REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MANTOVA
Sezione Seconda
Il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, nella persona del Giudice Dott. ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 353/2021 pubblicata il 09/04/2021
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. /2019 promossa da:
XXX
rappresentato e difeso dall’avv. e con domicilio eletto presso il suo studio in;
ATTORE
contro
YYY & C. S.N.C.
rappresentata e difesa dall’avv., e con domicilio eletto presso il suo studio in;
CONVENUTO
CONCLUSIONI
per l’attore in opposizione:
ogni contraria o diversa istanza eccezione o deduzione disattesa:
I) Annullarsi l’ordinanza 21/11/18 con cui il G.E. ha dichiarato l’avvenuta esecuzione dell’obbligo di fare e disposta l’archiviazione del fascicolo dell’esecuzione n. /2013. II) Con il favore delle spese.
per la convenuta:
Contrariis reiectis: NEL MERITO: rigettarsi l’opposizione ex art. 617 c.p.c. promossa da XXX perché inammissibile ed infondata. Col favore delle spese e dei compensi di causa, oltre a spese generali 15% ed accessorie.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con atto di citazione in data 5/4/19, ritualmente notificato, XXX, residente in Mantova, ha evocato in giudizio la società YYY e C. snc, con sede in Mantova, esponendo:
1) che il Tribunale di Mantova, a definizione del proc. n. /11 R.G., con ordinanza n. /12 del 24/4/2012, aveva ordinato alla società convenuta di arretrare l’autorimessa realizzata nella proprietà della stessa in, a distanza legale, secondo le prescrizioni di cui all’art. 9 del D.M. 1444/68, dalle ragioni dell’attore (appartamento affacciantesi sulla parete Nord dello stabile denominato Condominio ***);
2) che l’indicata ordinanza, munita della formula esecutiva, era stata notificata alla società YYY e C. snc il 18/10/2012 unitamente all’atto di precetto;
3) che la società intimata, nel termine assegnato, non aveva provveduto all’adempimento, al che l’attore, in data 6/2/13, venuta meno la sospensione dei termini processuali disposta a seguito del terremoto del maggio 2012, aveva depositato ricorso ex art. 612 c.p.c. così attivando il proc. n. 171/2013 R.E.;
4) che il G.E., in esito alla prima udienza all’uopo fissata, con ordinanza riservata 12/6/2013, aveva ordinato all’Ufficiale Giudiziario competente per territorio l’esecuzione dell’obbligo di fare di cui alla succitata ordinanza, previa verifica dell’eseguibilità del comando da effettuarsi dall’ausiliario nominando nella persona dell’Ing. ***;
5) che l’indicato professionista, una volta nominato, aveva dimesso, in data 23/12/13, una relazione in cui, oltre ad affermare l’eseguibilità della demolizione previa adozione delle necessarie cautele per la sicurezza e previo espletamento dei necessari adempimenti amministrativi, aveva ipotizzato che, ai fini del rispetto delle distanze legali, fosse sufficiente la demolizione della porzione posta a meno di 10 metri dalla proprietà XXX eccedente in altezza il marciapiede di Viale Oslavia;
6) che la difesa dell’attore, all’udienza del 2/1/14 aveva contestato tale ultima affermazione e aveva chiesto al Giudice di ordinare all’Ufficiale Giudiziario di demolire l’intera porzione dell’autorimessa posta a distanza illegale;
7) che il G.E., con ordinanza riservata in data 18/2/14, aveva ordinato all’Ufficiale Giudiziario di procedere all’esecuzione come indicato nel titolo esecutivo “in sua perfetta osservanza” senz’altro precisare;
8) che all’udienza del 12/11/14 i procuratori delle parti, attese le perplessità manifestate dall’Ufficiale Giudiziario avevano chiesto al Giudice di determinare le modalità esecutive;
9) che il G.E., con ordinanza riservata in data 8/7/15, richiamando esplicitamente ed integralmente la propria ordinanza 18/2/14, aveva ordinato all’Ufficiale Giudiziario l’esecuzione come indicato nel titolo esecutivo, precisando che l’ausiliario prescelto dovesse rifarsi alla relazione dell’Ing. *** avendo cura di operare la demolizione nella misura minima necessaria per consentire il rispetto delle distanze dalle ragioni XXX, come indicato nel titolo esecutivo rappresentato dall’ordinanza 24/4/12 del Tribunale di Mantova;
10) che il G.E., ancorchè sollecitato in modo espresso da entrambe le parti, anche in tale occasione aveva omesso di indicare la porzione da demolirsi in concreto;
11) che il geom. ***, succeduto all’Ing. *** nella funzione di ausiliario dell’Ufficiale Giudiziario, il 5/7/16 aveva presentato allo sportello unico per l’edilizia una DIA, corredata da una relazione in cui, dopo aver precisato di aver avuto l’incarico di predisporre la necessaria documentazione amministrativa onde consentire l’esecuzione dell’ordinanza 905/2012 che aveva ordinato l’arretramento a distanza legale dell’autorimessa di cui è causa, aveva spiegato che l’intervento previsto aveva ad oggetto l’abbassamento di una quota pari a 60 cm. dell’estradosso del terrazzo soprastante i locali del piano seminterrato, affermando che detto intervento era previsto dal succitato provvedimento;
12) che la difesa dell’attore, all’udienza del 3/5/17, visti i grafici allegati alla pratica edilizia, aveva contestato la sopra descritta iniziativa dell’ausiliario siccome contrastante col titolo esecutivo e aveva chiesto che il G.E. desse disposizioni all’Ufficiale Giudiziario di procedere in conformità al titolo;
13) che il G.E. aveva ordinato al tecnico di proseguire e si era riservato sull’indicata istanza;
14) che, quindi, a scioglimento della riserva, con ordinanza 16/1/18, il G.E. aveva rigettato l’istanza e ribadito che l’Ufficiale Giudiziario procedesse come da sua ordinanza del luglio 2015, dando così a divedere per la prima volta, in modo più o meno esplicito, che la demolizione dovesse essere effettuata tramite l’abbassamento dell’autorimessa al livello del marciapiede di Viale Oslavia, e ciò nonostante la difesa dell’attore avesse, nell’atto di precetto, intimato l’abbattimento di tutta la porzione di fabbricato posta a distanza illegale e l’intimato non avesse mai proposto formale opposizione al precetto stesso;
15) che l’Ufficiale Giudiziario aveva quindi iniziato le operazioni e, in data 10/7/18, aveva depositato una dichiarazione con cui attestava l’intervenuta conclusione dei lavori di abbattimento;
16) che la difesa dell’attore aveva allora eseguito, con un tecnico, un sopralluogo, ed aveva avuto modo di constatare che i lavori di abbattimento erano consistiti nell’abbassamento dell’autorimessa per la quota di 12 cm. e nella rimozione parziale (per circa 40 cm) della gronda aggettante verso la proprietà XXX;
17) che la difesa dell’attore, ritenuta l’esecuzione dell’obbligo di fare assolutamente inaccettabile, siccome difforme sia dal titolo che dalle modalità impartite dal G.E., in data 17/7/18 aveva depositato ricorso ex art. 615 comma secondo c.p.c. chiedendo che si accertasse e dichiarasse che l’ordinanza 905/12 pronunciata dal Tribunale di Mantova il 24/4/12 aveva ordinato “alla società YYY e C. snc di arretrare l’autorimessa di cui è causa alla distanza legale dalle ragioni del conchiudente nella sua interezza e non limitatamente alla porzione che eccede in altezza la quota di Viale Oslavia, e, conseguentemente, ordinarsi all’Ufficiale Giudiziario competente per territorio di dare esecuzione al titolo esecutivo tramite la rimozione della porzione dell’autorimessa che si trova a meno di 10 mt. dalle ragioni del conchiudente”;
18) che il G.E. aveva quindi invitato l’Ufficiale Giudiziario a rispondere per iscritto alla osservazioni e ciò entro il 31/8/18, e che, nel termine, l’Ufficiale Giudiziario aveva dimesso una relazione del proprio ausiliario, geom. ***, per l’esame della quale si disponeva rinvio all’udienza del 7/11/18;
19) che, nel frattempo, a seguito del ricorso di cui sub 17), era stata fissata l’udienza per la comparizione delle parti, all’esito della quale il Giudice designato, con ordinanza 20/9/18, aveva respinto, in via interinale, l’opposizione e fissato il termine di giorni trenta per l’inizio del giudizio di merito, che era poi stato radicato col n. /2018 R.G.;
20) che, all’udienza del 7/11/18, la difesa dell’attore aveva chiesto che la procedura esecutiva fosse rinviata (o sospesa) in attesa appunto della definizione del proc. n. /2018;
21) che il G.E., con ordinanza in data 21/11/18, aveva così statuito: “ . . . preso atto dell’avvenuto adempimento dell’obbligo di fare, così come relazionato dall’ufficiale giudiziario; vista l’ordinanza del 20 settembre 2018, sulla opposizione proposta dal procedente; dichiara l’avvenuta esecuzione dell’obbligo e dispone l’archiviazione del presente fascicolo”;
22) che avverso tale provvedimento la difesa dell’attore aveva proposto opposizione ex art. 617 c.p.c. in considerazione del fatto che la disposta “archiviazione del fascicolo” era assolutamente irrituale, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza;
23) che, dopo l’udienza fissata per la comparizione delle parti, il Giudice designato, con ordinanza 11/3/19, comunicata via pec il 12/3/19, aveva rigettato, in via interinale, l’opposizione e fissato il termine di giorni trenta per l’inizio del giudizio di merito, giudizio che, con l’atto di citazione in data 5/4/19, XXX aveva promosso.
Ciò premesso XXX ha chiesto l’accoglimento delle sopra riportate conclusioni.
Si è ritualmente costituita la società YYY & C. snc contestando quanto ex adverso dedotto e chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Prodotta documentazione da parte della difesa dell’opposta la causa è stata trattenuta per la decisione all’udienza del 22/9/20 sulle conclusioni delle parti come sopra riportate. Ciò premesso si osserva quanto segue.
Col primo motivo di opposizione XXX lamenta che “il venir meno del procedimento n. 171/2013 ha messo l’esponente nella condizione di non potersi giovare dell’eventuale accoglimento dell’opposizione proposta.”.
La questione deve ritenersi superata atteso che il Tribunale, con sentenza n. 462/2019 del 19/6/19 (dep. in pari data), ha dichiarato inammissibile l’opposizione ex art. 615 comma secondo c.p.c. proposta da XXX nei confronti della società YYY & C. snc rubricata al n. /2018 R.G..
Col secondo motivo di opposizione XXX ripropone la tesi – già formulata nella (idonea) sede dell’opposizione all’esecuzione di cui si è testè detto – secondo cui il titolo esecutivo, rappresentato nel caso di specie dall’ordinanza 26/4/12 di questo Tribunale nella procedura n. /2014 R.G., correttamente interpretato, non porrebbe alcun limite alla porzione da demolire, per cui sarebbe evidente che l’autorimessa de qua dovrebbe essere rimossa nella sua interezza, e non parzialmente, come avvenuto.
Come ha avuto modo di statuire la Suprema Corte “. . . l’esecuzione in forma specifica – a differenza di quella per equivalente o per espropriazione dei beni – ha ad oggetto la realizzazione coattiva del risultato ben identificato di una condotta puntuale del soggetto obbligato, diversa beninteso da quella di pagamento di una somma di denaro. Delle due forme di esecuzione in forma specifica, quella relativa agli obblighi di fare (o di non fare), o, – secondo parte della dottrina – di disfare, benchè “non fare” come “tollerare” o “lasciar fare ad altri” sia una condotta con una sua dignità statistica), di contenuto comunque residuale (come reso evidente in modo significativo dalla collocazione finale delle relative norme nel libro terzo del codice di rito e visto che per altre condotte – in astratto riconducibili di certo anch’esse ad un fare, come il pagare o il consegnare o il rilasciare, sono previste procedure ad hoc e quindi speciali e in quanto tali prevalenti), è, per tradizionale opinione, lo strumento processuale per l’attuazione coattiva della sanzione specificamente conseguente alla violazione degli obblighi di fare o di non fare, ossia della sanzione la cui attuazione realizza, dal punto di vista giuridico, un risultato identico a quello dell’adempimento dell’obbligo di fare o di non fare.
Con tale procedimento si perviene al traguardo dell’optimum della coercizione processuale, in quanto, attuando una sanzione di contenuto identico a quello dell’obbligo violato, si realizza il diritto nella sua essenza originaria; in stretta relazione con questo rilievo sta l’altra caratteristica – formale – dell’esecuzione forzata in forma specifica e cioè il rilievo che l’attuazione della sanzione, non modificando il diritto, opera soltanto nella zona del fatto.
Nell’esecuzione di obblighi di fare (o di non fare) – tralasciati, perchè non direttamente funzionali alla decisione, tutti gli altri aspetti ricostruttivi – l’unico intervento del giudice – a lui riservato per la necessaria terzietà ed imparzialità dell’organo pubblico deputato a sorvegliare la corretta estrinsecazione del comando insito nel titolo esecutivo, di riconoscimento della posizione di preminenza del creditore -consiste nell’ordinanza prevista dall’art. 612 cod. proc. civ., che non travalichi dalle funzioni sue proprie di mera determinazione delle concrete e specifiche modalità o condotte materiali in cui estrinsecare la condotta imposta dal titolo esecutivo al debitore.
5.4. Tale ordinanza deve allora esaurire la portata della condanna, della quale deve costituire la puntuale applicazione:
– da un lato, deve escludersi che il creditore, rivolgendosi al giudice dell’esecuzione in forza di un titolo esecutivo recante l’obbligazione del debitore di tenere una determinata condotta, possa domandare di questa (beninteso, per ciascun capo di condanna) un adempimento limitato ad alcune sole sue parti o segmenti, poichè tanto colliderebbe col principio generale della non frazionabilità – in difetto di specifiche ed eccezionali esigenze, da allegarsi analiticamente – del credito (Cass. 9 aprile 2013, n. 8576), imposto a sua volta da minimali esigenze di tutela del debitore e di proiezione del principio generale di buona fede al campo processuale (se non anche dal divieto di abuso del processo);
– dall’altro lato e come conseguenza di tale necessaria integrante della domanda esecutiva, deve poi dirsi che, azionato ai sensi dell’art. 612 c.p.c. e segg. un titolo esecutivo per obblighi di fare (o di non fare), la procedura che ne segue deve qualificarsi istituzionalmente tesa ad esaurire ogni attività necessaria, sicchè sia l’ordinanza dei giudice che le operazioni materiali demandate all’ufficiale giudiziario o ad altro ausiliario del primo devono essere e quindi presumersi, in difetto di loro rituale impugnazione, conformi al contenuto del titolo e tali quindi da realizzare esaustiva mente la funzione di quest’ultimo.
5.5. Se tutto questo si inscrive in una procedura che, per costante opinione dottrinale e sia pure in difetto di specifici precedenti di legittimità in termini, si conclude con la redazione del verbale redatto dall’ufficiale giudiziario, da cui risulta l’attuazione coattiva di quanto imposto dal titolo esecutivo secondo le modalità dettate dal giudice che dirige l’esecuzione, con la sua conclusione deve realizzarsi l’integrale soddisfacimento del credito di fare (o di non fare) azionato.
Inesorabilmente cessata la procedura con la redazione del verbale dell’ufficiale giudiziario (o di eventuale altro ausiliario del giudice dell’esecuzione) e l’attestazione in esso contenuta dell’avvenuta materiale esecuzione delle attività determinate nell’ordinanza prevista dall’art. 612 cod. proc. civ., cessa anche la funzione del giudice dell’esecuzione, vale a dire di quella procedura esecutiva, ma anche di ogni procedura esecutiva volta a realizzare coattivamente il comando contenuto nel titolo.
5.6. Non può allora, quale normale estrinsecazione della procedura, ipotizzarsi un residuo credito in capo al procedente, a differenza dell’espropriazione, nella cui stessa struttura, con essa realizzandosi solo per equivalente il soddisfacimento del credito, la possibilità di incapienza è istituzionalmente insita (oltre che di importante frequenza statistica): sicchè è, in tal caso, non solo lecito, ma doveroso consentire al creditore di azionare ulteriormente il titolo, proprio in dipendenza della certificata insufficienza della precedente procedura espropriatìva e finchè egli non consegua il pieno soddisfacimento delle sue ragioni, tanto che l’ordinanza che la conclude viene ritenuta ricognitiva della persistente efficacia esecutiva del titolo originario, limitatamente alla parte non soddisfatta, quando non perfino nuovo titolo esecutivo essa stessa.
Al contrario, nell’esecuzione di obblighi di fare (o di non fare):
– il creditore ha l’onere di azionare il suo titolo senza limitarne l’ambito a solo alcune frazioni o segmenti di condotta pretesa da controparte e solo con questo contenuto deve ritenersi legittimamente chiesta l’ordinanza del giudice, di determinazione delle necessarie attività materiali o modalità;
– se pronunciata senza esorbitare dalla sua funzione (perchè, ove risolvesse questioni, trasmoderebbe in sentenza e sarebbe soggetta alle impugnazioni – previste ratione temporis, secondo Cass. 6 dicembre 2011, n. 26204 – proprie delle sentenze in tema di opposizione ad esecuzione), tale ordinanza deve allora ritenersi legittimamente emessa -e potenzialmente satisfattiva delle ragioni del creditore – se e solo se abbia previsto tutte le attività necessarie per il completo soddisfacimento del credito azionato;
– e tali attività, come documentate dai relativi verbali dell’ufficiale giudiziario o degli eventuali altri ausiliari de giudice, devono ritenersi legittimamente compiute – e satisfattive delle ragioni del creditore – se e solo se in quanto conformi all’ordinanza di determinazione ed in quanto tali dichiarate – con attestazione che fa fede fino a querela di falso – nei verbali stessi.
5.7. Peraltro, nel caso in cui il creditore, il quale abbia in modo corretto azionato integralmente il suo titolo, ritenga che il relativo credito risulti ancora parzialmente inadempiuto:
– se l’incompleto adempimento sia causalmente ascrivibile alla stessa ordinanza del giudice, perchè incompleta o comunque manchevole fin dalla sua emanazione con difettosa previsione e disciplina di tutte le necessarie attività successive, egli avrà l’onere di chiederne, finchè l’esecuzione sia in corso, la modifica o la revoca al giudice dell’esecuzione, ovvero di impugnarla nelle forme (e nei termini) dell’opposizione agli atti esecutivi;
– se l’incompleto adempimento sia invece causalmente ascrivibile all’imperfetta esecuzione materiale delle attività o modalità invece puntualmente identificate dall’ordinanza, allora egli avrà l’onere di chiedere al giudice dell’esecuzione, ma sempre finchè l’esecuzione non sia terminata, ulteriori interventi correttivi o specificativi, o, in mancanza (come nel caso di doglianza avverso il verbale conclusivo delle operazioni, che attesti finalmente la perfetta esecuzione delle specifiche e ben determinate attività puntualmente indicate dall’ordinanza del giudice dell’esecuzione), di impugnare il verbale conclusivo delle operazioni, anche in questo caso nelle forme (e nei termini) dell’opposizione agli atti esecutivi.
Ma, in difetto di impugnazione del singolo precedente atto esecutivo – a seconda dei casi, la stessa ordinanza determinativa, ovvero il verbale delle operazioni che da essa si discostino – al quale ascrivere l’incompletezza od inadeguatezza od imperfezione nella realizzazione coattiva del credito contenuto dal titolo, gli effetti di essa e di quanto nel suo ambito compiuto divengono comunque irretrattabili quali realizzazione esaustiva del credito azionato e si matura una preclusione processuale all’ulteriore azionamento del titolo medesimo.
6. – Pertanto, se del caso intendendosi così integrata la motivazione della gravata sentenza, correttamente andava esclusa la persistenza, in capo all’originario esecutante, del diritto di azionare nuovamente, per la parte ritenuta inadempiuta (in quanto, nella specie, per altra parte od altro e separato obbligo di fare è stato constatato lo spontaneo adempimento da parte degli obbligati), il titolo esecutivo per obblighi di fare (o di non fare) già posto a base di una precedente procedura esecutiva conclusa in conformità alla relativa ordinanza di determinazione di modalità ai sensi dell’art. 612 cod. proc. civ. e non fatta oggetto di alcuna impugnazione ad opera del creditore, che se ne ritenesse insoddisfatto.
E tanto in applicazione del seguente principio di diritto: dall’applicazione, al processo di esecuzione di obblighi di fare o di non fare, del principio generale di irretrattabilità, al di fuori di esso e dei soli suoi rimedi endoprocessuali, dei risultati del processo esecutivo discende la definitività della constatazione di chiusura della procedura esecutiva per obblighi di fare o di non fare, contenuta nel verbale delle operazioni dell’ufficiale giudiziario, che siano compiute in ottemperanza all’ordinanza del giudice dell’esecuzione resa ai sensi dell’art. 612 cod. proc. civ., ove appunto non impugnati, per vizi loro propri ed in particolare di non conformità di quanto eseguito o disposto al puntuale soddisfacimento del credito consacrato nel titolo, nè l’uno nè l’altra: con conseguente preclusione di ogni ulteriore azionamento del medesimo titolo esecutivo da parte del creditore che ritenga non perfettamente adempiuto, all’esito di quella procedura, il comando contenuto in detto titolo. (Cass. Civ. Sez. III 31/10/14 n. 23182).
Nel caso di specie era onere di XXX proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza riservata 8/7/15 dalla quale risulta, in modo evidente ed inequivocabile, che la demolizione, secondo l’interpretazione del titolo fatta propria dal G.E., dovesse essere effettuata (solo) tramite l’abbassamento dell’autorimessa al livello del marciapiede di. L’ordinanza 8/7/15 è, infatti, del seguente letterale tenore:
“A scioglimento della riserva, il G.E. integralmente richiamata la propria ordinanza datata 18 febbraio 2014 ORDINA all’Ufficiale Giudiziario competente per territorio l’esecuzione dell’obbligo di fare, come indicato nel titolo esecutivo, rappresentato dall’ordinanza 24 aprile 2012 del Tribunale di Mantova. Ad integrazione, dispone che l’U.G. sottoponga alle parti, entro il 25 luglio 2015, il nominativo di tre ausiliari tecnici e di due imprese specializzate, consentendone, poi, la scelta alle parti stesse in unanime accordo da formalizzarsi per iscritto entro il 31 luglio 2015; in mancanza di accordo, la scelta spetterà all’U.G.. Il tecnico così prescelto dovrà rifarsi alla relazione dell’Ing. *** del 23 dicembre 2013, avendo cura di operare la demolizione nella misura minima necessaria per consentire il rispetto della distanza legale dalle ragioni XXX, così come indicato nel titolo esecutivo rappresentato dall’ordinanza del Tribunale di Mantova del 24 aprile 2012. Fissa l’udienza del 23 settembre 2015, ore 12,15 per verifica dell’iter esecutivo. Si comunichi anche al’Ufficiale Giudiziario. Mantova 8 luglio 2015.”.
L’ordinanza 8/7/15 fa quindi chiaro riferimento alla relazione dell’Ing. *** del 23/12/13 e cioè ad una interpretazione del titolo non conforme alla tesi dell’odierno attore, se è vero, come è vero, che la difesa dello XXX, in verbale 2/1/14 della proc. n. 171/13 R.E., ha contestato il contenuto della citata relazione “in quanto prevede che venga demolita non l’intera porzione di autorimessa posta a meno di 10 metri dalla parete Nord del Condominio *** ma di una parte inferiore rappresentata da quella porzione che supera il livello di Viale. Tale valutazione rappresenta un’arbitraria interpretazione del giudicato di cui all’ordinanza 24/12/2012 [rectius 24/4/212,N.d.R.] del dr. che va pertanto disattesa . . .”.
Con la citata ordinanza il G.E. ha, in modo palese, manifestato quale fosse la propria interpretazione del titolo richiamando appunto espressamente la relazione dell’Ing. *** 23/12/13 nella quale, alla voce “L’Ordinanza del 24 aprile 2012”, tra l’altro si legge che “Il Giudice Istruttore rileva che non sono contestate le misurazioni riportate nella consulenza tecnica preveniva. Inoltre, considerato che la resistente ha realizzato un’autorimessa a distanza inferiore a dieci metri dalla proprietà confinante, e che essa, se non edificata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica ordinaria, conclude che la porzione di fabbricato in esame vada arretrata alla distanza legale dalle ragioni di parte ricorente prevista all’art. 9 del D.M. 1444/1968. In sintesi, se la parte di autorimessa sita al di sopra del piano campagna viene demolita, la disciplina cui deve uniformarsi l’autorimessa diviene quella prevista dai regolamenti locali, in base ai quali la quota del piano campagna cui fare riferimento per la delimitazione della parte da ridurre è quella del marciapiedi di viale Oslavia”.
Non può quindi condividersi la tesi dell’opponente secondo cui solo con l’ordinanza in data 16/1/18, per la prima volta, il G.E. ebbe a chiarire la propria interpretazione del titolo, ed era perciò, come detto, onere di XXX proporre opposizione avverso l’ordinanza 8/7/15.
Ciò non essendo avvenuto, richiamata la citata Cass. 23182/14, deve prendersi atto della definitività della constatazione di chiusura della procedura esecutiva per obblighi di fare o di non fare, contenuta nel verbale delle operazioni dell’ufficiale giudiziario, che siano compiute in ottemperanza all’ordinanza del giudice dell’esecuzione resa ai sensi dell’art. 612 cod. proc. civ., ove appunto non impugnati, per vizi loro propri ed in particolare di non conformità di quanto eseguito o disposto al puntuale soddisfacimento del credito consacrato nel titolo, nè l’uno nè l’altra.
Col terzo motivo di opposizione l’opponente lamenta che “il G.E., nell’archiviare il fascicolo nel modo sbrigativo in questa sede contestato, non ha dato il tempo all’esponente di richiedere l’emissione del decreto di cui all’art. 614 c.p.c.”.
Sul punto deve condividersi quanto statuito con l’ordinanza resa nella fase cautelare in data 11/3/19 secondo cui l’istanza ex art. 614 c.p.c. “può proporsi “nel corso” o “al termine” dell’esecuzione, non risultando che la sua chiusura sia d’ostacolo alla pronuncia relativa da parte del GE, non essendo previsti termini di decadenza”.
Conclusivamente l’opposizione non può trovare accoglimento e va rigettata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo ex D.M. n. 55/14 e 37/18 avuto riguardo ai valori minimi per cause di valore indeterminabile (Cass. Civ. Sez. III 1/4/04 n. 6394) a bassa complessità.
P.Q.M
Il Tribunale ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa così provvede:
1) Rigetta l’opposizione;
2) Condanna XXX alla rifusione delle spese in favore della società YYY & C. snc che liquida in € 3972,00 oltre rimborso forfetario spese generali 15% e a quanto dovuto per legge.
Così deciso in Mantova nella camera di consiglio dell’intestato Tribunale il 11/2/21.
IL GIUDICE
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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