realizza attraverso il filtro della procedura concorsuale;
– per contro, la mancanza dell’abilitazione (ovvero del titolo attestante l’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico- didattiche, organizzative e relazionali, necessarie sia a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento sia a sviluppare e sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche – sulla funzione dei percorsi abilitanti cfr.
Corte Costituzionale, 28 maggio 2019, n. 130) non può consentire l’iscrizione nella seconda fascia, la quale consente direttamente l’insegnamento;
– né potrebbe diversamente argomentarsi sulla base della disciplina europea dettata dalle direttive 2005/36/UE e 2013/55/Ue, recepite con D. Lgs. 9 novembre 2007, n. 206 e con D. Lgs. 28 gennaio 2016, n. 15, tenuto conto che come precisato da questo Consiglio “non sussiste l’asserita violazione, erronea e falsa applicazione della direttiva 2005/36/Ce e 2013/55/UE, relative al sistema generale delle professioni regolamentate nell’ambito dell’Unione Europea e dei titoli di accesso alle stesse.
Infatti, il Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare che “ i sistemi generali di riconoscimento intraeuropeo dei diplomi non regolano le procedure di selezione e reclutamento per assegnare un posto di lavoro, la disciplina comunitaria limitandosi al consentire agli interessati di candidarsi ad un posto di lavoro in un altro Stato, però secondo le relative procedure di selezione e di reclutamento colà vigenti ( cfr. C. NOME COGNOME UE, VIII, 17 dicembre 2009 n. 586)”;
– inoltre, la stessa direttiva “non esclude punto che ciascuno stato membro possa subordinare l’accesso ad una professione regolamentata (ammesso che tale sia il reclutamento a pubblici impieghi) al possesso di determinate qualifiche professionali”. (Consiglio di Stato, Sez. Vi, n. 1516/2017).
Il disposto dell’art. 1, co. 79, della legge n. 107/2015 che statuisce che “ il dirigente scolastico può utilizzare i docenti di classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati, purchè posseggano titoli di studio validi per l’insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire e purchè non siano disponibili nell’ambito territoriale docenti abilitati in quelle classi di concorso” appare, invece, del tutto inconferente nella fattispecie, in quanto da tale normativa non è desumibile in alcun modo il valore abilitante del titolo di studio ITP” ( Consiglio di Stato, sez. VI, 3 dicembre 2018, n. 6868); nonché “ non risulta infine pertinente la dedotta violazione del D. Lgs. 206/2007 e della Direttiva 2005/36/Ce dal momento che tali corpi normativi riguardavano il riconoscimento delle qualifiche professionali già acquisite in uno o più Stati Me.
dell’unione Europea e che permettono al tito9lare di tali qualifiche di esercitare nello Stato membro di origine la professione corrispondente, essendo pertanto irrilevanti nel caso in esame, in cui si tratta della validità da riconoscere in Italia ad un presunto titolo professionale formato per intero nell’ordinamento interno” ( Consiglio di Stato, sez. VI , 2 dicembre 2019 n. 8212).
Si deve, quindi, escludere l’idoneità del titolo posseduto dagli legittimare l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie per cui è causa.
Non risulta meritevole di favorevole apprezzamento neanche la deduzione, svolta dagli appellati, circa la possibilità di intendere l’espressione usata dall’art. 5, comma 3, del D.M. 131/2007 di “ idoneità a concorso cui è riferita la graduatoria di circolo e di istituto” come riferibile al titolo di idoneità per la partecipazione al concorso, con la conseguenza che gli appellati dovrebbero ritenersi legittimati all’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie de quibus, in tecnico pratico e per la partecipazione ai concorsi a cattedre ai sensi del regime derogatorio e transitorio per gli insegnanti tecnico pratici così come previsto dapprima dall’art. 402 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successivamente prorogato dall’art. 3, comma 2, del DPR n. 19/2016 e dall’art. 22, comma 2, del Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59”. Al riguardo, la Sezione – con indirizzo da confermare anche nel presente giudizio – ha recentemente rilevato che “con particolare riferimento alla norma transitoria invocata, ed oggetto di approfondimento istruttorio, va evidenziato come siano rilevanti gli elementi forniti dall’amministrazione in via istruttoria.
Parte appellata invoca la transitoria validità per l’accesso all’insegnamento tecnico pratico e per la partecipazione ai concorsi a cattedre ai sensi dell’art. 22, comma 2 d. lgs. 59 cit., che così testualmente dispone:
” I requisiti di cui all’art. 5, comma 2 sono richiesti per la partecipazione ai concorsi banditi successivamente all’anno scolastico 2024/25.
Sino ad allora, per i posti di insegnante tecnico pratico, rimangono fermi i requisiti previsti dalla normativa vigente in materia di classi di concorso”.
Invero, la disciplina invocata si riferisce ad una fattispecie ben diversa, relativa all’individuazione dei titoli idonei alla partecipazione alle procedure di carattere concorsuale, rispetto a quella oggetto di disciplina con i provvedimenti impugnati, i quali riguardano il conferimento di supplenze, senza che la norma predetta possa costituire un generale riconoscimento del valore abilitante del titolo posseduto.
Su tale versante, restano quindi pienamente valide le conclusioni già raggiunte dalla giurisprudenza della sezione, anche sulla scorta delle indicazioni fornite dall’Adunanza Plenaria, alle cui note decisioni nn. 11 del 2017, 4 e 5 del 2019, occorre rinviare” (Consiglio di Stato, sez. VI, 16 novembre 2020, n. 7066).
Il regime transitorio invocato dagli appellati non può ritenersi, dunque, dirimente ai fini del presente giudizio.
L’art. 22 comma 2 D. Lgs. 13 aprile 2017, n. 59 (così come l’art. 402 D. Lgs. n. 297/94), in particolare, deve essere interpretato restrittivamente:
essendo una disposizione temporanea e transitoria, essa legittima solo le attività espressamente consentite in via eccezionale (ossia la partecipazione a concorsi), non potendo essere invocata per fattispecie differenti, quali l’accesso alla seconda fascia 2 del d.p.r. n. 19 del 2016, relativo alle classi di concorso, la Sezione ha rilevato che trattasi di riferimento ad una disposizione inconferente, in quanto riguardante l’individuazione dei titoli validi ai fini della partecipazione a procedure di carattere concorsuale e non dei titoli per l’inserimento nelle graduatorie di seconda fascia (Consiglio di Stato, sez. VI, 26 ottobre 2020, n. 6500).
Non potrebbe argomentarsi diversamente neanche sulla base del D.M. n. 92 dell’8.2.2019, concernente le procedure di specializzazione sul sostegno;
tale decreto, nella parte in cui richiede il possesso dei requisiti ex art. 5, comma 2, d.lgs. n. 59 del 2017 per la partecipazione ai percorsi di specializzazione sul sostegno banditi successivamente all’anno scolastico 2024/2025, da un lato, in ragione della sua portata eccezionale, non potrebbe applicarsi a fattispecie ulteriori rispetto a quelle regolate, non operando dunque, ai fini dell’iscrizione nella seconda fascia delle graduatorie per cui è causa;
dall’altro, conferma la necessità che, per estendere ad ulteriori ambiti di materia la rilevanza dei titoli transitoriamente idonei a consentire la partecipazione alle procedure concorsuali, sussista una disposizione espressa che provveda in tal senso;
una tale previsione, come osservato, non è riscontrabile in relazione all’iscrizione nella seconda fascia delle graduatorie di istituto.
Ne deriva che l’art. 5 comma 3 del D.M. n. 131 del 2007 non può essere interpretato se non nel quadro dell’evoluzione del sistema che ha legato ormai al possesso della laurea breve il requisito, del quale gli appellati sono privi, per l’iscrizione nella seconda fascia delle graduatorie de quibus”.
In termini non dissimili si è pronunciata anche la Corte appello Roma con sentenza del 02/03/2021, n.429 , i cui passi salienti si riportano di seguito.
“Alla luce della ricostruzione normativa in precedenza richiamata emerge che il sistema di reclutamento all’insegnamento prevede, tradizionalmente, il c.d. doppio canale.
Un primo canale diretto mediante concorsi per titoli ed esami.
Per tale genere di reclutamento, per le classi di concorso relative alle materie tecnico – pratiche, i diplomi di scuola secondaria, indicati nelle tabelle allegate ai DD.MM. in precedenza richiamati, costituiscono sufficiente titolo per la partecipazione alla procedura concorsuale.
L’eventuale superamento del concorso costituisce, poi, titolo abilitante all’insegnamento che può determinare l’assegnazione della cattedra o l’inserimento nella graduatoria permanente, poi divenuta ad esaurimento.
Il secondo canale di reclutamento è invece costituito dalla graduatoria permanente, poi divenuta ad esaurimento, il cui presupposto di accesso è l’abilitazione all’insegnamento, come reso evidente dalla disposizione dell’articolo 2 della legge 124/1999 che ha previsto che la prima integrazione delle già vigenti graduatorie sia effettuata con l’immissione dei vincitori di concorso e che, contemporaneamente alla prima pubblicazione di concorso per titoli ed esami, si proceda ad una sessione riservata di esami per il conseguimento dell’abilitazione o dell’idoneità richiesta per l’insegnamento nella scuola materna, nella scuola elementare e negli istituti e scuole di istruzione secondaria ed artistica, ivi prevedendo anche una sessione specifica per gli ITP che abbiano già maturato l’anzianità prevista dalla stessa norma (disposizione che aveva il chiaro intento di permettere l’accesso alle graduatorie permanenti ai docenti tecnico – pratici che già da tempo versavano in condizioni di precariato). Da tale ricostruzione appare evidente che l’abilitazione costituisce presupposto indispensabile per accedere all’insegnamento, presupposto che non coincide con il mero possesso del titolo di studio per la partecipazione al concorso per titoli ed esami, bensì postula un percorso formativo ulteriore che attesti il possesso della c.d. “capacità didattica”.
Quest’ultima si acquista o con il superamento del concorso per titoli ed esami, o con il diploma di laurea per le scuole materne ed elementari, o con il diploma di specializzazione post laurea per le scuole secondarie, o con gli altri percorsi professionalizzanti previsti dalla normativa di settore della scuola.
Le graduatorie di circolo e di istituto, di cui al DM 131/2007, riproducono tale differenziazione, prevedendo l’iscrizione alla prima fascia degli aspiranti già iscritti alle graduatorie ad esaurimento, alla seconda fascia degli aspiranti non iscritti alle graduatorie ad esaurimento ma dotati di specifica abilitazione o idoneità, alla terza fascia gli aspiranti forniti solo di titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento richiesto.
Si tratta di una differenziazione rispondente a logica, atteso che appare di lampante evidenza la diversità esistente fra il possesso del titolo di studio per l’accesso ad un determinato settore dell’insegnamento e l’abilitazione a rendere l’insegnamento nello stesso.
Né rilevano, su tale differenziazione, le disposizioni dell’articolo 1, commi 105 e 106 della legge n. 107/2015 che prevedono:
a) che le graduatorie ad esaurimento, se esaurite con il piano nazionale straordinario di assunzioni, perdono efficacia ai fini dell’assunzione con contratti di qualsiasi tipo e durata;
b) che la prima fascia delle graduatorie di circolo e di istituto del personale docente ed educativo continua a esplicare la propria efficacia, per i soli soggetti già iscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, non assunti a seguito del piano straordinario di assunzioni.
Dette disposizioni, infatti, non eliminano la differenza tra abilitazione all’insegnamento e mero possesso del titolo di studio per l’accesso allo stesso, anzi tale distinzione è rafforzata dalla previsione del comma 107 della medesima legge che prevede che “A decorrere dall’anno scolastico 2016/2017, l’inserimento nelle graduatorie di circolo e di istituto può avvenire esclusivamente a seguito del conseguimento del titolo di abilitazione”.
Né rileva quanto affermato dai ricorrenti che il non abbia provveduto alla realizzazione dei percorsi di formazione abilitanti, atteso che tale aspetto potrebbe rilevare sotto altri profili, ma non sotto quello della differenziazione professionale fra abilitazione all’insegnamento, necessaria per l’inserimento nella fascia delle graduatorie di circolo e di istituto, e titolo di studio per l’accesso all’insegnamento, necessario per l’inserimento, invece, nella III fascia delle medesime graduatorie.
Né sussiste la denunciata violazione del diritto comunitario, atteso che l’articolo 11 della direttiva 2005/36/CE, come successivamente modificata ed integrata, prevede che l’esercizio a tempo pieno della professione per tre anni consecutivi, od a tempo parziale per dieci anni (circostanze di fatto nemmeno allegate e provate dai ricorrenti) possa essere a base di un attestato di competenza rilasciato da uno Stato membro.
Tale attestato costituisce il più basso dei livelli di qualifica previsti dal citato articolo elevati di qualifica, relativi alla formazione post secondaria o post universitaria, lo svolgimento dell’attività professionale non riveste parimenti valenza sostitutiva del titolo di formazione”.
Alla luce di tali pronunciamenti della giurisprudenza ordinaria ed amministrativa sopra riportati, condivisi dal giudicante, deve escludersi che al ricorrente possa riconoscersi il diritto vantato per effetto del possesso del solo possesso del diploma di maturità tecnico dei servizi della ristorazione senza abilitazione all’insegnamento, con la conseguenza che l’ordinanza ministeriale di cui si è chiesto la disapplicazione non riveste efficacia determinante al fine di tale riconoscimento.
Alla stregua delle argomentazioni che precedono, il ricorso deve essere pertanto rigettato”.
Sulla scorta delle motivazioni che precedono e che risultano assorbenti rispetto ad ogni ulteriore questione oggetto del presente giudizio, il ricorso deve essere disatteso.
In ordine alle spese, sussistono giusti motivi, legati all’oscillazione della Giurisprudenza di merito nella materia de qua, per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.
definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da contro ATP di disattesa ogni diversa domanda ed eccezione, così decide:
rigetta il ricorso;
compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Bari, 2/10/2024 IL GIUDICE Dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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