REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA sezione controversie di lavoro e di previdenza ed assistenza composta dai magistrati:
1.dr. NOME COGNOME Presidente 2. dr.
NOME COGNOME Consigliere rel.
3. dr.
NOME COGNOME Consigliere All’esito della camera di consiglio tenutasi ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c.;
lette le note illustrative, ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._190_2024_- N._R.G._00000153_2023 DEL_05_06_2024 PUBBLICATA_IL_07_06_2024
Nella causa civile iscritta al n. 153/2023 sezione lavoro, vertente TRA , in persona del Ministro pro tempore, , in persona del legale rappresentante, rappr.ti e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona PARTE APPELLANTE , rappr.ta e difesa per procura in atti dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Fermo PARTE APPELLATA Conclusioni come in atti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 26 maggio 2023 il indicato in epigrafe ha proposto appello avverso la sentenza del 21 marzo 2023 con cui il Tribunale di Fermo in funzione di giudice del lavoro, superando la sollevata eccezione di incompetenza territoriale dell’adito Tribunale, aveva accolto la domanda di – docente in possesso del diploma di laurea in Scienze Politiche e di 24 c.f.u. in materie psico-antro-pedagogiche – intesa ad ottenere l’inserimento nella II fascia delle graduatorie di Circolo e di Istituto della Provincia di Fermo e di Ascoli Piceno.
In via preliminare, l’appellante ha insistito nella declaratoria di incompetenza territoriale dell’adito di laurea unitamente ai 24 CFU, recependo un’interpretazione dell’art.1, co. 110, l. 107/2015 e degli artt. 5 e 17 D.Lgs 59/2017, in forza dei quali il possesso dei 24 CFU dovesse considerarsi del tutto equipollente all’abilitazione all’insegnamento conseguita attraverso i percorsi formativi (Pas, Tfa e SSIS) additati dalla previgente legislazione.
l’appellante ha evidenziato che la ridefinizione normativa non autorizzava alcuna affermazione circa il valore abilitante dei 24 CFU al fine specifico dell’inserimento nelle graduatorie di Circolo e di Istituto, ma si limitava a creare l’invocata equiparazione con esclusivo riferimento alle procedure di accesso ai concorsi.
L’appellante ha chiesto, pertanto, in riforma della sentenza impugnata accertarsi l’incompetenza del Tribunale Fermo in favore di quello di Ascoli Piceno;
in ogni caso, respingersi la domanda avanzata in primo grado, con vittoria di spese del doppio grado.
ha resistito al gravame e ne ha chiesto il rigetto.
Allo scadere dei termini per il deposito delle note sostitutive d’udienza, la causa è stata trattenuta in decisione
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è fondato e va accolto per i motivi di seguito precisati.
In punto di fatto non è contestato, ed è peraltro adeguatamente documentato, che l’originaria ricorrente odierna appellata sia in possesso del diploma di laurea e dei 24 Crediti Formativi Universitari, congiuntamente richiesti dall’art. 5 del d.lgs. n. 59/2017 come requisiti di accesso al concorso per la copertura dei posti di docente di ruolo nella scuola secondaria.
L’odierna indagine, dunque, implica la soluzione di un problema ermeneutico, dovendosi accertare la voluntas legis in ordine all’equipollenza o meno dei 24 CFU all’abilitazione conseguita ai sensi delle leggi previgenti;
occorre, quindi, verificare la perfetta equivalenza dei 24 CFU ai titoli acquisiti all’esito di percorsi formativi variamente qualificati (SSIS, TFA, PAS), ma tutti indiscutibilmente preordinati a conferire al possessore l’idoneità all’esercizio della funzione didattica.
La soluzione interpretativa adottata da questa Corte in precedenti decisioni rispetto a fattispecie identiche non ha trovato l’avallo della Corte di Cassazione, che con sentenza n. 7084 del 6 marzo 2024 ha affermato:
“…l’assunto della ‹‹perfetta equivalenza dei 24 CFU ai titoli acquisiti all’esito di percorsi formativi variamente qualificati (SSIS, TFA, PAS), ma tutti indiscutibilmente preordinati a conferire al possessore l’idoneità all’esercizio della funzione didattica›› e della presenza nel nostro ordinamento di un ‹‹parallelismo tra requisiti professionali richiesti per l’insegnamento tanto ai docenti di ruolo che ai supplenti›› contrasta con l’intero sistema del riguardo, precisa la suprema Corte che “…fino al 1999 non si è posto un problema di contrapposizione fra titoli di accesso al concorso e abilitazione in quanto, nella maggior parte dei casi, e salvo eccezioni previste dalla legge, l’abilitazione all’insegnamento conseguiva al positivo esito del concorso per divenire docente di ruolo…”; aggiunge che “…I primi cambiamenti si sono avuti con l’istituzione delle SSIS…previste dall’art. 4, comma 2, della legge n. 341 del 1990, …..
scuole di specializzazione universitaria italiana, di durata biennale, finalizzate alla formazione degli insegnanti delle scuole secondarie di primo e secondo grado.
…..
Esse sono state, per il periodo menzionato, il principale canale di abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie, consentendo agli specializzati l’iscrizione nelle graduatorie permanenti provinciali del personale docente, e ciò finché la legge n. 296 del 2006 non ha trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento.
….
Il superamento formale delle SSIS si è avuto con il d.m. n. 249 del 10 settembre 2010, emanato ai sensi dell’art. 2, comma 416, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007, in seguito modificato dal decreto del n. 81 del 25 marzo 2013.
Il loro posto fu preso dal tirocinio formativo attivo (abbreviato in TFA).
Questo era un corso universitario annuale finalizzato all’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie italiane….I TFA furono, comunque, aboliti dal d.lgs. n. 59 del 2017.
Dopo la loro soppressione, l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie si sarebbe dovuta conseguire attraverso il percorso triennale di Formazione Iniziale e Tirocinio (FIT), disciplinato dagli artt. 8 ss. del menzionato d.lgs. n. 59 del 2017.
…..
L’istituzione di detto sistema FIT rappresentò, in teoria, un grande cambiamento, perché l’abilitazione cessò di essere ottenuta o in virtù dell’esito positivo del concorso pubblico o in seguito al completamento di specifici percorsi formativi normativamente previsti e anteriori al medesimo concorso.
Essa era conseguita prendendo parte al percorso FIT, al quale si accedeva superando il concorso.
Siffatto percorso rimase sulla carta perché abolito dalla legge n. 145 del 2018, con la conseguenza che è stato in vigore, in teoria, dal 31 maggio 2017 al 31 dicembre 2018, senza, però, mai divenire operativo.
La legge n. 145 del 2018 stabilì, allora, di nuovo, che l’abilitazione all’insegnamento dovesse conseguirsi, in linea di principio, esclusivamente tramite concorsi periodici.
Un ulteriore cambiamento si ebbe con il d.l. n. 36 del 2022, entrato in vigore il 1° maggio 2022 e conv.
, con modif. , dalla legge n. 79 del 2022, a sua volta entrata in vigore dal 30 giugno 2022, che ha introdotto dei nuovi percorsi di abilitazione…..
Dall’insieme delle disposizioni sopra riportate, che descrivono l’evoluzione delle principali modalità di abilitazione all’insegnamento con riferimento alla scuola secondaria, si evince che il sistema quantitativamente più comune di abilitazione (benché, in teoria, in base al del concorso per divenire docente di ruolo (chiaramente, non seguite da assunzione perché il candidato non si è trovato in posizione utile), a cui si sono affiancati dei meccanismi speciali di abilitazione, regolati normativamente, quali le SSIS e i TFA, che detta abilitazione davano alla fine di un apposito percorso formativo e che, nelle intenzioni, non realizzate, del legislatore sarebbero dovuti divenire dei passaggi propedeutici necessari (e permanenti) per accedere al concorso pubblico per divenire docente di ruolo di scuola secondaria.
Pertanto, la legislazione statale, a partire dagli anni ‘90, ha richiesto, per l’immissione nei ruoli del personale docente della scuola secondaria, un titolo diverso ed ulteriore rispetto a quello di studio.
…..
Nel regime finora analizzato si sono poi innestati interventi straordinari del legislatore, che qui non rilevano, i quali, nel tempo, principalmente al fine di consentire l’assunzione in ruolo di docenti precari che avevano prestato servizio a termine senza essere in possesso di abilitazione, hanno previsto percorsi abilitanti speciali, accomunati dall’essere riservati a coloro che potevano vantare un periodo minimo di insegnamento presso le scuole statali.
Anche in questi casi, quindi, ai fini della stabile immissione nei ruoli, al titolo di studio se ne affiancava un altro, equipollente all’abilitazione all’insegnamento, per così dire ordinaria (Cass., Sez. L, n. 12424 dell’11 maggio 2021 e Cass., Sez. L, n. 3830 del 15 febbraio 2021, non massimate sul punto, in motivazione).
Il modello de quo ha subito un’interruzione, dal 31 maggio 2017 al 31 dicembre 2018, con il d.lgs. n. 59 del 2017, che aveva introdotto il sistema FIT, che posticipava l’abilitazione a dopo il superamento del detto concorso pubblico e la collegava all’immissione in ruolo, mentre è stato ripristinato dalla legge n. 145 del 2018.
Infine, l’art. 44 del d.l. n. 36 del 2022, conv. dalla legge n. 79 del 2022, ha stabilito che l’abilitazione si debba ottenere prima del concorso seguendo uno specifico cammino formativo.
Ciò palesa come non possa accogliersi la ricostruzione della corte territoriale, che ha affermato l’equiparazione fra abilitazione e possesso congiunto di diploma di laurea e 24 CFU, dovendosi condividere, al contrario, il difforme orientamento sul punto manifestato dalla più recente giurisprudenza amministrativa (Cfr. , per pertinenti affermazioni di principio in materia, Consiglio di Stato, Sez. 7, n. 8983 del 21 ottobre 2022; Consiglio di Stato, Sez. 6, n. 2264 del 16 aprile 2018, in tema di valore abilitante del dottorato di ricerca;
Consiglio di Stato, Sez. 6, n. 1516 del 3 aprile 2017, concernente l’impugnazione di un bando che aveva indetto un concorso nazionale, su base regionale, per titoli ed esami, per il reclutamento del personale docente su posti comuni nella scuola secondaria di primo e secondo grado, prevedendo, quale requisito d’ammissione a detto concorso, ai sensi dell’art. 1, comma 110, della legge n. 107 del 2015, il possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento).
L’abilitazione, almeno fino all’art. 44 del d.l. apposito iter educativo, del tutto non comparabile con il semplice possesso di un titolo di studio e di 24 CFU….
” Conclude la Corte di Cassazione nel senso che “….il sistema generale, tranne che dal 31 maggio 2017 al 31 dicembre 2018 e dopo l’entrata in vigore, il 1° maggio 2022, dell’art. 44 del d.l. n. 36 del 2022, conv. , con modif., operanti dal 30 giugno 2022, dalla legge n. 79 del 2022, ha sempre ricondotto l’abilitazione al superamento, senza assunzione, del concorso pubblico o al completamento di appositi processi formativi normativizzati.
In quest’ottica, l’indicazione dei titoli per accedere al detto concorso pubblico perde ogni valenza, in quanto si tratta di profili che nulla hanno a che vedere con l’abilitazione in quanto tale.
Se si considera l’evoluzione negli anni del testo dell’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 59 del 2017….
non prevedeva neppure un accostamento fra abilitazione e possesso congiunto di laurea e di 24 CFU, il che si spiega perché l’abilitazione era ormai ricollegata al percorso FIT…” In definitiva, secondo la Suprema Corte l’abilitazione, in linea di principio, si consegue partecipando al concorso pubblico per l’assunzione a tempo indeterminato e collocandosi in posizione di idoneità nella relativa graduatoria, così che, ove la posizione in concreto conquistata in seno a questa non consenta l’assunzione a tempo indeterminato, è comunque possibile il conferimento delle supplenze, ossia la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato; in alternativa, occorre verificare se ratione temporis esista un regime di disciplina di percorsi formativi finalizzati esclusivamente al conseguimento dell’abilitazione, prima ancora della partecipazione al concorso per l’assunzione.
Alla stregua dell’interpretazione offerta dai giudici di legittimità, la domanda dell’originaria ricorrente non può essere accolta e la sentenza impugnata va riformata nel senso richiesto dall’Amministrazione appellante.
La particolarità della questione trattata, la sua natura squisitamente interpretativa e le pronunce difformi registrate sul tema fra i giudici di merito suggeriscono di compensare integralmente tra le parti anche le spese del secondo grado
La Corte così provvede:
1) accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda proposta in primo grado da ;
2) compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado Ancona, 24 maggio 2024 Il Consigliere est.
Il Presidente
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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