REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI IMPERIA
Nelle persone dei
SENTENZA 602/2021 pubblicata il 21/10/2021
nella causa civile iscritta al n. 2101/2018 del ruolo generale degli affari contenziosi Civili del Tribunale di Imperia
TRA
XXX, rapp.to e difeso dall’Avv.
Attore
Contro
YYY e ZZZ, rapp.te e difese dall’Avv.
Oggetto: collazione donazioni
Conclusioni
All’udienza del 23-6-2021 XXX così concludeva: “accertare che l’eredità di *** è devoluta agli eredi ZZZ, YYY e XXX in ragione di un terzo ciascuno; previo accertamento delle donazioni, dirette e/o indirette, e delle altre assegnazioni effettuate in vita da *** in favore di ZZZ e YYY dichiarare ZZZ tenuta alla collazione della somma di € 119.764,80 o della diversa somma accertata in esito al giudizio o alternativamente del valore dell’usufrutto dell’immobile in a Catasto Foglio mappale sub donatole dal sig. *** oltre all’importo di € 54.000,00 (ossia il 50% dell’importo di € 108.000,00 donato dalla sig. *** alla figlia con provvista donata ,a sua volta, dal sig. *** alla stessa sig.ra ZZZ); dichiarare YYY tenuta alla collazione della somma di € 54.000,00 o, subordinatamente, del valore dell’immobile in a Catasto Foglio mappale sub, limitatamente ai diritti oggetto di donazione; inoltre dichiararla tenuta alla collazione dell’ulteriore somma di € 2.707,52; accertare, pertanto, l’entità della massa ereditaria nella misura di € 179.955,15 o in altra somma maggiore o minore meglio vista; procedere alla divisione dell’eredità di *** tra ZZZ, YYY e XXX in ragione di un terzo ciascuno; condannare ZZZ e YYY, ciascuna per quanto di sua spettanza, al pagamento in favore dell’attore della somma complessiva di € 59.985,05 o quella maggiore o minore ritenuta dal Giudice.
In via subordinata: previo accertamento che le donazioni, dirette e/o indirette, e le altre assegnazioni effettuate in vita da *** in favore di ZZZ e YYY hanno leso la quota di riserva dell’esponente; determinare la massa ereditaria e procedere alla riduzione delle donazioni ai sensi dell’art. 555 C.C., con le modalità di cui all’art. 559 c.c. e conseguentemente, dichiarare tenute e condannare ZZZ e/o YYY a corrispondere all’esponente la somma di € 44.988,87 o altra somma maggiore o minore meglio vista a reintegrazione della quota pari ad un quarto riservata all’esponente quale figlio del defunto ***. In ogni caso oltre interessi legali.”
YYY e ZZZ riproponevano le conclusioni già rassegnate nella 1° memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c.
Motivi Della Decisione
Le domande attoree avanzate in via principale sono solo in parte fondate.
Le ragioni del contendere trovano origine dai seguenti fatti:
-nell’agosto del 2020 a ***, poi deceduto il 27-12-2014, veniva liquidata la somma di € 234.615,00 a titolo di risarcimento del danno (all. 3);
-l’importo veniva accreditato in data 25-8-2010 sul c/c acceso presso Barclays e cointestato al de cuius unitamente alla moglie ZZZ;
-successivamente, il 29/10/2010, con rogito notarile (all. 6) i coniugi acquistarono l’usufrutto con diritto di reciproco accrescimento d’un appartamento sito in, al prezzo di € 72.000,00; -la nuda proprietà veniva invece acquistata in comunione da YYY e dal di lei coniuge *** per un corrispettivo di € 108.000,00;
-nel contratto veniva dato atto che il *** e la ZZZ “donano alla figlia YYY….il denaro necessario per il presente acquisto pari a € 108.000,00.”.
Ciò premesso, l’attore ha chiesto in prima battuta che la ZZZ ponga in collazione la metà della somma di € 234.615,00, assumendo che il de cuius intese operare una donazione in favore della moglie.
Orbene, circa la fattispecie di intestazione d’un c/c cointestato con facoltà di firma e disponibilità disgiunte nonché dotato di valuta procurata soltanto da uno dei cointestatari la giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che tale operazione è suscettibile d’essere qualificata come donazione indiretta soltanto quando sussista l’animus donandi dell’esclusivo proprietario del danaro ossia che sia accertato che al tempo dell’apertura del c/c egli, nel cointestarlo con un altro soggetto, non aveva altro scopo che quello della liberalità (Cass. 28/02/2018, n. 4682; Cass. n. 26983/2008; Cass. n. 468/2010).
Tal è il principio di diritto di cui deve farsi applicazione anche nel caso, qual è quello di specie, in cui l’apertura del conto da parte dei ***/ZZZ era antecedente all’accreditamento del suddetto importo; ciò che infatti rileva è esclusivamente il fatto che il saldo attivo sia stato alimentato con danaro proveniente esclusivamente da uno dei contitolari.
Nel soggiungersi che stante l’assenza d’elementi documentali (e da’allegazioni delle parti) sul punto non è dato sapere se sul c/c in questione fosse legittimato ad operare ciascun contitolare oppure se la cd. firma fosse congiunta, ritiene il Collegio che il *** non intese affatto beneficiare la moglie o che, comunque, che non sussista prova sufficiente di ciò.
Dalla documentazione in atti risulta, infatti, che la giacenza dell’ammontare 234.615,00 sul c/c cointestato si protrasse per poco più d’un mese circa.
Invero, nel rogito notarile si legge che i contraenti davano atto che: le somme di € 15.000,00 e € 20.000,00 erano già state versate con assegni rispettivamente del 23-9-2010 e dell’1-10-2010; al momento della stipula ai venditori venivano consegnati 2 assegni circolari dagli importi di € 45.000,00 e € 100.000,00 ciascuno.
Inoltre, tutti i titoli furono emessi ad esclusivo nome di *** e tratti proprio sul c/c in questione, come attestato dall’estratto in atti (all. 5), il quale rivela la perfetta corrispondenza tra gli importi e le date degli assegni con quelli indicati nel contratto di compravendita.
Ebbene, considerato che l’acquisto d’un appartamento è affare che non si conclude, per così dire, da un giorno all’altro, è evidente che i contraenti fossero in contatto tra loro già ben prima dal 29-10-2010, come peraltro attestato dall’epoca d’emissione del primo assegno.
Alla luce di ciò deve ragionevolmente dedursi che alla scelta del de cuius d’accreditare la somma € 234.615,00 sul c/c cointestato anche alla moglie fosse estraneo ogni intento di donarle il 50% dell’importo, costituendo tale operazione un mero passaggio transitorio finalizzato a consentire al *** di mantenere la provvista all’esclusivo fine d’utilizzarla entro un breve lasso di tempo per concludere la compravendita.
Conseguentemente, ciò di cui fu beneficiata la ZZZ era, ed è, semmai, la quota di comproprietà dell’usufrutto, venendo in rilievo, una donazione indiretta del diritto reale minore, il quale fu attribuito alla donataria tramite il pagamento del prezzo con danaro del de cuius, danaro riconosciuto espressamente come tale da tutti i contraenti.
Ne consegue che la ZZZ è obbligata a conferire ai sensi dell’art. 746 c.c. il valore del diritto d’usufrutto che il coniuge le cointestò con le proprie sostanze, domanda che l’attore ha spiegato in via alternativa, come si desume chiaramente dal par. 5, pag.5, dell’atto di citazione laddove il *** ha prospettato in termini alternativi o subordinati che “l’intera operazione immobiliare sia stata immobiliare con denari propri di *** e che, pertanto, egli abbia in vita effettuato la donazione dell’usufrutto alla moglie e della nuda proprietà alla figlia del bene….”.
Opportuno precisare che, trattandosi d’usufrutto cd. congiuntivo con rispettivo diritto d’accrescimento, oggetto della collazione è l’intero valore del diritto reale giacchè a seguito della premorienza del ***/donante l’usufrutto s’è accresciuto nella sua interezza in capo alla ZZZ/donataria, conformemente all’orientamento giurisprudenziale secondo cui ai fini della collazione per imputazione, dovendo il conferimento essere operato alla stregua del valore del bene donato all’apertura della successione (art. 746 c.c.), occorre avere riguardo alla condizione giuridica dello stesso in quel momento (da ultimo: Cass. 2/9/2020, n. 18211).
Quanto al valore dell’usufrutto si prende atto che all’udienza del 6-11-2019 i difensori delle parti hanno dichiarato concordemente che lo stesso – così come quello della nuda proprietà – corrisponde a quello stabilito nel rogito e cioè a € 72.000,00.
Essendo *** deceduto ab intestato – la circostanza è pacifica- le quote successorie delle parti sono pari ad 1/3 ciascuna (art. 581 c.c.), dal che consegue che la ZZZ è tenuta a porre in collazione la succitata somma e che a XXX compete l’importo di € 24.000,00.
L’attore ha poi domandato che la propria sorella YYY porti in collazione la somma di € 108.000,00 che il comune genitore sborsò per l’acquisto in capo alla convenuta e al di lei marito della nuda proprietà dell’immobile. Nell’atto notarile si legge, infatti, che “*** e ZZZ donano alla figlia YYY….il denaro necessario per il seguente acquisto pari a € 108.000,00, provvedendo loro stessi al rilascio degli assegni….”. Inoltre, il negozio fu rogitato alla presenza di 2 testimoni.
Orbene, nell’evidenziarsi che i motivi esposti in precedenza la convenuta non donò alcunchè alla figlia – essendo, per contro, ella donataria del marito – il Collegio ritiene che anche in tal caso sia in presenza d’una donazione indiretta della nuda proprietà dell’immobile e non d’una liberalità diretta del danaro. Sul punto si condividono i rilievi svolti dal G.I. nell’ordinanza del 198-2019.
Invero, al di là del dato letterale e a dispetto dei requisiti formali richiesti dall’art. 782 c.c. dagli artt. 47, 48 e 50, L. 1913/89 la somma di € 108.000,00 non entrò nella disponibilità della *** neppure per un istante, mancando una cesura logica e cronologica tra il trasferimento del denaro dal *** alla figlia e da questa al venditore.
Il passaggio del danaro fu invece unico e immediato, dal de cuius all’alienante tramite il rilascio di 2 assegni, e scopo dell’operazione era donare a YYY e a *** la nuda proprietà del cespite.
In buona sostanza la fattispecie in esame, che vede il “donante” del denaro prendere anch’egli parte all’atto di compravendita, è da ricomprendere nel novero della casistica diffusamente sviscerata dalla giurisprudenza in tema di donazione indiretta d’un immobile, essendosi puntualizzato che per “…integrare la fattispecie di donazione indiretta è necessario che la dazione della somma di denaro sia effettuata quale mezzo per l’unico e specifico fine dell’acquisto dell’immobile: deve cioè sussistere incontrovertibilmente un collegamento teleologico tra elargizione del denaro e acquisto dell’immobile. In particolare, “nel caso di soggetto che abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare, in cui, ovviamente, oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione. In tale caso il collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da par,te del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione (indiretta) dello stesso immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto” (Cassazione civile sez. VI, 02/09/2014, n.18541)
Del tutto conforme è Cass. Civ. Sent. n. 3642/2004, secondo cui “si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal beneficiario in un acquisto immobiliare con propria autonoma e distinta determinazione, nel qual caso oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisca il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce l’unico specifico fine, se pur mediato, della donazione”.
Tale orientamento, in buona sostanza, fa leva sul concreto intento del donante, occorrendo verificare se l’animus donandi di questi sia concentrato sulla somma di danaro o, piuttosto, sul trasferimento della res, così imprimendo al danaro una specifica destinazione (sul punto Cass. S.U. 9282/1992).
Nel caso in esame l’esistenza d’un collegamento teleologico tra l’elargizione del denaro e l’acquisto dell’immobile è palese evidente, essendo il *** intervenuto personalmente nella stipula della compravendita, dichiarando di “donare” il corrispettivo – proveniente in realtà, come già rilevato, esclusivamente dal proprio patrimonio – per l’acquisto dei 2 diritti.
A conferma della correttezza di tale impostazione milita il rilascio dei 2 assegni per € 15.000,00 e € 20.000,00 da parte del de cuius a titolo d’acconto sul prezzo in epoca antecedente alla conclusione del rogito, osservandosi al riguardo che, seppur imputabile al corrispettivo della nuda proprietà, la parziale anticipazione del prezzo costituisce indizio del fatto che il *** s’era già determinato a destinare, così vincolandole allo scopo, una parte delle proprie sostanze alla conclusione dell’affare.
Opportuno soggiungere che, essendo stato il 50% della nuda proprietà intestato al ***, se si volesse condividere la testi propugnata in via principale dall’attore, dovrebbe ritenersi che il rogito in questione constava di ben 3 negozi: donazione diretta della somma di € 108.000,00 dal de cuius a YYY; acquisto a titolo oneroso in capo alla convenuta della nuda proprietà; successiva alienazione donativa indiretta della metà di tale diritto da parte della *** in favore del coniuge.
E’ del tutto evidente l’artificiosità e l’inconcludenza d’una simile ricostruzione sia in virtù delle considerazioni sin qui svolte sia in ragione del fatto che la presunta manifestazione della volontà della *** di beneficiare a propria il *** risulterebbe sprovvista di qualsiasi elemento testuale dal quale inferiore tale ulteriore passaggio.
In realtà, così come la ***, anche il *** acquisì in via immediata e diretta la quota della nuda proprietà dal venditore del cespite, il che sta a significare che il de cuius donò in via indiretta la metà di tale diritto al proprio genero.
Corollario di ciò è il seguente: essendo a YYY stata donato non già il corrispettivo per l’acquisto, ma il valore della nuda proprietà nella misura del 50%, ella è tenuta a conferire in collazione la somma di € 54000,00, (il valore dell’intera del diritto è stato concordemente stabilito dalle parti, in € 108.000,00), dal che consegue che all’attore compete l’importo di € 17.000,00.
Il *** ha poi lamentato che nel periodo immediatamente precedente al decesso la ZZZ avrebbe eseguito prelievi per complessivi € 4950,00, importo anch’esso oggetto di domanda di collazione.
A ciò deve replicarsi che: non è dato conoscere l’identità del soggetto che compì tali operazioni, non potendosi, pertanto, escludere che fu proprio il *** a far ciò; il prelevamento di determinati importi di per sé non costituisce donazione; lo sarebbe semmai la rimessa della relativa somma sul c/c da parte del de cuius; a tal fine occorrerebbe la prova che il conto fosse stato alimentato esclusivamente dal denaro di *** e non anche (neppure nella misura di € 4950,00) dalla ZZZ; tale prova, tuttavia, non è stata fornita, dovendosi, semmai, presumere il contrario, atteso che gli estratti in atti attestano che sul conto in questione risultavano accreditati 2 diversi ratei mensili di pensione, ammontanti rispettivamente a circa € 700,00 e € 550,00.
Il *** ha poi asserito che il padre avrebbe donato alla propria sorella anche l’ulteriore importo complessivo di € 5415,04 tramite 12 bonifici.
Anche in tal caso era onere dell’attore dimostrare la sussistenza d’una liberalità giacchè il trasferimento bancario di più importi da un soggetto ad un altro può rispondere a plurime giustificazioni causali e non necessariamente all’intento dell’ordinante di beneficare il destinatario, dovendosi inoltre considerare che, come già rilevato dal Collegio, non v’è prova del fatto che l’intero saldo attivo fosse stato alimentato soltanto da ***, il che sta a significare che, dovendosi applicare la presunzione di contitolarità delle somme, la convenuta sarebbe al più stata beneficiata di € 2707,02.
Di ciò tuttavia non v’è prova alcuna, dovendosi semmai prendere atto che gli estratti conto attestano anche il compimento d’operazioni di segno inverso ovvero dell’effettuazione di plurimi versamenti eseguiti da YYY sul c/c dei genitori per € 4050,00 totali, versamenti che la convenuta ha affermato costituire la restituzione dei ratei d’un mutuo da lei contratto anticipati dai propri genitori, il che è in via in principio del tutto credibile.
Nel venire alla disamina delle ulteriori domande, osserva il Collegio che la domanda di divisione dell’eredità ha ben poco, se non alcun, senso, dovendosi semplicemente provvedere a ripartire e attribuire somme di denaro secondo le rispettive quote dei coeredi.
Opportuno soggiungere che l’attore non è legittimato a pretendere dalle controparti la quota del valore degli arredi del de cuius e dell’autovettura Mercedes, unici beni “materiali” lasciati dal de cuius, non constando che la *** e la ZZZ si siano appropriati degli stessi sottraendoli definitivamente all’istante oppure disperdendoli. Costui è dunque legittimato ad ottenere “in natura” 1/3 degli arredi, domanda che tuttavia non è stata proposta.
Parimenti nessuna richiesta di divisione è stata avanzata dalle parti riguardo il veicolo, del quale ciascuna è contitolare in misura eguale cosicchè sarà onere delle stesse venderla oppure acquistarla rifondendo alla controparte la rispettiva quota.
In sintesi, le convenute devono essere condannate a corrispondere all’attore l’ammontare complessivo di € 42.000,00, ciascuna per la propria parte nei termini esposti in motivazione.
Infine, deve dichiararsi l’inammissibilità della domanda subordinata con cui per la prima volta in sede di p.cè stato chiesto che “previo accertamento che le donazioni, dirette e/o indirette, e le altre assegnazioni effettuate in vita da *** in favore di ZZZ e YYY hanno leso la quota di riserva dell’esponente; determinare la massa ereditaria e procedere alla riduzione delle donazioni ai sensi dell’art. 555 C.C., con le modalità di cui all’art. 559 c.c. e conseguentemente, dichiarare tenute e condannare ZZZ e/o ***
Sabrina a corrispondere all’esponente la somma di € 44.988,87 o altra somma maggiore o minore meglio vista a reintegrazione della quota pari ad un quarto riservata all’esponente quale figlio del defunto ***. In ogni caso oltre interessi legali.”, avendo l’attore tardivamente modificato l’originaria domanda avanzata in atto di citazione, nel quale alla pag.8, par. 11, si legge che “solo in via subordinata, per la denegata ipotesi in cui non sia applicabile la successione legittima e/o la divisione con obbligo di collazione da parte dei coeredi, l’esponente rileva che con gli atti di liberalità compiuti dal de cuius è stata lesa la quota di riserva a lui spettante…”
Al riguardo rileva il Collegio che nessuna pronuncia avrebbe dovuto essere emessa sull’originaria domanda subordinata poiché quelle principali sono state accolte seppure in misura inferiore a quanto domandato.
Proprio in considerazione dell’entità della fondatezza delle domande attoree rispetto a quanto richiesto, € 59.985,05, si ritiene di compensare per 2/5 gli oneri processuali e di porre a carico delle convenute il residuo, che si quantifica come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Imperia, definitivamente pronunciandosi sulle proposte in via principale da XXX, così provvede:
Dichiara aperta la successione di ***, nato il a e deceduto in Imperia il.
Accerta e dichiara che XXX, YYY e ZZZ sono eredi universali di *** per la quota di 1/3 ciascuno.
Condanna YYY e ZZZ a conferire in collazione rispettivamente le somme di € 72.000,00 e € 54.000,00.
Condanna YYY al pagamento in favore di XXX dell’importo di € 18.000,00 nonché ZZZ al pagamento in favore di XXX dell’importo di € 24.000,00, oltre ad interessi legali a far data dalla domanda sino al saldo.
Compensa per 2/5 le spese di lite, ponendo a carico delle convenute in solido il residuo, che si liquida in €. 1550,00 per la fase di studio, €. 1080,00 per la fase introduttiva, € 1500,00 per la fase di trattazione, €. 2100,00 per la fase decisionale, oltre a spese generali IVA e CPA come da legge.
Imperia 20-10-2021
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