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Disposizioni in materia di appalti pubblici e azione revocatoria

Il giudice ha rigettato la domanda di revoca dei pagamenti effettuati da un Ministero a un’impresa subappaltatrice. Sebbene la delegazione di pagamento sia generalmente considerata un mezzo anormale di pagamento, nel caso di specie le specifiche disposizioni in materia di appalti pubblici la configurano come modalità di adempimento fisiologica e necessitata. Inoltre, non è stata fornita prova della conoscenza dello stato di insolvenza da parte del convenuto, né di un effettivo pregiudizio alla massa dei creditori.

Pubblicato il 10 November 2024 in Diritto Civile, Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI TORINO SEZIONE I CIVILE in persona del Giudice unico, dott. NOME COGNOME all’esito dell’udienza cartolare del 30.10.2024, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._5544_2024_- N._R.G._00003168_2023 DEL_04_11_2024 PUBBLICATA_IL_05_11_2024

nella causa civile di I grado iscritta al n. 3168/2023 R.G. promossa da:

(C.F. e P.IVA ), in persona dei Commissari Straordinari prof. avv. dott. e dott. , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME – contro (C.F. ), rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. NOME COGNOME e NOME COGNOME CONVENUTO – OGGETTO:

Azione revocatoria fallimentare ex art. 67 L.F.

CONCLUSIONI

DELLE PARTI Per l’attrice Amministrazione Straordinaria:

“In INDIRIZZO

– accertare e dichiarare che i pagamenti effettuati dal Ministero nel “periodo sospetto” individuato in atto, per la somma complessiva di € 234.131,23, sono revocabili ai sensi di quanto previsto dall’art. 67 comma I n. 2 L.F. (oggi art. 166, comma 1 n.2, d. lgs. n. 14/2019) e per l’effetto, condannare (CF: ; P. IVA ), in qualità di titolare dell’omonima ditta RAGIONE_SOCIALE subordine, nella denegata ipotesi in cui Codesto Ecc.mo Tribunale ritenga che i pagamenti in oggetto non siano qualificabili come mezzi anormali di pagamento, accertare e dichiarare che i ridetti pagamenti sono revocabili, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 67, comma secondo, L.F (oggi art. 166, comma II, lgs. 14/2019), per l’effetto, condannare (CF: ; P. IVA ), in qualità di titolare dell’omonima ditta individuale ” alla restituzione e, dunque, al pagamento della somma di € 234.131,23 in favore di – condannare (CF: ; P. IVA ), in qualità di titolare dell’omonima ditta individuale ” ” alla refusione, in favore di , delle spese e compensi professionali di causa, oltre al rimborso forfettario del 15%, iva e cap accessori”.

Per il convenuto “Voglia l’Ecc.mo Tribunale di Torino, Sezione Prima Civile, contrariis reiectis:

(a) in via preliminare e in rito, dichiarare inammissibile e/o improponibile e/o improcedibile la domanda ex art. 67, comma 2, l.fall. formulata per la prima volta nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1), c.p.c. dalla società ” in amministrazione straordinaria, in persona dei Commissari straordinari, Avv. Dott. e Dott. , nei confronti del Sig. in qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, in quanto palesemente tardiva per le ragioni tutte indicate nei precedenti scritti difensivi e con ogni consequenziale pronuncia;

(b) nel merito, rigettare integralmente le domande formulate dalla società ” , in persona dei Commissari straordinari, Avv. Dott. e Dott. , nei confronti del Sig. in qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, perché infondate in fatto ed in diritto per le ragioni tutte indicate nei precedenti scritti difensivi e con ogni consequenziale pronuncia;

(c) in ogni caso, con vittoria di spese e di onorari del giudizio“.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 2 febbraio 2023, conveniva in giudizio titolare dell’omonima impresa individuale, chiedendo la revoca ex art. 67 L.F. dei pagamenti effettuati dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in favore del convenuto nel periodo sospetto, per la somma complessiva di € 234.131,23, con conseguente condanna alla restituzione di tale importo.

A fondamento della domanda, l’attrice esponeva che:

svolgeva attività di facility management in favore di soggetti pubblici e privati, C.F. C.F. – nel 2012 si era aggiudicata una gara bandita da Consip S.p.A., stipulando due convenzioni denominate – nel 2014 aveva stipulato con la ditta individuale un accordo quadro di subappalto per servizi di manutenzione straordinaria degli impianti idricosanitari nell’ambito della Commessa CONSIP FM3;

– a partire dal 2017 RAGIONE_SOCIALE aveva iniziato a manifestare difficoltà finanziarie, con contrazione del fatturato, aumento dell’esposizione debitoria e contenziosi con fornitori e dipendenti;

– nel 2019, non riuscendo ad adempiere ai pagamenti verso i subappaltatori, aveva chiesto al Ministero degli Affari Esteri di provvedere al pagamento diretto in loro favore;

– con comunicazione dell’11 dicembre 2019, il Ministero aveva confermato di aver effettuato pagamenti per complessivi € 234.131,23 in favore della ditta – in data 4 febbraio 2020 il Tribunale di Torino aveva dichiarato lo stato di insolvenza di , successivamente ammettendola, su conforme parere dell’Autorità Misteriale, alla procedura di amministrazione straordinaria.

Secondo l’attrice, i pagamenti effettuati dal Ministero in favore del convenuto costituivano una delegazione di pagamento qualificabile come mezzo anormale ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2 L.F., in quanto non rispondente alle modalità usualmente praticate nel settore.

Inoltre, la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del convenuto sarebbe stata presunta, o comunque desumibile da vari elementi indiziari.

Infine, secondo parte attrice:

– le disposizioni di pagamento sono state effettuate su propria espressa delegazione tra il mese di luglio e il mese di dicembre 2019 e, pertanto, nell’arco temporale individuato come periodo sospetto per i cc.dd.

pagamenti anormali (a ritroso dal 04.02.2020 al 04.02.2019);

– i ridetti pagamenti hanno natura onerosa e sono stati eseguiti in presenza di un debito/credito certo, liquido ed esigibile, non contestato da parte di – il pagamento eseguito dal Ministero in favore della ditta convenuta ha comportato che il corrispondente credito di nei confronti del delegato non entrasse materialmente nelle casse dell’odierna attrice;

– l’uscita della complessiva somma di denaro dal patrimonio di ha leso la par condicio creditorum, configurandosi l’eventus damni;

– come confermato dalla giurisprudenza, l’“eventus damni” è “in re ipsa” e consiste nel fatto stesso della “lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale ed assoluta, all’uscita del bene dalla massa conseguente all’atto di disposizione”.

Si costituiva in giudizio contestando integralmente la fondatezza della domanda Parte Parte convenuto eccepiva preliminarmente l’infondatezza dell’azione revocatoria, in quanto avente ad oggetto pagamenti effettuati da un terzo (il Ministero) con risorse proprie, che non avrebbero quindi pregiudicato la par condicio creditorum.

Nel merito, deduceva che:

– il pagamento diretto da parte della stazione appaltante era espressamente previsto dalla normativa sugli appalti pubblici (art. 118 D.Lgs. 163/2006) e dal bando di gara;

– trattandosi di una piccola impresa, il pagamento diretto era addirittura obbligatorio ai sensi dell’art. 13 L. 180/2011;

– non si trattava quindi di un mezzo anormale di pagamento, bensì di una modalità fisiologica e necessitata;

– in ogni caso, il convenuto non era a conoscenza dello stato di insolvenza di avendo anzi notizia di un piano di rilancio aziendale;

– i pagamenti rientrerebbero comunque nell’esenzione di cui all’art. 67, comma 3, lett. a)

L.F. Concessi i termini ex art. 183 c.p.c., l’attrice precisava le proprie conclusioni chiedendo in via principale la revoca ex art. 67, comma 1, n. 2 L.F. e in subordine ex art. 67, comma 2 L.F. Il convenuto eccepiva l’inammissibilità della domanda subordinata in quanto nuova.

All’esito dello scambio delle memorie istruttorie, la causa veniva rinviata ex art. 127ter c.p.c. per precisazione delle conclusioni.

Precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

Tramutato il giudice ad altro incarico in pendenza del termine ex art. 190 cpc, decorso il termine per repliche, il nuovo giudice disponeva rimessione in istruttoria avanti a sé, mediante scambio di note ex art. 127 ter cpc per rinnovo del solo incombente della precisazione delle conclusioni, cui le parti adempivano nel termine assegnato del 30.10.2024 ed il giudice, atteso altresì il già intervenuto decorso dei termini ex art. 190 cpc ed il deposito delle relative memorie, tratteneva la causa a decisione, rinunziata in ogni caso da entrambe le difese la richiesta di nuovi termini ex art. 190 cpc siccome già fruiti, in occasione della precisazione delle conclusioni avanti il precedente istruttore.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.

Questioni preliminari 1.1 Sulla competenza e composizione del Tribunale competenza a conoscere della presente azione revocatoria fallimentare spetta funzionalmente al Tribunale di Torino che ha dichiarato lo stato di insolvenza di ai sensi dell’art. 24 L.F.

Il Tribunale giudica in composizione monocratica, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità per i giudizi relativi all’azione revocatoria fallimentare (Cass. civ. Sez. I, 14/10/2002, n. 14012; Cass. civ. Sez. I, 17/05/2007, n. 11647; Cass. civ. Sez. I, 01/04/2011, n. 7579).

1.2 Sull’ammissibilità della domanda subordinata ex art. 67, comma 2, L.F. Il convenuto ha eccepito l’inammissibilità della domanda di revoca ex art. 67, comma 2, L.F. formulata dall’attrice in via subordinata nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., qualificandola come domanda nuova.

L’eccezione è infondata.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, le diverse ipotesi di revocatoria previste dai commi 1 e 2 dell’art. 67 L.F. configurano azioni autonome, il cui passaggio dall’una all’altra implica il mutamento della causa petendi (Cass. civ.  Sez. I, 22/01/2004, n. 1079; Cass. civ. Sez. I, 11/06/2008, n. 15543).

Tuttavia, tale principio va coordinato con quello della riqualificazione officiosa della domanda da parte del giudice.

In particolare, “dedotto in causa, nei suoi estremi materiali, l’atto di cui si chiede la revocazione, pur se erroneamente sussunto dalla parte in una delle ipotesi previste dall’art. 67, citato anziché in un’altra, diversa da quella che nella specie gli è propria, non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che d’ufficio ne rilevi l’esatta qualificazione e decida la causa secondo la regula iuris a questa corrispondente, atteso che, una volta chiaramente ed univocamente indicato, da parte della curatela, l’atto giuridico i cui effetti si intendano neutralizzare, il problema dell’esatta individuazione sub specie iuris della domanda a tal fine proposta diviene una questione di mera qualificazione giuridica del petitum attoreo, correlata a quella dell’esatta denominazione dell’atto, dall’attore pur sempre puntualmente indicato nella sua materialità e nei suoi effetti” (Cass. civ. Sez. I, 11/06/2008, n. 15543). Nel caso di specie, l’attrice ha sin dall’atto di citazione:

1) esposto i fatti relativi ai pagamenti effettuati dal Ministero in favore del convenuto;

2) chiesto la revoca di tali pagamenti ai sensi dell’art. 67 L.F.;

3) dedotto sia la natura anomala dei pagamenti ex art. 67, comma 1, n. 2, sia la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del convenuto ex art. 67, comma 2.

Pertanto, la precisazione delle conclusioni operata nella memoria ex art. 183 c.p.c., con la richiesta in via principale della revoca ex art. 67, comma 1, n. 2 e in subordine ex art. 67, comma 2, non costituisce una domanda nuova, ma una mera qualificazione giuridica dei fatti.

Questioni di merito 2.1 Natura e finalità dell’azione revocatoria fallimentare L’azione revocatoria fallimentare ha natura costitutiva, in quanto volta a modificare ex post una situazione giuridica preesistente (Cass. civ. Sez. I, 23/03/2007, n. 6991).

Le sue finalità principali sono:

– reintegrare la garanzia patrimoniale del debitore fallito;

– tutelare la par condicio creditorum (Cass. civ. Sez. I, 30/08/2013, n. 20002).

2.2

Onere della prova Nell’azione revocatoria fallimentare, l’onere della prova è così ripartito:

a) Per la curatela fallimentare:

– deve provare la notevole sproporzione tra le prestazioni (art. 67, comma 1, n. 1 L.F.);

– deve fornire elementi idonei a dimostrare che il prezzo pattuito era notevolmente inferiore al valore reale del bene (Cass. civ. Sez. I, 03/05/2006, n. 10117);

– nelle ipotesi ex art. 67, comma 2 L.F., opera una presunzione di danno (Cass. civ. Sez. I, 14/11/2003, n. 16915).

b) Per il convenuto:

– deve provare l’inscientia decoctionis, cioè la mancata conoscenza dello stato di insolvenza del debitore (Cass. civ. Sez. I, 19/05/1982, n. 2865);

– tale prova deve essere precisa e rigorosa, specie in caso di atti di disposizione anomali.

2.3

Sulla natura dei pagamenti effettuati dal Ministero La questione centrale della controversia riguarda la qualificazione giuridica dei pagamenti effettuati dal Ministero degli Affari Esteri in favore del convenuto su richiesta di Secondo l’attrice, tali pagamenti costituirebbero una delegazione di pagamento qualificabile come mezzo anormale ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2 L.F. Il convenuto sostiene invece che si tratterebbe di una modalità fisiologica di pagamento, espressamente prevista dalla normativa sugli appalti pubblici. Occorre preliminarmente rilevare che, secondo la giurisprudenza, la delegazione di pagamento è generalmente considerata un mezzo anomalo, in quanto non riconducibile ad un atto estintivo di un debito pecuniario scaduto ed esigibile tramite denaro o altro mezzo ad esso equiparato , nel caso di specie vengono in rilievo le specifiche disposizioni in materia di appalti pubblici.

In particolare, l’art. 118, comma 3, D.Lgs. 163/2006 (applicabile ratione temporis) prevedeva che “ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell’affidatario, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso può provvedersi, sentito l’affidatario, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto al subappaltatore o al cottimista dell’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite”. Inoltre, l’art. 13, comma 2, lett. a), L. 180/2011 stabiliva che “al fine di favorire l’accesso delle micro, piccole e medie imprese, la pubblica amministrazione e le autorità competenti provvedono a:

a) suddividere gli appalti in lotti o lavorazioni ed evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione diretta dei pagamenti da effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le motivazioni del pagamento, da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento”.

Tali disposizioni configurano il pagamento diretto del subappaltatore da parte della stazione appaltante come una modalità di adempimento espressamente prevista e disciplinata dalla legge, finalizzata a tutelare sia l’interesse pubblico alla regolare esecuzione dell’appalto, sia la posizione dei subappaltatori quali parti deboli del rapporto (in tal senso Cass. civ., Sez. Un. , 14/01/2020, n. 5685).

Nel caso di specie, risulta documentalmente provato che:

– il convenuto era subappaltatore di nell’ambito di una commessa Consip;

versava in una situazione di crisi di liquidità, con ritardi nei pagamenti ai subappaltatori;

– il convenuto rientrava nella categoria delle piccole imprese.

Ricorrevano quindi i presupposti previsti dalla legge per il pagamento diretto da parte della stazione appaltante.

Alla luce di tali considerazioni, si deve ritenere che i pagamenti effettuati dal Ministero in favore del convenuto non costituiscano un mezzo anormale di pagamento ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2 L.F., bensì una modalità di adempimento fisiologica e necessitata nell’ambito degli appalti pubblici, peraltro prevista per legge, proprio in caso d’inadempimento dell’appaltatore.

2.4 Sulla conoscenza dello stato di insolvenza Esclusa la configurabilità dei pagamenti come mezzi anormali ex art. 67, comma 1, n. 2 L.F., occorre valutare la sussistenza dei presupposti per la revocatoria ordinaria ex art. 67, comma 2 particolare, è necessario accertare se il convenuto fosse a conoscenza dello stato di insolvenza al momento dei pagamenti.

Secondo la giurisprudenza, la conoscenza dello stato di insolvenza deve essere effettiva e non meramente potenziale.

L’onere della prova grava sul curatore, che può assolverlo anche in via presuntiva, avvalendosi di elementi indiziari caratterizzati dai requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. civ. Sez. I, 14/09/2022, n. 27074).

Nel caso di specie, l’attrice ha dedotto quali indizi della conoscenza dello stato di insolvenza:

– i ritardi nei pagamenti di verso i subappaltatori;

– le notizie di stampa sulle difficoltà finanziarie della società;

– le agitazioni dei lavoratori.

Il convenuto ha contestato di essere stato a conoscenza dello stato di insolvenza, deducendo:

– di aver avuto notizia di un piano di rilancio aziendale di – che il bilancio 2018 di , da cui emergevano le difficoltà finanziarie, era stato depositato solo nell’ottobre 2019;

– che i ritardi nei pagamenti rientravano nella normale prassi dei rapporti con Valutando complessivamente gli elementi acquisiti, non si ritiene raggiunta la prova della conoscenza effettiva dello stato di insolvenza da parte del convenuto.

In particolare:

– i ritardi nei pagamenti, in assenza di altri elementi, non sono di per sé sintomatici di uno stato di insolvenza irreversibile;

– le notizie di stampa prodotte dall’attrice si riferiscono prevalentemente a un periodo successivo ai pagamenti contestati;

– risulta effettivamente che nel novembre 2019 aveva approvato un piano industriale di rilancio, di cui era stata data notizia sulla stampa nazionale;

– il bilancio 2018 di è stato depositato in un momento successivo alla maggior parte dei pagamenti contestati.

Inoltre, occorre considerare che il convenuto, in quanto piccola impresa subappaltatrice, non disponeva verosimilmente di strumenti idonei a monitorare costantemente lo stato di salute finanziaria di In conclusione, pur in presenza di alcuni elementi indiziari, non si ritiene raggiunta la prova.5 Sull’eventuale pregiudizio alla par condicio creditorum In via ulteriormente subordinata, occorre valutare se i pagamenti contestati abbiano effettivamente arrecato un pregiudizio alla par condicio creditorum.

Sul punto, si osserva che i pagamenti sono stati effettuati direttamente dal Ministero degli Affari Esteri con risorse proprie, e non con denaro proveniente dal patrimonio di Nel caso di specie, non risulta provato che il Ministero, dopo aver effettuato i pagamenti al convenuto, abbia successivamente agito in regresso o rivalsa nei confronti di Pertanto, non emerge un effettivo pregiudizio alla massa dei creditori, essendosi in sostanza verificata una mera compensazione tra il credito del Ministero verso e il debito di quest’ultima verso il subappaltatore. 3. Conclusioni Alla luce delle considerazioni svolte, la domanda attorea deve essere rigettata, in quanto:

– i pagamenti contestati non costituiscono mezzi anormali ex art. 67, comma 1, n. 2 L.F.;

– non è stata raggiunta la prova della conoscenza dello stato di insolvenza da parte del convenuto ex art. 67, comma 2 L.F.;

– in ogni caso, non risulta provato un effettivo pregiudizio alla par condicio creditorum.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Il Tribunale di Torino, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

1) rigetta la domanda proposta da nei confronti del convenuto;

2) condanna al pagamento delle spese di lite in favore del convenuto, che liquida in complessivi € 13.430,00 per compensi, oltre 15% spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Torino, il 4.11.2024 Il Giudice dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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