TRIBUNALE DI FOGGIA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Foggia, ha pronunciato, all’esito dell’udienza del 28.5.2020, tenuta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 83 co. VII lett. h) D.L. 18/2020 e succ. mod., conv. in L. 27/2020, mediante deposito telematico contestuale, la seguente
SENTENZA n. 1185/2020 pubblicata il 28/05/2020
nella causa iscritta al n /2017 R.G., promossa da
XXX rapp. e dif. dall’Avv.
RICORRENTE
contro
Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), rappresentato e difeso dall’avvocatura d’istituto
RESISTENTE
Oggetto: risarcimento danni
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
Con ricorso depositato il 20.1.2017 la parte ricorrente in epigrafe indicata lamentava che l’operato dell’Inps di perdurante inadempimento della condanna alla riliquidazione di trattamenti pensionistici, emessa in suo favore con la sentenza n /2005 del Tribunale di Lucera e non impugnata, aveva violato varie norme e principi di derivazione costituzionale , e cioè l’esatta esatta determinazione e conseguente corretta erogazione del trattamento pensionistico, le regole di correttezza e diligenza ed il principio di solidarietà. A sostegno della pretesa sosteneva che: aveva ritualmente notificato il titolo giudiziario; che era ampiamente decorso la “spatium deliberandi” di cui all’art 14 c.1.d.l. n. 669/1996 ( conv in L.30/1997 e successive modifiche); stante il perdurante inadempimento del giudicato da parte dell’Ente, era stata costretta ad attivare le procedure esecutive mediante le quali riusciva, visto il carattere di prestazione di durata della pensione, a recuperare forzosamente e coattivamente le differenze dei ratei pensionistici maturati e non corrisposti dall’Inps, unitamente agli accessori di legge maturati in forza del giudicato.
In diritto deduceva che: l’atteggiamento dell’Inps era causa generatrice di un danno di natura non patrimoniale, ovvero morale, consistente nel turbamento interiore e nella sofferenza morale cui parte ricorrente era stata esposta per più anni dal momento dell’assunzione della consapevolezza di aver pieno diritto alla riliquidazione della prestazione pensionistica e sino alla data dell’emissione, da parte dell’Ente, in stretta ottemperanza ai titoli giudiziari, dei modelli di riliquidazione delle pensioni; la sofferenza morale e psichica sofferta a causa della predetta inerzia, aveva determinato la lesione di uno degli interessi inerenti la persona, non connotato da alcuna rilevanza economica e, segnatamente, la lesione della sua integrità morale tutelata costituzionalmente dagli artt 2 e 3 della Costituzione.
Tanto premesso la parte istante chiedeva l’accertamento della responsabilità dell’istituto per la tardiva ottemperanza ai titoli giudiziari e per il conseguente danno non patrimoniale cagionato; si rimetteva per la liquidazione del danno alla valutazione equitativa del tribunale, indicando qual parametri l’età del pensionato, il numero di procedure necessarie al soddisfacimento del credito, la durata dell’inadempimento.
L’Inps si costituiva in giudizio contestando integralmente la domanda ed eccependo la mancanza di allegazioni e di prova in ordine al presunto danno morale subito.
Esaurita la trattazione , all’ udienza odierna (tenutasi ai sensi e per gli effetti dell’art. 83 co. VII lett. h) D. L. 18/2020 e succ.mod., conv. in L. 27/2020, e secondo i Protocolli per lo svolgimento delle udienze, alla luce delle “Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID – 19 e contenere gli effetti in materia di giustizia civile” ex art. 83 d.l. 17.3.2020 e succ. mod., sottoscritti in data 14.4.2020 e in data 11.5.2020 dal Presidente Vicario del Tribunale di Foggia e dal Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Foggia), verificata la regolare comunicazione del decreto di fissazione della trattazione scritta della causa ed acquisite brevi note di trattazione della parte ricorrente, la causa è stata decisa come da sentenza contestuale depositata telematicamente.
Il ricorso è infondato e va rigettato, conformemente all’orientamento espresso dalla Corte d’Appello di Bari in fattispecie analoghe ( cfr ex multis C.d.A. Bari –Sez Lav sentenza n. 79/2018) le cui argomentazioni si riprendono poiché questo giudice ritiene di condividerle e di non discostarsene.
Invero secondo consolidati principi giurisprudenziali elaborati dalla Suprema Corte e riaffermati nella sentenza delle S.U. n. 26972/2008, il pregiudizio non patrimoniale, inteso quale categoria generale, non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate, è risacibile solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno; la gravità dell’offesa costituisce requisito ulteriore per l’ammissione al risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili:” il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, e cioè, secondo interpretazione costituzionalmente orientata dell’art 2059 c.c.: (a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorchè privo di rilevanza costituzionale; (b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato ( ad es. nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento ( quali rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni); (c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi che, al contrario delle prime due ipotesi , non sono individuati “ex ante” dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice” ( cfr cass S.U. n. 26972/2008). In pratica la lesione deve eccedere una certa soglia di offensività rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza.
Risulta evidente quindi che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge o in quelli di lesione di valori costituzionalmente protetti; non meritevoli della tutela risarcitoria sono invece i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione.
La Suprema Corte infatti precisa che “ non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto, immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità e cioè. In definitiva, il diritto di essere felice” ( v. sent cit)
Orbene nel caso di specie, si rileva che gli interessi esposti nel ricorso a fondamento della domanda di risarcimento del danno morale non sono presidiati da diritti di rango costituzionale: a riprova di tale assunto è sufficiente rilevare che l’oggetto del giudicato adempiuto in ritardo consisteva nella esatta riliquidazione di un tiolo pensionistico, pacificamente riconosciuto, e non in un’attribuzione ex novo dello stesso.
Deve quindi escludersi che il mero pregiudizio della qualità della vita sia risarcibile e che possa considerarsi grave o intollerabile il danno (sempre non patrimoniale) conseguente la mero ritardo nell’adempimento di una prestazione previdenziale.
I patemi d’animo, le sofferenze e il dolore morale derivanti dalla constatazione, in sede di riscossione del rateo pensionistico, che l’ente sia rimasto inadempiente, dedotti dalla parte ricorrente quale effetto del ritardo nel percepire l’esatta liquidazione del trattamento previdenziale, possono astrattamente determinare negative ricadute di ordine patrimoniale e/o incidere sulla qualità della vita, ma non assurgere ad intollerabile lesione della dignità umana, a meno che non risulti provato che in concreto abbiano impedito il soddisfacimento di interessi primari.
In tal senso si è pronunciata la Corte di cassazione, sempre in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, in particolare in tema di assegno di maternità corrisposto in ritardo, partendo proprio dai principi già richiamati espressi dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella citata sentenza secondo cui: “ il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt 1218- 2059 e 2087 c.c., degli artt 2,3,36,37 e 38 Cost. e della L.n. 33 del 1980, art 1, nonché vizio di motivazione, nella parte in cui l’impugnata sentenza ha negato che la tardiva corresponsione del trattamento economico di maternità ( da parte dell’Inps o del datore di lavoro) sia suscettibile di arrecare un danno esistenziale risarcibile per la lesione dei diritti inviolabili della persona desunti dalle summenzionate norme costituzionali. Il motivo è infondato ……la sentenza impugnata non merita censura perché si è attenuta a tale insegnamento giurisprudenziale, escludendo che il mero pregiudizio alla qualità della vita ( su cui il tribunale aveva basato l’accoglimento della domanda di R.L.) sia risarcibile e che possa considerarsi grave o intollerabile il danno( sempre non patrimoniale) conseguente al mero ritardo nell’adempimento d’una prestazione previdenziale. Le difficoltà economiche allegate dalla ricorrente quale effetto del ritardo nel percepire il trattamento previdenziale possono astrattamente determinare negative ricadute di ordine patrimoniale( ma non è di questo che qui si discute) e/o incidere sulla qualità della vita, ma non assurgere ad intollerabile lesione della dignità umana ( come suggerito dalla ricorrente) a meno che ( ma ciò riguarda questioni di merito, estranee alla presente sede) non risulti provato che in concreto abbiano impedito il soddisfacimento di interessi primari( come potrebbero essere ad esempio, quelli alla casa, al nutrimento, allo studio, alla salute etc.)” ( Cass n. 2217/2016).
Nella fattispecie nulla è stato dedotto dalla parte ricorrente in ordine all’impossibilità di soddisfare interessi primari a seguito del perdurante inadempimento dell’Inps: occorre rammentare che il danno non patrimoniale, anche nel caso di lesione di diritti inviolabili, non può mai ritenersi in re ipsa ma va debitamente allegato e provato da chi lo invoca.
Pertanto nel caso di specie non sussiste la lesione dell’interesse in termini di ingiustizia costituzionalmente qualificata ( e quindi non sussiste alcun evento di danno) restando esclusa in radice l’invocabilità dell’art 2059 c.c.
Va altresì rilevata l’incontroversa circostanza che la parte ricorrente ha interamente conseguito il proprio credito pecuniario, maggiorato di interessi e rivalutazione, nei limiti di legge: tali elementi, in qualità di accessori del credito, hanno costituito il ristoro convenzionale del danno da ritardata percezione del credito previdenziale in favore della parte istante.
Resta assorbita ogni ulteriore questione introdotta dalle parti.
Per tutto quanto esposto, il ricorso va rigettato.
La novità delle questioni trattate e la sussistenza di precedenti di segno contrario resi da questo tribunale giustificano la compensazione integrale delle spese di lite ai sensi dell’art 92, comma 2° c.p.c.
P.Q.M.
Il Tribunale di Foggia, in persona del giudice dott, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata,, disattesa o assorbita ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione così provvede:
– rigetta la domanda – nulla sulle spese;
Foggia, 28.5.2020
Il Giudice del Lavoro
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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