REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TORINO Sezione Terza Civile in composizione monocratica ha pronunciato la seguente:
SENTENZA N._731_2025_- N._R.G._00013793_2024 DEL_12_02_2025 PUBBLICATA_IL_12_02_2025
nella causa civile iscritta al n. 13793/2024 R.G.;
promossa da:
socia accomandataria e legale rappresentante della società rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Torino, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Torino INDIRIZZO in forza di procura speciale in calce al ricorso introduttivo;
-PARTE RICORRENTE OPPONENTE- contro:
(C.F. ), in persona del Direttore dott. domiciliato presso l’ufficio di appartenenza, che autorizza la Dott.ssa e la dott.ssa ricevere tutte le comunicazioni attinenti il ricorso;
-PARTE RESISTENTE OPPOSTA- avente ad oggetto:
Opposizione avverso Ordinanza ingiunzione ai sensi degli artt. 2, 6 e 34 D.Lgs. n. 150/2011 e della Legge n. 689/1981;
CONCLUSIONI
DELLE PARTI COSTITUITE Per la parte ricorrente opponente:
(nel ricorso in opposizione depositata in data 26.07.2024) “In via preliminare cautelare sospendere l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato anche inaudita
altera parte;
“NEL MERITO in via principale, accogliere l’opposizione per i motivi di cui in narrativa e, per l’effetto, annullare, previa sospensione, l’Ordinanza-ingiunzione e sanzioni accessorie di cui al protocollo generale: 29613 del 12/07/2024 (RIF. 196/19).
in via subordinata, disporre la riduzione delle sanzioni applicate nel minimo edittale;
In ogni caso, con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio, oltre ad IVA e CPA come per legge da distrarsi a favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario.
In via istruttoria, si richiede CTU tecnica, tesa ad accertare la conformità dell’apparecchio a quanto riportato nelle perizie di parte allegata al presente ricorso, nonché tesa ad accertare l’inidoneità degli stessi al gioco d’azzardo ovvero che tali apparecchi non si attivano con l’introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico, si basano specificamente su alea programmata indipendentemente dalle scelte dell’utilizzatore, e non è possibile neppure aumentare e/o diminuire la quota di gettoni su singolo utilizzo, inoltre non vengono erogate vincite in nessuna forma”. Per la parte resistente opposta:
(nelle note scritte depositate in data 22.01.2025 e nella comparsa di costituzione depositata in data 19.12.2024) “In via istruttoria:
-rigettare l’istanza di CTU tecnica, in considerazione della superfluità ed irrilevanza della stessa ai fini della decisione.
Nel merito:
-rigettare il ricorso e, per l’effetto, confermare integralmente l’ordinanza-ingiunzione impugnata;
-condannare il ricorrente a pagare all’Amministrazione resistente le spese del giudizio come da nota già depositata (All. 17 comparsa costitutiva).
-in subordine, compensare le spese”.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Premessa.
1.1.
Si deve premettere che, prima della riforma c.d. Cartabia di cui al D.Lgs. n. 149/2022 e del successivo “correttivo” di cui al D.Lgs. n. 164/2024, la Cassazione aveva ritenuto legittimo lo svolgimento dell’udienza di discussione orale della causa in forma scritta, mediante l’assegnazione alle parti di un termine unico e comune per il deposito di note scritte, in quanto tale procedimento – in linea generale e salve le eccezioni normativamente previste – è idoneo a garantire il contraddittorio in tutti i casi in cui sia per legge consentita la trattazione della causa in forma scritta e anche, quindi, in relazione alla fase decisoria del giudizio di merito, senza che possa ammettersi in proposito una valutazione casistica fondata sull’oggetto, sulla rilevanza e sull’eventuale complessità della controversia, che determinerebbe una intollerabile incertezza in ordine alla validità dei provvedimenti decisori, non fondata sull’applicazione di precisi schemi procedurali fissi, ma sulla base di valutazioni legate a valori mutevoli, opinabili e controvertibili (cfr. in tal senso: Cassazione civile, sez. III, 19/12/2022, n. 37137, che ha affermato tale principio con riguardo allo svolgimento dell’udienza ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. mediante il deposito di note scritte, ai sensi dell’art. 83, comma 7, lett. h, D.L. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 27/2020).
Con specifico riguardo al rito del lavoro, la Suprema Corte aveva ritenuto ammissibile la sostituzione dell’udienza di discussione con il deposito di note scritte, consentendo la relativa normativa di derogare alle previsioni del codice di rito, come l’art. 429 c.p.c., per cui “l’udienza di discussione orale in presenza o la partecipazione dei difensori e delle parti possono essere evitate, a condizione che non sia richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti e purché siano garantiti lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni”;
né vi osta la previsione della partecipazione delle parti personalmente per procedere al tentativo di conciliazione, rappresentando tale partecipazione una possibilità per gli interessati, non necessaria ai fini dello svolgimento dell’udienza;
in particolare, “non è prospettabile una violazione dell’art. 6 CEDU (e dei vari parametri costituzionali), atteso che la normativa citata garantisce appieno il diritto di difesa, ben potendo le parti depositare note scritte.
” (cfr. in tal senso: Cassazione civile sez. lav., 29/11/2022, n. 35109, che ha affermato tali principi con riguardo allo svolgimento dell’udienza mediante il deposito di note scritte, ai sensi dell’art. 83, comma 7, lett. h, D.L. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 27/2020).
L’ammissibilità della sostituzione dell’udienza di discussione nel rito del lavoro con il deposito di note scritte era stata ribadita dalla Cassazione, affermando che nel giudizio di appello, ove l’udienza destinata alla verifica del contraddittorio sia sostituita dalla cd. trattazione scritta di cui all’art. 221, comma 4, D.L. n. 34/2020, introdotto dalla Legge n. 77/2020, attualmente recepita anche all’interno del codice di rito dall’art. 127-ter c.p.c. con alcune minime modificazioni, realizza in sostanza una sostituzione dell’udienza con la trattazione secondo modalità scritte che consistono nel deposito di note che a tutti gli effetti tengono luogo dell’udienza -udienza che, com’è noto, nel rito speciale è sempre potenzialmente udienza di discussione- (cfr. in tal senso: Cassazione civile sez. lav., 31/05/2023, n.15311).
Anche a seguito dell’entrata in vigore della riforma c.d. Cartabia di cui al D.Lgs. n. 149/2022 e del successivo “correttivo” di cui al D.Lgs. n. 164/2024, nel procedimento di opposizione a sanzioni amministrative ai sensi degli artt. 2, 6, 7 e 34 D.Lgs. n. 150/2011 e della Legge n. 689/1981, deve ritenersi ammissibile la sostituzione dell’udienza di discussione prevista dagli artt. 6 e 7 D.Lgs. n. 150/2011 dal deposito di note scritte, ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., tenuto conto che:
– l’art. 128, comma 1, ultima parte, c.p.c. aggiunto dal D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, prevede espressamente che nell’udienza pubblica il giudice “può altresì disporre la sostituzione dell’udienza ai sensi dell’articolo 127 -ter , salvo che una delle parti si opponga”;
– inoltre, nel caso di specie, l’udienza di discussione non richiede la presenza di “soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice” (cfr. art. 127-ter, comma 1, c.p.c.);
– infine, in tale udienza la presenza personale delle parti non “è prescritta dalla legge o disposta dal giudice” (cfr. art. 127-ter, comma 1, ultima parte, c.p.c.);
la specifica disciplina prevista dagli artt. 6 e 7 D.Lgs. n. 150/2011, infatti, non prescrive la “presenza” personale delle parti all’udienza di discussione (da intendersi come la presenza di fatto delle parti all’udienza e, dunque, da non confondersi con la diversa ipotesi, contemplata dall’art. 6, comma 9 e dall’art. 7, comma 8, della possibilità per l’opponente e per l’autorità che ha emesso l’ordinanza di “stare in giudizio” personalmente, ossia della facoltà di non costituirsi in giudizio a mezzo di un difensore). Pertanto, in forza dell’art. 127-ter c.p.c. la Sentenza può essere depositata telematicamente entro trenta giorni dalla scadenza del predetto termine perentorio per il deposito delle note scritte, senza l’espletamento degli incombenti processuali non compatibili con la modalità di svolgimento del procedimento a mezzo di note scritte (id est: lettura della sentenza alla presenza delle parti).
1.2.
Ciò premesso, con ricorso datato 26.07.2024, depositato presso la Cancelleria del Tribunale di Torino in pari data, la sopra indicata parte ricorrente opponente socia accomandataria e legale rappresentante della società ha proposto opposizione avverso l’Ordinanza ingiunzione prot. n. 29613 del 12.07.2024 (rif.196/2019) emessa dall’ – sede di Torino – e notificata in data 29.07.2024.
, ai sensi degli artt. 2, 6 e 34 D.Lgs. n. 150/2011 e della Legge n. 689/1981, proponendo i motivi di opposizione di cui infra e chiedendo l’accoglimento delle conclusioni di cui in epigrafe.
1.3.
Con provvedimento in data 12.08.2024 il Giudice designato:
– ha sospeso, ex art. 5 e 6 comma 7, D.Lgs. n. 150/2011, l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato (Ordinanza ingiunzione e sanzioni accessorie protocollo generale:
29613 del 12/07/2024 – RIF. 196/19-, emesso dall’ Sede di Torino,);
– ha fissato l’udienza di discussione e decisione della causa, sostituendola con il deposito di note scritte ai sensi dell’art. 127-ter c.p.c. (introdotto dall’art. 3 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), richiamando sul punto i principi giurisprudenziali e sopra indicati al punto 1.1.;
– ha assegnato termine perentorio fino al 30.01.2025 per il deposito delle suddette rispettive “note scritte”, avvertendo:
➢ che se nessuna delle parti depositerà le note scritte nel termine assegnato il Giudice assegnerà un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte o fisserà udienza e che se nessuna delle parti depositerà le note scritte nel nuovo termine o comparirà all’udienza, il giudice ordinerà la cancellazione della causa dal ruolo e dichiarerà l’estinzione del processo;
➢ che il giorno di scadenza del predetto termine perentorio assegnato per il deposito delle note scritte di cui all’art 127 ter c.p.c. è considerato data di udienza a tutti gli effetti;
– ha ordinato all’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima della predetta udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione;
– ha mandato alla Cancelleria di provvedere alla notificazione del ricorso e del decreto alla parte ricorrente opponente ed all’autorità che ha emesso l’ordinanza entro 10 (dieci) giorni dalla data di deposito del decreto;
– ha avvertito la parte resistente opposta di costituirsi almeno 10 (dieci) giorni prima dell’udienza, mediante deposito di una memoria difensiva, a pena di decadenza dalle facoltà di cui all’art. 416 c.p.c. 1.4.
Si è costituita la parte resistente opposta , in persona del Direttore dott. , domiciliato presso l’ufficio di appartenenza, che autorizza la dott.ssa e la dott.ssa a ricevere tutte le comunicazioni attinenti il ricorso, depositando comparsa di costituzione e risposta, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione depositando comparsa di costituzione e risposta, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione, chiedendo l’accoglimento delle conclusioni di cui in epigrafe. 1.5.
La parte ricorrente opponente ha depositato le proprie note scritte in data 30.01.2025, discutendo la causa e richiamandosi alle conclusioni di cui in epigrafe.
1.6.
La parte resistente opposta ha depositato le proprie note scritte in data 22.01.2025, discutendo la causa e formulando le conclusioni di cui in epigrafe.
2. Sulla tempestività della proposizione del ricorso.
2.1.
Ai sensi dell’art. 6, 6° comma, D.Lgs. n. 150/2011 “il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero, e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale”.
2.2.
Nel caso di specie, il ricorso è stato proposto tempestivamente, ossia entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento.
3. Sull’opposizione proposta dalla parte ricorrente opponente.
3.1.
Come si è detto, la parte ricorrente opponente ha chiesto l’accoglimento delle seguenti domande:
“In via preliminare cautelare sospendere l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato anche inaudita altera parte;
“NEL MERITO in via principale, accogliere l’opposizione per i motivi di cui in narrativa e, per l’effetto, annullare, previa sospensione, l’Ordinanza-ingiunzione e sanzioni accessorie di cui al protocollo generale:
29613 del 12/07/2024 (RIF. 196/19).
in via subordinata, disporre la riduzione delle sanzioni applicate nel minimo edittale.
In ogni caso, con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio, oltre ad IVA e CPA come per legge da distrarsi a favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario.
In via istruttoria, si richiede CTU tecnica, tesa ad accertare la conformità dell’apparecchio a quanto riportato nelle perizie di parte allegata al presente ricorso, nonché tesa ad accertare l’inidoneità degli stessi al gioco d’azzardo ovvero che tali apparecchi non si attivano con l’introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico, si basano specificamente su alea programmata indipendentemente dalle scelte dell’utilizzatore, e non è possibile neppure aumentare e/o diminuire la quota di gettoni su singolo utilizzo, inoltre non vengono erogate vincite in nessuna forma”. L’opposizione e le suddette domande non risultano fondate.
3.2.
Preliminarmente, si rileva che, dall’analisi degli atti processuali e della relativa documentazione, risultano accertate le seguenti circostanze:
– In data 03.10.2019, personale della Guardia di Finanza – 2° Nucleo operativo metropolitano Torino – effettuava un controllo presso l’esercizio commerciale denominato “ , ubicato in Torino, INDIRIZZO allo scopo di verificare l’esatto adempimento delle disposizioni in materia di apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento (cfr. doc. 3 della parte ricorrente opponente e doc. 1 della parte resistente opposta).
– Nel corso del suddetto controllo, venivano rinvenuti all’interno del locale, n. 2 apparecchi da intrattenimento mod. “RAGIONE_SOCIALE”, installati e funzionanti, non conformi alle caratteristiche ed alle prescrizioni per il gioco lecito indicate nei commi 6 e 7 dell’art. 110 del T.U.L.P.S. e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi (cfr. doc. 3 della parte ricorrente opponente e doc. 1 della parte resistente opposta).
– Gli apparecchi rinvenuti all’interno dei locali commerciali proponevano un gioco a rulli virtuali con otto simboli come le comuni AWP/SLOT, non accettavano monete aventi corso legale, ma unicamente gettoni consegnati dall’esercente;
risultavano essere dotati di tutte le componentistiche tipiche degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lett. a), T.U.L.P.S., ma la scheda di gioco non era di tipo approvato e omologato dall’ ;
non erano collegati alla rete telematica di RAGIONE_SOCIALE tramite un concessionario di rete autorizzato ed erano privi di codici identificativi e di titoli autorizzatori.
Inoltre, gli stessi non rispettavano le caratteristiche e prescrizioni di dettate dall’art. 7 del T.U.L.P.S. e dal D.I. n. 133/UDG del 08.11.2005 per gli apparecchi senza vincite in denaro (cfr. doc. 3 della parte ricorrente opponente e doc. 1 della parte resistente opposta).
– Ciò considerato, veniva contestata alla sig.ra in qualità di socia e legale rappresentante della società la violazione di cui all’art. 110, comma 9, lett. f-quater) e lett. d), T.U.L.P.S., per aver consentito l’uso di n. 2 apparecchi da intrattenimento privi di titoli autorizzatori e non conformi alle caratteristiche ed alle prescrizioni per il gioco lecito indicate nei commi 6 e 7 dell’art. 110 del T.U.L.P.S. e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi.
(cfr. doc. 3 della parte ricorrente opponente e doc. 1 della parte resistente opposta).
– In data 04.11.2019, la parte ricorrente opponente, per il tramite del proprio legale, presentava memoria difensiva ex art. 18, legge 689/1981 con contestuale richiesta di annullamento di atto illegittimo e dissequestro del bene, e chiedendo espressamente previa sospensione degli effetti dell’atto e il riesame del provvedimento sopra indicato, di procedere all’ annullamento dei verbali e al dissequestro dell’apparecchio oggetto di provvedimento (cfr. doc. n. 5 della parte ricorrente opponente e doc. 2 della parte resistente opposta). – In data 07.11.2019 l’ufficio dell’ nviava nota con diniego al dissequestro (cfr. doc. 3 della parte resistente opposta).
– Poiché l’attuale parte ricorrente non provvedeva a definire il procedimento con il pagamento della sanzione in misura ridotta, all’esito della condotta istruttoria e dell’esame degli scritti difensivi presentati, la , in data 12.07.2024, emetteva l’Ordinanza ingiunzione prot. n. 29613 (Rif. n. 196/19), con la quale comminava alla ricorrente la sanzione pecuniaria di Euro 22.000,00 e ne ingiungeva il pagamento unitamente alle spese di notifica e alla prevista chiusura dell’esercizio commerciale per 30 giorni (cfr. doc.
1 della parte ricorrente opponente e doc. 4 della parte resistente opposta).
– la predetta Ordinanza ingiunzione veniva impugnata dalla Sig.ra qualità di socia accomandataria e legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE Come primo motivo di ricorso la sig.ra eccepisce la nullità dell’ordinanza ingiunzione per “vizio di motivazione” e “omessa verifica tecnica”.
Secondo la ricorrente tale violazione si sarebbe concretizzata in una motivazione del tutto assente e priva di un’approfondita disamina logico-giuridica dei fatti e delle circostanze dedotte dalla stessa nelle proprie osservazioni ex art. 18 L. 689/81.
L’eccezione risulta infondata.
3.3.1.
Invero, come sottolineato dalla Giurisprudenza di merito e di legittimità nell’ordinanza ingiunzione di una sanzione amministrativa, l’autorità pubblica non è tenuta a rispondere analiticamente e diffusamente alle censure avanzate dall’intimato, potendo semplicemente richiamare il verbale di accertamento (Tribunale di Torino, sentenza 1656/2021;
Cassazione n. 3128/2010).
E’ ben vero che l’obbligo di motivare l’atto applicativo della sanzione amministrativa dev’essere sì individuato nel fine di consentire all’ingiunto la tutela dei propri diritti mediante l’opposizione.
Peraltro, è altrettanto vero che tale obbligo può ritenersi soddisfatto ogni qual volta dall’ingiunzione risulti chiaramente la violazione addebitata.
Deve quindi ritenersi ammissibile una motivazione per relationem effettuata mediante il richiamo di altri atti del procedimento amministrativo e, in particolare, del verbale di accertamento, oltretutto già noto al trasgressore in virtù della obbligatoria preventiva contestazione.
Inoltre, nel caso di specie, all’interno della pagina n. 3 dell’Ordinanza ingiunzione impugnata (cfr. doc. 1 della parte ricorrente opponente e doc. 4 della parte resistente opposta) è stata indicata l’esplicita menzione dell’avvenuto esame degli scritti difensivi presentati dall’attuale parte ricorrente opponente nonché l’analitica e dettagliata esposizione dei motivi per i quali l’attuale parte resistente opposta non ha ritenuto accoglibili le argomentazioni e le giustificazioni addotte.
3.3.2.
Nel contesto del primo motivo di ricorso, la parte ricorrente ha allegato altresì l’asserita mancata verifica tecnica degli apparecchi da gioco, e l’errata applicazione, in via analogica, di accertamenti tecnici aventi ad oggetto apparecchi con specifiche tecniche appartenenti ad altre tipologie di apparecchi da intrattenimento.
L’eccezione risulta infondata.
Invero l’ nel corpo motivazionale dell’Ordinanza ingiunzione impugnata, ha provveduto ad indicare ed a richiamare espressamente la perizia tecnica effettuata dalla su apparecchi denominati “RAGIONE_SOCIALE” (identici a quelli oggetto di contestazione), evidenziando come da tale perizia sia emerso che “le modalità di funzionamento dell’apparecchio sottoposto ad analisi sono del tutto assimilabili a quelle di un apparecchio di cui all’articolo 110, comma 6 lettera a) del Non sono state rilevate dunque differenze nelle modalità di funzionamento rispetto ad un apparecchio di cui all’art. 110 comma 6 a) se non che uno risulta predisposto per funzionare a gettoni mentre l’altro è predisposto per funzionare con moneta in corso legale” (cfr. doc. 1 della parte ricorrente opponente e doc. 4 della parte resistente opposta a pag. 4).
3.4.
Con il secondo motivo di ricorso la parte ricorrente opposta lamenta l’omessa considerazione del comportamento secondo “buona fede” della Sig.ra , la quale ha ricevuto in locazione il prodotto unitamente ad una serie di documenti che facevano propendere per la regolarità e legittimità dello stesso (cfr. doc. 8 di parte ricorrente opponente).
Anche tale eccezione risulta infondata.
Invero, l’art. 3 Legge n. 689/1981 disciplina come segue l’elemento soggettivo:
“Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.
Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da sua colpa.
” La giurisprudenza di legittimità ritiene che questa norma ponga una presunzione semplice di sussistenza dell’elemento psicologico colposo a carico del destinatario della sanzione, che può essere vinta fornendo prova contraria:
“la norma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a questi l’onere di provare di aver agito senza colpa” (cfr. Cass. civile n. 10508/1995, Cass. civile n. 7143/2001, Cass. civile n. 8343/2001, Cass. civile n. 14107/2003, Cass. civile n. 5304/2004, Cass. civile n. 5155/2005, Cass. civile n. 20930/2009, Cass. civile n. 9546/2018, Cass. civile n. 1529/2018, Cass. civile n. 4114/2016).
È quindi onere dell’interessato dimostrare la violazione della norma in buona fede, e in particolare:
“l’esimente della buona fede, intesa come errore sulla liceità del fatto, assume, poi, rilievo solo in presenza di elementi positivi idonei ad ingenerare, nell’autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato (come, ad esempio, nel caso di una assicurazione in tal senso ricevuta dalla P.A.), per avere egli tenuto una condotta il più possibile conforme al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso” (cfr. Cass. civile n. 4927/1998, Cass. civile n. 1873/1995, Cass. civile n. 10508/1995, Cass. civile n. 10893/1996). Pertanto, in tema di illeciti amministrativi, la responsabilità dell’autore dell’infrazione non è esclusa dal mero stato di ignoranza circa la sussistenza dei relativi presupposti, ma occorre che tale stato sia incolpevole, cioè non superabile dall’interessato con l’uso dell’ordinaria diligenza (cfr. Cass. civile n. 6018/2019).
In particolare, il principio di buona fede, applicabile anche in tema di sanzioni amministrative, rileva come causa di esclusione della responsabilità quando sussistono elementi positivi idonei ad ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e quando l’autore medesimo abbia fatto tutto quanto possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso, neppure sotto il profilo della negligenza omissiva (Cass. civile n. 2307/2024; Cass. civile n. 11977/2020; Cass. civile n. 13610/2007).
Ciò che rileva ai fini della buona fede è dunque l’errore scusabile, che si realizza quando nessun rimprovero possa essere mosso al soggetto caduto in errore, il quale deve dimostrare di aver fatto quanto possibile per osservare il dettato normativo, circostanza che non si è verificata nel caso di specie.
Nell’ambito della gestione e detenzione di apparecchi da gioco gravano sull’esercente commerciale degli specifici obblighi di informazione al fine di verificare l’eventuale presenza di irregolarità dei macchinari, oneri che nel caso concreto non sono stati adempiuti avendo la stessa ricorrente affermato di aver fatto esclusivo affidamento su quanto dichiarato dalla società promotrice e di quanto indicato nella documentazione a corredo dell’apparecchio.
Come già chiarito dal Tribunale di Torino, “la buona fede invocata dalla ricorrente richiede non un mero stato di ignoranza semplicemente determinato dall’affidamento prestato dal locatore degli apparecchi, bensì, per un verso, la sussistenza di una situazione positiva idonea ad ingenerare il convincimento della liceità della condotta (quale la rassicurazione ricevuta dalla PA, essendo invece irrilevante quella ricevuta da un privato interessato alla conclusione di un affare)
e, per altro verso, l’assenza di qualsiasi situazione di rimprovero, circostanza quest’ultima non sussistente nella fattispecie in esame, non essendo conforme ad ordinaria diligenza la decisione di un operatore professionale di fidarsi puramente e semplicemente delle rassicurazioni rese dal proprietario degli apparecchi, senza svolgere alcuna ricerca autonoma circa la liceità degli apparecchi che andava ad installare nel proprio esercizio commerciale” (cfr. in tal senso: Tribunale Torino, Sezione Terza Civile, Sentenza n. 4016/2024).
Del resto, in relazione ad un caso analogo a quello di specie in giurisprudenza è stato condivisibilmente affermato quanto segue:
“è circostanza di solare evidenza che gli utilizzatori finali di un consimile congegno di certo non lo facciano per autoterapia (tantomeno per prescrizione medica), bensì per appagare il proprio desiderio di gioco attraverso strumenti che, pur (in teoria) non richiedendo od erogando denaro, possiedono tutte le rimanenti caratteristiche di un congegno da gioco, la cui fruizione (ammesso, si ripete, che sia realmente gratuita e che i gettoni necessari ad attivarne il funzionamento non siano oggetto di preventiva compravendita con l’esercente) può invero determinare l’effetto opposto a quello reclamato di contrasto alla ludopatia (del tutto implausibilmente affidato alla gratuita, anzi onerosa, iniziativa dell’ installatore ed alla altrettanto onerosa e non retribuita adesione dell’esercente); anzi, ancor più ingenerando il rischio di un potenziale viatico all’utilizzo sconsiderato di dispositivi a pagamento, allorquando quelli (asseritamente) gratuiti divenissero indisponibili.
D’altra parte, proprio il marchiano tentativo di camuffamento delle finalità dell’apparecchio erano, come sono, all’evidenza, capaci di palesare i suoi intrinseci caratteri di illiceità;
specialmente in capo a soggetto professionale, dedito all’esercizio del commercio e frequentatore di fiere di giochi come l’odierno ricorrente.
Con derivante, plateale, esclusione di qualsivoglia ipotesi di buona fede scriminante” (cfr. in ta, senso: Tribunale di Alessandria n. 910 del 21.10.2023 prodotta dalla parte resistente opposta sub doc. 10).
3.5.
Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente opponente eccepisce la nullità dell’Ordinanza ingiunzione per inesistenza dei presupposti dell’illecito contestato, dal momento che gli apparecchi oggetto di accertamento e di sequestro non sarebbero apparecchi da gioco né da intrattenimento, ma meri strumenti, gratuiti, di utilità sociale diretti a ridurre i danni cagionati dalla ludopatia.
I prodotti in questione non avrebbero alcun costo e non fornirebbero alcuna vincita, ma sarebbero posti sul mercato unicamente come strumenti di utilità sociale tesi alla sensibilizzazione dei danni da gioco d’azzardo patologico/ludopatia e il cui costo sarebbe a carico esclusivo dell’esercente.
L’eccezione non risulta fondata.
3.5.1.
La non conformità degli apparecchi sequestrati alla normativa in materia di apparecchi da intrattenimento emerge chiaramente dal verbale redatto dalla Guardia di Finanza, e trova conferma nella perizia redatta in data 06.02.2019 da partner tecnologico dell’ avente ad oggetto il medesimo apparecchio oggetto di causa (cfr. doc. 8 della parte resistente opposta).
All’interno della perizia si evidenzia che:
– l’apparecchio oggetto di sequestro ha un funzionamento del tutto assimilabile a quello di un apparecchio di cui all’art. 110, comma 6, lett. a) del T.U.L.P.S., non essendo state riscontrate dunque differenze nel funzionamento, se non che è predisposto a funzionare a gettoni anziché con monete;
– dalla documentazione dell’apparecchio risulterebbe che il software è programmato per trattenere sempre il 20% dei gettoni inseriti;
tuttavia, contrariamente a quanto dichiarato, è stata rilevata una percentuale di gettoni trattenuti pari al 34%, una percentuale simile a quanto trattenuto da un apparecchio di cui all’art. 110, comma 6, lett. a);
– il produttore dichiara che l’apparecchio “non ha alcun costo e non ha alcuna vincita”, tuttavia, all’interno del “menù” dello stesso, vengono riportate le diciture “INCASSO”, “VINCITE EROGATE”, e “UTILE”, tipici di un apparecchio con vincite in denaro;
– l’apparecchio è privo di codice identificativo e non è stato possibile eseguire una lettura dei contatori, utilizzando il software “SCAAMS” dedicato a tale attività che consente il salvataggio sul file dei dati letti.
Il fatto che gli apparecchi oggetto di causa fossero attivabili con gettoni, erogassero gettoni, non fossero collegati alla rete telematica e simulassero il funzionamento di una slot machine è pacifico e trova pieno riscontro sia nel verbale delle operazioni compiute che nella stessa perizia del partner tecnologico Inoltre, è indicativa la circostanza, chiaramente indicata nella schermata n. 1 del software dell’apparecchio (cfr. doc. n. 5 di parte ricorrente opponente), che “l’uso di tali apparecchi è vietato ai minori di 18 anni”, poiché tale divieto è espressamente previsto dalla L. 189/2012 art. 7. Commi 4 e 4bis, con riferimento alla tutela dei minori in contrasto alla ludopatia e i giochi d’azzardo. Appare dunque singolare che un apparecchio di intrattenimento palesemente dichiarato come “strumento di utilità sociale per la diminuzione dei danni da gioco d’azzardo patologico/ludopatia” sia vietato ai soggetti minori di anni diciotto, e così di fatto equiparato ai giochi con vincita in denaro, quali videopoker, videolotterie, apparecchi VLT in generale e sale bingo.
La Guardia di Finanza, pertanto, ha correttamente operato in quanto è evidente che apparecchi di tal genere non possano essere lecitamente prodotti ed immessi sul mercato italiano, giacché mancanti di tutte le caratteristiche previste per la produzione di apparecchi a norma.
Tale correttezza, del resto, è stata confermata anche dalla giurisprudenza del Tribunale di Torino, più volte chiamata a pronunciarsi in ordine al corretto inquadramento normativo degli apparecchi in questione, affermando quanto segue:
“L’unico elemento ritenuto idoneo a differenziare i dispositivi di cui è causa dagli apparecchi di cui al comma 6 lett. a) dell’art. 110 TULPS è la circostanza che si attivino con gettoni e che eroghino gettoni, anziché attivarsi con monete ed erogare monete, non incidendo però tale aspetto sulle caratteristiche e sul funzionamento degli apparecchi (in tutto e per tutto assimilabile a quelli disciplinati dal comma sesto lettera A dell’art. 110 TULPS), bensì solo sul loro asserito utilizzo che, secondo parte ricorrente, deve avvenire in modo gratuito e non può comportare in nessun caso una vincita in denaro e/o altre utilità. Orbene, la differente modalità di utilizzo non appare di per sé sufficiente per non far rientrare tali dispositivi nella disciplina dettata dal legislatore all’art. 110 TULPS in materia di gioco d’azzardo, considerato che si tratta comunque di apparecchi in cui, oltre all’elemento aleatorio, sono presenti elementi di abilità che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all’avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco; inoltre i predetti apparecchi calcolano le vincite del giocatore, seppur in gettoni, con la conseguenza che la mancata erogazione di monete non può ritenersi sufficiente per sottrarli ai controlli ed alla disciplina dettata dal comma 6 lettera a) dell’art. 110 TULPS, considerato che attribuire al gettone un valore monetario è un’operazione assolutamente semplice, quasi automatica, con la conseguenza che tali dispositivi si prestano ad essere facilmente utilizzati per eludere la normativa in materia di controllo del gioco d’azzardo. Proprio dal fatto che tali apparecchi sono del tutto assimilabili per caratteristiche e funzionamento a quelli disciplinati dal comma 6 lettera A dell’art. 110 TULPS, deriva la necessità che il loro funzionamento avvenga secondo le prescrizioni dettate dalla richiamata disposizione, che prevede il controllo mediante collegamento ad una rete telematica e la regolamentazione delle eventuali vincite” (cfr. in tal senso:
Tribunale di Torino, Terza sezione civile, n. 393/2021 sub doc n. 11 della parte resistente opposta;
in senso conforme cfr. altresì:
Tribunale di Torino, Terza sezione civile, n. 1417/2021 sub doc n. 12 della parte resistente opposta;
Corte d’Appello di Torino n. 613/2023 sub doc n. 13 della parte resistente opposta).
3.5.2 Con il medesimo motivo di riscorso la parte ricorrente opposta ha eccepito che gli apparecchi oggetto dell’ordinanza ingiunzione opposta non rientrerebbero nella competenza della in quanto ad uso gratuito, non sarebbe soggetto alla disciplina di cui all’art. 110 del T.U.L.P.S., ma piuttosto a quella dettata dalla Direttiva “Servizi” 123/2006/CE del 12.12.2006 pubblicata in G.U.U.E. in data 27 dicembre 2006.
Il motivo risulta infondato.
Come correttamente evidenziato dalla parte resistente opposta, la Direttiva CE n. 123/2006 sancisce il principio della “libertà di prestare servizio” secondo il quale è vietata agli Stati l’imposizione, al prestatore di servizi di un altro Stato membro, di requisiti aggiuntivi rispetto a quelli richiesti ai propri operatori, che non siano giustificati da ragioni di pubblica sicurezza, protezione della salute e dell’ambiente.
Così facendo il legislatore europeo ha voluto garantire la libertà di prestazione e di stabilimento, salvaguardando, allo stesso tempo, il rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalle legislazioni nazionali.
Inoltre, il D.Lgs. n. 59/2010 attuativo della citata direttiva, all’art. 7, ha stabilito che le disposizioni ivi recate non si applicano “… d) al gioco d’azzardo e di fortuna comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco, nonché alle reti di acquisizione del gettito;
Pertanto, le dichiarazioni della parte ricorrente opponente relative all’inoffensività dell’apparecchio, ritenuto incapace di ledere la salute, l’ordine pubblico, la sicurezza e la sanità pubblica, sono contraddette dalla collocazione delle disposizioni che disciplinano gli apparecchi da intrattenimento all’interno del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (T.U.L.P.S.), nonché dall’equiparazione, da parte di diverse norme locali sul gioco, degli apparecchi con vincita in denaro con gli apparecchi senza vincita in denaro. Gli apparecchi oggetto di causa sono, di fatto, apparecchi da intrattenimento che rientrano, pertanto, nelle categorie di esclusione dall’applicazione della Direttiva CE 123/2006 indicate nell’art. 7 lett. d) del D.Lgs. 26.03.2010 n. 59.
Tali apparecchi presentano inoltre le caratteristiche (illecite) tipiche del gioco d’azzardo, poiché idonei a ledere gli interessi generali protetti quale salute, ordine pubblico, sicurezza, sanità pubblica, stante il chiaro disposto di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 59/2010.
Correttamente, dunque, la parte resistente opposta, competente in materia, ha contestato la violazione di cui all’art. 110, comma 9, lett. f-quater) e lett. d), dal momento che la parte ricorrente opponente ha tenuto condotte sanzionate in maniera distinta dal legislatore:
1) ha consentito l’uso di apparecchi non rispondenti alle caratteristiche e prescrizioni indicate nei commi 6 e 7 dello stesso art. 110 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi;
2) ha consentito l’uso di apparecchi privi dei necessari titoli autorizzatori, non adempiendo l’obbligo di vigilanza sulla necessaria presenza dei nulla osta a corredo dei medesimi.
Per le ragioni sin qui esposte, come risulta corretta la contestazione di cui all’art. 110, comma 9, lett. f- quater), altrettanto corretta è quella di cui all’art. 110, comma 9, lett. d), Tale ultima norma, difatti, “si applica a chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce od installa o comunque consente l’uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, sia che i titoli in ipotesi possano essere rilasciati e non siano stati richiesti, sia allorché i titoli non possano essere concessi” (cfr. Tribunale di Torino, Terza Sezione Civile, sentenza n. 79/2022 sub doc. n. 16 della parte resistente opposta). Come pure chiarito in giurisprudenza, l’illecito contestato di cui alla lettera d) del comma 9 dell’art. 110 del TULPS “sanziona specificatamente l’assenza del titolo autorizzatorio per l’utilizzo dell’apparecchio, fatto che rappresenta una condotta diversa da quella di cui alla lettera f) quater, e che pertanto può legittimamente essere contestato in corso materiale” (cfr. Tribunale di Torino, Terza Sezione Civile, sentenza n. 5634/2024 sub doc. n. 9 della parte resistente opposta).
Pertanto, nel caso di specie l’attuale parte resistente opposta ha correttamente individuato e contestato le violazioni commesse, applicando quindi le relative sanzioni previste dalla legge.
3.6.
Con il quarto motivo di ricorso, parte ricorrente ha eccepito l’illegittima applicazione della sanzione accessoria della chiusura del locale commerciale in quanto disposta da un’Autorità incompetente.
Anche tale motivo di ricorso risulta infondato.
Invero, l’art. 110, comma 9, lett. f-quater), stabilisce che “chiunque, sul territorio nazionale, produce, distribuisce o installa o comunque mette a disposizione, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli o associazioni di qualunque specie, apparecchi destinati, anche indirettamente, a qualunque forma di gioco, anche di natura promozionale, non rispondenti alle caratteristiche di cui ai commi 6 e 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro per ciascun apparecchio e con la chiusura dell’esercizio da trenta a sessanta giorni”. La predetta norma, quindi, prevede una sanzione principale di carattere pecuniario ed una accessoria di natura non pecuniaria.
Analogamente alla sanzione pecuniaria, anche quella di carattere non pecuniario è una vera e propria sanzione di natura interdittiva e non già, come erroneamente sostenuto dalla parte ricorrente, un mero provvedimento amministrativo a contenuto ripristinatorio.
Infatti, mentre la sanzione amministrativa (anche di natura non pecuniaria) ha la funzione di punire il compimento di un illecito amministrativo, il secondo è diretto a riparare in forma specifica la materiale lesione dell’interesse pubblico compromesso ripristinando lo staus quo ante.
Da questa differenza funzionale consegue che mentre il soggetto colpito da una sanzione amministrativa è titolare di una situazione di diritto soggettivo, il soggetto destinatario del provvedimento di ripristino, invece, si trova in una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo.
Pertanto, nel caso di specie sussiste siam la giurisdizione del Giudice ordinario sia la competenza dell’attuale parte resistente opposta ad applicare la sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio commerciale.
In via istruttoria, la parte ricorrente opponente ha chiesto “CTU tecnica, tesa ad accertare la conformità dell’apparecchio a quanto riportato nelle perizie di parte allegata al presente ricorso, nonché tesa ad accertare l’inidoneità degli stessi al gioco d’azzardo ovvero che tali apparecchi non si attivano con l’introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento [… elettronico, si basano specificamente su alea programmata indipendentemente dalle scelte dell’utilizzatore, e non è possibile neppure aumentare e/o diminuire la quota di gettoni su singolo utilizzo, inoltre non vengono erogate vincite in nessuna forma”. Una tale CTU risulta irrilevante, alla luce dei rilievi svolti.
3.8.
In conclusione, devono rigettarsi l’opposizione e tutte le domande proposte dalla parte ricorrente opponente avverso la predetta ordinanza-ingiunzione, che dev’essere conferma integralmente.
4. Sulle spese processuali della presente causa.
4.1.
Pur nella soccombenza della parte ricorrente opponente, quest’ultima non dev’essere condannata al rimborso delle spese processuali della presente causa in favore della parte resistente opposta, essendosi quest’ultima costituita in giudizio a mezzo di propri funzionari delegati e non essendo state specificate attraverso apposita nota spese né documentate le spese vive ed i costi sostenuti.
4.2.
Invero, secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione, “l’autorità amministrativa che ha emesso il provvedimento sanzionatorio, quando sta in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato ….
non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio, per cui sono in tal caso liquidabili in favore dell’ente le spese, diverse da quelle generali, che abbia concretamente affrontato in quel giudizio e purché risultino da apposita nota….
” (cfr. Cass. n. 11389/2011; si vedano anche Cass. n. 18066/2007, secondo cui all’autorità amministrativa che sta in giudizio personalmente va riconosciuto solo il rimborso delle spese sostenute, ove “documentate e richieste” e Cass. n. 2872/2007, che richiede l’indicazione di tali spese in “apposita nota”).
Nel caso in oggetto la “nota spese” depositata è, per contro, una nota spese di natura forense che ricalca quanto previsto dal Regolamento adottato con il D.M. 10 marzo 2014 n. 55, con richiesta dei compensi previsti per le varie fasi del procedimento, operata una riduzione del 20%, che pare implicitamente riferirsi a quanto previsto dall’art. 9 del D. Lgs. n. 149/2015 per il solo , non essendo per contro applicabile alla presente causa ove l’ i è costituita mediante il proprio Direttore ad interim.
Nulla deve pertanto essere disposto in punto spese.
Il TRIBUNALE DI TORINO, Sezione Terza
Civile, in composizione monocratica, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, definitivamente pronunziando nella causa iscritta al n. 13793/2024 R.G. promossa da socia accomandataria e legale rappresentante della società (parte ricorrente opponente) contro persona del Direttore dott. domiciliato presso l’ufficio di appartenenza, che autorizza la dott.ssa e la dott.ssa a ricevere tutte le comunicazioni attinenti il ricorso (parte resistente opposta), nel contraddittorio delle parti:
1) Rigetta l’opposizione e tutte le domande ed eccezioni proposte dalla parte ricorrente opponente avverso l’Ordinanza ingiunzione prot. n. 29613 del 12.07.2024 (rif.196/2019) emessa dall’ – sede di Torino, ai sensi degli artt. 2, 6 e 34 D.Lgs. n. 150/2011 e della Legge n. 689/1981, che conferma integralmente.
2) Nulla in punto spese processuali.
Così deciso in Torino, in data 12 febbraio 2025.
IL GIUDICE Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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