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Codice Penale

Divieto di casa vacanze in condominio

La sentenza conferma il principio per cui il regolamento condominiale di natura contrattuale, se trascritto e richiamato nei rogiti, vincola i condomini. Nel caso specifico, il divieto di adibire gli appartamenti a uso alberghiero è stato interpretato estensivamente, ricomprendendovi anche l’attività di casa vacanze.

Pubblicato il 25 September 2024 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 4140/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI
APPELLO

DI ROMA SEZIONE VIII CIVILE – 2° COLLEGIO La Corte,
nelle persone dei Magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere dott.ssa COGNOME COGNOME Giudice Ausiliario relatore riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente

SENTENZA N._5527_2024_- N._R.G._00004140_2021 DEL_03_09_2024 PUBBLICATA_IL_04_09_2024

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 4140 R.G.C. dell’anno 2021, rimessa in decisione all’udienza collegiale del 7 marzo 2024, vertente TRA elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo Studio Legale dell’Avv. NOME COGNOME che, unitamente agli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME la rappresenta e difende come da procura in atti Appellante in persona del legale rappresentante p.t.
, COGNOME che, unitamente agli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME la rappresenta e difende come da procura in atti Appellata

OGGETTO:appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 8012/2021

CONCLUSIONI

come in atti SVOLGIMENTO DEL PROCESSO proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 8012/2021 che – a definizione del giudizio RG n. 68984/2018 promosso nei suoi confronti da – così statuiva:
“condanna la convenuta a cessare/far cessare l’attività di locazione ad uso casa vacanze esercitata nell’immobile di sua proprietà in INDIRIZZO condanna la a corrispondere, alla società attrice, la somma di €10,00 al dì per ogni giorno di ritardo, a fronte del permanere dell’uso dell’immobile a casa vacanze, nell’attivarsi per l’introduzione (da parte della stessa) del procedimento di mediazione ex dlvo 28/10 e, quindi, della successiva azione giudiziaria di rilascio per tale inadempimento nei confronti del conduttore inadempiente per poter conseguire il possesso del bene ed adempiere alla presente sentenza. Termine che in ogni caso non potrà decorrere prima di gg 60 dalla comunicazione della presente sentenza.
Condanna la convenuta a rifondere le spese di lite che si liquidano in complessivi € 5.550,00… oltre oneri di legge”.

L’appellante censurava la sentenza impugnata nei motivi di gravame chiedendone la riforma e così concludeva:
“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, contrariis rejectis, in accoglimento del presente appello, disporre la riforma e/o annullamento totale o parziale dell’impugnata sentenza del Tribu-nale di Roma n. 8012/2021 emessa all’esito del giudizio R.G. n. 68984/2018, pubblicata in data 10 maggio 2021 e notificata in data 28 maggio 2021 e conseguentemente respingere la domanda formulata dalla nei confronti della dott.ssa per tutti i motivi esposti.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio”.

Si costituiva l’appellata Società così concludendo:
“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Roma, contrariis rejectis, in via preliminare e/o pregiudiziale:
– dichiarare l’appello proposto dalla Dott.ssa , perché inammissibile e/o infondato, con conseguente conferma della sentenza n.8012/2021, pronunciata dal Tribunale di Roma in data 9 maggio 2021 e pubblicata in data 10 maggio 2021;
in ogni caso:
– con vittoria di spese, diritti e onorari di lite, oltre rimborso forfettario 15%, rivalsa C.P.A. ed IVA, come per legge del presente grado di giudizio, come in narrativa”.

All’udienza collegiale del 7 marzo 2024 la causa veniva trattenuta in decisione con termini per memorie conclusionali e repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appellante – che dal riesame dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado risulta contumace volontaria nel medesimo in quanto destinataria di rituale iter notificatorio ex art. 140 c.p.c., perfezionatosi con la compiuta giacenza del plico – è stata condannata dal Tribunale di Roma a cessare/far cessare l’attività di locazione ad uso casa vacanze esercitata nell’immobile di sua proprietà in INDIRIZZO in quanto ritenuta illegittima in dipendenza del divieto contenuto nell’art 7 par. 13 del regolamento condominiale di natura contrattuale;
nonché a corrispondere, alla società attrice, la somma di €10,00 al dì per ogni giorno di ritardo, a fronte del permanere dell’uso dell’immobile a casa vacanze, nell’attivarsi per l’introduzione (da parte della stessa) del procedimento di mediazione ex dlvo 28/10 e, quindi, della successiva azione giudiziaria di rilascio per tale inadempimento nei confronti del conduttore inadempiente per poter conseguire il possesso del bene ed adempiere alla sentenza, a decorrere dal sessantesimo giorno dalla comunicazione della sentenza e al pagamento delle spese di lite come liquidate.

Con il primo motivo di gravame l’appellante deduce l’ intervenuta “cessazione della materia del contendere a seguito della risoluzione del Contratto di locazione”, avendo la stessa formalizzato con il conduttore dell’immobile locato ed oggetto di controversia la risoluzione anticipata del relativo contratto il 4 giugno 2020, quindi in data antecedente alla pubblicazione della gravata sentenza, intervenuta il 10 maggio 2021, come risulta da allegato verbale di riconsegna dell’immobile.

Ritiene l’appellante che il giudicante di prime cure avrebbe dovuto pertanto provvedere alla declaratoria dell’intervenuta cessazione della materia del contendere in relazione sul punto l’appellante deducendo che “la sentenza impugnata è dunque illegittima perché avrebbe dovuto limitarsi a dare atto dell’intervenuta cessazione della materia del contendere, provvedendo semmai a regolare le spese di lite in applicazione del principio della soccombenza virtuale”.

La doglianza è destituita di fondamento e va respinta, rilevando la Corte che la contumacia dell’odierna appellante ha impedito al giudice di primo grado di “dare atto” e valutare la suddetta circostanza risolutiva del contratto di locazione, determinante l’invocata cessazione della materia del contendere, che viene invero allegata e dedotta per la prima volta in sede di gravame e non avrebbe potuto essere conosciuta dal Tribunale né potrebbe inficiare ex tunc in questa sede la validità della sentenza appellata. Per mera completezza espositiva, la Corte rileva che l’interesse ad agire dell’odierna appellata non appare comunque esser venuto meno a seguito della risoluzione del contratto di locazione (intervenuta in data 4 giugno 2020 e quindi successivamente alla notifica della citazione a giudizio del 24.10.2018) permanendo per intero l’interesse all’accertamento giudiziale circa la legittimità dell’utilizzo dell’immobile locato come “casa vacanza”, interesse che permane da ambo le parti per tabulas anche in sede di gravame, atteso il contenuto dei successivi motivi di appello proposti. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante si duole dell’ erroneità della sentenza in esame nella parte in cui ha ritenuto opponibili alla stessa i divieti di cui all’art. 7 lett. a) del Regolamento condominiale e lamenta pertanto “Violazione ed errata applicazione gli artt. 2659, 1° comma, n. 2) e 2655 c.c.”.

Ritiene l’appellante che la previsione regolamentare contenuta nell’art 7 possa essere ricondotta – quale vincolo di destinazione d’uso di un immobile di proprietà esclusiva all’interno di un condominio – nell’ambito delle servitù prediali atipiche e che non sarebbe stato assolto dall’attrice il duplice onere probatorio di dimostrare l’esistenza del diritto di servitù e l’opponibilità del diritto medesimo, e quindi rimarrebbe indimostrato “che le servitù costituite con il Regolamento condominiale in questione, stante la sua natura contrattuale, siano state specificamente trascritte ai sensi dell’art. 2645, 1° comma, n. 4), c.c., mediante la redazione di un’apposita e specifica nota di trascrizione distinta da quella dell’atto di acquisto dell’immobile”. La doglianza è infondata e va disattesa.
Dal riesame degli atti di causa, appare comprovata la natura contrattuale del dei Registri Immobiliari, Ufficio di Roma1 il 31 luglio 1975 reg. cron. Vol. n. 27933, reg. part. Vol. n. 20925 e richiamato nei Rogiti di acquisto anche dell’odierna appellante.

Detto regolamento all’art. 7 par. 13 recita testualmente:
“E’ altresì vietato:
a) destinare le porzioni immobiliari del fabbricato ad usi di:
sanatori, cliniche mediche o chirurgiche, dispensa, albergo, locanda, ambulatorio veterinario, scuola da ballo, deposito, verifica e controllo di pellicole cinematografiche;
b) effettuare sia negli appartamenti che nei locali adibiti ad altro uso tutto ciò che sia contrario alla stabilità e alla normalità, e che rechi eccessivo disturbo agli altri condomini”.

Secondo orientamento univoco della giurisprudenza di merito e di legittimità, la natura contrattuale del regolamento condominiale – nel rispetto dei requisiti della trascrizione e del richiamo del medesimo nei rogiti di acquisto – vincola ex se i condomini rispetto al suo contenuto impositivo di divieti e limitativo di facoltà di godimento, senza necessità di ulteriori formalità come invece richieste dall’appellante:
pertanto, essendo stata dimostrata nella specie la natura contrattuale del regolamento condominiale, il contenuto dell’art 7 risulta vincolante per l’appellante, come correttamente statuito dal giudicante di prime cure con decisum corretto ed immune da censura nelll’iter logico giuridico seguito e ritenuto condivisibile dalla Corte per i susposti motivi.

Con il terzo motivo di gravame l’appellante lamenta “Errata valutazione dell’art. 7 del Regolamento Condominiale e delle risultanze istruttorie.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e del Regolamento Regione Lazio n. 8/2015.

Mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sulla , laddove il Tribunale ha equiparato l’attività di “casa vacanza” nell’Immobile di INDIRIZZO, all’attività di albergo e locanda, ed operando un’ errata interpretazione estensiva del divieto posto dal Regolamento, che invece sarebbe limitato espressamente solo all’attività di albergo e locanda.

Ritiene l’appellante che “ la volontà delle parti, al momento della redazione e dell’approvazione del Regolamento del condominio (anno 1975), era dunque quella di vietare di adibire gli immobili a locali ove qualunque avventore poteva trovare un pasto ed un alloggio” elementi che caratterizzano l’attività di albergo e locanda, mentre sostanzialmente diversa sarebbe l’attività di “casa vacanza”, sia sul piano fattuale che sul piano normativo.

A detta dell’appellante, il divieto contenuto nel regolamento condominiale di destinare accomunate da un’unica dizione letterale, né sussumibili in una fattispecie giuridica tipica omogenea.

La suddetta interpretazione non è condivisibile e va respinta, in quanto deve ritenersi che, all’epoca della redazione del regolamento condominiale in esame, anno 1975, con la diciture “alberghi e locande” – espressioni comunemente adoperate nei regolamenti più datati – si intendesse proprio fare riferimento a tutte le diverse fattispecie accomunate dalla destinazione della casa per dimora, alloggio temporaneo a terzi dietro corrispettivo, e quindi anche, all’attualità, estese ad attività di case vacanza e BRAGIONE_SOCIALE (fattispecie queste ultime non ancora esistenti nel 1975). Anche l’interpretazione logica del regolamento contrattuale induce poi a ricomprendere l’attività di casa vacanza nel divieto regolamentare, laddove esclude all’art 7 sub b) ogni attività di destinazione dell’immobile “che sia contrario alla stabilità e alla normalità, e che rechi eccessivo disturbo agli altri condomini”, traducendosi indubbiamente l’attività di casa vacanza in un utilizzo non ordinario dell’appartamento ubicato nel condominio.

Appare pertanto immune da censure l’iter logico-giuridico seguito dal Giudice di prime cure nella motivazione della sentenza appellata, laddove ricomprende l’attività di casa vacanza in quelle esplicitamente vietate dall’art. 7 del regolamento condominiale de quo, con conseguente condanna alla cessazione di detta attività in quanto configgente con la norma regolamentare di natura contrattuale.

Destituita di fondamento appare infine la censura relativa al mancato assolvimento dell’onus probandi da parte dell’odierno appellato in relazione all’effettivo svolgimento dell’attività vietata, risultando invero documentata atti destinazione dell’appartamento di INDIRIZZO di proprietà dell’odierna appellante a casa vacanza, come si evince dalla documentazione allegata ai nn. 6 e 7 della produzione attorea del primo grado di giudizio, contenente sia gli estratti degli annunci pubblicitari sia le varie recensioni dei clienti che avevano soggiornato nell’appartamento de quo. L’appello va, per i suesposti motivi, integralmente respinto e confermata la gravata sentenza, restando assorbita ogni altra questione.

Le spese di lite seguono la soccombenza, con condanna dell’appellante al pagamento delle stesse nei confronti dell’ appellata, come liquidate in dispositivo, secondo le tariffe professionali vigenti(aggiornate sulla base del D.M. n. 147 del 13/08/2022) con gli importi medi delle voci dello scaglione di riferimento(indeterminabile di complessità Sussistono i presupposti di cui all’art. 1 comma 17 L.228/12 per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo indicato nella citata disposizione a titolo di contributo unificato. p.q.m.

La Corte, definitivamente pronunciando nella causa civile in epigrafe, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

1. Rigetta l’appello proposto da nei confronti di in persona del legale rappresentante p.t.
avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 8012/2021;
2. condanna l’ appellante al pagamento, in favore dell’ appellata, delle spese di lite liquidate in complessivi € 6.946,00, oltre accessori di legge.
3. dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 1 comma 17 L.228/12 per il versamento, da parte dell
’ appellante, dell’ulteriore importo indicato nella citata disposizione a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11 luglio 2024.

Il Giudice estensore Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME

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