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Dottori Commercialisti, contributo di solidarietà

Illegittimo il contributo di solidarietà introdotto dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti.

Pubblicato il 27 August 2021 in Diritto Previdenziale, Giurisprudenza Civile

 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI MILANO
SEZIONE LAVORO

Composta da

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 883/2021 pubblicata il 09/08/2021

nella causa civile di appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 882/2020 estensore promossa da

CASSA NAZIONALE PREVIDENZA ASSISTENZA DOTTORI COMMERCIALISTI, (C.F. 80021670585), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

APPELLANTE

CONTRO

XXX                     SILVIA       (C.F.                         ),                                 YYY          (C.F.), ZZZ (C.F.) e KKK (C.F.), rappresentati e difesi dall’avv.

APPELLATI  CONCLUSIONI PER L’APPELLANTE

Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Milano adita, previa fissazione dell’udienza di discussione, disattesa ogni contraria istanza, ragione ed eccezione, in accoglimento del presente ricorso in appello:

1)  riformare integralmente la sentenza del Tribunale di Milano n. 882/2020, depositata in Cancelleria in data 23.6.2020 (R.G. n. 11501/2019), non notificata e, per l’effetto, per i motivi di cui in narrativa, respingere il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, perché infondato, in fatto ed in diritto, nonché in quanto carente di prova;

2)  con vittoria di spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.

PER GLI APPELLATI

Si chiede che il ricorso in appello avversario sia respinto e che la sentenza impugnata sia confermata. Con vittoria di competenze, onorari, rimborso 15% spese generali, cap e iva come per legge in favore del procuratore antistatario.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con la sentenza n. 882/2020 il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso di XXX, YYY, ZZZ e KKK, con il quale essi chiedevano dichiararsi l’illegittimità della trattenuta sulla pensione (decorrente rispettivamente per XXX dal luglio 2011, per YYY dal gennaio 2011, per ZZZ dal giugno 2013 e per KKK dal luglio 2012), a titolo di contributo di solidarietà ex art. 22 del Regolamento di Disciplina del regime previdenziale e dell’art. 29 del Regolamento Unitario. Il Tribunale ha disatteso l’eccezione di improcedibilità della domanda e nel merito, ha richiamato le pronunce della Corte di Cassazione ed in particolare la pronuncia n. 20/2019; ha condannato la Cassa alla restituzione di quanto trattenuto, oltre interessi legali e spese di lite pari ad euro 3.800,00 oltre accessori.

Con atto di appello del 23.12.2020 la Cassa ha impugnato la sentenza, evidenziando ai fini dell’ammissibilità dell’appello, di essere consapevole dell’orientamento contrario di questa Corte, che ha dichiarato l’illegittimità dei provvedimenti degli enti previdenziali privatizzati istitutivi di contributi di solidarietà, ma invocando un mutamento di giurisprudenza, a seguito – soprattutto – della sentenza della Corte Costituzionale 173/2016, che ha ritenuto la legittimità dei prelievi sul trattamento pensionistico già in essere, purché rispettosi del principio di ragionevolezza. Pertanto, secondo l’appellante, il punto centrale di molte delle decisioni di legittimità favorevoli ai pensionati, ovvero l’intangibilità del trattamento pensionistico, può essere rimesso in discussione, ciò anche alla luce dell’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione n. 1795/2018, che ha negato che il contributo di solidarietà sia frutto di provvedimenti amministrativi unilaterali dell’ente, dovendosi quindi riesaminare la natura del contributo.

Con il primo motivo di gravame, la Cassa contesta la tesi accolta nella sentenza impugnata, secondo cui l’introduzione del contributo di solidarietà, operato dall’art.22 “Regolamento di disciplina del regime previdenziale” approvato con DI del 14.7.2004 e reiterato dalle delibere 28 ottobre 2008 e 27 giugno 2013 per i quinquenni 2009/2013 e 2014/2018, e quindi nuovamente introdotto con il nuovo art. 29 del Regolamento Unitario, con proroga fino al 2023, oltrepassa i limiti all’autonomia normativa conferita agli enti previdenziali privatizzati ed è in contrasto con l’art. 3, 12° comma L.335/95 come modificato dall’art.1 comma 763 L.296/06 e interpretato autenticamente dall’art.1 comma 488 L.147/13.

L’art. 22 del Regolamento è diretta applicazione dei principi di legge, in base ai quali risulta una sostanziale delegificazione della materia a seguito della riconosciuta autonomia normativa delle casse, che deve essere -per obbligo imposto dalla medesima normativa- finalizzato all’equilibrio finanziario di lungo periodo.

L’appellante, inoltre, censura la decisione del Tribunale per non aver considerato che il diritto alla pensione può essere limitato dalla legge anche quando il rapporto sia nella fase di esecuzione e che le norme degli enti previdenziali sono atti aventi forza di legge, in quanto tali idonei a limitare il diritto soggettivo in questione, purché rispettino il principio di ragionevolezza, senza alcuna violazione dell’art. 23 Cost., e in tal senso l’appellante richiama la pronuncia della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, ritenendo costituzionalmente legittima la trattenuta sulle pensioni INPS introdotta dall’art. 1, comma 486 l.n. 147/2013, ha dettato i principi legittimanti i prelievi sui trattamenti pensionistici, quali ragionevolezza, equità intergenerazionale e gradualità. In tale ottica l’appellante lamenta che il primo Giudice non abbia esperito, appunto, la valutazione di ragionevolezza delle disposizioni contestate, alla luce dei principi enunciati dalla Consulta.

Sotto altro profilo, la conferma della legittimità dei provvedimenti adottati dalla Cassa proviene dallo stesso legislatore che, con l’art. 24 comma 24 D.L. n. 201/2011 (Decreto Salva Italia) ha prescritto che le casse adottino nell’esercizio della loro autonomia gestionale entro il 30.9.2012 provvedimenti volti ad assicurare l’equilibrio finanziario rispetto ad un arco temporale di 50 anni, prevedendo che -in mancanza di tali provvedimenti- si applichi un contributo di solidarietà dell’1% per gli anni 2012 e 2013. Secondo l’appellante la norma, pure non applicabile oltre i periodi di riferimento temporale ivi previsti, conferma che il legislatore ha ritenuto legittima la tipologia di provvedimento (contributo di solidarietà sulle pensioni) da adottarsi per le finalità previste dalla legge (equilibrio finanziario di lungo termine), tanto da prescriverla espressamente nel caso di inerzia degli enti nell’adottare altre tipologie di provvedimenti.

Con il secondo motivo di gravame, la Cassa critica la sentenza di primo grado per aver violato l’art.1 comma 488 L.147/13 che, nell’interpretare autenticamente l’art.3, 12° comma L.335/95 come modificato dall’art.1 comma 763 L.296/06, ha ampliato il potere normativo degli enti previdenziali privatizzati in conseguenza degli obblighi di rispetto dell’equilibrio finanziario imposti da legislatore, così da assumere la veste di norma generale di disciplina del potere normativo di questi ultimi. In tale contesto, caratterizzato dal passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo, il prelievo a titolo di contributo di solidarietà (nei limiti previsti dai regolamenti e cioè di importo contenuto e applicato alle pensioni più elevate) va rivisto nella sua funzione di assicurare l’equilibrio finanziario di lungo periodo, come dimostrato dalla produzione di documenti attuariali, che attesterebbero la necessità di tale provvedimenti. Anche sotto tale profilo, non considerato dalla giurisprudenza, viene sollecitato un ripensamento da parte della Corte.

La Cassa ha quindi chiesto l’accoglimento delle conclusioni sopra trascritte.

Con decreto del 26.4.2021 è stata disposta la trattazione della causa con il rito cd. “cartolare”, ai sensi dell’art. 221 c. 4 D.L. 19.05.2020 n. 34 conv. in L.77/2020, che ha modificato l’art. 83 D.L.17.03.2020 n.18, conv. in L. n.27/2020, nonché l’art. 1 D.L. 07.10.2020 n. 125.

Con memoria del 23.4.2021 si sono costituiti in giudizio gli appellati, che chiedono il rigetto dell’appello sostenendo che gli argomenti portati nel gravame avversario sono già stati affrontati e respinti dalla giurisprudenza, ivi compreso quello riguardante la ragionevolezza del prelievo di cui alla sentenza della Corte Costituzionale.

Depositate note scritte da entrambe le parti nel termine assegnato mediante il provvedimento con cui è stato disposto il rito c.d. cartolare, la causa è stata decisa come da dispositivo in calce trascritto.

***

I motivi di appello, da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati; in particolare, le deduzioni svolte dall’appellante non appaiono idonee ad indurre il Collegio a disattendere l’orientamento già ampiamente consolidato, per cui, anche ai sensi dell’art. 118 Disp. Att. c.p.c. si richiama la recente pronuncia di questa Corte sulla specifica materia oggetto di causa, sentenza n. 72/2021 pubbl. il 4/3/2021, Pres. Est. G. Picciau, che -in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente- dà anche conto delle ultime pronunce della Corte di Cassazione.

<<Le questioni oggetto del presente procedimento sono già state decise, in senso sfavorevole a parte appellante, da un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità ribadito anche da recenti pronunce (cfr. Cass. 28054/2020; Cass. 28055/2020; Cass. 27340/2020, con ampi richiami alle numerose pronunce precedenti ).

Con le ordinanze citate n. 28054 e n. 28055 depositate in data 9 dicembre 2020 la Corte di Cassazione, ribadendo il suo ormai consolidato orientamento in materia, ha rigettato il ricorso proposto dalla Cassa avverso le ordinanze con le quali la Corte di Appello di Torino aveva ritenuto inammissibile l’appello ex artt. 348 bis e 348 ter c.p.c. proposto dalla Cassa perché, proprio alla luce di un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità , privo di una ragionevole probabilità di essere accolto.  Si legge testualmente nella ordinanza 28055/2020 della Corte di Cassazione:

“ con il primo motivo di censura, è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, in combinato disposto con l’art. 22 del regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa del 2008; violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763; violazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488; violazione della L. n. 201 del 2011, art. 24;  violazione degli artt. 3 e 38 Cost., in relazione, tutti, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3  con il secondo motivo, è dedotta la violazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, violazione del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento della Cassa, tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto attinenti alla natura del contributo di solidarietà ed alla sua ritenuta legittimità anche in relazione alla realizzazione di equilibri di bilancio; i motivi sono infondati alla luce di un consolidato orientamento, anche confermato con le più recenti decisioni, assunto da questa Corte di legittimità (da ultimo Cass. n. 982/2019; n. 603/2019; n. 16814/2019); si è affermato che “In materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel “genus” delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore” (Cass. n. 31875/2018); Cassazione n. 603/2019 ha ulteriormente rilevato che “Appare utile, al fine di confermare l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresì, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 486, ha affermato che si è in presenza di un “prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)”;  sulla base delle considerazioni che precedono deve concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un “criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore”;  le ulteriori argomentazioni svolte in seno alla memoria depositata dalla Cassa in vista della presente adunanza, non pongono elementi di valutazione effettivamente nuovi o non considerati in occasione delle svariate volte in cui questa Corte si è pronunciata, per cui l’orientamento formatosi va confermato ed i motivi devono, pertanto, essere rigettati”.

Il Collegio ritiene di dover aderire a tale consolidato orientamento della Corte di Cassazione, peraltro già recepito in numerose pronunce di questa Corte territoriale relative a fattispecie sovrapponibili a quella oggetto del presente procedimento .  Si richiamano in particolare, fra numerose altre, ai sensi e per gli effetti dell’art.118 disp. att. c.p.c. la sentenza n.1046/2020, depositata il 12.1.2021 ( Pres. Est. YYY ) e la sent. n.506/2019 ( Pres. Picciau , Est. Dossi) ; in tali pronunce trovano risposta le argomentazioni riproposte dall’appellante.

In particolare, ha osservato questa Corte territoriale nella richiamata sentenza n. 506/2019:

Sulle questioni oggetto del motivo in esame si è di recente pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza 3 gennaio 2019 n. 20, che ha dichiarato illegittimo il contributo di solidarietà di cui è causa, introdotto dall’art. 22 Regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti.

In particolare la pronuncia anzidetta ha statuito quanto segue: “questa Corte ha esposto con riferimento a fattispecie analoga relativa la stessa Cassa commercialisti (Cass.n. 25212 del 2009) che l’autonomia degli stessi enti, tuttavia, incontra un limite fondamentale, imposto dalla stessa disposizione che la prevede (ossia dal predetto D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2), la quale definisce espressamente i tipi di provvedimento da adottare, identificati, appunto, in base al loro contenuto (“variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti”).

Esula, tuttavia, dal novero (una sorta di numerus clausus) degli stessi provvedimenti – e risulta incompatibile, peraltro, con il “rispetto del principio del pro rata (…)” – qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati (quale, nella specie, l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale), che introduca – a prescindere dal “criterio di determinazione del trattamento pensionistico” – la previsione di una trattenuta a titolo di “contributo di solidarietà” sui trattamenti pensioni già quantificati ed attribuiti.

Ed invero sul punto deve evidenziarsi che l’imposizione di un “contributo di solidarietà” sui trattamenti pensionistici già in atto non integra, all’evidenza, né una “variazione delle aliquote contributive”, né una “riparametrazione dei coefficienti di rendimento”.

Alla stessa conclusione deve pervenirsi, tuttavia, con riferimento ad “ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico”.

La previsione relativa intende riferirsi, infatti, a tutti i provvedimenti, che al pari di quelli specificamente identificati nominativamente (di “variazione delle aliquote contributive”, appunto, e di “riparametrazione dei coefficienti di rendimento”) – incidano su “ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico”.

Ne esula, quindi, qualsiasi provvedimento, che – lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico da adottarsi nel rispetto o tenuto conto del principio del pro rata, ai sensi delle successive formulazioni della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, e finalizzato al solo riequilibrio finanziario rispetto ai limiti di stabilità imposti dalla legge – imponga una trattenuta su detto trattamento già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili, quale limite esterno della sua misura.

Né a diverse conclusioni e dunque alla legittimità della trattenuta, si può giungere attraverso il richiamo alla L. n. 296 del 2006 di modifica della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, in quanto detta norma incide sul sistema del pro rata che è estraneo alla tematica del contributo di solidarietà.

La citata sopravvenuta normativa non può, pertanto essere intesa nel senso preteso dalla Cassa, di fonte del potere di introdurre prestazioni patrimoniali a carico dei pensionati, quale è il contributo di solidarietà.

Quanto alla disposizione di cui all’art. 1 comma 488 della legge n. 147 del 2013, qualificata come di interpretazione autentica – secondo cui: “L’ultimo periodo della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, si interpreta nel senso che gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. 27 dicembre 2006, n. 296, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine”, va rilevato che questa Corte (cfr. Cass. n. 6702 del 2016, ord. n. 7568 del 2017) ha già affermato che “quest’ultimo intervento legislativo non incide sulla soluzione della presente questione, dal momento che la norma in esame pone come condizione di legittimità degli atti che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perchè di carattere provvisorio e limitato nel tempo, cosi come affermato dalla stessa ricorrente”.

Va ulteriormente considerato che, comunque, non può prescindersi dalla considerazione che la norma di cui all’ultimo periodo della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, non può che riguardare i provvedimenti che hanno inciso sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico dei professionisti iscritti alla Cassa e non già la materia che esula dai poteri delle Casse, quale quella in esame.

Appare utile, al fine di confermare l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresì, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 486, ha affermato che si è in presenza di un “prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)”

Sulla base delle considerazioni che precedono deve concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un “criterio di determinazione del trattamento pensionistico”, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore.

Le ragioni che hanno indotto questa Corte a ritenere che tra i poteri della Cassa non vi sia anche quello di applicare ai pensionati un contributo di solidarietà consente di escludere che possa incidere sulle conclusioni qui assunte la citata e recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha concluso per la legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 486 della legge finanziaria del 2014 (ritenendo sussistere “sia pur al limite”, rispettate nel caso dell’intervento legislativo in esame” le condizioni dalla Corte enunciate per la legittimità dell’intervento quali operare all’interno del complessivo sistema della previdenza; essere imposto dalla crisi contingente e grave del predetto sistema; incidere sulle pensioni più elevate (in rapporto alle pensioni minime); presentarsi come prelievo sostenibile; rispettare il principio di proporzionalità; essere comunque utilizzato come misura una tantum” ( ….).>>

Il Collegio non ravvisa alcun motivo per discostarsi dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, richiamata nel precedente appena riportato, che risponde adeguatamente alle argomentazioni contenute nel gravame.

Si ritiene soltanto di aggiungere, quanto alla portata dell’art. 24 comma 24 D.L. 201/2011, che la norma invocata dall’appellante, ad avviso del Collegio, non può essere intesa – attesi gli imprescindibili riferimenti temporali della sua efficacia e le condizioni eccezionali dell’applicazione del prelievo sulle pensioni- come espressione di un principio generale in grado di legittimare le contestate delibere oggetto di causa.

In conclusione, alla luce delle argomentazioni esposte, dirimenti ed assorbenti di ogni altra questione, il gravame deve essere respinto, con conferma della sentenza impugnata.

Le spese di lite del grado seguono la soccombenza e il relativo importo, considerati il valore della causa e la pluralità di parti, nonché l’assenza di attività istruttoria e la serialità della controversia, vengono liquidati come da dispositivo, in applicazione del d.m. 10 marzo 2014 n. 55, come modificato dal d.m. 8 marzo 2018 n. 37.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2012 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012 n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

Respinge l’appello avverso la sentenza n. 882/2020 del Tribunale di Milano.

Condanna l’appellante a rifondere agli appellati le spese di lite del grado di appello liquidate complessivamente in euro 3.800,00 oltre spese generali e oneri di legge, con distrazione a favore del difensore antistatario.

Sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 quater DPR 115/2002, così come modificato dall’art 1, comma 17, L. 24-12-2012, n. 228.

Milano, 09/06/2021

Il Giudice Ausiliario Relatore
Il Presidente

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