Nel caso in cui sia una precisa disposizione di legge a prevedere una garanzia in favore di privati ed a carico di un ente pubblico, non possono trovare applicazione i canoni ermeneutici ordinari per la qualificazione del rapporto negoziale, ma occorre valutare se la previsione sia chiara od univoca in un senso, anziché in altro, soprattutto ai fini della precisa identificazione delle caratteristiche e dei presupposti della garanzia prestata.
La fattispecie in esame riguarda le garanzie concesse dallo Stato alle imprese editrici di quotidiani o periodici che, attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento (ed alle imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento: rispettivamente, ai sensi della L. 25 febbraio 1987, n. 67, articolo 9, comma 6 e articolo 11, comma 2), relative ai mutui agevolati per l’estinzione dei debiti e disciplinate dalla L. 5 agosto 1988, articolo 33 (disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria), che istituiva un Fondo centrale di garanzia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Direzione generale delle informazioni, editoria e proprietà letteraria, artistica e scientifica (per i benefici regolati dal precedente articolo 29).
Si tratta quindi di garanzie concesse direttamente dalla legge: ed a questo solo ambito va circoscritto l’approfondimento che segue.
Orbene, la L. 8 maggio 1989, n. 177, articolo 2, comma 1, secondo periodo, specifica che tali garanzie (che al precedente comma 1 sono state estese all’intero ammontare del finanziamento concesso) devono intendersi di natura primaria e interamente sostitutive di quelle richiedibili dagli istituti di credito indicati dalla legge alle imprese in questione.
Tale speciale forma di garanzia, concessa per evidenti fini pubblicistici a carico dell’erario, non può definirsi, in difetto di elementi univoci in tal senso, una garanzia a prima richiesta: infatti, l’indiscutibile maggiore onerosità di tale qualificazione per il garante, se nei rapporti tra privati può essere desunta in base all’ordinaria ermeneutica negoziale e discende dal contenuto concreto dei patti intercorsi ed interpretati dal giudice del merito, nei rapporti istituiti in via diretta ed immediata dalla legge deve potersi dedurre con chiara immediatezza dal tenore testuale delle disposizioni che disciplinano la specifica provvidenza e, in difetto di tale possibilità, tali rapporti vanno regolati in applicazione dei principi generali in materia per la figura negoziale tipica di riferimento.
Nel caso di specie, gli indici normativi testuali pure richiamati dalla ricorrente (L. n. 67 del 1987, articolo 12, L. n. 177 del 1989, articolo 2 e L. n. 278 del 1991, articolo 1), pur costituendo un corpus normativo speciale, non possono però interpretarsi nel senso da quella invocato, in quanto non sono tali da qualificare la garanzia come a prima richiesta: in primo luogo, la definizione di legge equipara la garanzia a quella di norma richiedibile dai mutuanti per la concessione dei finanziamenti, in modo da renderla del tutto sufficiente a tale scopo, ma proprio per questo non opera alcuna qualificazione sulle condizioni di attivazione; in secondo luogo, la qualificazione di primarietà della garanzia non implica in modo automatico la parificazione del garante al debitore, poiché l’uno assume un’obbligazione che resta pur sempre accessoria rispetto a quella dell’altro; in terzo luogo, la solidarietà non esclude, come appunto accade nell’archetipo dei contratti di garanzia e cioè nella fideiussione, un onere di tempestiva attivazione del creditore, ai sensi dell’articolo 1957 c.c. (norma reputata applicabile anche in caso di pattuizione di solidarietà tra fideiussore e debitore principale, la quale non può essere interpretata come implicita deroga alla disciplina di quella norma, poiché l’esplicita esclusione del beneficium excussionis non è incompatibile con la liberazione del fideiussore per il caso in cui il creditore non agisca contro il debitore principale nel termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione: Cass. ord. 26/05/2020, n. 9862).
Risponde pertanto ad un corretto e generale criterio interpretativo che, in difetto di specifiche diverse esplicite disposizioni di legge, la garanzia concessa dallo Stato o comunque a carico del pubblico Erario (complessivamente ed indistintamente inteso) non possa qualificarsi come garanzia a prima richiesta e richieda invece, per la sua operatività, quanto meno la tempestiva attivazione del creditore garantito nei confronti del debitore principale (o, a tutto concedere, l’evidenza della non proficuità di tale attivazione per univoci sintomi di una sua insolvenza): tempestività che, sempre in difetto di analitiche diverse disposizioni di legge, bene può modularsi sul termine semestrale disegnato in via generale dall’articolo 1957 c.c. e che corrisponde ad un del tutto tollerabile onere di diligenza del creditore nei confronti del garante, il quale resta pur sempre titolare di un’obbligazione accessoria rispetto a quella del debitore principale.
Nel caso, quindi, di garanzie concesse dallo Stato o poste comunque a carico del pubblico Erario da specifiche disposizioni di legge in relazione a debiti di particolari categorie di soggetti, esse, in difetto di elementi testuali in tal senso nella disciplina istitutiva della specifica provvidenza, non possono intendersi quale garanzia escutibile a prima richiesta ed in via autonoma; pertanto, trovano applicazione, in difetto di specifiche diverse espresse disposizioni, i principi generali in tema di garanzia quale prestazione accessoria, quali desunti dalla disciplina della fideiussione, sicché va ammessa l’attivazione della garanzia pubblica almeno previa una vana tempestiva diligente attivazione, ad opera del creditore, degli ordinari strumenti di tutela del credito a sua disposizione.
Corte di Cassazione, Sentenza n. 22157 del 3 agosto 2021
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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