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Fallimento società incorporata e legittimazione passiva

La Corte d’Appello ha ribadito il principio secondo cui la legittimazione passiva, in caso di fallimento di una società incorporata, spetta alla società estinta e non all’incorporante. La Corte ha inoltre affermato che la notifica del ricorso va effettuata alla società incorporata e non all’incorporante.

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Pubblicato il 5 febbraio 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE PRIMA CIVILE così composta:

Dott. NOME COGNOME Presidente e relatore Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._692_2025_- N._R.G._00005270_2024 DEL_01_02_2025 PUBBLICATA_IL_01_02_2025

nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 5270 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2024, trattenuta in decisione all’udienza del giorno 13/12/2024, vertente TRA (c.f. ), difeso dall’Avv. NOME COGNOMEc.f. ), unitamente all’Avv. NOME COGNOME (c.f. REISTENTE (c.f. difesa dell’Avv. COGNOME NOME COGNOMEc.f. RESISTENTE (c.f. ), difesa dall’Avv. COGNOME NOME COGNOMEc.f. RESISTENTE C.F. C.F. C.F. C.F. in data.

Conclusioni delle parti:

come nei rispettivi atti di costituzione.

FATTO E DIRITTO Il tribunale di Latina, con la sentenza qui reclamata, ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale della (P.I. ) con sede in Aprilia (LT) in INDIRIZZO nella qualità di rappresentate legale della società – cancellata dal registro delle Imprese in data 27.10.2023 per intervenuta fusione – ha proposto reclamo al quale resistono Il reclamo è stato trattenuto in decisione all’udienza del 13/12/2024.

A motivo del gravame il affermato il proprio interesse, quantomeno morale, al reclamo, eccepisce la violazione del contraddittorio poiché esso andava instaurato nei confronti della società statunitense RAGIONE_SOCIALE che aveva incorporato la società per questo motivo cancellata dal registro delle Imprese in data 27.10.2023.

Infatti la notificazione del ricorso introduttivo eseguita dalla alla società incorporante per il tramite dell’UNEP del Tribunale di Latina indicando quale autorità destinataria l’ WA 98104, United States of America secondo l’art.5, comma 1, lett. A della Convenzione dell’Aja del 1965 risulterebbe invalida.

Ritiene la Corte che il motivo di reclamo non possa trovare accoglimento e ciò in adesione al recente arresto giurisprudenziale, citato dallo stesso reclamante che lo avversa, in base al quale “nell’ipotesi di operazione straordinaria di fusione ex art. 2504 e s. c.c., che estingue la società incorporata e provoca al successione universale della società incorporante in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, in cui era parte la prima, per il caso di insolvenza di questa trova applicazione la disciplina speciale di cui all’art. 10 L.Fall. , che consente il fallimento della società incorporata entro i limiti temporali ivi previsti;

ne consegue che, ai fini della corretta , in persona del suo legale rappresentante, società che, pur se estinta ed invece solo ai fini dell’eventuale dichiarazione di fallimento, conserva la propria identità, non essendo peraltro precluso alla società incorporante l’intervento nel giudizio prefallimentare e comunque la proposizione di reclamo, nella qualità di soggetto interessato, avverso l’eventuale sentenza di fallimento dell’incorporata medesima”.

(Cass. Civ, ord. 3.7.2024 n. 18261).

Nella motivazione di quell’ordinanza la Corte di Cassazione ha dato ampio conto del diverso principio affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n.21970 del 30 luglio 2021, valevole, tuttavia, in settori diversi dalla materia fallimentare, dominata dal principio di specialità, come ravvisato dalle stesse SS.UU..

E’ opportuno richiamare il passaggio della motivazione dell’ordinanza n. 18261 del 2024 nel quale la Corte sottolinea “4.I principi appena riepilogati, che declinano il fenomeno dell’incorporazione in termini estintivi e successori, vanno peraltro coordinati con la disciplina speciale contenuta nell’art. 101 comma L.Fall.

, a tenore del quale “gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo”.

4.1.

La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ritenuto coerente con la ricostruzione del fenomeno in termini estintivi/successori la fallibilità della incorporata nei modi e termini previsti dagli artt. 10 e 11 L.Fall. (cfr. Cass. nr 2210/07, 21016/06 e 5679/ 96).

4.2.

Ciò in quanto, come è stato precisato (cfr. Cass. 2210/2007 e 10302/2020), il fallimento dell’incorporata è conseguenza della sua insolvenza e del mancato decorso dell’anno dal momento in cui si verifica la sua estinzione e prescinde dalla solvibilità o meno dell’incorporante;

la ratio di tale disciplina risiede essenzialmente:

a) nell’ evitare che la condotta del debitore possa vanificare le aspettative dei creditori provocando, con la dissoluzione dell’impresa, la perdita della loro garanzia;

b) nell’evitare un’indefinita incertezza in ordine alla stabilità dei rapporti giuridici coinvolti.

4.3.

A conferma di tale orientamento, le Sezioni Unite nr. 21970/2021, nell’argomentare il fenomeno estintivo-successorio connaturato all’incorporazione, precisano che ” è appena il caso di rilevare che la questione dell’assoggettabili a momento che ivi vige il disposto speciale della L.Fall., art. 10, il quale, in perfetta equiparazione al debitore persona fisica, sancisce la fallibilità degli imprenditori, individuali come collettivi, alle condizioni che sia trascorso non oltre un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese e che l’insolvenza si sia manifestata anteriormente alla medesima o nel termine detto;

la ratio generale di tale disposizione è nota… In tal modo, per quanto riguarda le società, può fallire un “ente” che non è più tale, entro un anno dall’evento estintivo.

Dunque, che la società possa essere assoggettata a fallimento dopo la fusione o la scissione, ancorché cancellata dal registro delle imprese, non è elemento normativo a favore della tesi della sua sopravvivenza alla cancellazione;

se proprio se ne voglia trarre un indizio, è allora piuttosto elemento in senso contrario, atteso che solo una norma speciale come quella della L.Fall.,art. 10 ha potuto sancire un simile precetto”.

Non si ravvisa, pertanto, il contrasto giurisprudenziale ipotizzato dal reclamante.

La corretta instaurazione del contraddittorio nei confronti della società incorporata priva di ogni rilievo il diverso tema della validità della notifica effettuata da all’incorporante.

Con distinti motivi viene presa di mira la legittimazione al ricorso per la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale dei due creditori.

Quanto alla creditrice , l’originario credito di euro 206.629,65 (portato dal decreto ingiuntivo n.1684/2023 emesso dal Tribunale di Venezia in data 8.9.2023) doveva essere abbattuto ad euro 60.000,02 in virtù dell’escussione della garanzia prestata del per 159.557,19.

Per il residuo credito vi era stata l’offerta formulata banco judicis dal all’udienza del 13 giugno 2024 e la sua mancata accettazione configurava la mora del creditore ex art. 1206 c.c..

Avuto riguardo al il relativo credito derivante dall’escussione della garanzia era stato vantato nei confronti dell’incorporante con lettera raccomandata, non nei confronti della società incorporata.

Inoltre l’intervento del era avvenuto in violazione dell’art. 41 CCII perché successivo al 13.6.2024, data della rimessione della causa al collegio per la decisione.

Sullo specifico tema il tribunale aveva così motivato:

“sussiste la legittimazione attiva dei ricorrenti (in particolare, è creditrice della somma di euro si osserva che la stessa è creditrice in ragione dell’inadempimento della società debitrice la quale non ha adempiuto l’importo fissato nella misura di almeno il 25 % dell’operazione finanziaria da cui è conseguito la caducazione della garanzia diretta del Fondo di Garanzia per le P.M.I. richiesta da in favore della a sostegno dell’operazione finanziaria denominata “contratto di mutuo garantito”;

in particolare, la beneficiaria finale – la società odierna resistente – si è resa inadempiente per n. 5 rate per l’importo complessivo di Euro 202.678,45)”.

Il motivo di reclamo è infondato.

Una volta stabilito che la legittimazione passiva, ai fini della liquidazione giudiziale, spetta alla società incorporata nei confronti della quale il contraddittorio deve essere instaurato, non si può ricusare la titolarità delle passività invocando l’imputazione dei debiti contratti anteriormente alla fusione all’incorporante anziché alla società estinta, se non violando il principio di non contraddizione.

Avuto riguardo all’offerta banco iudicis della somma (residuale) di circa 68.000 euro è appena il caso di notare, condividendo le notazioni di alle pagg. 14-18 della sua comparsa, che essa non configurava un’offerta sussumibile nello schema dell’art. 1206 c.c. e risultava ignoto il soggetto che offriva un (anomalo) pagamento potenzialmente capace di estinguere la sola passività verso la ma trascurava del tutto le ragioni di credito del garante surrogatosi nelle ragioni della prima per effetto dell’escussione della garanzia, ragioni che la stessa aveva il dovere di tutelare in virtù degli impegni contrattuali verso il garante. Che l’intervento del sia avvenuto dopo la rimessione della causa in decisione non altera il quadro dal momento che la posizione debitoria della era stata correttamente indicata nel ricorso di nella misura complessiva di oltre 200.000 euro (somma portata dal decreto ingiuntivo) e quindi comprensiva anche della parte di credito nel quale era subentrata, per surroga, il garante l’ultimo motivo di reclamo si sostiene che non sussistesse l’insolvenza dal tribunale collegata ai debiti gravanti sull’impresa, diversi da quelli fatti valere dai ricorrenti, per euro 250.680,03 (debiti tributari) e per oltre 128.000,00 (debiti contributivi), nonché alla cancellazione della società avvenuta in data 27.10.2023. Secondo il reclamante la cancellazione dal Registro Imprese di non era dipesa dalla cessazione dell’attività ma costituiva logico sviluppo dell’intervenuta fusione.

Inoltre, i debiti tributari e/o contributivi non bastavano a provare lo stato di insolvenza dato che il pagamento dei predetti debiti poteva essere chiesto all’incorporante che aveva assunto, in conseguenza della fusione, gli obblighi della tanto più considerando il difetto di iniziativa dei creditori titolari di quelle pretese.

Sul tema il tribunale aveva così motivato:

“ritenuto che dalla documentazione in atti emerge lo stato di insolvenza della società debitrice, reso manifesto, oltre che dall’inadempimento delle obbligazioni nei confronti dei ricorrenti:

– dall’esistenza di debiti gravanti sull’impresa che ammontano ad euro 250.680,03 quali debiti tributari al netto degli importi sospesi (cfr. informativa della Agenzia delle Entrate);

– dalla presenza di oltre 128.000,00 euro di debiti contributivi, come da comunicazione dell’INPS;

– dalla cancellazione della società avvenuta in data 27.10.2023…”;

Rileva la Corte che il reclamante, a fronte di debiti complessivi di per circa mezzo milione di euro, non ha in alcun modo documentato la solvibilità dell’incorporante statunitense che di detti debiti si sarebbe fatta carico e tanto basta a respingere il motivo.

Le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo.

Poiché il presente giudizio è iniziato successivamente al 30 gennaio 2013 e l’appello è respinto, sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che dispone l’obbligo del versamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte, definitivamente pronunciando sul reclamo, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:

, delle spese di lite del presente giudizio liquidate in euro 3.500,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge;

⎯ dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 come successivamente modificato e integrato, che sussistono i presupposti per il versamento, da parte di di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma il giorno 17/01/2025.

Il Presidente estensore NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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