REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Brescia, Sezione Lavoro, composta dai
Sigg.:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 239/2022 pubblicata il 23/08/2022
nella causa civile promossa in grado d’appello con ricorso depositato in Cancelleria il giorno 19/04/2022 iscritta al n. 74/2022 R.G. Sezione Lavoro e posta in discussione all’udienza collegiale del 14/07/2022
da
XXX, rappresentato e difeso dall’
RICORRENTE APPELLANTE
contro
INAIL in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso dall’avv.
RESISTENTE APPELLATO
nonchè contro
YYY S.P.A. in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Nicola Spadafora del foro di Milano, domiciliatario giusta delega in atti.
OGGETTO:
Prestazione: indennità – rendita vitalizia INAIL o equivalente – altre ipotesi
RESISTENTE APPELLATA
nonchè contro
ZZZ in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv.
RESISTENTE APPELLATA
In punto: appello a sentenza n. 242 del 2021 del Tribunale di Brescia.
Conclusioni:
Del ricorrente appellante:
Come da ricorso
Dei resistenti appellati:
Come da memoria
Fatto e Diritto
Con sentenza n. 242/21 il Tribunale di Brescia, in funzione di giudice del lavoro, accoglieva il ricorso con cui l’INAIL, previo accertamento del diritto di regresso ex artt. 10 e 11 DPR 1124/1965, aveva chiesto la condanna di XXX al pagamento delle somme dovute in relazione alle prestazioni erogate per l’infortunio sul lavoro occorso a *** e ***.
La sentenza respingeva la domanda di proposta da XXX nei confronti della terza chiamata in causa ZZZ (già *** s.n.c.) e riteneva assorbita la domanda di garanzia da quest’ultima proposta nei confronti di YYY S.p.A.
XXX proponeva appello chiedendo la riforma della sentenza, in particolare là dove era stata esclusa la responsabilità della ZZZ L’INAIL si costituiva chiedendo di confermare la responsabilità del XXX e con appello incidentale chiedeva la riforma della sentenza nella parte in cui aveva escluso la responsabilità di ZZZ.
Quest’ultima si costituiva chiedendo la conferma della sentenza, riproponendo con appello incidentale condizionato la domanda di garanzia nei confronti di YYY S.p.A.
YYY S.p.A. si costituiva chiedendo la conferma della sentenza.
L’udienza di discussione era sostituita dal deposito telematico di note scritte, ai sensi della legislazione emergenziale contro l’epidemia da COVID-19 (art. 221, co. 4, D.L. 34/2020, conv. in L. 77/2020 e successive modifiche e integrazioni) e la causa era decisa come da dispositivo comunicato alle parti.
L’appellante censura la sentenza nella parte in cui ha escluso la responsabilità della ZZZ, sottolineando che nelle more è stata pubblicata la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Brescia, Seconda Sezione Civile, pronunciando nella causa di risarcimento danni proposta dall’infortunato ***, ha accertato la corresponsabilità della cessata *** di XXX & C. s.a.s. e di ZZZ nella causazione dell’infortunio de quo determinando nei rapporti interni la responsabilità a carico di ognuna nella misura del 50%, sul presupposto che il legale rappresentante della ZZZ, pur avendo concluso un contratto di subappalto con la società del XXX, aveva mantenuto una diretta ingerenza nell’organizzazione del cantiere, ove si recava quotidianamente, dava indicazioni agli operai e ne controllava il lavoro.
L’appellante, inoltre, rinnova gli assunti circa la manifesta inidoneità del sub-appaltatore e la non genuinità del sub-appalto.
Anche l’INAIL con il proprio appello incidentale, dopo aver richiamato il principio dell’estensione automatica della domanda al terzo chiamato, deduce la corresponsabilità della ZZZ, in particolare osservando che quest’ultima aveva messo a disposizione della società del XXX tutti i macchinari e le attrezzature, tra cui la gru presso cui l’infortunio si è verificato.
Sia l’appello principale che l’appello incidentale devono essere accolti secondo quanto di seguito specificato.
E’ opportuno qualche chiarimento preliminare.
L’infortunio è accaduto il 29.7.2008 nel cantiere ove la società *** s.r.l. doveva realizzare un edificio residenziale.
La *** aveva affidato i lavori alla *** s.n.c. (l’odierna ZZZ).
L’appaltatrice aveva sub-appaltato parte dei lavori alla cancellata *** Costruzioni s.r.l., di cui era legale rappresentante il XXX (in atti si parla anche di una *** di XXX e C. s.a.s.) e a ***, lavoratore autonomo e titolare di impresa edile.
Gli infortunati sono lo stesso *** e un dipendente della “capofila” *** s.n.c., ***.
Per il fatto è stato rinviato a giudizio XXX e il procedimento penale si è concluso con sentenza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. del Tribunale di Brescia.
Il XXX convenuto in giudizio dall’INAIL in sede di regresso si è difeso sostenendo che la responsabilità dell’infortunio era da attribuire alla *** s.n.c. (oggi ZZZ), terza chiamata in causa.
Tutto ciò premesso, va in primo luogo rilevata l’infondatezza
dell’eccezione riproposta in grado di appello da YYY con la quale si sostiene l’inammissibilità della domanda spiegata dal XXX nei confronti di ZZZ per intervenuta definizione della vicenda nel processo penale a carico dello stesso XXX. Il fatto che in sede penale sia stato individuato come unico responsabile il XXX non esclude infatti che possa essere accertata anche la responsabilità civile di altri soggetti. Vero è, che il XXX, sostenendo che la responsabilità era della società appaltatrice, ha in pratica chiesto di accertare in via incidentale in sede civile che il fatto costituiva reato a carico della stessa appaltatrice e tale accertamento deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all’elemento soggettivo della colpa e al nesso causale tra fatto ed evento dannoso (cfr. Cass. 12041/20).
Ancora in via preliminare, è appena il caso di ricordare che per effetto della difesa svolta dal XXX la domanda di regresso proposta dall’INAIL si è estesa automaticamente alla terza chiamata ZZZ In tal senso, è sufficiente ricordare che la Corte di Cassazione (v. Cass 31066/19) ritiene che «il principio dell’estensione automatica della domanda principale al terzo chiamato in causa dal convenuto trovi applicazione allorquando la chiamata del terzo sia effettuata al fine di ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa dell’attore, in ragione del fatto che il terzo venga individuato come unico obbligato nei confronti dell’attore ed in vece dello stesso convenuto, realizzandosi in tal caso un ampliamento della controversia in senso soggettivo (divenendo il chiamato parte del giudizio in posizione alternativa con il convenuto) ed oggettivo (inserendosi l’obbligazione del terzo dedotta dal convenuto verso l’attore in alternativa rispetto a quella individuata dall’attore), ferma restando, tuttavia, in ragione di detta duplice alternatività, l’unicità del complessivo rapporto controverso.
La conclusione è la medesima quando il terzo chiamato in giudizio sia ritenuto non responsabile esclusivo, ma corresponsabile del danno, in quanto la diversità e pluralità delle condotte produttive dell’evento dannoso non danno luogo a diverse obbligazioni risarcitorie, con la conseguenza che la chiamata in causa del terzo non determina il mutamento dell’oggetto della domanda ma evidenzia esclusivamente una pluralità di autonome responsabilità riconducibili allo stesso titolo risarcitorio (da ultimo in tal senso cfr. Cass. 25/06/2019, n. 16919)».
E nel caso di specie, è evidente che la causa petendi dell’azione proposta dall’INAIL nei confronti del XXX è riferibile anche alla ZZZ, trattandosi pur sempre di responsabilità per “debito di sicurezza” in ambito lavorativo.
Nessun dubbio quindi può sussistere in ordine all’ammissibilità dell’appello incidentale dell’INAIL.
La dinamica dell’infortunio è stata accertata dagli ispettori del servizio prevenzione infortuni che hanno redatto la notizia di reato. Dagli accertamenti, eseguiti anche mediante raccolta di dichiarazioni, è risultato che il giorno dell’infortunio ***, dipendente della *** Costruzioni, per fare ordine e spazio in cantiere, doveva spostare una cesta contenente casseri in legno (in pratica, dei pannelli di legno lunghi circa 2 m e larghi 0,5 m e pesanti circa 15 kg ciascuno, cfr. relazione INAIL in atti) utilizzando una gru che era di proprietà dell’appaltatrice *** s.n.c., ma era stata concessa in comodato all’azienda del XXX.
Il *** aveva sollevato i pannelli sino all’altezza di circa 3 metri e raggiunta questa quota il carico aveva subìto un sobbalzo, cui era seguita un’oscillazione e poi lo scivolamento di 4-5 pannelli che, fuoriusciti dalla cesta, erano andati a colpire il *** e il *** che stavano lavorando lì sotto (in pratica, i pannelli sono scivolati fuori dalla cesta che su due lati non era protetta).
Occorre precisare che gli ispettori del Servizio di Prevenzione Infortuni hanno accertato che la gru era regolare e che era regolare anche la cesta, ma solo per piccoli spostamenti non superiori ad altezza d’uomo, perché non idonea a garantire la stabilità del carico in caso di sobbalzi e oscillazioni (infatti, in tali circostanze si poteva verificare la fuoriuscita del carico sui due lati della cesta non protetti, come per l’appunto avvenuto nel caso di specie).
Le cause che, secondo quanto accertato dagli ispettori, hanno determinato l’infortunio sono:
– il probabile aggancio non corretto dell’imbraco che, “girandosi”, ha causato il sobbalzo e quindi innescato l’oscillazione del carico e lo scivolamento dei pannelli fuori dalla cesta (anche agevolato dal fatto che i pannelli erano nuovi e quindi scivolosi);
– l’altezza troppo elevata raggiunta dal carico (circa 3 metri), che ha reso la cesta non idonea all’operazione;
– la formazione approssimativa del ***, confermata dalla inspiegabilità di sollevare così in alto in carico in relazione all’operazione da compiere.
Sulla base degli accertamenti eseguiti dagli ispettori il XXX è sato rinviato a giudizio per la violazione:
– dell’art. 18, comma 1, lett. l), TU 81/2008, per aver omesso di formare e addestrare in maniera idonea *** sull’uso in sicurezza della gru durante la movimentazione dei carichi e sulle modalità d’impiego adatto e corretto (atto ad evitare pericolose cadute del carico) degli accessori di sollevamento quali la cesta per il sollevamento del materiale;
– degli artt. 18, comma 1, lett. f), TU 81/2008 e 73, comma 3, T.U. cit., in quanto, presente nel cantiere luogo dell’infortunio, disponeva la movimentazione delle tavole da cassero con l’uso della gru senza vigilare che le stesse venissero assicurate contro gli spostamenti all’interno della cesta di contenimento che presentava due lati non protetti dai quali il carico poteva fuoriuscire; non esigeva altresì che la cesta non venisse sollevata e movimentata in prossimità di luoghi occupati da lavoratori e ad un’altezza da terra (3 mt) non richiesta dalla logistica del cantiere, che determinava pericolo per le persone in caso di caduta del carico.
Orbene, la prova della responsabilità del XXX può dirsi sicura.
In tal senso, in primo luogo, rileva la stessa sentenza di patteggiamento, posto che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale «la sentenza di patteggiamento costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice, il quale, ove intenda disconoscerne l’efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione: detto riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall’efficacia del giudicato, ben può essere utilizzato come prova dal giudice tributario nel giudizio di legittimità dell’accertamento (tra altre, Ordinanza n. 13034 del 24/05/2017; Cass. nn. 2724 del 2001, 19505 del 2003, 24587 del 2010», così Cass. 29142/2021.
Tale elemento di prova trova riscontro nel potere di direzione e organizzazione dei lavori che il XXX aveva con riferimento all’esecuzione del contratto di sub-appalto concluso con la ZZZ Il ***, unico dipendente di *** Costruzioni presente in cantiere, ha riferito che il XXX era il suo datore di lavoro e «che era XXX che mi impartiva le direttive» ed è pacifico in causa che l’ordine di spostare i casseri con la gru per fare spazio in cantiere fu impartito al *** dallo stesso XXX (v. dichiarazioni *** agli ispettori). In particolare, rileva il mancato assolvimento dell’obbligo di adeguata formazione: esso si desume dal fatto che la manovra di sollevare il carico sino a 3 metri «non risulta spiegabile e non trova giustificazioni» (v. verbale SPISAL), il che dimostra una formazione approssimativa, e ha trovato conferma in udienza nell’esame degli ispettori, che hanno precisato che il documento attestante la formazione del *** si riferiva al D.Lgs. 626/1994 e non al D.Lgs. 81/2008, già in vigore al momento del fatto.
D’altra parte, la responsabilità del XXX trova conferma anche nel mancato adempimento dell’obbligo di vigilanza che gravava sul medesimo durante l’operazione si sollevamento, specie considerando il difetto di formazione del *** (si osservi che tale difetto risulta ammesso dallo stesso XXX là dove nella memoria di costituzione di primo grado ha ammesso l’«assenza di preparazione specifica in capo al sig. *** alla movimentazione della gru, risultante, peraltro, anche dal verbale SL redatto in occasione dell’infortunio di cui è causa»)
E’ quindi evidente che, in quanto datore di lavoro e titolare della relativa posizione di garanzia, il XXX è senz’altro responsabile dell’infortunio, essendo questo imputabile alla scarsa formazione di un suo dipendente e al mancato controllo sull’operato del medesimo. E’ infatti chiaro il XXX era titolare dell’obbligazione di tutela dell’integrità psico-fisica non solo dei lavoratori suoi dipendenti, ma anche degli altri lavoratori che, presenti in cantiere, si trovavano in posizione di interferenza con l’opera prestata dai suoi dipendenti. Non ha fondamento l’assunto secondo cui il rapporto di sub-appalto costituirebbe un’ipotesi di appalto illecito, non sussistendo alcun elemento per configurare l’esistenza di una mera intermediazione di manodopera, come sostenuto dal XXX. Sul punto l’appellante ha dedotto che il teste *** Alessio (nipote dell’infortunato ***), ha riferito che quest’ultimo aveva lavorato «per ***» (precisando peraltro di non conoscere il tipo di contratto concluso), ma tale dichiarazione è compatibile con l’esistenza di un genuino appalto o, meglio, contatto d’opera. Né il fatto che il *** si sia ingerito nell’esecuzione del sub-appalto o che tutta l’attrezzatura (tranne quella minuta) appartenesse alla subcommittente *** s.n.c. sono circostanze sufficienti per ritenere che il *** fosse in realtà un dipendente della suddetta s.n.c. Ed invero, non vi è prova che la *** s.n.c. desse ordini direttamente al Torelli e anzi la prova contraria, avendo il *** riferito che «*** diceva a XXX quello che c’era da fare e il mio datore di lavoro che era XXX mi impartiva le direttive»; neppure vi prova che il *** fosse inserito stabilmente nell’organizzazione della sub-committente, tanto è vero che egli prendeva ordini dal XXX, proprio datore di lavoro, il quale dirigeva e organizzava i lavori oggetto del sub-appalto.
Neppure ha fondamento l’ipotesi di una «culpa in eligendo» della sub-committente, posto che non vi sono elementi per riconoscere che l’impresa del XXX fosse assolutamente inidonea all’esecuzione dell’appalto (nulla hanno in proposito rilevato gli ispettori Spisal), né che fosse una semplice esecutrice degli ordini della sub-committente, agendo come “nudus minister” della stessa (v. Cass. 1234/16), risultando anzi dalle dichiarazioni del *** che questi riceveva dal XXX le direttive e le indicazioni circa le modalità di realizzazione delle opere da eseguire.
Sotto tali profili l’appello è quindi infondato.
Per contro l’appello e l’appello incidentale dell’INAIL risultano fondati là dove sostengono la corresponsabilità della *** per essersi questa ingerita nell’organizzazione del cantiere. In tal senso, è illuminante quanto già dichiarato dal lavoratore *** circa l’individuazione da parte di *** Gianfranco dei lavori da svolgere («diceva a XXX quello che c’era da fare»), il che dimostra che la sub-committente, alla quale apparteneva tutta l’attrezzatura di cantiere, salva quella minuta, si ingeriva nell’esecuzione dell’appalto attraverso l’emanazione di direttive. Del resto la presenza in cantiere del *** era costante (secondo quanto riferito dal ***, il *** passava in cantiere almeno una/due volte al giorno) ed il medesimo dava direttive, non solo al XXX, ma anche a tutto il personale presente in cantiere, compreso l’altro subappaltatore ***, come riferito dal teste *** (dipendente della *** s.n.c. sino al marzo 2019), il quale ha confermato che le direttive in cantiere erano date dal ***.
Sussistono quindi gli elementi per configurare accanto a quella del XXX anche la responsabilità della *** quale subcommittente dei lavori, tenuto conto che l’ingerenza di quest’ultima si è manifestata attraverso direttive che, senza eliminare del tutto l’autonomia del sub-appaltatore, relegandolo alla figura del nudus minister, ne hanno però ridotto l’autonomia, il che giustifica la responsabilità solidale di entrambi.
D’altra parte, esiste anche un preciso profilo colposo della *** s.n.c. in conseguenza del contratto di comodato concluso con il XXX per l’uso della gru. E’ vero che nel POS redatto dalla *** e consegnato al XXX era previsto il pericolo derivante dall’uso della gru, ma considerato che la *** società aveva la disponibilità giuridica del cantiere, la stessa, ai sensi dell’art. 26 D.Lgs. 81/2008, aveva tra gli altri specifici obblighi anche quello di verificare l’osservanza del POS da parte del XXX. Ed invero, proprio perché aveva concesso al XXX l’uso della gru, doveva accertarsi che colui al quale sarebbe stato affidato l’utilizzo della gru fosse adeguatamente formato. Per contro, la *** si è limitata a consegnare al XXX il POS, il quale illustra genericamente i pericoli derivanti dall’utilizzo della gru, ma nulla specifica in ordine alla possibilità di utilizzarle la gru con la cesta libera sui due lati solo per spostamenti ad altezza d’uomo.
Acclarata così la corresponsabilità della odierna ZZZ, resta da dire (sebbene la questione sia irrilevante ai fini dell’accoglimento della domanda INAIL di regresso) che dal punto di vista dei rapporti interni tra il XXX e la ZZZ, non si ravvisano elementi per derogare alla regola la responsabilità a carico di ciascuno nella misura del 50% (arg. ex art. 129 cpv cod. civ.) potendosi ritenere, alla luce della fattispecie concreta, che i due soggetti abbiano cooperato in egual misura al verificarsi dell’evento dannoso.
Nessuna contestazione è stata svolta circa il quantum dell’azione di regresso (del resto, l’INAIL ha documentato delle prestazioni assicurative erogate e dei costi sostenuti per indennizzare i due lavoratori infortunati, v. attestazioni di credito in atti). Peraltro, in appello l’INAIL ha dedotto che l’originaria domanda di condanna, per effetto degli aggiornamenti intervenuti, deve essere precisata nel maggior importo di € € 383.640,36 (di cui € 70.701,01 per l’infortunio *** ed € 312.939,35 per l’infortunio ***), oltre accessori, secondo quanto specificato nelle attestazioni di credito prodotte in atti (circa la legittimità dell’aggiornamento del credito INAIL per il rimborso delle prestazioni eseguite a favore dell’infortunato, v. Cass. 4193/03; Cass. 15002/00).
La sentenza appellata va quindi parzialmente riformata secondo quanto specificato in dispositivo.
L’accoglimento della domanda nei confronti di ZZZ comporta l’esame della domanda di garanzia riproposta in appello (anche nella, forma, non necessaria, dell’appello incidentale condizionato) nei confronti di YYY S.p.A. per l’escussione della polizza stipulata per tenere indenne l’assicurato da quanto questi sia tenuto a pagare quale civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) per danni involontariamente cagionati a terzi.
La polizza (art. 3.2) stabilisce che sono compresi tra le persone non considerate terzi, ai fini dell’esercizio della possibile manleva, «i subappaltatori e i loro dipendenti, nonché coloro che, indipendentemente, dalla natura del loro rapporto con l’Assicurato, subiscono il danno in conseguenza della loro partecipazione manuale alle attività a cui si riferisce l’assicurazione».
Tuttavia, l’art. 5.2 delle Condizioni di Assicurazione, integrando il dato contrattuale, prevede che «sono considerati terzi, anche per gli infortuni subiti in occasione di lavoro i subappaltatori ed i loro dipendenti, sempre che dall’evento derivi la morte o le lesioni personali gravi o gravissime, così come definite dall’art. 583 del Codice penale».
YYY sostiene che l’infortunio occorso al *** non può essere considerato grave né, tanto meno, gravissimo, con conseguente inoperatività della polizza.
L’assunto non è condivisibile.
In base all’art. 583 c.p. la lesione personale è grave:
1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni»; 2) se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo».
Ora, dalla relazione INAIL (doc. 10) risulta che il *** ha riportato fratture costali, frattura della scapola sinistra e la perforazione del polmone sinistro che hanno richiesto il ricovero in rianimazione per 11 giorni, con successiva dimissione in data 15.8.2008 e che il lavoratore alla data dell’8.10.2008 (data in cui era ancora in cura presso l’Ospedale) non aveva ancora ripreso l’attività lavorativa, il che è già sufficiente per ritenere integrato il requisito dell’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a 40 giorni (e tale dato è confermato dal fatto che il *** è stato in grado di riprendere l’attività lavorativa solo il giorno 13.1.2009).
Di nessun rilievo è la disposizione dell’art. 3.3. della polizza secondo cui la garanzia Responsabilità Civile verso Terzi non copre i danni provocati da soggetti diversi dell’Assicurato, tenuto conto che nella specie l’Assicurato stesso è responsabile dell’infortunio.
Con riferimento al limite di invalidità dell’11%, resta da dire che l’art. 3.4 della Polizza in tema di garanzia Responsabilità Civile verso i Prestatori di lavoro (RCO), stabilisce, alla lett. a),che la Società si obbliga a tenere indenne l’assicurato «ai sensi degli art. 10 e 11 del DPR 30 giugno 1965, n. 1124. per gli infortuni sofferti da prestatori di lavoro da lui dipendenti assicurati ai sensi del predetto DPR». senza prevedere alcun limite di invalidità permanente e che il suddetto limite dell’11% è previsto, alla lett. b), solo per i casi di responsabilità «ai sensi del Codice civile a titolo di risarcimento danni non rientranti nella disciplina del DPR 30 giugno 1965, n. 1124». In ogni caso, la percentuale di invalidità permanente riconosciuta al *** dall’INAIL è stata del 16%.
In definitiva, la domanda di manleva deve essere accolta secondo quanto specificato in dispositivo.
Le spese di lite tra INAIL e i soggetti responsabili dell’infortunio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, mentre possono compensarsi le spese di lite tra tutte le altre parti.
PQM
in parziale riforma della sentenza n. 242/21 del Tribunale di Brescia, condanna XXX e ZZZ in via solidale a pagare all’INAIL la somma di € 383.640,36, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; condanna XXX e ZZZ alla rifusione in favore dell’INAIL delle spese di lite, liquidate in € 10.000 per ciascun grado di giudizio; dichiara YYY S.p.A. tenuta a manlevare ZZZ da quanto dalla stessa dovuto in conseguenze delle condanne di cui sopra; dichiara compensate tra tutte le altre parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Brescia, 14 luglio 2022
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