In tema di contributo al mantenimento del figlio maggiorenne da parte del genitore separato non convivente, lo svolgimento di un’attività retribuita, ancorché prestata in esecuzione di contratto di lavoro a tempo determinato, può costituire un elemento rappresentativo della capacità del figlio di procurarsi un’adeguata fonte di reddito, e quindi della raggiunta autosufficienza economica, che esclude la reviviscenza dell’obbligo di mantenimento da parte del genitore a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, fermo restando che non ogni attività lavorativa a tempo determinato è idonea a dimostrare il raggiungimento della menzionata autosufficienza economica, che può essere esclusa dalla breve durata del rapporto o dalla ridotta misura della retribuzione.
Inoltre, (Cass. 38366/2021) il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale sul mercato del lavoro, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l’obbligazione alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni piu’ essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso.
Già si era chiarito che l’obbligo del genitore non convivente di contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni” (Cass. 17183/2020; Cass. 13/10/2021, n. 27904; cfr. anche Cass. n. 32529 del 14/12/2018).
Peraltro, da tempo, la Suprema Corte aveva precisato l’obbligo dei genitori di concorrere tra loro secondo le regole dell’articolo 148 c.c. nel mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma continua invariato finché i genitori o il genitore interessato non diano la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, oppure finche’ non diano la prova che il figlio è stato da loro posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente, quand’anche poi non ne abbia tratto profitto per sua colpa” (Cass. 7990/1996; Cass. 2289/2001; cass. 23596/2006; Cass. 1773/2012; Cass. 12592/2016).
Il figlio divenuto maggiorenne ha diritto, quindi, al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, sia dimostrato (dal figlio, ove agisca il medesimo in giudizio, o dal genitore interessato) che il medesimo si sia adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni.
Corte di Cassazione, Ordinanza n. 8049 del 11 marzo 2022
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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