REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice unico del Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice del lavoro, dott., all’udienza del 27.10.2022 che si è svolta secondo le modalità di cui all’art. 221, co. 4 L. n. 77/2020 di conversione del d.l. n. 34/2020 (cd. Decreto Rilancio), esaminate le note di trattazione scritta pervenute, ha pronunciato, con contestuale motivazione, la seguente
SENTENZA n. 609/2022 pubblicata il 27/10/2022
nella causa iscritta al n. R.G. 152/2022
TRA
XXX,
ricorrente E
YYY s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. convenuto
OGGETTO: spettanze
CONCLUSIONI: come in atti e verbali di causa
***
Con ricorso depositato in data 03.02.2022, ritualmente notificato, XXX agiva in giudizio nei confronti di YYY s.r.l. (di seguito anche solo YYY), innanzi all’intestato Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, per ivi sentir condannare la società convenuta al pagamento della somma lorda di 14.560,21 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo.
La ricorrente, in particolare, assumeva di aver lavorato, dapprima alle dipendenze di *** s.p.a. a far data dal 01.03.1999 come operatore di rampa, poi, per effetto di trasferimento di ramo di azienda, per l’odierna convenuta YYY dalla quale veniva licenziato per giusta causa con comunicazione del 10.09.2018; il licenziamento veniva impugnato dal lavoratore.
Con sentenza passata in giudicato, la Corte d’Appello di Brescia dichiarava “risolto il rapporto di lavoro intercorrente tra le parti alla data del licenziamento; condanna[va] la YYY s.r.l. a corrispondere a XXX un’indennità risarcitoria pari a n.14 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto…” (doc. 1 fasc. ricorrente), applicando il regime di cui all’art. 18, co. 5 L. n. 300/1970.
Con la presente azione giudiziaria, il ricorrente chiedeva la condanna della resistente al pagamento, in proprio favore, dell’indennità sostitutiva del preavviso, mai richiesta nel giudizio di impugnazione del licenziamento (né in primo, né in secondo grado).
Con memoria depositata in data 15.04.2022, si costituiva in giudizio la società YYY, contestando fermamente quanto dedotto ed argomentato ex adverso; la resistente affermava, in particolare, che l’indennità riconosciuta dalla Corte d’Appello di Brescia ai sensi dell’art. 18, co. 5 L. n. 300/1970 sarebbe “onnicomprensiva”, come da chiaro disposto normativo; eccepiva, inoltre, la violazione del ne bis in idem considerato che il giudicato copre il dedotto e il deducibile, pertanto, la domanda in parte qua, doveva essere spiegata nel precedente giudizio di impugnazione del licenziamento.
Senza necessità di approfondimenti istruttori, il Giudice rimetteva la causa in decisione accordando termine per note difensive conclusive e di trattazione scritta.
Esaminate le note depositate, il Giudice, alla odierna udienza, definiva il giudizio, con motivazione contestuale.
Il ricorso non può essere accolto per le ragioni di seguito rimesse.
***
Va accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla resistente.
Con l’originaria domanda avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento, il ricorrente avrebbe dovuto richiedere anche il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso (come accaduto nel caso preso in esame dalla Cassazione nella sentenza n, 14192/2018 citata da parte ricorrente).
Tale domanda è, infatti, fondata sui medesimi fatti costitutivi della risoluzione del rapporto di lavoro e sarebbe stata ammissibile stante la previsione dell’art. 1, co 48 L. n. 92/2012 secondo cui “la domanda avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento di cui al comma 47 si propone con ricorso al tribunale in funzione di giudice del lavoro. Il ricorso deve avere i requisiti di cui all’articolo 125 del codice di procedura civile. Con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma 47 del presente articolo, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi. Proprio sulla in virtù dell’ultima proposizione del comma citato, è possibile ritenere l’indennità sostitutiva del preavviso costituisca pretesa fondata sugli stessi fatti costitutivi del licenziamento sicchè avrebbe dovuto essere richiesta nell’ambito del giudizio di impugnazione dello stesso.
Come sostenuto dalla convenuta, il principio, secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, estende la sua efficacia, oltre a quanto dedotto dalle parti (giudicato esplicito), anche a quanto avrebbero potuto dedurre (giustificato implicito). In proposito, la Cassazione ha affermato il seguente principio: “Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi. Se tuttavia i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque “fondati” sul medesimo fatto costitutivo – sì da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale -, le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. Ove la necessità di siffatto interesse (e la relativa mancanza) non siano state dedotte dal convenuto, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ai sensi dell’art. 183 c.p.c. e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2” (Cass. n. 4090/2017).
Ebbene, sulla scorta di quanto appena rimesso, la domanda oggi formulata dal ricorrente non è ammissibile.
Non sussistono le condizioni per far valere la responsabilità ex art. 96 c.p.c.
Stante il tenore della presente decisione e l’adesione in astratto del giudicante alla tesi della debenza dell’indennità sostitutiva del preavviso anche nelle ipotesi di accertamento dell’illegittimità del licenziamento con corresponsione dell’indennità ex art. 18, co. 5 L.
n. 300/1970 (Cass. n. 18508/2016 e Cass. n. 14192/2018 cit.), si reputa congrua l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bergamo, definitivamente pronunziando, respinta ogni diversa istanza, deduzione, eccezione così provvede:
– dichiara inammissibile il ricorso; – compensa le spese di lite tra le parti.
Così deciso in Bergamo, il 27.10.2022
Il Giudice del Lavoro
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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