fbpx
Generic filters
Parola esatta ...
Cerca nei titolo
Search in excerpt
Filtra per categoria
Codice Civile
Codice Penale

Etero organizzazione e disciplina della subordinazione

Nozione di etero organizzazione rilevante per l’applicazione della disciplina della subordinazione, coordinamento imposto dall’esterno.

Pubblicato il 21 July 2022 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE DI MODENA SEZIONE LAVORO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Modena, in persona del Giudice del Lavoro dott., ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 234/2022 pubblicata il 19/07/2022

nella causa di I° grado iscritta al N. 465/2019 R.G.

promossa da
XXX,;

RICORRENTE

contro
YYY S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

RESISTENTE Avente ad oggetto: lavoro autonomo – accertamento subordinazione –

collaborazioni etero-organizzate ex art. 2, D. Leg. n. 81/2015

CONCLUSIONI

Il procuratore del ricorrente conclude come da ricorso del 10.04.2019: “Accertata e dichiarata l’esistenza fra le parti di un rapporto di lavoro subordinato e/o etero-organizzato a fare data dal 29.11.2017;

accertata e dichiarata l’illegittimità e/o nullità e/o inefficacia del licenziamento orale comunicato al ricorrente in data 21.03.2018

CONDANNARE PARTE RESISTENTE

In via principale: a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro come impiegato di livello B2 CCNL POLIGRAFICI ED EDITORIA – Industria (o secondo il diverso inquadramento che risulterà all’esito dell’istruttoria) con orario full-time con mansioni di “addetto alle vendite dirette” e a corrispondergli un’indennità pari a tutte le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento orale (21.03.2018) fino alla data di reintegrazione nel posto di lavoro con riserva di opzione per le 15 mensilità sostitutive della reintegra nel posto di lavoro ex art. 2 d.lgs. 23/2015.

In subordine: condannare parte resistente a ripristinare il rapporto di lavoro in essere con il ricorrente e a corrispondergli tutte le retribuzioni maturate come impiegato di livello B2 CCNL POLIGRAFICI ED EDITORIA – Industria con orario full-time con mansioni di “addetto alle vendite dirette” dalla data di inizio del rapporto (29.11.2017) fino alla data del recesso (21.03.2018) nonché le retribuzioni maturate dalla data della messa a disposizione per la ripresa dell’attività lavorativa (29.10.2018) fino alla data di effettivo ripristino del rapporto dedotto l’aliunde perceptum. In ogni caso: Vittoria di spese, diritti e onorari di causa in favore dei sottoscritti procuratori antistatari.”

Il procuratore della resistente conclude come da memoria difensiva del 23.11.2019: “Voglia il Tribunale adito, reiette e disattese tutte le avverse e diverse istanze deduzioni, eccezioni, richieste e difese che tutte si impugnano e disconoscono nel modo più assoluto:

IN VIA PRELIMINARE

ACCERTARE E DICHIARARE la decadenza del ricorrente ai sensi e per gli affetti dell’art. 6 legge 604/1966.

NEL MERITO – IN VIA PRINCIPALE

Nella denegata e non creduta ipotesi di mancato accoglimento della domanda esperita in via preliminare, rigettare l’avverso ricorso in quanto illegittimo ed infondato, in fatto ed in diritto.

IN OGNI CASO

Con vittoria di spese e compensi di causa.”

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con ricorso ex art. 414 c.p.c. del 10.04.2019, XXX, premesso di aver concluso un contratto di lavoro con la convenuta in data 29.11.2017, come incaricato alla vendita diretta di “fedeli riproduzioni di manoscritti”, chiedeva: 1) accertarsi l’esistenza fra le parti di un rapporto di lavoro subordinato e/o eteroorganizzato ex art. 2, D. Leg. n. 81/2015;

2) dichiararsi l’illegittimità e/o nullità e/o inefficacia del licenziamento orale comunicato in data 21.03.2018;

3) condannarsi la resistente a reintegrarlo nel posto di lavoro come impiegato di livello B2 CCNL Poligrafici ed Editoria – Industria, con orario full-time e mansioni di “addetto alle vendite dirette” e a corrispondere un’indennità pari a tutte le retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino a quello di effettiva reintegra; o, in subordine, disporsi il ripristino del rapporto di lavoro, con condanna di YYY S.r.l. al pagamento delle retribuzioni maturate dall’inizio del rapporto (29.11.2017) fino alla data del recesso (21.03.2018), nonché le retribuzioni dovute dalla messa a disposizione della prestazione lavorativa (29.10.2018) fino all’effettivo ripristino del rapporto di lavoro, dedotto l’aliunde perceptum.

2. YYY S.r.l., tempestivamente costituitasi in giudizio, instava per il rigetto del ricorso; essa contestava la sussistenza della subordinazione e eccepiva la decadenza dall’impugnazione del licenziamento ai sensi dell’art. 6, L. n. 604/1966.

3. Sul merito
3.1. YYY S.r.l. ha affidato a XXX l’incarico di “promuovere le vendite dirette a privati consumatori dei propri prodotti, con i prezzi e modalità indicate nell’allegato B”, come da contratto sottoscritto in data 29.11.2017 (cfr. art. 1). [1] Il ricorrente, quale incaricato alle vendite dirette, si è obbligato a “coordinare ed adeguare la sua attività agli indirizzi generali della Preponente” (cfr. allegato C). Le parti hanno pattuito un compenso a provvigione sulle “vendite andate a buon fine”.

3.2. Parte attrice afferma che il rapporto instaurato con la convenuta è sussumibile nel paradigma della subordinazione ex art. 2094 cod. civ oppure nella diversa fattispecie delle collaborazioni etero-organizzate ex art. 2, D. Leg. n. 81/2015.

3.3. Si osserva, preliminarmente, come l’accertamento della subordinazione non sia precluso dalla qualificazione giuridica fornita dalle parti nel contratto del 29.11.2017 (id est: lavoro autonomo secondo la disciplina della L. n. 173/2005). Difatti, in virtù del principio lavoristico che innerva la Costituzione repubblicana, in applicazione del quale la disciplina del rapporto di lavoro subordinato è dettata in gran parte da previsioni di carattere imperativo, non derogabili dall’autonomia negoziale individuale, contenute nella legge e nei contratti collettivi, le parti contrattuali di un rapporto di lavoro non solo non possono determinare liberamente la disciplina del contratto, ma non possono nemmeno scegliere la tipologia contrattuale, nel senso che se le concrete modalità di svolgimento della relazione lavorativa corrispondano a quelle del lavoro subordinato (ossia al modello prefigurato dell’articolo 2094 cod. civ.), saranno prive di effetto eventuali dichiarazioni contrattuali in senso contrario, ad esempio tendenti a qualificare come autonomo quel determinato rapporto di lavoro. La disciplina giuridica del rapporto non consegue alle dichiarazioni di volontà, essendo invece determinanti le modalità in cui quel rapporto si sviluppa in concreto (per tutte Cass. n. 13858/2009). La sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato deve essere accertata in via giudiziale, ex post, poiché “ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, occorre far riferimento ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento della prestazione, piuttosto che alla volontà espressa dalle parti al momento della stipula del contratto di lavoro” (Cass. n. 13858/2009, Cass. n. 17455/2009, Cass. 19199/2013).

Secondo il generale principio di ripartizione degli oneri probatori sancito dall’art. 2697 cod. civ., il lavoratore che invochi il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato deve dimostrare la sussistenza degli elementi tipici della subordinazione (cd. “indici rivelatori”) quali, ad esempio, lo stabile inserimento nell’impresa, l’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, la relazione sinallagmatica tra la messa a disposizione delle energie lavorative e la retribuzione (Cass. n. 20903/2020, Cass. n. 9043/2011). L’elemento che contraddistingue la subordinazione, assumendo la funzione di parametro normativo di individuazione della natura subordinata del rapporto, è il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale. Caratteristica fondamentale del rapporto di lavoro subordinato è l’abituale assoggettamento a ordini specifici e ad altrui direttive e moduli operativi, oltre all’esercizio da parte del datore di lavoro di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative (Cass. n. 2728/2010, Cass. n. 26742/2014). L’esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo.

In aggiunta a quello menzionato, vi sono ulteriori indici rivelatori della subordinazione, idonei anche a prevalere sull’eventuale volontà contraria manifestata dalle parti, ove incompatibili con l’assetto previsto dalle stesse. Essi sono: l’assenza di rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario di lavoro, la cadenza e la misura fissa della retribuzione, la localizzazione della prestazione, l’utilizzo dei mezzi produttivi del datore di lavoro, l’obbligo di giustificare le assenze. Ebbene, la ricorrenza di tali elementi, valutati con giudizio sintetico e non atomistico, può essere indicativa della ricorrenza di un rapporto di lavoro subordinato (cfr. Cass. n. 15631/2018, Cass. n. 7024/2015, Cass. n. 26742/2014).

Nel caso di specie, si appalesano insussistenti gli indici della subordinazione ex art. 2094 cod. civ. Difetta la prova dell’eterodirezione, anche nella forma attenuata delle indicazioni generiche fornite de die in diem. Non vi è prova che la convenuta impartisse direttive e istruzioni in ordine alle modalità di raccolta degli ordini. I testimoni hanno riferito che il call center dell’azienda comunicava al ricorrente l’elenco giornaliero dei clienti da visitare (cfr. dichiarazioni ***, *** e ***). Tuttavia, nessuna evidenza – documentale o testimoniale – comprova l’esercizio del potere direttivo e di controllo da parte della committente. Non vi è alcuna prova dell’ingerenza della resistente nella gestione dell’attività commissionata (vendita diretta) e di contestazioni all’operato del ricorrente. La Corte Costituzionale ha statuito che “il potere direttivo, pur nelle multiformi manifestazioni che presenta in concreto a seconda del contesto in cui si esplica e delle diverse professionalità coinvolte, si sostanzia nell’emanazione di ordini specifici, inerenti alla particolare attività svolta e diversi dalle direttive d’indole generale, in una direzione assidua e cogente, in una vigilanza e in un controllo costanti, in un’ingerenza, idonea a svilire l’autonomia del lavoratore” (Sent. n. 76/2015).

Parimenti indimostrati gli indici sussidiari della subordinazione. Nessun riscontro dell’obbligo di rispettare un orario di lavoro e di richiedere l’autorizzazione per ferie e permessi. Circostanze non documentate, né parte attrice ha dedotto specifiche prove orali su tale aspetto della controversia.

In conclusione, dall’istruttoria non sono emersi elementi che consentano di ricondurre il rapporto in esame alla fattispecie della subordinazione, in relazione all’indice primario, e cioè l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro.

3.4. Occorre ora verificare se nel caso in esame ricorrono i presupposti della collaborazione etero-organizzata.

L’art. 2, D. Leg. n. 81/2015 (nella versione applicabile ratione temporis) recita: “1. A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. La disposizione in esame ha la finalità di assicurare, quanto al trattamento economico e normativo, a coloro che prestano il proprio lavoro all’interno di collaborazioni etero-organizzate, quel livello di protezione che è accordato dalla disciplina del lavoro subordinato.

La caratterista principale di questa nuova figura giuridica è rappresentata dal fatto che la modulazione della prestazione è disposta unilateralmente dal committente. La Suprema Corte ha delineato i contorni di tale fattispecie, precisando che “in tema di rapporti di collaborazione ex art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015, ai fini dell’individuazione della nozione di etero-organizzazione, rilevante per l’applicazione della disciplina della subordinazione, è sufficiente che il coordinamento imposto dall’esterno sia funzionale con l’organizzazione del committente, così che le prestazioni del lavoratore possano, secondo la modulazione predisposta dal primo, inserirsi ed integrarsi con la sua organizzazione di impresa, costituendo la unilaterale determinazione anche delle modalità spazio-temporali della prestazione una possibile, ma non necessaria, estrinsecazione del potere di etero-organizzazione” (Cass. n. 1663/2020).

La Corte d’Appello di Torino, con la sentenza n. 26/2019 del 04.02.2019, ha affermato come la norma di cui all’art. 2 cit. “Postula un concetto di eteroorganizzazione in capo al committente che viene così ad avere il potere di determinare le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa del collaboratore e cioè la possibilità di stabilire i tempi e i luoghi di lavoro. Pur senza ‘sconfinare’ nell’esercizio del potere gerarchico, disciplinare (che è alla base della eterodirezione) la collaborazione è qualificabile come etero-organizzata quando è ravvisabile un’effettiva integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del committente, in modo tale che la prestazione lavorativa finisce con l’essere strutturalmente legata a questa (l’organizzazione) e si pone come un qualcosa che va oltre alla semplice coordinazione di cui all’articolo 409 n.3 c.p.c, poiché qui è il committente che determina le modalità della attività lavorativa svolta dal collaboratore. Abbiamo così l’esercizio del potere gerarchico-disciplinare- direttivo che caratterizza il rapporto di lavoro subordinato ex art 2094 cc (in cui il prestatore è comunque tenuto all’obbedienza), l’etero-organizzazione produttiva del committente che ha le caratteristiche sopra indicate (e rientra nella previsione di cui all’articolo 2 del D.lgs 81/2015) e la collaborazione coordinata ex art 409 n.3 c.p.c. in cui è il collaboratore che pur coordinandosi con il committente organizza autonomamente la propria attività lavorativa (in questo caso le modalità di coordinamento sono definite consensualmente e quelle di esecuzione della prestazione autonomamente)”.

Le risultanze processuali comprovano che le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa sono state definite unilateralmente da YYY, anche con riferimento alle condizioni spazio-temporali. La committente ha imposto un modulo organizzativo non espressamente previsto dalla lettera di incarico. I testi, infatti, hanno confermato che il call center di YYY predisponeva un piano giornaliero di lavoro, con l’indicazione degli orari e dei clienti da visitare nell’arco della giornata.

*** – agente di YYY per le regioni Veneto ed Emilia Romagna – ha dichiarato: “Cap. 4bis: XXX aveva cinque appuntamenti al giorno e al termine della giornata, verso le 21,00, mi relazionava l’attività svolta. In genere l’ultimo appuntamento veniva fissato alle ore 21.00. Cap. 5: confermo le circostanze. YYY fissava gli appuntamenti con i clienti che venivano comunicati a XXX; la società predisponeva il piano di lavoro giornaliero degli appuntamenti e dei clienti da visitare. XXX relazionava alla società e inviava una mail la sera stessa oppure la mattina successiva nella quale riportava l’esito della giornata e delle vendite.”

*** – dipendente di YYY – ha riferito: “Cap. 2: XXX comunicava alla società la sua disponibilità a visitare i clienti; successivamente, una volta acquista la disponibilità del ricorrente, la società trasmetteva il piano giornaliero degli appuntamenti. Adr: XXX parlava con il call center; era un modus operandi comune a tutti gli agenti. Cap. 3: il call center di YYY contattava i clienti e fissava gli appuntamenti per XXX nei giorni indicati dallo stesso ricorrente. Cap. 4: è vero, XXX era autonomo nella sua attività ma doveva rispettare gli orari e degli appuntamenti fissati dal call center.”

*** – dipendente di YYY – ha dichiarato: “Cap. 2: i venditori comunicavano alla responsabile del call center la propria disponibilità giornalmente o settimanalmente. Poi gli operatori del call center fissavano gli appuntamenti del venditore. Adr: non ho mai parlato con XXX, perché lui contattava il call center oppure il proprio responsabile di zona. Cap. 3: è vero, il call center di YYY chiamava i clienti e fissava gli appuntamenti nei giorni di disponibilità indicati dai venditori. Cap. 4: XXX si recava dai clienti negli orari di disponibilità comunicati al call center. […] Cap. 10: i venditori dovevano solo comunicare se gli appuntamenti erano andati a buon fine oppure se erano interessati a rifissare la visita che non erano riusciti ad eseguire.”

XXX non conosceva i nominativi dei clienti da visitare e doveva attenersi al piano di lavoro predisposto dalla convenuta (cfr. dichiarazione ***). Quest’ultima programmava le visite del collaboratore e al termine della giornata richiedeva un resoconto dell’attività svolta. Le mail documentano i report giornalieri trasmessi al call center di YYY e al responsabile di zona, sig. *** (cfr. oggetto: “PLG”, cioè piano di lavoro giornaliero [2]). Sul punto la chiara deposizione del teste ***: “XXX relazionava alla società e inviava una mail la sera stessa oppure la mattina successiva nella quale riportava l’esito della giornata e delle vendite.”

La giornata lavorativa del ricorrente era scandita dal call center di YYY. La programmazione quotidiana dell’attività e i report evidenziano come il collaboratore fosse inserito nella organizzazione aziendale, con una limitata autonomia in ordine alla determinazione dei tempi e luoghi di svolgimento dell’incarico. Quanto testé esposto conferma l’elemento della etero-organizzazione nella fase esecutiva e l’inserimento funzionale del ricorrente nell’organizzazione dalla committente.

Ricorrono gli ulteriori presupposti della collaborazione etero-organizzata, in quanto la prestazione veniva resa personalmente da XXX, come attestato dai report e dalla deposizione di *** (“Cap. 4bis: XXX aveva cinque appuntamenti al giorno e al termine della giornata, verso le 21,00, mi relazionava l’attività svolta. In genere l’ultimo appuntamento veniva fissato alle ore 21.00”).

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della convenuta, non ricorrono le ipotesi di esclusione previste dall’art. 2, comma 2 del D. Leg. 81/2015, poiché la norma in esame richiama esclusivamente le collaborazioni regolate dagli accordi collettivi nazionali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che “prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”.

3.5. XXX ha diritto allo stesso trattamento retributivo previsto per i lavoratori subordinati, giusta la disposizione normativa di cui all’art. 2, D. Leg. n. 81/2015. Va riconosciuta, quindi, la differenza tra quanto percepito dal ricorrente in costanza di rapporto e quanto spettante per l’inquadramento nel livello B2 del CCNL Poligrafici ed Editoria, come addetto alla vendita (qualifica di impiegato), limitatamente al periodo 29.11.2017 – 21.03.2018, con riferimento ad un contratto di lavoro full-time di 40 ore settimanali (cfr. CCNL [3]). L’attore ha riconosciuto di aver incassato la somma di €. 997,94 (cfr. fattura n. 1/2018 4), mentre la resistente non ha documentato ulteriori pagamenti. YYY non ha contestato l’importo della retribuzione mensile (€. 1.926,73 lordi: cfr. tabelle retributive [4]), come prescritto dagli artt. 115 e 416 c.p.c. La contestazione dell’an non esonera la resistente dal contestare in termini specifici anche il quantum oggetto della domanda, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità: “Nel processo del lavoro, l’onere di contestare specificamente i conteggi relativi al “quantum” sussiste anche quando il convenuto contesti in radice la sussistenza del credito, poiché la negazione del titolo degli emolumenti pretesi non implica necessariamente l’affermazione dell’erroneità della loro quantificazione, mentre la contestazione dell’esattezza del calcolo ha una sua funzione autonoma, dovendosi escludere una generale incompatibilità tra il sostenere la propria estraneità al momento genetico del rapporto e il difendersi sul “quantum debeatur” (Cass. n. 29236/2017, Cass. n. 5949/2018, Cass. S.U. n. 761/2002).

Sulle differenze retributive sono dovuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria ex artt. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c. dalla domanda (notifica del ricorso) al saldo.

3.6. Non merita accoglimento la domanda di accertamento dell’illegittimità del licenziamento.

Va disattesa l’eccezione preliminare di decadenza: il licenziamento intimato oralmente è giuridicamente inesistente e come tale non è assoggettato al termine di impugnazione fissato dall’art. 6, L. n. 604/1966 (cfr. Cass. n. 10697/1996). Quanto al merito, si rileva che per pacifica giurisprudenza “Il lavoratore che impugni il licenziamento allegandone l’intimazione senza l’osservanza della forma scritta ha l’onere di provare, quale fatto costitutivo della domanda, che la risoluzione del rapporto è ascrivibile alla volontà datoriale, seppure manifestata con comportamenti concludenti, non essendo sufficiente la prova della mera cessazione dell’esecuzione della prestazione lavorativa; nell’ipotesi in cui il datore eccepisca che il rapporto si è risolto per le dimissioni del lavoratore e all’esito dell’istruttoria – da condurre anche tramite i poteri officiosi ex art. 421 c.p.c. – perduri l’incertezza probatoria, la domanda del lavoratore andrà respinta in applicazione della regola residuale desumibile dall’art. 2697 c.c.” (Cass. n. 3822/2019). Analogamente Cass. n. 149/2021: “La mera cessazione definitiva nell’esecuzione delle prestazioni derivanti dal rapporto di lavoro non è di per sé sola idonea a fornire la prova del licenziamento, trattandosi di circostanza di fatto di significato polivalente, in quanto può costituire l’effetto sia di un licenziamento, sia di dimissioni, sia di una risoluzione consensuale. Tale cessazione non equivale ad estromissione, parola che non ha un immediato riscontro nel diritto positivo, per cui alla stessa va attribuito un significato normativo, sussumendola nella nozione giuridica di ‘licenziamento’ e quindi nel senso di allontanamento dell’attività lavorativa quale effetto di una volontà datoriale di esercitare il potere di recesso e risolvere il rapporto. L’accertata cessazione nell’esecuzione delle prestazioni può solo costituire circostanza fattuale in relazione alla quale, unitamente ad altri elementi, il giudice del merito possa radicare il convincimento, adeguatamente motivato, che il lavoratore abbia assolto l’onere probatorio sul medesimo gravante circa l’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro ad iniziativa datoriale”.

A mente di tale principio di diritto, visto il disposto di cui all’art. 2697 cod. civ., considerata la carenza probatoria circa le modalità di interruzione della collaborazione (il teste *** non è a conoscenza del contenuto della conversazione telefonica; i testi *** e *** nulla hanno saputo riferire in proposito) e considerato che il ricorrente è rimasto silente fino al mese di ottobre, chiedendo informazioni sul recesso orale solo con PEC del 28.10.2018, [5] non può ritenersi raggiunta la prova della cessazione del rapporto mediante intimazione di un licenziamento orale. Da qui anche il rigetto delle domande di ripristino del rapporto di lavoro e di pagamento delle retribuzioni maturate medio tempore.

4. Sulle spese di lite
Secondo il consolidato insegnamento giurisprudenziale è corretta l’individuazione di una situazione di reciproca soccombenza delle parti qualora siano rigettate alcune domande o nei casi in cui l’unica domanda di parte attrice risulti accolta solo parzialmente nel quantum: “la regolazione delle spese di lite può avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell’unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (art. 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (art. 92, comma 2, c.p.c.); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorché quest’ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento” (Cass. n. 3438/2016, Cass. n. 22381/2009, Cass. 901/2012, Cass. n. 21684/2013, Cass. n. 22871/2015).

La soccombenza reciproca e il rigetto parziale delle domande attoree giustificano la compensazione parziale delle spese di lite, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., (nel testo risultante dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 77/2018), nella misura del 50%.

La restante quota del 50% deve essere posta a carico della convenuta in forza del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., da liquidarsi secondo i parametri del D.M. n. 55/2014; lo scaglione di riferimento è quello da €. 5.200,01 a €. 26.000,01, atteso che il D.M. 55/2014 dispone che il valore della controversia deve essere determinato in base al criterio del decisum.

P.Q.M.

Il Tribunale di Modena, in persona del Giudice del Lavoro dott. ***, definitivamente decidendo, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione respinta: 1) CONDANNA YYY S.r.l. a corrispondere a XXX la retribuzione prevista dal CCNL Poligrafici ed Editoria per il livello B2 (impiegato addetto alla vendita), limitatamente al periodo 29.11.2017 – 21.03.2018, con riferimento ad un contratto di lavoro full-time di 40 ore settimanali, detratto quanto già percepito nel medesimo periodo;

2) CONDANNA YYY S.r.l. al pagamento in favore del ricorrente del 50% delle spese di lite, che liquida nella complessiva somma di €. 2.759,00 – già ridotta del 50% -, di cui €. 259,00 per anticipazioni e €. 2.500,00 per competenze legali, oltre rimborso spese generali ex art. 2, D.M. n. 55/2014 nella misura del 15%, I.V.A. (se dovuta), e C.P.A.; dispone la distrazione delle spese di lite in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari;

3) DICHIARA compensate le spese di lite nella misura del 50%;

4) FISSA termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione. Modena, 31 maggio 2022

Il Giudice del Lavoro

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

LexCED
Desideri approfondire l’argomento ed avere una consulenza legale?

Articoli correlati