R.G. n. 754/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA SEZIONE TERZA CIVILE nelle persone dei magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Presidente – Dott. NOME COGNOME Consigliere – Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere relatore – riuniti in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._1364_2024_- N._R.G._00000754_2023 DEL_12_11_2024 PUBBLICATA_IL_14_11_2024
nella causa d’appello avente ad oggetto:Divisione di beni caduti in successione.
Proposta da:
(C.F. ), nato a Capannori (LU) il e residente ad Arcola (SP), INDIRIZZO, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, giusta procura allegata all’atto d’appello, dagli Avvocati NOME COGNOMEC.F. ) e NOME COGNOME (C.F. ) ed elettivamente domiciliato presso il loro studio, sito in La Spezia, INDIRIZZO;
-Appellante -contro- (C.F. ), nata a Capannori (LU) il e residente ad Arcola (SP), INDIRIZZO elettivamente domiciliata in Sarzana (SP), INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende giusta procura C.F. C.F. C.F. C.F.-per la riforma- della sentenza non definitiva n. 609/20 del Tribunale di La Spezia, pubblicata in data 10/12/20, e della sentenza definitiva n. 109/23 del Tribunale di La Spezia, pubblicata in data 14/02/23.
Conclusioni delle parti:
Per l’Appellante:
“Voglia l’Ecc,ma Corte di Appello adita, in parziale riforma della sentenza.
109/2023 emessa dal Tribunale della Spezia il 13/02/2023 non notificata, di attuazione della SND 669/2020 emessa dal Tribunale della Spezia il 09/12/2020, riservata in udienza 08/02/2021, contrariis reiectis, ACCOGLIERE L’APPELLO presentato nelle parti e per i motivi sopra esposti e, quindi, DICHIARARE l’inesistenza in capo all’appellata di ogni diritto di credito affermato nelle pronunce impugnate sia in relazione ai frutti non percepiti sia in relazione all’affermato debito della massa di € 63.028,00, conseguentemente, ANNULLARE i disposti prelievi, imputazioni ed assegnazioni dirette a favore di ; DISPORRE la divisione di tutti i beni immobili comuni al 50% tra i fratelli come indicato nella prima perizia CTU geom. 03/04/2017 (pag. 35 e segg,);
ASSEGNARE a il Lotto A colore rosso del valore di € 200.487,45 perché comprensivo dell’appartamento censito con mapp. 285 sub 3 e mapp. 346 sub 6 del valore di € 158.775,00 (abitazione del convenuto dal 1965) per i motivi emersi in corso di causa (invalidità civile per condizioni visive e sordità) nonché per volontà concorde delle parti (udienza 10/02/2022 – 01/04/2022) ed attribuzione in sentenza ex art. 729 cpc, oltre immobili a completamento della quota in tale lotto indicati e, segnatamente:
due locali terranei ad uso magazzino mapp. 346 sub 3 valore € 12.670,00;
unità collabente
mapp. 346 sub 4 valore € 15.300,00;
locale magazzino e forno mapp. 192 sub 2 valore € 7.128,00;
terreno mapp.193 valore € 318,45;
corte pertinenziale mapp. 346 valore € 4.356,00;
porzione di corte mapp. 192 valore € 1.940,00;
il tutto per € 200.487,45 e, quindi, con conguaglio in avere di € 3.538,05 a favore dell’appellante, in ogni caso:
CONFERMARE l’assegnazione a dell’appartamento mapp. 285 sub 3 e mapp. 346 sub 6 per i motivi esposti;
DICHIARARE non esecutiva la sentenza n. 109/2023 del Tribunale della Spezia emessa il 13/02/2023 in punto di condanna al conguaglio e decorrenza interessi dalla decisione;
CONDANNARE parte appellata alla restituzione delle somme versate da alla sorella esclusivamente al fine di evitare l’esecuzione forzata che si indicano in € 18.418,66 come in narrativa specificato e documentato, oltre interessi, Vinte competenze e spese di lite di entrambi i Giudizi.
Rivalse di legge”.
Per l’Appellata:
“Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, rigettare nel merito il di spese e compensi oltre rimborso forfettario per spese generali e accessori di legge di entrambi i gradi di giudizio.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 04/11/14, conveniva in giudizio il fratello per ottenere lo scioglimento della comunione ereditaria avente ad oggetto i beni immobili morendo dismessi dalla madre (deceduta il 04/04/2013).
L’originaria attrice esponeva:
– che si trattava di successione ex lege non avendo redatto testamento;
– che l’attivo ereditario comprendeva immobili ubicati nel territorio del Comune di Arcola (SP);
– che aveva continuato ad occupare, anche dopo il decesso della madre, l’appartamento ricadente nella successione, identificato al NCEU del Comune di Arcola (SP), al fg. 17, mapp. 285 sub 3 di vani INDIRIZZO senza nulla corrispondere alla sorella comproprietaria sebbene ella avesse più volte chiesto la liberazione dell’immobile o la corresponsione di un canone di locazione;
– di essere creditrice della massa ereditaria dell’importo di euro 63.028,00 come risultava dal rendiconto finale da lei presentato nella procedura di V.G. n. 26/05 relativa all’Amministrazione di Sostegno della madre, rendiconto accertato ed approvato dal Giudice Tutelare.
Pertanto, chiedeva al Tribunale adito:
1) lo scioglimento dei beni immobili caduti in successione per morte della madre;
2) l’immediato rilascio dell’immobile occupato dal fratello;
3) la restituzione dei frutti non percepiti su tale immobile;
4) la condanna di controparte alle spese.
2.
Con comparsa di costituzione e risposta del 25/02/2015, si costituiva in giudizio , non opponendosi allo scioglimento della comunione immobiliare e chiedendo :
1) l’assegnazione del lotto di spettanza secondo l’espletanda istruttoria;
2) il rigetto della domanda di rilascio immediato dell’immobile occupato;
3) il rigetto del richiesto pagamento dei frutti per l’occupazione di tale immobile;
4) il rigetto di tutte le ulteriori domande per spese correlate al procedimento di divisione.
3.
Il Tribunale di La Spezia, con ordinanza del 28/01/2016, disponeva una CTU per l’elaborazione di 4. Successivamente, veniva emessa la sentenza non definitiva n. 609/2020, resasi necessaria perché non vi era stata approvazione unanime del progetto divisionale effettuato dal CTU.
In particolare, il progetto veniva contestato all’originaria attrice, che lamentava la mancata effettuazione delle imputazioni ai sensi degli artt. 724 s.s. cc con riferimento alle posizioni debitorie del coerede 5.
La predetta sentenza non definitiva riteneva giustificata la mancata approvazione del progetto divisionale predisposto dal CTU da parte di e, accogliendo le difese attoree, accertava e dichiarava:
– che ai sensi degli artt. 724, c. 2 c.c. e 725 c.c., aveva diritto di prelevare dall’attivo ereditario beni per importo corrispondente alla quota parte dei frutti civili non percepiti a causa del possesso esclusivo esercitato del coerede (sull’immobile di cui in parte motiva), in misura da ragguagliarsi al valore locativo di quel cespite calcolato dal CTU e con decorrenza da agosto 2013;
– che sussisteva un debito della massa di euro 63.028,00 nei confronti di – che tale debito doveva essere dichiarato estinto per la metà, per confusione (in relazione alla quota parte del debito pervenuto a – che l’originaria attrice avrebbe avuto diritto a imputare la residua metà di tale debito (pari ad euro 31.514,00) alla quota del coerede convenuto.
6.
Con ordinanza in pari data, la causa veniva rimessa in istruttoria al fine di far predisporre al CTU altro progetto di divisione che tenesse conto delle statuizioni assunte con la sentenza non definitiva.
7. Terminata l’istruttoria, il Tribunale di La Spezia pronunciava la sentenza definitiva impugnata, con cui disponeva quanto segue:
“assegna direttamente all’attrice, ex artt. 724, 2°c. e 725 cc, a scomputo dei canoni relativi al possesso esclusivo esercitato dal coerede convenuto ammontanti ad € 35.956,45, i seguenti beni ereditari:
locale terraneo magazzino/forno mapp.192 sub. 2 valore € 7.128,00 locale terraneo uso magazzino porzione del mapp. 346 sub.3 valore € 10.070,00;
porzione di fabbricato diroccato mapp. 346 sub. 4 valore € 15.300,00 porzione di corte graffata al mapp. 192 sup.
valore € 2.006,45;
quota parte pari ad 1/3 sul diritto di 726/1000 della corte pertinenziale al mapp. 346 valore € 1.452,00 (importo complessivo predetti beni: € 35.956,45).
le quote spettanti alle parti sul residuo attivo ereditario nella misura seguente, previa imputazione alla quota del coerede convenuto dell’importo di euro 31.514,00 (costituente quota parte di un debito della massa ad esso pervenuto);
ciò in attuazione del decisum di cui alla sentenza non definitiva 609/2020:
Quota spettante all’attrice:
valore di euro € 217.561,27.
Quota spettante al convenuto:
valore di euro 154.533,27.
Dispone la divisione del residuo attivo ereditario, ex art 729 cc, mediante attribuzione, nel modo seguente:
attribuisce a il lotto B che comprende:
7 fabbricato ex trattoria mapp. 192 sub.
1 valore € 197.311,95.
porzione di corte pertinenziale mapp. 192 superficie di 248,67 mq. valore € 4.973,55.
locale terraneo
uso magazzino porzione del mapp. 346 sub.3 valore € 2.600,00.
quota parte pari ad 1/3 sul diritto di 726/1000 della corte pertinenziale al mapp. 346 valore € 1.452,00.
terreno mapp. 191 valore € 5.211,60.
terreno mapp. 193 valore € 318,45.
(Valore complessivo € 211.867,55).
Attribuisce a il lotto A che comprende:
appartamento al primo piano mapp. 285
sub. 3 e mapp. 346 sub. 6 valore € 158.775,00.
quota parte pari ad 1/3 sul diritto di 726/1000 della corte pertinenziale al mapp. 346 valore € 1.452,00.
(Valore complessivo € 160.227,00).
Condanna il convenuto a corrispondere all’attrice , a titolo di conguaglio, la somma di euro 5.693,72, oltre interessi in misura legale a decorrere dalla presente decisione.
Compensa le spese di lite nei limiti di 1/3 e condanna il convenuto a rifondere a parte attrice i residui 2/3 che liquida – quota parte – in euro 12.000,00 per compenso, oltre accessori di legge.
Pone la spesa della prima CTU a carico paritario delle parti.
Pone la spesa della seconda CTU a carico di parte convenuta.
In particolare, secondo il Giudice di prime cure:
– la formazione dei due lotti era immune da censure, contenendo beni immobili omogenei per valore;
– il CTU avrebbe condivisibilmente inserito nel lotto di minor valore, destinato all’originario convenuto ex art. 729
c.c., l’appartamento di cui quest’ultimo sarebbe stato in possesso dal tempo in cui ancora era in vita la de cuius;
– non essendovi perfetta coincidenza tra il valore dei lotti e quello delle quote di spettanza di ciascuna parte, avrebbe dovuto corrispondere a a titolo di conguaglio, la somma di euro 5.693,72.
8.
Con atto di citazione in appello notificato in data 31.07.23, impugnava sia la sentenza non definitiva n. 609/20 del Tribunale di La Spezia, sia la sentenza definitiva n. 109/23 del medesimo Tribunale, deducendo, complessivamente, cinque motivi.
8.1.
Col primo motivo (“SUB 1) SND 609/202 E SUB 4) SD 109/2023 :
IL DICHIARATO DIRITTO DI PRELIEVO E CONSEGUENTE ASSEGNAZIONE DIRETTA DEI BENI ALL’ATTRICE PER QUOTA PARTE DEI FRUTTI CIVILI NON PERCEPITI ERRONEA APPLICAZIONE ARTT. 724 C.2 E 725 C.C. PER MANCANZA DEI PRESUPPOSTI DI LEGGE ARTT. 724 C.C COMMA 2 E 725 C.C. IN RELAZIONE AI FRUTTI NON PERCEPITI”), l’appellante sosteneva che il Tribunale avrebbe errato nell’affermare il diritto dell’originaria attrice a prelevare la quota parte dei frutti non percepiti e la conseguente assegnazione diretta di beni corrispondenti al valore di tali frutti, facendo espresso riferimento al combinato disposto degli artt. 724 c. 2 c.c. e 725 c.c.
Sul punto, il lamentava che queste ultime disposizioni non sarebbero state applicabili al caso di specie, difettando il presupposto rappresentato dal credito in capo a controparte per i canoni di locazione non percepiti. Infatti, secondo l’appellante, l’attribuzione in suo favore dell’immobile, da lui occupato sin dal 1965 e adattato alla sua invalidità, avrebbe comportato, ai sensi dell’art. 757 c.c., la sua qualifica di proprietario dell’immobile a far data dal decesso della madre, senza che la sorella possa pretendere alcunché a titolo di canone di locazione.
Inoltre, l’originario convenuto osservava che l’immobile in questione non avrebbe prodotto frutti perché sarebbe stato sempre e solo utilizzato direttamente da lui, con la conseguenza che la quale si sarebbe limitata a chiedere al fratello il rilascio del bene, senza pretendere di subentrare nell’immobile, non avrebbe potuto richiedere alcunché anche a tale titolo.
8.2.
Col secondo motivo (“SUB 2), SUB 3) SND 609/2020 E SUB 5) SD 109/2023:
L’ACCERTATO DEBITO DELLA MASSA DI € 63.028 E IL DICHIARATO DIRITTO DI IMPUTAZIONE, PARI ALLA METÀ (€ 31.514) NONCHÉ LA DETERMINAZIONE DELLE QUOTE PREVIA IMPUTAZIONE DELL’IMPORTO DI € 31.514 VIOLAZIONE DI LEGGE ART. 112 CPC ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 723 CPC – TRAVISAMENTO DELLA DOMANDA – pronuncia non definitiva impugnata, nella parte in cui essa aveva affermato che “l’attrice ha altresì dedotto di essere creditrice della massa ereditaria dell’importo di € 63.028,00 come risulta dal rendiconto finale da lei presentato nella procedura di V.G. (26/05) relativa all’Amministrazione di sostegno della madre, rendiconto approvato dal Giudice Tutelare” e per aver fatto discendere da ciò l’accertamento del credito allegato da In particolare, l’originario convenuto protestava che il Giudice Tutelare, con l’approvazione del rendiconto, avrebbe potuto solo dare atto che le spese eseguite erano state necessarie per la beneficiaria, senza che da ciò potesse automaticamente dedursi che le spese suddette fossero state sostenute da con denaro proprio. Invero, per l’accertamento del credito, quest’ultima avrebbe dovuto esporre, per le opportune valutazioni, i beni mobili e denaro caduti in successione;
consentire l’esame del conto corrente della de cuius in cui sarebbero confluite le pensioni e il ricavato della vendita della nuda proprietà dell’appartamento al di cui al mapp. 285) al genero coniuge di ovvero di titoli e libretti.
Quindi, il Tribunale di La Spezia sarebbe incorso in un’erronea applicazione dell’art. 723 c.c. per avere affermato, nella sentenza non definitiva, la tempestività della domanda di rendiconto, avanzata unitamente alla divisione giudiziale e per aver poi affermato il di lei diritto al prelievo dei beni e di assegnazione diretta per l’importo di un debito non accertato.
Peraltro, così statuendo il Giudice di prime cure avrebbe anche pronunciato ultra petita in quanto non avrebbe mai chiesto alcun rendiconto, tanto è vero che ella, pur depositando con l’atto di citazione la dichiarazione di successione, comprensiva di un attivo bancario di € 6.132,92, non avrebbe considerato tale credito.
8.3.
Col terzo motivo (“SUB 6, 7, 8) SD 109/2023 DIVISIONE DEL RESIDUO EREDITARIO;
ATTRIBUZIONE A GEMMA DI TUTTI I BENI ELENCATI NEL LOTTO B;
ATTRIBUZIONE A COGNOME VITTORIO DI TUTTI I BENI ELENCATI NEL LOTTO A ERRONEA DIVISIONE E ATTRIBUZIONE DEI BENI PER INESISTENZA DEI PRESUPPOSTI GIUSTIFICATIVI DELLA DIVISIONE OPERATA”), l’appellante, traendo le conseguenze di quanto dedotto coi primi due motivi, osservava che, non sussistendo alcun credito in capo a riferito all’indennità di occupazione dell’appartamento mapp. 285 sub 3 e non sussistendo alcun debito relativo alla gestione ereditaria, la divisione degli immobili ereditari di cui ’odierno appellante del lotto A colore rosso, comprensivo dell’appartamento da sempre occupato e dallo stesso adattato alle sue invalidità, per concorde volontà manifestata dalle parti ed ex art. 729 c.c. 8.4. Col quarto motivo (SUB 9 E 10) SD 109/2023:
CONDANNA DI A CORRISPONDERE ALLA COGNOME, A TITOLO DI CONGUAGLIO, LA SOMMA DI € 5.693,72
OLTRE INTERESSI A DECORRERE DALLA PRESENTE DECISIONE), l’appellante sosteneva che dalla divisione dei beni operata dal Tribunale di La Spezia ed dalla conseguente attribuzione di tali beni alle parti sarebbe discesa l’errata determinazione della somma posta a titolo di conguaglio in capo a , da rideterminarsi in € 3.538,05 in suo favore, come da CTU del 03/04/2017.
Inoltre, il impugnava il capo della sentenza definitiva, con cui il Tribunale di La Spezia lo aveva condannato a corrispondere a controparte gli interessi sulla somma riconosciuta a a titolo di conguaglio a decorrere dalla data della sentenza stessa, sostenendo che, in realtà, la condanna al pagamento del conguaglio non sarebbe esecutiva e i relativi interessi potrebbero decorrere solo dal passaggio in giudicato della sentenza di divisione.
8.5.
Col quinto motivo (SUB 11 E 12) SD 109/2023:
COMPENSAZIONE DELLE SPESE DI LITE NEI LIMITI DI 1/3 E SPESA DELLA PRIMA CTU A CARICO PARITARIO E SECONDA CTU A CARICO DI PARTE CONVENUTA), l’appellante sosteneva che l’accoglimento dei motivi di gravame dovrebbe comportare la riforma del capo della sentenza impugnata relativo alla regolamentazione delle spese di lite e che, in particolare, sarebbe stata ingiusta la sua condanna alla rifusione per l’intero delle spese della seconda CTU, disposta su richiesta dell’originaria attrice.
9. Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 22.11.23, si costituiva in giudizio contestando le argomentazioni avversarie e, in particolare, sostenendo:
• che le deduzioni relative proprio credito nei confronti della madre defunta erano state esposte in atto di citazione e già in tale sede provate documentalmente;
che non vi sarebbe stata alcuna opposizione di controparte alla richiesta imputazione dei crediti nei verbali di causa;
• che la domanda di rendiconto era stata proposta tempestivamente insieme a quella di divisione giudiziale, poiché in citazione l’originaria attrice aveva dichiarato e provato di risultare creditrice per l’importo di € 63.028,00, credito costituito dai prestiti dalla stessa effettuati a favore della madre in vita per le spese autorizzate dal Giudice Tutelare presso il Tribunale dal Giudice Tutelare in data 17 settembre e 16 ottobre 2013 previa instaurazione di contradditorio con l’odierno appellante;
• che il credito del coerede verso il de cuius, e, quindi, verso la massa, ben poteva essere fatto valere, per ragioni di economia processuale, nello stesso giudizio di scioglimento della comunione ereditaria mediante imputazione alle quote degli altri coeredi, trattandosi di rapporto obbligatorio avente comunque la sua collocazione e la sua tutela nell’ambito della vicenda successoria;
• che sarebbe falsa l’affermazione avversaria secondo cui l’immobile per cui è causa sarebbe stato “occupato dal fratello dal lontano 1965 e adattato alla sua invalidità”, considerato che nel 1965 aveva sette anni e che l’appartamento sarebbe stato acquistato dalla famiglia nel 1969, nonché ristrutturato e abitato solo dal 1985;
• che correttamente il Tribunale di La Spezia avrebbe attribuito rilievo dirimente alla manifestazione da parte di del proprio dissenso alla continuazione della situazione di possesso esclusivo da parte del fratello dell’appartamento de quo con richiesta di sua liberazione;
• che il suo diritto a pretendere i frutti civili dell’immobile deriverebbe dal mancato godimento dello stesso a causa dell’occupazione illegittima di controparte, a nulla rilevando la circostanza del suo mancato sfruttamento economico;
• che, infine, la domanda formulata nelle conclusioni avversarie di assegnazione all’appellante di lotti di cui alla prima perizia del CTU depositata nel primo grado non sarebbe accoglibile dovendosi, nella denegata ipotesi di accoglimento delle avversarie tesi, procedere a sorteggio dei lotti, non essendovi stata approvazione di tale progetto divisionale da nessuna delle parti.
10. La Corte, in persona del Consigliere Istruttore, con ordinanza del 15.12.23, rinviava la causa all’udienza del 24.10.24 per la rimessione in decisione collegiale ex art. 352 c.p.c., concedendo alle parti i termini di sessanta giorni prima della predetta udienza per il deposito delle note di precisazione delle conclusioni, di trenta giorni prima della predetta udienza per il deposito delle comparse conclusionali e di quindici giorni prima della predetta udienza per il deposito delle note di replica.
11.
Con ordinanza del 25.10.24, la Corte, nella persona del Consigliere Istruttore, rimetteva la causa al Collegio per la decisione.
.1.
In via preliminare e generale appare opportuno ribadire l’avvenuta corretta applicazione da parte del Giudice di primo grado degli artt. 723, 724, comma 2 e 725 c.c., oggetto invece di doglianza del primo e secondo motivo di appello.
Ed invero, illuminante a tale proposito appare, tra le tante, la decisione n. 27086 resa dalla Suprema Corte in data 6.10.2021 a mente della quale “In sede di divisione, sia di eredità che di cose comuni, non può prescindersi dall’obbligo del reciproco rendiconto tra i condividenti, data l’esigenza di accertare quanto spetti a ciascuno di essi sulla massa da dividere ed essendo scopo del giudizio divisionale quello di definire tutti i rapporti inerenti alla comunione (Cass. n. 366/1985).
Lo scopo della resa dei conti è quello di rendere definitivi e, quindi, liquidi debiti e crediti di ciascun condividente verso gli altri, determinati da eventuali atti di godimento separato di beni comuni o da eventuali atti di amministrazione compiuti nell’interesse comune.
La ragione per la quale l’art. 723 c.c., nello stabilire l’ordine delle operazioni divisionali, esige che la resa del conto tra condividenti avvenga prima della «formazione dello stato attivo e passivo dell’eredità» risulta chiara da quanto dispone il secondo comma dell’art. 724 c.c.:
ciascun coerede deve «imputare alla sua quota» non solo le somme di cui era debitore verso il defunto, ma anche «quelle di cui è debitore verso i coeredi in dipendenza dei rapporti di comunione», cioè per debiti relativi alla gestione della comunione.
Sono esclusi dall’imputazione i debiti che hanno una genesi diversa (Cass. n. 975/1967; n. 1498/1974; n. 1100/1977)”.
Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha inoltre precisato che “I prelevamenti, pur costituendo una delle fasi del procedimento divisorio, sono fatti prima della divisione vera e propria, che si svolge con riferimento ai beni che residuano, tolti cioè i beni prelevati dai coeredi non donatari o creditori (Cass. n. 1481/1979; n. 398/1985) sicchè dal combinato disposto del secondo comma dell’art. 724 e del primo comma dell’art. 725 c.c. si evince che nel giudizio di divisione il giudice, prima della formazione delle singole porzioni, deve imputare alla quota del coerede le somme di danaro delle quali il medesimo sia debitore verso gli altri coeredi in dipendenza dei rapporti di comunione e poi disporre a favore dei condividenti che siano creditori a tale titolo, il prelievo di beni dalla massa in proporzione delle loro rispettive quote, ripartendo, infine, i beni ereditari residui tra i partecipanti alla comunione» (Cass. n. 3617/1987)”.
In altre parole, è stato chiarito, che “Con il sistema dei prelevamenti, previsto per la liquidazione dei debiti dipendenti dalla comunione, il sacrificio divisorio del partecipante creditore si attua, in via preventiva, mediante la riduzione della massa comune.
Egli concorre nella divisione in ragione della maggiore concorso del creditore, con speculare diminuzione della propria partecipazione.
Ex art. 725 c.c., infatti, i prelevamenti si effettuano con oggetti della stessa natura e qualità di quelli non conferiti in natura, solo per quanto è possibile.
La mancanza di tali beni non esclude il diritto al prelevamento da parte dei coeredi (Cass. n. 17022/2017; n. 2184/1961). 2016 n. 11563 sez. 52 – ud. 28-04- 2021 -10- IX.
Il fatto che, in linea di principio, il metodo dei prelevamenti non operi sulle quote, ma sulla massa, non vuol dire che nella divisione ereditaria non si possa avere una modifica delle quote secondo la logica dell’art. 1115, comma 3, c.c. Intanto è intuitivo che il sistema dei prelevamenti può funzionare a condizione che la massa comprenda una pluralità di cose;
inoltre occorre che le cose «prelevabili», seppure di natura diversa rispetto a quelle non conferite in natura, siano idonee quanto meno a eguagliare il valore che deve costituire oggetto di prelevamento.
D’altra parte, se la massa non permette la applicazione del metodo dei prelevamenti non per questo si può dire che, nella divisione ereditaria, non essendo prevista una norma analoga a quella dell’art. 1115 c.c., il compartecipe, il quale sia creditore degli altri per titolo dipendente dalla comunione, non possa aspirare a realizzare il credito sulla massa tramite un incremento di quota.
La eventualità che il metodo dei prelevamenti non sia percorribile non può risolversi nel sacrificio del compartecipe creditore, perché l’esigenza che è alla base della disciplina dettata dagli artt. 724 e 725 c.c. si pone sempre allo stesso modo, qualunque sia la composizione della massa”.
Da ultimo, la decisione de qua ha avuto modo di osservare che “I prelevamenti, e in genere la liquidazione dei debiti e crediti dipendenti dalla comunione nell’ambito del procedimento divisionale, suppongono che sia stata proposta, in aggiunta alla domanda di divisione, un’autonoma istanza di rendiconto (Cass. n. 4364/2002)” e che “L’espressione va intesa in senso ampio, comprensiva di qualsiasi istanza con la quale siano fatti valere debiti e crediti dipendenti dalla comunione.
Il giudice non può disporre il rendiconto senza istanza di parte (Cass. n. 1458/2002)”.
12.2.
Ancora in via generale, appare infine opportuno osservare che, come già ricordato in primo grado “Gli artt. 752 e 754 cod. civ. regolando, rispettivamente, la ripartizione dei debiti ereditari tra gli eredi ed il pagamento di tali debiti da parte dei coeredi, disciplinano i rapporti tra coeredi, da un lato, e creditori del “de cuius”, dall’altro, tra i quali ultimi non rientra il coerede che vanti un credito nei confronti del “de cuius”;
né a tale credito consegue un diritto al prelevamento, ai sensi dell’art. 725 cod. civ., riguardando piuttosto, quest’ultima norma, in combinato con l’art. 724, secondo comma, cod. civ., la definizione dei rapporti obbligatori tra coeredi in dipendenza della situazione di comunione.
Nondimeno, il medesimo credito del coerede verso il “de cuius”, e quindi verso la massa, può essere fatto valere, per ragioni di economia processuale, nello stesso giudizio di scioglimento obbligatorio avente comunque la sua collocazione e la sua tutela nell’ambito della vicenda successoria, la quale ha dato luogo alla comunione ereditaria” (Cfr. Cass. n. 14629/2012).
12.3.
Orbene, ciò richiamato, appare allora evidente che il Giudice di primo grado del tutto correttamente, in sede di sentenza non definitiva, ha, prima di tutto, ritenuto tempestivamente proposta la domanda di rendiconto da parte dell’attrice, unitamente a quella di divisione giudiziale, essendo essa stata contenuta in atto di citazione oltre che ulteriormente ribadita in sede di precisazione delle conclusioni sicchè “la divisione non può prescindere dal rendiconto nel senso che il rendiconto si pone in rapporto di pregiudizialità rispetto alla domanda di divisione giudiziale”. In secondo luogo, ha incaricato il CTU di formulare un (secondo) progetto di divisione che tenesse conto delle indicazioni di cui sopra in ordine al dovuto prelevamento ed imputazione dei debiti e dei crediti ai sensi e per gli effetti dei richiamati artt. 723, 724, comma 2, e 725 c.c. 13.
Se così è, allora appare altrettanto lineare l’infondatezza dei primi due motivi di appello, il primo avente ad oggetto “l’assegnazione diretta dei beni all’attrice per quota parte dei frutti civili percepiti” ed il secondo “l’accertato debito della massa di Euro 63.028,00 e il dichiarato diritto di imputazione, pari alla metà (Euro 31.514,00) nonché la determinazione delle quote previa imputazione dell’importo di Euro 31.514,00)”.
13.1.Con riguardo al primo motivo infatti, è pacifico in causa che abbia vissuto da tempo (anche se non certo dal 1965, come da lui più volte affermato, risultando l’immobile acquistato dalla famiglia solo dal 1969) nell’immobile sito in Arcola (SP) INDIRIZZO senza aver mai pagato nulla per tale occupazione e che se anche la defunta madre lo avesse concesso, per ipotesi, in comodato gratuito al figlio, tale presunta concessione sia cessata con la morte della stessa tanto è vero che la sorella coerede ha più volte richiesto al fratello il rilascio o il pagamento del canone. In questa situazione, come ha condivisibilmente rimarcato la difesa dell’appellata, quel che rileva è la circostanza che la sorella ha manifestato il proprio dissenso alla continuazione della situazione di possesso esclusivo dell’immobile de quo da parte del fratello, tanto da chiederne la liberazione:
ciò che è avvenuto con la raccomandata del 18 luglio 2013 e che ha portato ad individuare il dies a quo da cui far decorrere il pagamento dei frutti in questione dal successivo mese di agosto 2013, in corretta applicazione del principio anche di recente ribadito dalla Suprema Corte secondo il quale “In tema di divisione, in caso di utilizzazione esclusiva del bene comune da parte di un il bene in maniera diretta senza nulla ottenere e ne abbia tratto un vantaggio patrimoniale.
In tal caso occorre la prova di una sottrazione o di un impedimento assoluto all’esercizio delle facoltà dominicali di godimento e disposizione del bene comune spettanti agli altri contitolari o una violazione dei criteri stabiliti dall’art. 1102 c.c., potendosi quantificare il danno in base ai frutti civili ricavati dall’uso esclusivo” (Così Cass. n. 31105 dell’8.11.2023).
13.2.
Solo per completezza osserva la Corte che nessun fondamento riveste la difesa dell’appellante, svolta solo in questa sede, incentrata sul fatto che siccome il bene che si afferma produttivo di frutti è stato a lui assegnato egli non sarebbe debitore di alcun canone di locazione perché ai sensi dell’art. 757 c.c. ciascun condividente è unico e immediato successore dei beni costituenti la sua quota dall’apertura della successione dovendosi distinguere il diritto di proprietà sul bene immobile assegnato all’esito del giudizio divisionale dai frutti civili che nel frattempo erano maturati e che perciò vanno divisi, così come è avvenuto nella specie (Cfr. sul punto anche Corte Cass., SS.UU. n. 25021/2019: La vis retroactiva opera, tuttavia, solo sul piano dell’effetto distributivo proprio della divisione (il c.d. “apporzionamento”), ossia solo per quanto riguarda l’acquisto della titolarità dei beni assegnati;
ma essa non cancella gli altri effetti della comunione e le situazioni attive e passive acquisite dal condividente o dai terzi durante lo statodi comunione:
ad es., i frutti naturali della cosa comune già separati al momento della divisione restano acquisiti alla comunione e non competono all’assegnatario del bene che li aveva prodotti”).
13.3.
Con riguardo al secondo motivo, relativo, come già ricordato, al debito della massa di Euro 63.028,00 e il dichiarato diritto di imputazione, pari alla metà (Euro 31.514,00), dall’esame del documento numero 5 prodotto in primo grado dall’allora attrice si evince con chiarezza che, contrariamente a quanto affermato da parte appellante, il G.T. del Tribunale di La Spezia non si è limitato ad approvare il rendiconto finale presentato dalla medesima nella sua qualità di Amministratrice di Sostengo della madre, signora , ma ha accertato con provvedimento del 17.9.2013, poi corretto materialmente il 16.10.2013, che sussisteva un credito della figlia nella sua qualità di ADS a carico della madre e beneficiaria formatosi “a seguito di diversi anticipi di denaro a favore della beneficiaria per operazioni autorizzate dal GT” con provvedimento emesso ad esito del procedimento di volontaria giurisdizione instaurato nel contradditorio del fratello che nulla aveva peraltro contesto al riguardo. Va peraltro rilevato che nessuna contestazione circa l’an ed il quantum dello stesso era mai stata mossa dal fratello non solo innanzi al Giudice Tutelare, ma neppure nel giudizio di primo.
Venendo ora all’esame dei restanti tre motivi di appello, ricordati nella parte in fatto, l’infondatezza dei primi due a questo punto non può che travolgere ed assorbire anche i restanti se si pone mente al fatto che:
14.1.
il terzo motivo è fondato sui presupposti, sopra ritenuti errati, che “nessun credito esista in capo riferito all’indennità di occupazione” né “relativo alla gestione ereditaria” sicchè non vi è motivo per revocare la divisione degli immobili ereditari di cui alla sentenza n. 109/2023 fondata sul progetto divisionale 8.2.2022;
14.2.
il quarto motivo muove, parimenti, dalla supposta “errata divisione dei beni” , che errata, come si è visto, non è, sicchè nessuna rideterminazione della somma a conguaglio deve essere operata.
Quanto all’ulteriore profilo di doglianza, relativo al fatto che il Tribunale avrebbe errato anche laddove ha fatto decorrere gli interessi sulla somma del conguaglio dalla data della decisione, appare sufficiente rilevare che il capo della sentenza in oggetto non ha natura dichiarativa ma di vera e propria condanna sicchè del tutto correttamente gli interessi, corrispettivi e determinati nella misura legale, sono stati fatti decorrere dalla data della pronuncia della stessa;
14.3.
il quinto motivo infine muove a sua volta le mosse dal “ritenuto accoglimento dell’appello”:
ipotesi che, come si è visto, non si è verificata nella specie.
Da qui l’infondatezza anche di questi tre motivi di appello con conseguente conferma integrale di entrambe le sentenze impugnate.
15.
Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo in applicazione del DM 147/2022 e con riferimento ai valori medi relativamente a tutte le fasi, assumendo quale scaglione di riferimento del valore della causa quello indeterminabile a complessità bassa, seguono la soccombenza.
16. Dichiara che vi sono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, del D.p.r. 30 maggio 2012 n. 115.
Definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria o diversa istanza:
Rigetta l’appello proposto da e per l’effetto Conferma integralmente sia la sentenza non definitiva n. 609/20 del Tribunale di La Spezia, pubblicata l’appellante al pagamento in favore dell’appellata elle spese di lite del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 9.991,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge.
Dichiara che vi sono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, del D.p.r. 30 maggio 2012 n. 115.
Così deciso in Genova, il 6.11.2024 Il Consigliere Estensore Dott. NOME COGNOME Il Presidente Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.