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Garanzia autonoma nella cessione dei crediti a sofferenza

La sentenza chiarisce che la cessione dei crediti a sofferenza comprende anche le garanzie autonome prestate. Viene inoltre analizzata la distinzione tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia, sottolineando come la clausola di pagamento a prima richiesta non sia sufficiente a qualificare un negozio come contratto autonomo di garanzia. Infine, si ribadisce che l’onere della prova del credito nel leasing finanziario grava sul creditore, che deve produrre il titolo negoziale e allegare l’inadempimento, mentre al debitore spetta la prova dell’adempimento.

Pubblicato il 01 July 2024 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte D’Appello di Ancona I^ Sezione Civile II
Collegio Riunita in camera di consiglio con l’intervento dei sigg.
magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Est Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._882_2024_- N._R.G._00001169_2021 DEL_05_06_2024 PUBBLICATA_IL_06_06_2024

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1169 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2021 e promossa , C.F. C.F. , entrambi rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Ancona, elettivamente domiciliati presso il suo Studio sito a Falconara Marittima (AN) in APPELLANTI CONTRO codice fiscale e Partita Iva e per essa la procuratrice mandataria CF: , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Ancona ed elettivamente domiciliata presso lo studio del detto legale in Ancona APPELLATA Oggetto: appello avverso sentenza n° 1218/2021, pronunciata dal Tribunale Civile di Ancona in data 7.10.21, pubblicata in data 8.10.21 e notificata alle parti presso il domicilio eletto in data 15.10.21, in materia di opposizione a decreto ingiuntivo Conclusioni:
come da note telematiche in atti

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO DELLA DECISIONE C.F. C.F. hanno proposto appello avverso la sentenza in epigrafe, emessa dal Tribunale di Ancona;
gli appellanti, fidejussori a garanzia del leasing n. intrattenuto da RAGIONE_SOCIALE con la ex RAGIONE_SOCIALE poi assorbita da avevano proposto opposizione al decreto ingiuntivo n° 777/2020 emesso dal tribunale di Ancona in data 5.6.20 su ricorso di mandataria di ;
il decreto che aveva loro ingiunto il pagamento della somma di € 170.235,62 oltre interessi maturati e maturandi dall’01/01/2017 al saldo quale importo complessivo di canoni non pagati;
il tribunale ha rigettato l’opposizione ritenendo che il trasferimento ex lege del credito all’ente -ponte – qualificato come accollo ex lege – avesse comportato la trasmissione della garanzia anche se autonoma.

Si costituiva l’ appellata società chiedendo il rigetto dell’appello.

All’esito dell’udienza del 5.02.2024 la causa è stata trattenuta a sentenza, previa precisazione delle conclusioni mediante deposito telematico di note di trattazione scritta.

Con il primo motivo d’appello, gli appellanti censurano come errata la pronuncia di prime cure, per avere ritenuto che la cessione dei crediti a sofferenza avesse riguardato anche la garanzia da essi prestata;

tornano a dedurre la carenza di legittimazione attiva della cessionaria del credito;

affermano che essi si sono costituiti fidejussori specifici delle obbligazioni contratte dalla RAGIONE_SOCIALE
nei confronti dell’allora in forza del contratto di leasing n° 2444 del 16.1.06, che le garanzie prestate hanno natura di contratti autonomi di garanzia in quanto prevedono il pagamento a prima richiesta e la rinuncia del garante a far valere verso il garantito l’invalidità /e o inefficacia dell’obbligazione garantita;

aggiungono che il credito garantito è stato ceduto con provvedimento del 30.12.16 della Banca d’Italia ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.lgs. 180/2015, i quali richiamano l’art. 58 TUB;
che tuttavia il comma 3 dell’art. 58 TUB ( “I privilegi e le garanzie di qualsiasi nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione.

Restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti) riguarda solo le fideiussioni tipiche, mentre non si applica ai contratti autonomi di garanzia, perché non sono accessori al credito garantito;
concludono pertanto per la non trasmissibilità ex lege, alla cessionaria del credito, della garanzia da loro prestata, essendo all’uopo necessario il consenso del garante autonomo, nella specie insussistente.

Il motivo è infondato per le seguenti, assorbenti, ragioni.

La garanzia prestata dagli appellanti prevede all’art. 8 l’obbligo del fideiussore di pagare immediatamente alla Banca, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro accessorio, all’art. 2 l’impegno a rimborsare alla Banca le somme che dalla Banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite in caso di nullità, annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi o per qualsiasi altro motivo”; l’art. 9 prevede che “Nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione si intende fin d’ora estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate”, l’art. 7 prevede che “i diritti derivanti alla Banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimo o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i termini previsti dall’art. 1957 c.c., che si intende derogato”, l’art. 10 prevede che “Nessuna eccezione può essere proposta dal fideiussore riguardo al momento in cui la banca esercita la sua facoltà di recedere dai rapporti con debitore”. La tesi propugnata dagli appellanti è smentita dalla nota pronuncia Cass., Sez. Un.
, n. 3947/2010 (conforme Cass. n. 371/2018), la quale ha stabilito che l’accessorietà un carattere elastico, di semplice collegamento e coordinamento tra obbligazioni, ma non viene del tutto a mancare:

e ciò sarebbe dimostrato, oltre che dal meccanismo di riequilibrio delle diverse posizioni contrattuali attraverso il sistema delle rivalse, proprio dalla rilevanza delle ipotesi in cui il garante è esonerato dal pagamento per ragioni che riguardano comunque il rapporto sottostante.

Tale circostanza (perdurante accessorietà seppure ‘attenuata’), unitamente al tenore letterale dell’art. 58, comma 3, TUB, consente di ritenere che anche il contratto autonomo di garanzia rientri nel perimetro delle « garanzie di qualsiasi tipo » cedute nell’ambito di una operazione di cartolarizzazione.

Va inoltre osservato che la garanzia prestata dagli appellanti non può essere qualificata come contratto autonomo di garanzia, mancando la previsione della clausola di pagamento “senza eccezioni”:

le fideiussioni oggetto di causa vanno inquadrate nel tipo legale della fideiussione specifica in quanto, pur prevedendo un importo massimo, sono state prestate con riferimento ad un unico e specifico rapporto di leasing.

Infatti il contratto autonomo di garanzia si distingue dalla fideiussione ordinaria per l’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione del garante dalla facoltà di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga alla regola essenziale posta per la fideiussione dall’art. 1945 c.c. (Cass. Civ. 31 luglio 2015 n. 16213).

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità l’uso di espressioni quali “a prima richiesta”, “a semplice richiesta” e consimili non è decisivo ai fini della qualificazione della garanzia in termini di contratto autonomo di garanzia, potendo tali espressioni significare che le parti hanno inteso corredare la fideiussione della clausola solve et repete (Cass. 28 febbraio 2007 n. 4661), ritenuta non incompatibile con la struttura di tale contratto tipico (Cass. Civ. SS.UU.
18 febbraio 2010 n. 3947).

Per qualificare un rapporto in termini di contratto autonomo di garanzia non è sufficiente la previsione di una clausola di pagamento a prima richiesta, occorrendo altri indici che attestino la volontà delle parti di rendere l’obbligazione di garanzia autonoma rispetto all’obbligazione garantita ed insensibile alle vicende di questa.

Anche recentemente è stato affermato che la clausola di pagamento a prima richiesta non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione”, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia, infine, a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, a una deroga parziale della disciplina dettata dall’art. 1957 c.c. (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre l’azione giudiziaria: cfr. Cass. Civ. sentenza n. 5478 del 29 febbraio 2024).

Ciò che consente di identificare la reale natura del contratto di garanzia è l’esclusione della possibilità di sollevare eccezioni relativi ai vizi del rapporto principale (ex multis Cass. 47172019; Cass. 150912021);

sicché, oltre a considerare la presenza della clausola di pagamento a prima richiesta, ai fini della indagine circa la natura della garanzia, occorre valutare complessivamente il contenuto del regolamento contrattuale (cfr. SSUU 39472010; Cass. 47172019).

Nel caso di specie, militano a favore della qualificazione del contratto azionato in termini di fideiussione, piuttosto che di contratto autonomo di garanzia, i seguenti indici:

– la circostanza che il contratto in atti non prevede in alcuna parte la rinuncia alla facoltà di proporre eccezioni o l’esclusione di tale facoltà in capo ai garanti:
detta rinuncia non può ritenersi implicitamente contenuta nella previsione dell’obbligo di pagamento “a semplice richiesta… anche in caso di opposizione del debitore…” (art. 8) trattandosi di espressione volta semplicemente a stabilire che il pagamento del fideiussore debba avvenire a prima richiesta, non occorrendo il consenso del debitore principale al quale deve ritenersi preclusa la possibilità di opporsi efficacemente all’adempimento;
– la previsione dell’art. 7 comma 3 sulla propagazione della decadenza del beneficio del intenderà automaticamente estesa al fideiussore”), segno della mancanza di autonomia e separatezza tra obbligazione principale e obbligazione del garante;
– l’identità dell’obbligazione gravante sul garante rispetto a quella gravante sul garantito, emergente dalla previsione dell’art. 7 (“Il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, quanto dovutole per capitali, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio”), ove le obbligazioni assunte dal garante vengono, per l’appunto, modellate su quella della debitrice principale, con rinvio direttamente a quanto dovuto da quest’ultima “per capitali, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio”; – da ultimo, l’espressa menzione nella fideiussione dell’”affidamento locazione finanziaria n. 2444”, e il nomen iuris attribuito all’atto negoziale in questione, circostanza questa che, pur non essendo di per sé decisiva (dovendosi prendere in considerazione soprattutto il contenuto del contratto che, per quanto appena esposto, depone nel senso dell’assenza di autonomia), costituisce pur sempre un elemento di interpretazione, peraltro favorevole al garante ai sensi dell’art. 1370 c.c., trattandosi di garanzia prestata su moduli predisposti dalla Col secondo motivo di gravame gli appellanti tornano a dedurre che la società cessionaria non ha dato prova del credito; sostengono che la certificazione attestata ai sensi art. 50 D.lgs. n° 385 del 1993, integra prova scritta del credito esclusivamente nell’ambito del procedimento monitorio e non ha alcuna valenza probatoria nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, a cognizione piena

Il motivo è infondato.

E’ indiscusso che il credito azionato riguarda il pagamento delle rate insolute di un leasing A sostegno della pretesa creditoria, la società opposta ha prodotto il contratto di leasing n. 2444, l’atto di compravendita dell’immobile concesso in locazione , il verbale di consegna dell’immobile, l’ ammontare delle rate scadute e non pagate.

La società opposta ha dunque correttamente adempiuto all’onere della prova su di essa gravante, in qualità di attore in senso sostanziale, in ordine agli elementi costitutivi del diritto di credito vantato, fornendo piena prova scritta del credito, nel rispetto di quanto statuito dalle Sezioni Unite sul punto:

“il creditore, sia che agisca per l’adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte:

sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento” (Cass. civ. Sez. Un. 30 ottobre 2001 n. 13533).

Per contro, gli opponenti non hanno offerto né la prova di ulteriori pagamenti, né altri elementi di prova idonei ad infirmare l’attendibilità dei documenti avversi, limitandosi ad esprimere perplessità sull’esatto ammontare della pretesa.
Infatti l’onere probatorio gravante sulla società creditrice prescinde dalla produzione di un estratto conto certificato ai sensi dell’art. 50 t.u.b.

La ratio di questa norma trae origine dalla necessità di ricavare la prova del saldo negativo del conto corrente che la banca intende azionare in via monitoria in danno del correntista, in relazione ad un rapporto che per definizione è “aperto” e suscettibile di variegate vicende negoziali, ma tali esigenze non si ravvisano nel leasing finanziario, caratterizzato dall’erogazione di una somma danaro finalizzata all’acquisto del bene concesso in locazione finanziaria;

come detto il creditore deve provare il titolo negoziale e allegare l’inadempimento mentre spetta al debitore provare di aver adempiuto alla obbligazione restitutoria, dimostrando i pagamenti intervenuti, ovvero provare una diversa quantificazione degli importi, per essere gli stessi non dovuti o già corrisposti.

In conclusione l’appello va rigettato.
La condanna alle spese di lite segue la soccombenza.

La Corte di Appello di Ancona definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di per il tramite della mandataria avverso la ordinanza in epigrafe, così provvede:

rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza gravata;
condanna al pagamento in favore di delle spese di lite del grado, liquidate in euro 2.977,00+1.911,00+5.103,00 per fase di studio fase introduttiva e fase decisionale, oltre rimborso forfettario nella misura massima IVA e CAP come per legge;
sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
Così deciso in Ancona 05.06.2024 Il Presidente est. Dott.ssa NOME COGNOME

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