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Codice Civile
Codice Penale

Diritto di superficie e sdemanializzazione

In caso di sdemanializzazione di un’area concessa, i manufatti insistenti sono acquisiti gratuitamente dallo Stato, con estinzione del diritto di superficie in capo al concessionario. Tale principio trova applicazione anche quando la sdemanializzazione avvenga durante la vigenza della concessione.

Pubblicato il 09 December 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

R.G. n. 766/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA SEZIONE SECONDA CIVILE nelle persone dei magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._1378_2024_- N._R.G._00000766_2023 DEL_18_11_2024 PUBBLICATA_IL_19_11_2024

Nella causa civile d’appello avverso la sentenza N. 344/2023 del Tribunale di Massa promossa da: , rappresentati e difesi, tanto congiuntamente quanto disgiuntamente, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Carrara, INDIRIZZO Marina di Carrara, INDIRIZZO come da mandato in atti COGNOME contro in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Carrara, INDIRIZZO, come da mandato in atti COGNOME , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, presso i cui uffici in Genova, INDIRIZZO è legalmente domiciliata Appellata nonché contro in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, tanto congiuntamente quanto disgiuntamente, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO come da mandato in atti Appellata

CONCLUSIONI

DELLE PARTI:

Per gli appellanti “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Genova, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa e reietta, per le causali di cui agli atti difensivi depositati da questa parte appellante, nonché per tutte quelle comunque dedotte in giudizio, previa reiezione in quanto inammissibile e comunque infondato dell’appello incidentale spiegato da ed altresì rigettate siccome inammissibili oltre che infondate le istanze ed eccezioni rimaste assorbite in I° grado ed irritualmente riproposte nel presente giudizio, in difetto di promozione di apposito appello incidentale, da premessa ogni necessaria ed opportuna declaratoria di legge, ed ove occorra rimessione degli atti alla Corte di giustizia UE ex art. 267 TFUE, accogliere il presente appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata: – accertare e dichiarare ex art. 948 c.c. la sussistenza del diritto di proprietà degli appellanti sui manufatti per cui è causa e quindi condannare l’attuale apparente proprietario dei medesimi, alla loro pronta restituzione ai legittimi proprietari;

– condannare chi di dovere tra gli appellati, ossia oggi nonché e/o l per quanto di spettanza, alla restituzione in favore degli appellanti dell’importo indebitamente dai medesimi e/o dalla loro dante causa Sig.ra corrisposto negli anni a titolo di canone locatizio riferito ai medesimi manufatti per cui è causa, da quantificarsi nella somma di € 172.223,00, così come calcolata dal CTU ’adeguamento di detta somma all’attualità;

– disporre infine per il periodo dal 2009 all’attualità la liberazione delle somme via via accantonate per il pagamento dei canoni di affitto in ipotesi dovuti a con condanna dei predetti appellati per quanto di spettanza a corrispondere gli interessi sui relativi importi in ragione della loro obbligata sottrazione alla libera disponibilità degli appellanti.

Con vittoria di spese ed onorari di lite, rimborso forfettario spese generali 15% e oneri accessori anche per il precedente grado di giudizio”.

Per l’appellata “Voglia questa Ecc.ma Corte d’Appello adita, respinta ogni contraria istanza, – nel merito, rigettare l’appello proposto dagli appellanti, per tutte le ragioni esposte in narrativa, in quanto infondato in fatto ed in diritto e per l’effetto confermare pienamente la sentenza impugnata.

Con vittoria di spese e competenze di entrambi i gradi del giudizio, oltre accessori di legge”.

Per l’appellata “Voglia codesta Ecc.ma Corte, disattesa ogni contraria istanza, domanda o eccezione:

– in principalità, rigettare l’appello avversario perché inammissibile e, comunque, infondato;

– in subordine, rigettare le domande attoree in ragione del giudicato formatosi sulle stesse in conseguenza della pronuncia dell’ordinanza di Cassazione, sez. II civ., 16/03/2024, n. 7128;

– in ulteriormente graduato subordine, in accoglimento delle conclusioni rassegnate in prime cure:

– dichiarare il difetto di legittimazione/titolarità passiva dell’ ;

– rigettare, in quanto inammissibili, e, comunque, infondate le domande attoree;

– dichiarare prescritta la pretesa restitutoria attorea.

In ogni caso, con il favore delle spese, dei diritti e degli onorari del doppio grado di giudizio”.

Per l’appellata “Voglia la Ecc.ma Corte di Appello:

1. rigettare integralmente l’appello dei sig.ri compresa la istanza di inibitoria e di rimessione alla Corte di Giustizia, in quanto inammissibile e infondato per i motivi esposti in narrativa, anche disponendo l’ordine al Conservatore di cancellare qualsiasi eventuale trascrizione concernente gli immobili per cui è causa e dei relativi manufatti in favore dei sig.ri e/o della loro asserita dante causa sig.ra e dichiarando inammissibile e stralciando dal appellanti per mancata dimostrazione della loro legittimazione attiva e della qualità di eredi (I motivo di appello incidentale) e per l’effetto respingerle; – dichiarare inammissibili le domande degli odierni appellanti concernenti la restituzione dei canoni asseritamente versati e accantonati per intervenuta decadenza e comunque prescrizione (II motivo di appello incidentale) e per l’effetto respingerle;

– condannare i sig.ri al pagamento delle spese di lite di primo grado in favore di per l’importo di complessivi € 22.457,00, oltre la maggiorazione ex art. 4, comma 2, del D.M. 55/2014, oltre accessori di legge, o alla maggiore o minore misura ritenuta di giustizia, in misura comunque superiore alla liquidazione del Tribunale (III motivo di appello incidentale).

In ogni caso, condannare controparte al pagamento delle spese, competenze e onorari di lite del giudizio di appello, compresa la refusione del contributo unificato, nonché ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.”.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato convenivano in giudizio, dinanzi il Tribunale di Massa, l per sentire accertare e dichiarare ex art. 948 c.c. la sussistenza del loro diritto di proprietà su alcuni manufatti ubicati in località Marina di Carrara e per sentirli condannare, per quanto di spettanza, alla restituzione in loro favore dell’importo indebitamente dai medesimi, e/o dalla loro dante causa corrisposto negli anni a titolo di canone locatizio.

Gli attori, a sostengo della domanda, deducevano che:

risultavano titolari, in forza delle disposizioni testamentarie di deceduta in data 05.07.2017, della proprietà superficiaria, in ragione di ½ ciascuno, dei fabbricati di cui al compendio immobiliare, in fronte alla zona balneare, ubicato in località Marina di Carrara del Comune di Carrara, al INDIRIZZO, che, originariamente denominato “RAGIONE_SOCIALE”, oggi si chiama “RAGIONE_SOCIALE”;

-il complesso immobiliare era composto da cinematografo all’aperto e relativi accessori, da un’abitazione di guardianaggio ed un bar con servizi, insistente e comprendente il terreno censito al C.T. di Carrara al foglio 101, part. 781 e, per quanto riguarda i fabbricati, censito al C.F. del medesimo Comune al foglio 101 part. 781, subalterni 5, 6, 7 e 8 derivanti dalla soppressione dei subb. 3 e 4 della particella urbana 781;

-negli anni 50’ del secolo scorso, otteneva il rilascio di una Contr 1956 la Capitaneria di Porto di Viareggio autorizzava il subingresso di mentre in data 14.10.1963 subentravano per la quota di quest’ultimo le eredi per 1/3 ciascuna;

-in data 01.08.1970, i manufatti insistenti sulle predette aree venivano assegnate a con le relative concessioni di durata annuale;

-le aree in questione, in forza di un procedimento di sdemanializzazione e conseguente acquisizione al patrimonio disponibile dello Stato, venivano consegnate al Ministero delle Finanze per cui i manufatti edificati su di esse risultavano intestati al alle tre sorelle, mentre le aree sulle quali insistevano tali edifici erano censite come appartenenti al demanio pubblico;

-l’intero compendio immobiliare, aree più fabbricati, veniva poi trasferito con D.L. n. 63 del 15.04.2002 a (oggi , che si faceva carico della sua alienazione, mettendolo all’asta in un unico lotto, comprensivo anche delle strutture turistiche, sia pubbliche che private, sullo stesso insistenti;

-il RAGIONE_SOCIALE veniva aggiudicato alla società che acquistava il compendio in data 29.12.2009, con atto pubblico del Notaio Dott. di Roma, rep. 14322 racc. 4565;

-la nuova proprietà non aveva mai accettato il pagamento dei canoni locatizi per non incorrere in possibile implicita accettazione dello status di affittuaria con eventuale titolo di prelazione della ex concessionaria, e l’importo corrispondente a detti canoni era sempre stato oggetto di regolare accantonamento;

introduceva un primo giudizio rg. 5894/2004 dinanzi il Tribunale di Massa, volto all’accertamento della natura giuridica del titolo di detenzione dei manufatti costituenti il compendio immobiliare RAGIONE_SOCIALE, ed un secondo giudizio rg. 5102/2008 volto all’accertamento, dopo l’intervenuta sdemanializzazione delle aree, del suo diritto di proprietà superficiaria sui manufatti su di esse esistenti;

-si costituiva in quest’ultimo giudizio , quale concessionario dei diritti dedotti in giudizio, già vantati da e delle relative azioni, facendo proprie le domande e le difese già svolte dalla medesima;

all’esito del giudizio di cui al n. 5102/2008 rg., con sentenza n. 1277/2014 il Tribunale di Massa respingeva le domande di e dell’intervenuto osservando che nel caso in esame, trattandosi di concessione amministrativa di beni demaniali, una volta intervenuta la sdemanializzazione, e quindi la cessazione del rapporto concessorio, si sarebbe prodotto automaticamente l’effetto dell’acquisizione al patrimonio disponibile dello Stato delle costruzioni in oggetto, in applicazione di quanto disposto dall’art. 49 del codice della navigazione; -nel frattempo, acquisita la proprietà del Contr di Roma del 29.12.2009, intentava una causa contro la medesima per ottenere il sequestro conservativo, poi accordato, del compendio al fine di non pregiudicare la possibilità del successivo accertamento del suo diritto in qualità di affittuaria, e quindi di titolare della correlata prelazione, al legittimo riscatto del bene;

-con sentenza n.1825/2018, poi impugnata con ricorso per Cassazione, l’Ecc.ma Corte d’Appello di Genova respingeva il gravame avverso la sentenza n. 1277 del 14.11.2014 del Tribunale di Massa, argomentando che in base alla giurisprudenza della Corte di Cassazione l’art. 49 cod. nav. trova applicazione anche nell’ipotesi di sdemanializzazione delle aree, con la conseguente acquisizione dei beni inamovibili che vi insistono al patrimonio dello Stato:

indi gli odierni appellanti , quali eredi di instauravano il presente giudizio al fine di avanzare pregiudiziale richiesta di accertamento giudiziale, lamentando la violazione dell’art. 49 cod. nav. , ed assumendo che i fabbricati attinenti al RAGIONE_SOCIALE avrebbero dovuto essere riconosciuti come di proprietà della ex concessionaria ed oggi dei suoi eredi.

Si costituiva in giudizio domandando l’integrale rigetto delle domande attoree in quanto inammissibili, decadute, prescritte e comunque infondate, con condanna di controparte ai sensi dell’art. 96 c.p.c. al pagamento di una somma equitativamente determinata.

Si costituiva, altresì, in giudizio l domandando dichiarare la litispendenza con il giudizio pendente in Corte di Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova n. 1825/2019 ed il proprio difetto di legittimazione passiva, con rigetto delle domande attoree in quanto inammissibili ed infondate e declaratoria di prescrizione della pretesa risarcitoria.

Si costituiva, infine, chiedendo dichiarare la litispendenza del giudizio con quello pendente dinanzi la Corte di Cassazione citato e disporre la cancellazione della causa dal ruolo.

Domandava respingere tutte le domande proposte da perché inammissibili, prescritte ed integralmente infondate in fatto e in diritto, con dichiarazione della infondatezza della pretesa economica relativa ai canoni e condannando, in ogni caso, controparte al pagamento delle spese per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. Il Tribunale di Massa, con l’impugnata sentenza, così statuiva:

“1) dichiara la litispendenza della presente causa con quella originariamente iscritta al n. 51022008 R.G.A.C. del Tribunale di Massa, sez. dist. Carrara, ed attualmente pendente dinanzi la Corte di sui manufatti per cui è causa e la condanna di lla loro restituzione ai legittimi proprietari;

2) rigetta la domanda proposta dai sig.ri , avente ad oggetto la restituzione degli importi corrisposti a titolo di canone locatizio con riguardo ai medesimi manufatti per il periodo tra il 1972 e il 2009;

nonché, quella inerente, per il periodo dal 2009 all’attualità, la liberazione delle somme accantonate per il pagamento dei canoni di affitto in ipotesi dovuti a e la condanna dei convenuti a corrispondere gli interessi sui relativi importi;

3) condanna a rifondere a e l le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano per ciascuna delle parti in € 10.860,00 per compensi, oltre iva se dovuta, c.p.a. e rimborso forfettario come per legge, ed oltre spese vive del giudizio.

” Avverso la pronuncia proponevano appello chiedendo, previa sospensione della esecutività della sentenza impugnata, accertare e dichiarare ex art. 948 c.c. la sussistenza del diritto di proprietà degli appellanti sui manufatti per cui è causa e quindi condannare l’apparente proprietario dei medesimi, alla loro pronta restituzione ai legittimi proprietari.

Chiedevano condannare gli appellati, per quanto di spettanza, alla restituzione in loro favore dell’importo indebitamente corrisposto negli anni a titolo di canone locatizio, da quantificarsi nella somma di euro 172.223,00 così come calcolata dal CTU Geom. nella relazione in atti per il periodo tra il 1972 e il 2009.

Infine, domandavano disporre per il periodo dal 2009 all’attualità la liberazione delle somme via via accantonate per il pagamento dei canoni di affitto in ipotesi dovuti a con condanna degli appellati a corrispondere gli interessi sui relativi importi.

In particolare, parte appellante, lamentava:

1) Violazione dell’art. 39 comma 1 c.p.c. – Erroneo riconoscimento di una situazione di litispendenza.

Sull’asserzione per cui il presente giudizio mostrerebbe significative coincidenze con quello recante RG n. 5102/2008 proposto dinanzi al Tribunale di Massa ed attualmente pendente dinanzi alla Corte di Cassazione, dovendosi per l’effetto ritenere sussistente una ipotesi di litispendenza con riguardo alla questione pregiudiziale dell’accertamento della proprietà superficiaria degli odierni appellanti;

2) Error in procedendo:

Violazione dell’art. 295 c.p.c. ovvero in subordine dell’art. 337 co. 2 c.p.c. – Mancata sospensione del giudizio in riferimento alla deduzione delle due questioni giuridicamente dipendenti relative ai canoni locatizi;

in subordine, violazione dell’art. 111, VI° c Cost., stante il difetto di motivazione della sentenza appellata momento in cui ha ritenuto inattendibile e quindi viziata la CTU in atti;

4) Violazione dell’art. 115 c.p.c. – Mancata considerazione di fatti non contestati ai fini della decisione giudiziale.

Si costituiva in giudizio chiedendo, in via preliminare, rigettare l’istanza di sospensione cautelare della sentenza impugnata per carenza dei relativi presupposti e, nel merito, rigettare l’appello proposto perché infondato, confermando pienamente la statuizione di prime cure.

Si costituiva, altresì, , la quale insisteva per il rigetto dell’appello e di tutte le domande proposte da Infine, si costituiva in giudizio chiedendo rigettare l’appello in quanto inammissibile ed infondato, anche disponendo l’ordine al Conservatore di cancellare qualsiasi eventuale trascrizione concernente gli immobili per cui è causa ed i relativi manufatti in favore di e/o della loro asserita dante causa Spiegava,

altresì, appello incidentale lamentando:

1) in ordine al difetto di legittimazione attiva degli attori:

omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.;

violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. Difetto di istruttoria e di motivazione;

2) in ordine alla decadenza e prescrizione della pretesa concernente la restituzione dei canoni:

omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli artt. 79, comma 2, l. n. 392/1978, 2946 e 2948 c.c. Difetto di istruttoria e di motivazione;

3) sulle spese legali;

Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 e 91 c.p.c.;

Violazione e falsa applicazione del D.M. 55/2014, e in particolare del suo art. 4 e delle tabelle allegate.

Con provvedimento in data 12.12.2023 veniva rigettata l’istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà della pronuncia impugnata.

Con provvedimento del 13.11.2024 il Consigliere istruttore, viste le note depositate dalle parti sostitutive dell’udienza in data 12.11.2024, visto l’art. 352

c.p.c., riservava la decisione al Collegio ed il deposito della sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo parte appellante si duole dell’avvenuto riconoscimento della litispendenza.

Deduce l’assenza dei requisiti per la sussistenza della stessa, in quanto non vi sarebbe identità di parti, dal momento che nel giudizio in allora pendente nanti la Corte di Cassazione non compare il Sig. , talché non risulta rappresentata la quota se, assumendo che la fattispecie di causa sia regolata dall’art. 49 cod. nav. , non si sarebbe comunque dovuto ritenere prodotto l’incameramento automatico in favore dell’Amministrazione statale dei fabbricati attinenti al Cinema Arena Paradiso, in quanto da riconoscersi di proprietà della ex concessionaria ed oggi dei suoi eredi odierni appellanti.

Ciò in quanto al venir meno della concessione è previsto l’incameramento automatico e gratuito in favore dello Stato delle opere inamovibili costruite sulla zona demaniale citare alla lettera l’art. 49, “salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione”, come testualmente reca l’art. 49 cod nav.

Nel caso di specie – assume parte appellante – tutti gli atti di concessione assentiti con riferimento al RAGIONE_SOCIALE nel corso dei vari anni, fino alla sdemanializzazione del 1965, presentano clausole nelle quali risulta “diversamente stabilito”, in quanto non si fa mai riferimento all’acquisizione pubblica del fabbricato al cessare della concessione, bensì soltanto alla facoltà dell’autorità concedente di richiedere la demolizione dei manufatti realizzati dal concessionario e la restituzione dell’area nel pristino stato, con la previsione che, in difetto di demolizione spontanea, questa possa essere disposta d’ufficio con possibilità dell’amministrazione di rivalersi sulle somme ricavate dalla vendita dei materiali di demolizione dei manufatti eretti. Il giudizio già pendente nanti la Suprema Corte riguarda invece l’accertamento del fatto che il diritto del concessionario non verrebbe meno per la sopravvenuta sdemanializzazione delle aree, stante l’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 49 cod. nav.

Quest’ultimo troverebbe applicazione senza estensioni analogiche e quindi nelle sole ipotesi tipiche previste (decadenza o scadenza della concessione) e non in casi non contemplati, come quello ricorrente nella specie, di sdemanializzazione delle aree durante la durata della concessione.

Con il secondo motivo è dedotta la violazione dell’art. 295 c.p.c. ovvero in subordine dell’art. 337 co. 2 c.p.c. per mancata sospensione del giudizio in riferimento alla deduzione delle due questioni giuridicamente dipendenti relative ai canoni locatizi;

in subordine, violazione dell’art. 111, VI° co. Cost., stante il difetto di motivazione della sentenza appellata circa la determinazione di non procedere a detta sospensione.

Parte appellante lamenta l’erroneità della statuizione di primo grado laddove si è comunque pronunciata nel merito delle due questioni dipendenti dalla precedente – con riferimento alla in ipotesi di violazione dell’art. 295 c.p.c., atteso che, ritenuta la suddetta litispendenza, il Tribunale avrebbe dovuto sospendere il giudizio, sulle due questioni dipendenti, in attesa della definizione pregiudiziale del procedimento, ritenuto pregiudiziale, pendente nanti la Suprema Corte.

In subordine, lamenta comunque la mancata motivazione in ordine alla decisione di non sospendere il giudizio su tali questioni.

I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi.

Questi i fatti pacifici:

con i decreti ministeriali nn. 54 del 01.03.1967 e 243 del 25.09.1970 l’area demaniale Arena Paradiso veniva veniva trasferita dal Demanio Marittimo al patrimonio disponibile dello Stato;

il procedimento di sdemanializzazione si concludeva con verbale di consegna dell’Amministrazione Marittima a quella Finanziaria in data 18.02.1971.

Conclusosi il procedimento di sdemanializzazione, alla precedente concessionaria l’Amministrazione Demaniale venivano concessi i beni in affitto per un anno.

L’affitto veniva espressamente rinnovato di anno in anno, nel 1976 veniva rinnovato per due anni.

L’ultima concessione di affitto è datata 3.08.1990 (“il presente contratto di affitto è assentito per anni 6 a decorrere dall’1/1/87 a titolo precario, con il patto, cioè, della revocabilità ogni qualvolta ciò fosse richiesto da ragioni di servizio o da qualsiasi altra ragione, e cioè ad esclusivo giudizio della Amministrazione concedente, e per semplice lettera raccomandata, senza che all’affittuario possa competere indennizzo o compenso di sorta”).

Stante il perdurare dell’occupazione da parte di in data 10.07.1997 l’Ufficio del Territorio di Massa Carrara comunicava alla medesima che il bene oggetto di detenzione era stato proposto per i fondi immobiliari di cui all’art. 3 comma 86 della legge 662/96;

indi, a seguito della costituzione ex lege della società pubblica avvenuta con D.L. n. 63/2002 convertito nella L. 112/2002, l’area in questione è stata trasferita a quest’ultima società affinché ne addivenisse alla cessione.

Con il contratto di compravendita del 29.12.2009 a rogito del Notaio Dott.ssa di Roma (rep. 14322, racc. 4565) ha acquistato da previa aggiudicazione ad asta pubblica il complesso immobiliare sito in Marina di Carrara (MS), denominato RAGIONE_SOCIALE (cinema all’aperto) originariamente ricompreso nel Demanio marittimo, su cui insisteva la concessione demaniale in favore di ed altri.

Nell’atto di compravendita si dava atto della pendenza avanti il Tribunale di Massa, .G. n. 5894/2004 proposto dalla medesima per vedersi riconoscere i diritti di conduttrice in locazione del bene.

Orbene, vi è da dire che in corso di giudizio è stato definito il procedimento pendente nani la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 7128 del 16/03/2024 che ha confermato il decisum della pronuncia di merito.

La pronuncia di Cassazione ha statuito che:

la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 1825/2018 si é conformata alla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, sia in punto d’individuazione dell’ambito applicativo dell’art. 49 del codice della navigazione, comprendente oltre alle ipotesi di revoca, decadenza, o scadenza del termine di durata della concessione, anche quella della sdemanializzazione del bene in corso di concessione (Cass. 14.2.2017 n. 3842; Cass. 1.4.2015 n. 6619; Cass. n.2701/1981), sia sul fatto che la sdemanializzazione determina l’estinzione della concessione relativa al ex bene demaniale, nonché del diritto di superficie temporaneo che era sorto a favore del concessionario a seguito della realizzazione autorizzata della costruzione sull’area demaniale in pendenza di concessione (Cass. sez. un. n. 1324/1997; Cass. n. 1369/1980) con deroga al disposto dell’art. 936 cod. civ., che riconosce l’indennizzo al costruttore in caso di ritenzione dell’opera da parte del proprietario al quale la proprietà della costruzione perviene per accessione (Cass. n. 5842/2004), sia in punto di esclusione che in caso di sdemanializzazione di un bene appartenente allo Stato si verifichi l’automatica trasformazione della concessione esistente fino alla sdemanializzazione in un rapporto di affitto del medesimo bene, occorrendo allo scopo della costituzione di tale rapporto una specifica manifestazione scritta di volontà dell’Amministrazione proprietaria del bene già oggetto di concessione (Cass. sez. un. n.2014/1989; Cass. 5.11.1985 n.5348) ed il ricorrente non ha offerto elementi che debbano indurre a mutare i suddetti orientamenti. Anzitutto l’art. 49 del codice della navigazione stabilisce che “salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili costruite sulla zona demaniale restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso”, per cui non é sostenibile che tale disposizione si riferisca alle sole ipotesi di revoca, o di scadenza naturale della concessione, e non a quella di sdemanializzazione in corso di concessione, in quanto il legislatore, parlando di cessazione della concessione, si é riferito indifferentemente a tutte le varie ipotesi che possono determinare l’estinzione della cessazione, e per esse, e quindi anche per la sdemanializzazione, ha inteso escludere , che non può quindi pretendere indennizzi, o rimborsi per costruzioni realizzate sull’area demaniale concessagli in pendenza della concessione poi estintasi. ”

La pronuncia prosegue chiarendo che “Quanto alla violazione dell’art. 953 cod. civ., dev’essere esclusa, in ragione della ritenuta corretta applicabilità alla fattispecie concreta, ricostruita dai giudici di merito, e non modificabile attraverso un nuovo apprezzamento delle risultanze probatorie dalla Suprema Corte, giudice di legittimità, della norma speciale dell’art. 49 del codice della navigazione, che alla cessazione per qualunque causa della concessione ricollega l’automatica e gratuita acquisizione dei manufatti non amovibili realizzati sull’area oggetto di concessione, facendo salva solo la possibilità per le parti di diversamente disporre nella concessione, con conseguente estinzione del diritto temporaneo di superficie eventualmente costituitosi in pendenza di concessione (vedi sull’incameramento automatico allo Stato delle costruzioni realizzate in pendenza di concessione recentemente Cass. ord. 24.10.2023 n. 29492). ”

Parte appellante nella memoria conclusionale ribadisce che una corretta applicazione dell’art 49 cod nav avrebbe comportato che i fabbricati dovevano essere riconosciuti di proprietà della ex concessionaria NOME COGNOMEi ed oggi dei suoi eredi odierni appellanti, con la conseguenza che il compendio era stato indebitamente acquisito nel 2009 da dal momento che aveva venduto all’asta beni dei quali non era proprietaria;

pertanto il canone locatizio pagato era stato, anche considerato sotto il profilo dell’accantonamento delle relative somme, indebitamente corrisposto.

Si osserva che nei provvedimenti di concessione, fino alla sdemanializzazione 1965-1970, non risulta “diversamente stabilito”, mentre va precisato che l’acquisizione pubblica del fabbricato al cessare della concessione avviene automaticamente per disposizione di legge.

Né la previsione della possibilità dell’amministrazione di ottenere la demolizione, ovvero, nel caso di inadempimento dell’ex concessionario, di trattenere le somme ricavate dalla vendita dei materiali di demolizione dei manufatti eretti rappresenta una deroga a tale normativa.

Del resto, in tal senso depone la stessa esistenza dei rapporti di locazione, dai quali si evince che le aree erano cedute unitamente ai manufatti che vi insistono.

La difesa di assume che la sentenza n. 1277/2014 del Tribunale di Massa con statuizione mai impugnata si è già pronunciata statuendo che l’inciso “salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione” non trova applicazione al caso di specie, trattandosi, invece, secondo parte appellante, di una precisazione incidenter tantum e quindi ContrAlla luce dell’ordinanza n. 7128/2024, la sentenza della Corte d’appello di Genova n.1825/2018 è divenuta definitiva con conseguente giudicato in ordine all’accertamento dell’inesistenza del diritto di superficie della e quindi dei suoi eredi sugli immobili per cui è causa, non potendosi ritenere che non vi sia una corrispondenza tra le posizioni in capo alle quali sono vantati i diritti nell’ambito dei due giudizi.

Il giudicato copre il dedotto ed il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia, rimanendo fuori della portata del giudicato le questioni che non potevano essere proposte prima che sorgesse il fatto giuridico da cui scaturiscono (Cass n. 26807/2022); l’ambito di operatività del giudicato, in virtù del principio secondo il quale esso copre il dedotto e il deducibile, è correlato all’oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull’esistenza del diritto azionato, ma anche sull’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi e a quelli comportanti un mutamento del “petitum” e della “causa petendi”, fermo restando il requisito dell’identità delle persone (Cass. n 33021/2022).

La sentenza appellata ha quindi correttamente ritenuto che “la naturale sede ove lamentare l’intervenuta scorretta interpretazione della portata dell’art. 49 cod. nav., quale presupposto a fronte del quale la Corte di Appello di Genova ha ritenuto non sussistente il diritto di proprietà superficiaria in capo ai sig.ri , sia quella del giudizio attualmente pendente dinanzi alla Corte di Cassazione, eventualmente legittimata a proporre il richiesto rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Giustizia UE ex art. 267 TFUE con riguardo all’art. 49 cit., non potendo gli interessati introdurre altro procedimento sulla sola scorta della mera divergenza tra i presupposti logico-giuridico sottesi alla identica causa petendi già prospettata in altro giudizio, posto che sugli stessi – al momento della definitività delle statuizioni relative al primo dei due giudizi – anche ove non espressamente integranti le ragioni del decisum interverrà comunque il giudicato”.

Ne consegue il rigetto dei motivi.

Con il terzo motivo è dedotta la violazione degli artt. 62, 194 e 157 comma 2 c.p.c., Straripamento di potere in cui è incorsa la sentenza appellata nel momento in cui ha ritenuto ’importo oggetto della pretesa restitutoria trova riscontro – secondo l’assunto di parte appellante – proprio nelle indagini tecniche del CTU L’appellante deduce altresì che:

non risponde al vero che detta CTU sia stata prodotta in giudizio senza la documentazione di supporto (v. al riguardo docc. 2a, 2b e 2c);

che anche ove fosse stata realmente affetta dai vizi rilevati dal Tribunale (relativi all’utilizzo di documentazione non ritualmente prodotta) ciononostante – trattandosi di nullità relativa – non poteva essere rilevata d’ufficio.

Il motivo è assorbito dalla statuizione che precede, venendo meno il presupposto della restituzione dei canoni, anche accantonati, non essendo gli eredi della concessionaria divenuti proprietari dei fabbricati.

Con il quarto motivo è dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c., mancata considerazione di fatti non contestati ai fini della decisione giudiziale, in quanto la sentenza ha respinto la domanda di liberazione dei canoni locatizi accantonati per il periodo dal 2009 all’attualità, ritenuta la mancanza di prova dell’avvenuto accantonamento.

Parte appellante assume che dopo avere acquistato all’asta il compendio immobiliare, stanti i contenziosi allora pendenti tra l’Amministrazione dello Stato relativamente alla titolarità o meno della proprietà superficiaria sui manufatti della ex concessionaria, non ha mai accettato il pagamento dei canoni locatizi per non incorrere in possibile implicita accettazione dello status di affittuaria con eventuale titolo alla prelazione della ex concessionaria.

Infatti, dalla disposizione del Tribunale di Massa nella causa RG n. 5287/2010, l’importo corrispondente ai canoni locatizi è sempre stato oggetto di accantonamento.

Si tratterebbe di un fatto incontroverso, giacché nessuna delle parti in causa ha mai negato che tale accantonamento vi sia oggi e vi sia stato dal 2009 in avanti con l’avvento di Anche tale motivo, come il precedente è assorbito dal rilievo dell’intervenuto giudicato.

Anche le difese riproposte ex art. 346 cpc dalle parti appellante al fine di escludere la sussistenza del diritto alla restituzione dei canoni restano assorbite dalla statuizione che precede.

Quanto alla reiterazione della richiesta già avanzata nel primo grado di giudizio, di rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Giustizia UE ex art. 267 TFUE, in ragione della sopravvenuta ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. VII, n. 8010 del 15 settembre 2022, la stessa deve essere disattesa.

Parte appellata deduce che con la predetta ordinanza il Consiglio di Stato ha rimesso alla nazionale quale l’art. 49 cod. nav., nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo tale effetto di immediato incameramento configurare una restrizione eccedente lo scopo della norma.

Seppure quindi la fattispecie oggetto di causa è differente, essa presenterebbe comunque un tratto comune, quello della ritenuta applicabilità dell’art. 49 cod. nav. al di là ed oltre i casi espressamente previsti dalla norma (il rinnovo della concessione dopo la scadenza nel caso scrutinato dal Consiglio di Stato, la decadenza del titolo per sdemanializzazione in corso di rapporto concessorio nella fattispecie).

Orbene, sul punto soccorre la statuizione della Suprema Corte citata, che così si è espressa:

“Neppure risulta necessaria la rimessione alla Corte di Giustizia UE della questione, se gli articoli 49 e 56 del TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza della Corte di Giustizia UE Laezza (C -375/14), ostino all’applicazione dell’art. 49 del codice della navigazione, in quanto espressivo del principio dell’estinzione del diritto di superficie sulle costruzioni realizzate su area ex demaniale senza indennizzo a seguito della cessazione della concessione per sdemanializzazione, come invece ritenuto dall’ordinanza del Consiglio di Stato del 15.9.2022 n. 8010, in quanto nella fattispecie lì esaminata si trattava di una concessione rinnovata senza soluzione di continuità con incameramento delle opere inamovibili da parte del concedente, mentre nel nostro caso non ricorre un’ipotesi di rinnovazione senza soluzione di continuità di concessione, ma di cessazione della concessione per sdemanializzazione, seguita dopo alcuni anni da un autonomo contratto di affitto di beni produttivi e per giunta la domanda è stata tempestivamente avanzata solo per costruzioni realizzate in pendenza di concessione e non per eventuali altri manufatti realizzati sotto la vigenza del contratto di affitto di beni produttivi. ” Si rileva peraltro che le parti danno atto dell’intervenuta pronuncia che ha affermato la piena rispondenza dell’art. 49 cod. nav. ai principi del Trattato euro unitario, affermando che “occorre rilevare che l’articolo 49 del codice della navigazione si limita a trarre le conseguenze dei principi fondamentali del demanio pubblico.

Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, l’appropriazione gratuita e senza indennizzo, da parte del soggetto pubblico concedente, delle opere non amovibili il demanio pubblico resta di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione demaniali hanno carattere precario, nel senso che esse hanno una durata determinata e sono inoltre revocabili”.

Parte appellata svolge appello incidentale, del quale assume la necessarietà alla luce del proposto appello in via principale.

Dirimente sul punto è quindi il mancato accoglimento dell’appello principale, apparendo le doglianze subordinate all’accoglimento dello stesso.

Per completezza si osserva che con il primo motivo di appello incidentale si duole che con riferimento al difetto di legittimazione attiva degli attori vi sia stata un’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., con violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c..

, difetto di istruttoria e di motivazione.

Premesso che gli attori/appellanti avevano in primo grado allegato l’atto notarile di pubblicazione del testamento olografo della defunta Sig. dal quale risulta che avevano ricevuto per trasmissione ereditaria disposta dal de cuius in data 15 giugno 2017 il fabbricato cinema INDIRIZZO, va altresì dato atto che la pronuncia definitiva della Suprema Corte è resa nel giudizio proprio da instaurato.

Il secondo motivo di appello incidentale attiene alla omessa pronuncia in ordine alla asserita decadenza e prescrizione della pretesa concernente la restituzione dei canone, assumendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 79, comma 2, l. n. 392/1978, 2946 e 2948 c.c.

Il motivo è assorbito dalle statuizioni di rigetto dell’appello principale sul punto.

Con il terzo motivo d’appello incidentale – afferente le spese legali – è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 e 91 c.p.c.; violazione e falsa applicazione del D.M. 55/2014, e in particolare del suo art. 4 e delle tabelle allegate.

Parte appellante incidentale si duole del ritenuto valore della causa come indeterminabile, assumendo invece che vada ricompreso nello scaglione tra 260.000 e 520.000 euro tenuto conto che controparte:

ha rivendicato la proprietà degli immobili, osservando che, come risulta dall’atto di compravendita di la stessa ha acquistato detta proprietà per 508.000 euro complessivi ;

ha rivendicato la restituzione di canoni per € 172.223,00, oltre interessi;

ha chiesto la condanna al pagamento degli ulteriori interessi sui canoni asseritamente accantonati dal 2009.

[… motivo è fondato, in quanto non vi è ragione di ritenere la causa di valore indeterminabile, considerato che emerge pacificamente dalle stesse domande attoree il valore della lite, così come individuato dall’appellante incidentale.

Pertanto, in parziale accoglimento dell’appello incidentale ed in parziale riforma della sentenza impugnata, le spese del giudizio di primo grado si liquidano come in dispositivo in conformità al DM 55/2014, considerato lo scaglione di riferimento tra € 260.001 ed € 520.000 e l’attività defensionale espletata.

Le spese del grado, alla luce dell’esito della lite, che vede soccombenti gli appellanti nei confronti degli appellati e dell’appellante incidentale, stante l’assorbimento dei motivi d’appello incidentale non accolti, vanno poste a carico di parte appellante e si liquidano come in dispositivo in conformità al DM 55/2014.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002 a carico dell’appellante principale.

La Corte di Appello, Ogni diversa o contraria domanda, eccezione e deduzione disattesa e reietta, definitivamente pronunciando, in parziale accoglimento dell’appello incidentale proposto da ed in parziale riforma della sentenza N. 344/2023 del Tribunale di Massa:

condanna alla refusione delle spese di lite di primo grado in favore di che liquida in € 22.457,00 per competenze, oltre 15% rimb forfet spese gen, iva e cpa come per legge;

rigetta l’appello principale proposto da rigetta i restanti motivi di appello incidentale proposto da confermando per il resto.

Condanna alla refusione delle spese di lite del grado, che liquida in favore di:

in € 20.119,00 per competenze, oltre 15% rimb forfet spese gen, iva e cpa come per legge;

in € 20.119,00 per competenze, oltre 15% rimb forfet spese gen, iva e in € 20.119,00 per competenze, oltre 15% rimb forfet spese gen, iva e cpa come per legge;

Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002 a carico dell’appellante principale.

Genova, 14.11.2024 Il Consigliere estensore Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME dott. NOME COGNOME

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