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Codice Penale

Distanze legali tra terrazze e confini

La sentenza chiarisce la distinzione tra parti aggettanti e costruzioni ai fini del rispetto delle distanze legali, sottolineando come la qualificazione dipenda dalla struttura e dalla potenziale lesione del godimento del fondo confinante. Viene inoltre ribadito che la sussistenza di un diritto di servitù necessita di un titolo specifico e non può essere desunta da generiche previsioni.

Pubblicato il 23 September 2024 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO di ROMA SEZIONE VIII
CIVILE– II
Collegio Composta dai magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Rel.
ha emesso la seguente

SENTENZA N._5493_2024_- N._R.G._00001541_2019 DEL_02_09_2024 PUBBLICATA_IL_02_09_2024

nella causa civile iscritta al n° 1541/2019 RG vertente TRA (c.f.
c.f.;
c.f.
elettivamente domiciliati in Roma,INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv.NOME COGNOME (c.f.)
che unitamente all’ Avv. NOME COGNOME (c.f
. li rappresenta e difende, per procura a margine della citazione in primo grado.
APPELLANTI in persona del l.r.p.t.
(p.i. ) elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME c.f. ) che lo rappresenta e difende,unitamente all’Avv. NOME COGNOMEc.f. ), per procura in calce alla comparsa di costituzione.
APPELLATA

OGGETTO : Violazione distanze legali.
C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e

MOTIVI DELLA DECISIONE

hanno proposto appello nei confronti della avverso la sentenza n. 2677/2018 del Tribunale Civile di Velletri, depositata il 12/12/2018, che ha accolto parzialmente le loro domande ed ha ordinato alla società convenuta di ripristinare lo stato dei luoghi, secondo quanto indicato dal ctu relativamente alle modifiche apportate al piano di campagna ed ai materiali di risulta da rimuovere.

La società appellata, costituitasi nel grado, ha chiesto il rigetto del gravame.

In primo grado gli appellanti ,premettendo di essere comproprietari di alcuni terreni siti in Marino in INDIRIZZO INDIRIZZO, distinti al NCEU al F 33, p.lle 69, 1358 e 1378, quali eredi di ,deceduto il 11.12.1965, e della p.lla 1357 per usucapione, e di essere sempre acceduti in modo pacifico e pubblico a tali terreni, sia piedi che con mezzi meccanici, attraverso i viali interpoderali collocati sul confine dei fondi(come da atto pubblico di divisione e compravendita, rogito del 1915, tra NOMECOGNOME (nonno paterno degli attori) e (gli eredi di che a pag. 11 punto 7 prevedeva : “Costoro avranno il diritto di passare pei viali allo scopo di accedere alle rispettive quote del fondo Frattocchie e…..”;
-di aver sottoscritto un verbale di confinazione in data 06.09.2012 con dante causa della per le partt 1560 e 1561 ex 70,e partt.
70,79,432,e proprietario delle partt. 58, 74, 1361, e 54,nonchè , proprietari delle p.lle 59 e 72, con relativo picchettamento delle linee di confine ed apposizione di tondini di ferro;
-che la RAGIONE_SOCIALE ,nel corso di lavori di edificazione di varie palazzine su particelle limitrofe, aveva eliminato i picchetti di confine, si era introdotta abusivamente nei propri terreni ed aveva ivi depositato una ingente quantità di materiale di scavo proveniente dal cantiere, terreno di risulta, relitti di solai di prefabbricati e materiali vari, occupando anche i viali di accesso con gli accumuli di terreno e rendendo così impossibile l’accesso ai mezzi meccanici e difficile l’accesso a piedi alle partt 69 e 1378; -che il proprio tecnico aveva accertato che la società convenuta:
[… (i) non aveva rispettato le previsioni codicistiche e delle N.T.A. del Comune di Marino in tema di distanza minima delle costruzioni dal confine di ml 5,00, realizzando sulla part.1560 (ex 70), confinante con la part.
69, un terrazzo posto a distanza variabile tra mt 1,25 e mt.1,45 dal confine, e collocato ad una quota di mt 1,50 all’originario piano di campagna;
(ii)aveva ricoperto le partt 69,1357, 1358 e 1378 di materiale di scavo e determinato per quelle 69 e 1378 un innalzamento della quota originaria ;
(iii)aveva realizzato nel piano interrato locali posti a ridosso del confine tra le rispettive proprietà, violando l’art. 30 delle NTA del Comune di Marino che impone il rispetto di una fascia di almeno 3,5 ml lungo i confini del lotto( “…è consentito il piano interrato in modo da non ingombrare una fascia di ml 3,50 di larghezza minima lungo i confini del lotto, con la eccezione della rampa di accesso all’interrato che può essere realizzata lungo i soli confini interni”.
sulla base di tali assunti avevano chiesto:
-di accertare la violazione delle distanze previste dal Piano Regolatore e delle NTA del Comune di Marino, delle norme sulle distanze legali tra edifici e per luci e vedute e di ordinare alla convenuta la rimessione in rispristino stato dei luoghi, mediante la demolizione ed arretramento delle opere realizzate in superficie fino alla distanza di cinque metri dal confine e per quelle interrate fino alla distanza di mt 3,5 da quelle attoree;
-di condannare la convenuta al risarcimento dei danni subiti in misura di €.
2.000,00 per ogni mese di permanenza del manufatto ,o comunque in via equitativa, nonché al pagamento della somma di €.
500,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento di demolizione ex art. 614 bis c.p.c;
– di ordinare alla la rimozione di tutti i materiali depositati sui terreni alle partt.
69, 1357, 1358 e 1378, fino all’originario piano di campagna e di condannarla al pagamento della somma di €.
300,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento ex art. 614 bis c.p.c. o in via subordinata al pagamento della somma di €. 50.000,00 per la spesa necessaria per realizzare la riduzione in pristino dei luoghi e il trasporto dei materiali in discarica;
-di condannare la società convenuta al risarcimento dei danni subiti dagli attori per l’invasione abusiva dei propri terreni nella misura di €. 1.500,00 per ogni mese di occupazione fino alla avvenuta rimozione di tutti i materiali indicati in narrativa;
– di accertare l’esistenza del diritto di servitù di passaggio attraverso i viali poderali a vantaggio dei propri terreni ,con condanna al ripristino ed alla demolizione e rimozione delle opere ostacolanti il predetto passaggio, o in subordine di accertare le modalità di esercizio della servitù per la migliore utilitas del fondo dominante, con il minor aggravio per il fondo servente.

Il Tribunale, radicatosi correttamente il contraddittorio, previo raccoglimento della prova testimoniale domandata e disposta ctu, depositava la sentenza gravata.

In questa sede parte appellante censura il rigetto delle proprie domande , sia in relazione alla terrazza realizzata dalla società appellata a mt 1,6 dal confine con il proprio terreno, a copertura del piano seminterrato , ritenuta erroneamente mera parte aggettante, esclusa dall’applicazione delle distanze legali, essendo la stessa posta ad un’altezza di mt 1,65/1,70 dal piano di campagna originario e come tale soggetta al rispetto della distanza minima di mt 5 dal confine,prevista dalle citate NTA del Comune di Marino; sia in relazione al “ piano interrato” erroneamente qualificato come ultima porzione della rampa di accesso ai garage, finalizzata a consentire l’entrata e l’uscita d tali locali, e pertanto escluso dal rispetto della distanza minima prevista dal citato art. 30 delle NTA, essendo invece un seminterrato.

La censura è parzialmente fondata.

Va premesso che il Tribunale ha accertato che la società appellata ha illegittimamente rialzato il piano di campagna originario ed la ha condannata alla relativa remissione in pristino e che tale statuizione costituisce giudicato implicito, non essendo stata oggetto di appello incidentale ;
conseguentemente la terrazza realizzata dalla una volta eseguito il ripristino si troverà posta all’altezza di mt 1,60/1,70 dal piano di campagna;
tale rilievo, nonchè la conformazione e struttura della stessa terrazza, stabilmente ancorata al suolo e perimetrata da ringhiera e muretto, inducono a qualificarla come costruzione, non esclusa dal rispetto delle distanze legali.

Infatti nell’interpretazione di legittimità deve intendersi per “costruzione”,ai fini della disciplina sulle distanze legali, “qualsiasi opera stabilmente infissa al suolo che, per solidità, struttura e sporgenza dal terreno, possa creare quelle intercapedini dannose che la legge, stabilendo la distanza minima tra le costruzioni, intende evitare(cfr. Cass.n. 5753 del 12/03/2014, Cass. n. 23189 del 17/12/2012).

Di converso, le medesime considerazioni circa la ratio della normativa dettata in tema di distanze legali non consentono l’accoglimento dell’ulteriore doglianza di parte appellante poiché in tal caso le caratteristiche e la collocazione del locale seminterrato, correttamente ritenuto dal Tribunale finalizzato unicamente a consentire l’ingresso e l’uscita dai locali-garage, escludono che l’opera, ancorchè sopraelevata dal piano di campagna originario, possa determinare apprezzabile pregiudizio alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà limitrofa. (cfr Cass cit. n. 23189 del 17/12/2012 ).

Conseguentemente, in parziale riforma della sentenza impugnata, la società appellata deve essere condannata, ad arretrare la terrazza, meglio indicata in atti, sino a portarla alla distanza di mt 5,00 dal confine con i terreni degli appellanti.

L’ulteriore censura, con i medesimi appellanti si dolgono del mancato accoglimento della propria domanda risarcitoria del danno subito per la perdita del godimento derivante dalla realizzazione di opere a distanza non legale e dell’omessa pronuncia in relazione alle condanne domandate ex art 614 bis cpc, non può essere accolta.

Non si ignora che in tema di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal codice civile e dalle norme integrative, l’accertamento della violazione lamentata consente sia la tutela in forma specifica, finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell’attività illecita, sia quella risarcitoria, e che la S. Corte, in detta ipotesi, ritiene che il danno subito non necessiti di una specifica attività probatoria, essendo l’effetto, certo e indiscutibile, del vulnus al godimento del diritto dominicale del confinante. Tuttavia, ai fini di apprezzare l’entità del ristoro per tale violazione, occorre aver riguardo alla situazione emergente dalle risultanze processuali e ,nella fattispecie in esame, dagli accertamenti del ctu è emerso che i terreni degli appellanti ,destinati a coltivazione agricola, sono da anni privi di culture e non emerge allegazione o riscontro di altro pregiudizio, onde non si rinviene possibilità di individuare un valido parametro cui riferirsi per una liquidazione equitativa del danno in termini patrimoniali. In sostanza le emergenze processuali non consentono di presumere l’esistenza di un apprezzabile deprezzamento delle potenzialità di godimento o del valore commerciale dei terreni degli appellanti, determinatosi nel periodo di permanenza della costruzione della terrazza a distanza non legale o per l’innalzamento del piano di campagna, o ancora per l’ostruzione di alcuni viali di accesso.

Non è fondata anche l’ulteriore doglianza motivata dall’omessa pronuncia di un termine alla società appellata per procedere alla condanna alla rimozione dei materiali depositati sui terreni degli appellanti ed in ordine alla richiesta di misure di coercizione esecutiva:
infatti i capi condannatori delle sentenze di primo grado sono immediatamente esecutivi, e non si verte in ipotesi di esecuzione relativa a prestazioni infungibili,onde gli appellanti ben potevano far immediato ricorso alle previsioni del codice di rito in tema di esecuzione delle obbligazioni degli obblighi di fare.

Quanto alle richieste degli appellanti di disporre misure coercitive ex art 614 bis cpc, ancorchè dalla rubrica della norma emerga chiaramente che il relativo campo di applicazione non è limitato alle sole obbligazioni infungibili, quanto dianzi considerato circa l’entità della lesione determinatasi medio tempore e circa la possibilità di ricorso alla tutela esecutiva valgono a motivare il rigetto di tali domande.

Con l’ultima doglianza gli appellanti si dolgono del rigetto della domanda di declaratoria del diritto di servitù di passo a vantaggio dei propri terreni attraverso i viali poderali, in quanto erroneamente qualificata come domanda di accertamento del diritto a titolo originario per usucapione, mentre a fondamento della stessa era stato dedotto un titolo, costituito dall’atto pubblico di divisione, per atto rogito del 03.10.1915 rep. 493( che a pag. 11 punto 7) prevede:
“Costoro avranno il diritto di passare pei viali allo scopo di accedere alle rispettive quote del fondo Frattocchie e ;
lamentano, inoltre, che l’esistenza dei viali di accesso è stata confermata dal ctu che ha anche accertato che la part.69 è, attualmente, raggiungibile solo da INDIRIZZO attraverso l’area di cantiere, oppure tramite una nuova viabilità sempre attraversando una porzione di cantiere e che dalle dichiarazioni dei testi è emerso che con la chiusura del cantiere l’accesso ai terreni non è più possibile.
Inoltre, i medesimi argomentano di aver limitato, già in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, tale domanda di accertamento della servitù alla sola determinazione delle modalità di esercizio della servitù di passaggio,per ovviare alla situazione di interclusione della part. 69, in considerazione della prossima apertura della nuova viabilità all’interno dell’area.

Tali argomentazioni non valgono a supportare la domandata riforma:
la previsione contenuta nell’atto del 1915 cc è assolutamente generica e l’utilizzo del termine “costoro” induce a ritenere che le parti intendessero riconoscere un mero diritto personale e non reale.

In ogni caso, la previsione è assolutamente generica, difettando specifiche previsioni in ordine a quali siano i fondi dominanti , quale siano il percorso da seguire e l’ampiezza dell’esercizio della servitù ,e non può addivenirsi ad una pronuncia “additiva”, a fronte di una domanda di mero accertamento della titolarità del diritto reale, facendo ricorso ai criteri dettati per la costituzione coattiva del medesimo.

In conclusione,alla luce di quanto considerato,l’appello risulta parzialmente fondato ed in tali limiti può essere accolto.

La parziale soccombenza reciproca delle parti consiglia di dichiarare le spese di lite interamente compensate,per entrambi i gradi,ponendo quelle per la ctu espletata in prime cure a carico di ciascuna parte al 50%.

La Corte d’Appello di Roma, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa, così decide:
-in accoglimento per quanto di ragione dell’appello proposto da nei confronti della ed in parziale riforma della sentenza n. 2677/2018 del Tribunale Civile di Velletri, depositata il 12/12/2018, condanna la società appellata , ad arretrare la terrazza, meglio indicata in atti, sino a portarla alla distanza di mt 5,00 dal confine con i terreni degli appellanti e conferma il resto;
-dichiara le spese di lite di entrambi i gradi interamente compensate, e pone quelle per la ctu espletata in prime cure a carico di ciascuna parte al 50%.

Roma,30/07/2024 IL PRESIDENTE Dott. ssa NOME COGNOME IL CONSIGLIERE REL.
Dott.ssa NOME COGNOME

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