A seguito della sentenza della Corte Costituzionale 282/1991, la disposizione, art. 4 primo comma del dpr 29 dicembre 1973 n. 1092, che dispone la cessazione dal servizio per gli impiegati al compimento del sessantacinquesimo anno di età, non è stata cancellata dall’ordinamento, ma è stata modificata solo entro limiti ben precisi, nel senso che la deroga, e quindi la facoltà di prosecuzione del rapporto di lavoro, è ammessa soltanto per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell’anzianità minima per il diritto a pensione.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale 282/1991, la disposizione, art. 4 primo comma del dpr 29 dicembre 1973 n. 1092, che dispone la cessazione dal servizio per gli impiegati al compimento del sessantacinquesimo anno di età, non è stata cancellata dall’ordinamento, ma è stata modificata solo entro limiti ben precisi, nel senso che la deroga, e quindi la facoltà di prosecuzione del rapporto di lavoro, è ammessa soltanto per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell’anzianità minima per il diritto a pensione.
Non è quindi data la facoltà di prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i sessantacinque anni, allo scopo di incrementare l’anzianità di servizio, giacché si tratta qui di bilanci l’interesse del lavoratore al conseguimento della pensione e l’interesse, anch’esso costituzionalmente rilevante, alla occupazione giovanile, il quale può essere sacrificato, solo se la prosecuzione del rapporto di lavoro è finalizzata al conseguimento della pensione.
D’altra parte la Corte Costituzionale si era espressa negli stessi termini con la precedente pronunzia n. 238/88, allorché dichiarò infondata la questione di legittimità nazionale delle leggi regionali della Calabria (del 31 luglio 1986) e della Campania (del 9 dicembre 1986), che consentivano ai dipendenti regionali di restare in servizio oltre i sessantacinque anni di età al fine del conseguimento del trattamento minimo di pensione, avendo la Corte riconosciuto che il limite di età era eccezionalmente derogabile ai fini assicurativi o previdenziali, ossia per il conseguimento del diritto a pensione.
Peraltro, se così non fosse, se cioè venisse consentita la permanenza al lavoro, non già per conseguire la pensione, ma per incrementare l’anzianità di servizio, la disposizione sul limite di età per la cessazione diverrebbe nella pratica inoperante, giacché si consentirebbe a tutti di derogarvi ad libitum, pregiudicando così il contrapposto interesse, di rilevanza costituzionale, alla occupazione giovanile.
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 25655 del 4 dicembre 2006
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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