N. R.G. 3094/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._1882_2024_- N._R.G._00003094_2021 DEL_04_11_2024 PUBBLICATA_IL_05_11_2024
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3094/2021 promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME e dell’avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO 60121 Ancona ITALIA presso il difensore avv. COGNOME (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME e dell’avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO 60121 Ancona ITALIA presso il difensore avv. COGNOME (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME e dell’avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO COGNOME n. 2 60121 Ancona ITALIA presso il difensore avv. NOME ATTORE/I contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Ancona INDIRIZZOINDIRIZZO presso lo studio dei difensori C.F. C.F. C.F. (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Ancona INDIRIZZOINDIRIZZO presso lo studio dei difensori CONVENUTO/I
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.
C.F. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato, , esponendo di essere eredi di , socio al 50%, unitamente a della società società semplice, convenivano in giudizio la società e il socio superstite, al fine di sentirne dichiarare la condanna al pagamento di una somma di denaro a titolo di liquidazione della quota sociale appartenuta al loro dante causa deceduto in data 22.7.2020 e degli ulteriori crediti maturati, richiamando il disposto di cui agli artt. 2284 e 2289 c.c. circa il diritto di credito in capo agli eredi del socio defunto alla liquidazione della somma rappresentativa della quota sociale di cui era titolare il de cuius. A sostegno della domanda, resa necessaria dai fallimenti dei tentativi bonari di addivenire alla liquidazione della quota e del notevole lasso di tempo trascorso, gli attori ponevano una perizia di parte che aveva determinato in €. 168.515,48 il valore della quota sociale di cui il loro dante causa , era titolare.
Si costituivano in giudizio la società convenuta società semplice in liquidazione e il socio superstite eccependo in via preliminare l’inammissibilità/improcedibilità dell’azione per intervenuta messa in liquidazione della società ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2272 e 2384 c.c., infatti, il socio superstite in data 1.1.2021 aveva posto la società in liquidazione volontaria ed essendo in corso la liquidazione alcuna erogazione della quota poteva essere disposta in favore degli eredi del socio defunto sino alla chiusura della procedura di liquidazione, nel merito contestava il valore di liquidazione della quota sociale indicato nella perizia di controparte, il metodo di valutazione utilizzato, la carenza di documentazione a supporto, ritenendo eccessiva la stima effettuata dell’immobile sociale e sottovalutate le passività di natura tributaria, pertanto concludeva chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, in via preliminare, dichiarare la domanda avversaria improcedibile o comunque inammissibile per i motivi di cui in narrativa, con ogni conseguente statuizione al riguardo, nel merito, rigettare la domanda avversaria per i motivi di cui in narrativa con ogni consequenziale statuizione al riguardo”.
Concessi i termini di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c., la causa veniva istruita tramite CTU al fine di accertare il valore di mercato del compendio immobiliare della società e procedere alla valorizzazione della quota del socio defunto.
All’udienza del 18.5.2024 la causa veniva trattenuta in decisione con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. Si precisa ed evidenzia fin da ora che, ai fini della decisione della presente causa, si tiene esclusivamente conto dei fatti e delle circostanze allegate nei rispetto dei termini deputati alla fissazione del thema decidendum e, quindi, di quello probandum, in particolare, quanto alla difesa attorea, si terrà conto esclusivamente di quanto dedotto, eccepito e contestato con l’atto di citazione e con la memoria di cui all’art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c., quanto alla difesa di parte convenuta si terrà conto di quanto dedotto ed eccepito e contestato con la comparsa di risposta e con la memoria di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c. n. 1. Di conseguenza, tutte le nuove deduzioni, contestazioni, eccezioni e domande contenute nei successivi scritti ivi compresi quelli conclusionali sono tardive e come tali inammissibili. Ne consegue che le deduzioni relative alla circostanza che il socio superstite avrebbe intrapreso nuove attività manifestando così per, facta concludentia, la volontà di non sciogliere la società, implicitamente rinunciando all’esercizio del diritto potestativo riconosciutogli dall’art. 2284 c.c. sono inammissibile giacchè ciò equivarrebbe ad ampliare indebitamente il thema decidendum.
Oggetto della controversia è la domanda avanzata dagli attori nei confronti dei convenuti di liquidazione della quota del socio deceduto ai sensi dell’art. 2289 c.c. In via generale, si può affermare che nelle società di persone alla morte di un socio consegue lo scioglimento del vincolo sociale che legava il socio alla società, ma non lo scioglimento della società stessa, con la conseguente necessità di definire i rapporti patrimoniali tra i soci superstiti e gli eredi del socio defunto, attraverso il meccanismo di liquidazione previsto dall’art. 2289 c.c. Al verificarsi della morte del socio, i suoi eredi acquisiscono, infatti, il diritto alla liquidazione della quota spettante al de cuius, ossia un diritto di credito ad una somma di denaro rappresentativa del valore della quota del defunto.
La legge riconosce, tuttavia, ai soci superstiti la possibilità di evitare la liquidazione della quota optando invece per lo scioglimento della società e l’avvio della fase liquidatoria, oppure per la continuazione della società con gli eredi del socio defunto, e ciò entro sei mesi dal decesso del socio.
Dispone, infatti, l’art. 2284 c.c. che “salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi consentano”.
In seguito alla morte del socio si aprono, quindi, tre alternative ai soci superstiti;
liquidare la quota agli eredi, sciogliere la società ovvero continuarla con i successori stessi.
La scelta spetta esclusivamente ai soci superstiti, sicchè nel caso in cui i soci superstiti optino per addivenire allo scioglimento della società e porla in liquidazione, il diritto degli eredi ha per oggetto la distribuzione del netto ricavo della liquidazione del patrimonio sociale ai sensi dell’art. 2282 c.c., il c.d. diritto alla quota di liquidazione e non già il c.d. diritto alla liquidazione della quota, ed essi non possono interferire con tale decisione dovendo subire, al contrario, la relativa conseguenza di non vedersi liquidata la quota del loro dante causa nel termine di sei mesi dalla sua morte e dovendo, invece, attendere la conclusione delle operazioni di liquidazione della società per poter partecipare alla divisione dell’attivo eventualmente residuato. Quando, come nel caso di specie, l’evento morte riguardi una società di persone costituita da due soli soci, si è, tuttavia, posto il problema del coordinamento dell’art. 2284 c.c. con l’art. 2272 n. 4 c.c., secondo cui la società si scioglie quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita.
Il problema è stato risolto dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalente nel senso che nell’ipotesi di scioglimento disciplinata dall’art. 2272 n. 4 c.c. ci si trova di fronte ad una tipica fattispecie a formazione progressiva costituita da due elementi:
la morte di uno dei due soci e la mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine di sei mesi dalla sua morte, sicchè non è la sola morte di uno dei due soci a determinare lo scioglimento della società, bensì la sua morte quando essa è seguita dalla mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine semestrale.
Quest’ultimo elemento determina, quindi, il perfezionamento della fattispecie estintiva della società, quale prevista dall’art. 2272 n. 4 c.c. e quindi con effetti ex nunc.
Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione (sent. 16.4.2018 n. 9346) che, dopo un approfondito esame degli orientamenti giurisprudenziali in materia, ha ribadito di condividere l’opinione prevalente anche in dottrina, secondo cui l’art. 2284 c.c. si applica in pieno anche nel caso di società composta da due soci.
In particolare, la Suprema Corte ha affermato che “l’art. 2272 c.c. n. 4 è diretto a regolare i rapporti della società con i terzi:
a tutela di costoro, mediante una finzione giuridica, è prevista la continuazione della società sino alla data in cui il socio superstite delibera lo scioglimento, o sino allo scadere del termine di sei mesi, nel qual caso l’effetto si produce necessariamente ex nunc, viceversa, l’art. 2284 c.c. regola i rapporti interni tra i soci, e, come dimostra la lettera, l’effetto dello scioglimento del rapporto limitatamente al singolo socio ha luogo ex tunc”.
Pertanto, poiché la mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine previsto è priva di efficacia retroattiva, in difetto di ricostituzione di tale pluralità lo scioglimento della società si produce solo alla scadenza del semestre di cui all’art. 2272 n. 4 c.c., in quanto in pendenza di detto termine, il socio superstite, oltre a poter optare per la ricostituzione della pluralità di soci, può avvalersi della scelta tra le tre diverse soluzioni contemplate dall’art. 2284 c.c., scelta che, come sottolineato dalla Suprema Corte, rientra nell’esclusivo potere del socio superstite e non degli eredi, i quali, finchè non sia scaduto il termine di cui all’art. 2272 n. 4 c.c. possono soltanto aderire alla eventuale proposta di continuazione della società. Ne discende che se nel termine di sei mesi dalla morte di uno dei soci, interviene la delibera di scioglimento della società e l’avvio della fase liquidatoria, gli eredi che, non essendo divenuti soci, subiscono la scelta del socio superstite di sciogliere anticipatamente la società, parteciperanno alla distribuzione del netto ricavo della liquidazione del patrimonio della società, e cioè avranno diritto ad una quota di liquidazione e non più alla liquidazione della quota del de cuius.
Ciò posto, nel caso in esame, la domanda va rigettata in quanto gli attori, quali eredi di hanno diritto ad ottenere il 50% del saldo attivo della liquidazione della società , come determinato all’esito della relativa procedura.
Infatti, il socio superstite , entro il semestre successivo al decesso dell’altro socio , ha posto in liquidazione volontaria la società, sicchè, gli eredi di hanno diritto alla quota di liquidazione all’esito della relativa procedura per effetto della deliberazione in tal senso del socio superstite, effettuata entro i sei mesi previsti dalla normativa, e non alla liquidazione della quota alla data della morte del loro dante causa.
La natura della decisione giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
Le spese di CTU, già liquidate come da separato decreto, vanno poste a definitivo carico delle parti in solido.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
-rigetta la domanda;
-dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite;
-le spese di CTU, già liquidate come da separato decreto, vanno poste a carico delle parti in solido.
ANCONA 04/11/2024
Il Giudice dott. NOME COGNOME (atto sottoscritto digitalmente)
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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