REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di LUCCA
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 1129/2022 pubblicata il 22/11/2022
nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 1629/2018, cui è riunita la causa n. R.G. 2374/2018, promossa da:
XXX (C.F.)
ATTORE nel proc. 1629/2018
contro
YYY (C.F.)
CONVENUTO nel proc. 1629/2018, ATTORE nel proc. 2374/2018
ZZZ (C.F.), KKK (C.F.)
CONVENUTI nel proc. 2374/2018
JJJ, con il patrocinio dell’Avv.;
LITISCONSORTE NECESSARIA FFF, GGG;
LITISCONSORTI NECESSARI CONTUMACI
Oggetto: impugnativa testamentaria
CONCLUSIONI
Come precisate dai procuratori delle parti all’udienza del 27 maggio 2022, da intendersi qui trascritte.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Trattasi di due giudizi riuniti.
Il procedimento n. R.G. 1629/2018 è stato introdotto da XXX, che ha citato in giudizio YYY per fare accertare la nullità ex art. 606 c.c. del testamento olografo di ***, datato 12 novembre 2017 e pubblicato in data 8 febbraio 2018, ritenuto apocrifo.
A tal fine ha dedotto: che successivamente al decesso di ***, avvenuto il 4 gennaio 2018, ha chiesto al Notaio *** di Lucca di dare lettura e provvedere alla registrazione di due testamenti pubblici del de cuius, ricevuti dallo stesso Notaio in data 23 gennaio 2014 e 26 luglio 2017; che con quest’ultimo il de cuius revocava ogni precedente disposizione e legava a proprio favore alcuni immobili siti in S. Martino in Freddana (frazione del Comune di Pescaglia); che il 25 gennaio 2018 ZZZ e KKK hanno chiesto al Notaio *** di Lucca di provvedere alla registrazione del testamento pubblico recante data 4 dicembre 2017, con il quale il de cuius legava in favore dei suddetti altre proprietà immobiliari site nel Comune di Pescaglia; che la convenuta, sorella del de cuius, in data 8 febbraio 2018 ha chiesto la pubblicazione di un quarto testamento, olografo, recante data 12 novembre 2017; che con quest’ultima scheda il testatore ha revocato tutte quelle precedenti, designando la sorella quale unica erede; che tale testamento olografo ha natura apocrifa, come da perizia grafologica di parte redatta dal dott. ***.
Si è costituita YYY contestando quanto eccepito e dedotto da parte attrice in citazione, sostenendo l’improcedibilità della domanda in considerazione del mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, ravvisando la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri eredi legittimi e affermando la riconducibilità al de cuius del testamento del 12 novembre 2017.
Concesso il termine per l’esperimento della mediazione ex art. 5 comma 1 bis d.lgs. 28/2010 ed integrato il contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi legittimi, litisconsorti necessari, si è costituita JJJ, facendo proprie tutte le deduzioni ed eccezioni della convenuta ed insistendo per il rigetto della domanda attorea.
Sono rimasti contumaci GGG e FFF.
In corso di causa, con ordinanza dell’11 febbraio 2020 pronunciata nel procedimento cautelare iscritto al n. R.G. 1629-1/2018, parte attrice è stata autorizzata a procedere al sequestro giudiziario del compendio immobiliare di cui al testamento pubblico 26 luglio 2017 ed è stato nominato un custode giudiziario.
Al presente procedimento è stato riunito, in data 6 febbraio 2019, il procedimento iscritto al n. R.G. 2374/2018, incardinato da YYY nei confronti di ZZZ e KKK per ottenere l’annullamento del testamento pubblico del 4 dicembre 2017 per incapacità del testatore ex art. 591 c.c.
I convenuti, designati quali legatari, si sono costituiti eccependo la mancanza di legittimazione ad agire e/o della titolarità del diritto in capo all’attrice e la carenza probatoria della domanda, contestando le deduzioni attoree e concludendo per il rigetto.
***
La domanda formulata da XXX, avente ad oggetto la falsità della scheda testamentaria olografa a firma “***” datata 12 novembre 2017, è fondata, sulla base delle seguenti emergenze processuali.
In primo luogo, vi è la perizia tecnica grafologica redatta dalla dott.ssa Ferrari, nominata quale c.t.u. nel giudizio n. R.G. 4611/2018, introdotto dall’odierna convenuta *** per intimare alla *** il rilascio dei beni ereditari, che ha concluso per la falsità del testamento in questione, in quanto non riconducibile ad autografia di ***. Al fine di determinare la natura del testamento del 12 novembre 2017, tale perizia, redatta operando un confronto con le perizie di parte della dott.ssa *** e del dott. *** (rispettivamente consulenti di parte nominati nel suddetto procedimento da parte attrice e da parte convenuta), ha utilizzato un’ingente quantità di documentazione comparativa, unitamente agli originali dei testamenti del de cuius del 29 ottobre 2014, 23 gennaio 2014, 26 luglio 2017 e 4 dicembre 2017. La CTU si è soffermata su diversi aspetti relativi al contenuto del documento in verifica: evidenziata la brevità del testamento e l’assenza di contenuti affettivi, nell’analisi grafologica ha sottolineato la presenza di “indizi di artificiosità” relativamente alla pressione e all’incongruenza tra la buona capacità grafomotoria dello scrivente e “alcuni evidenti segni di indecisione esecutiva”, rilevando inoltre “numerose e rilevanti divergenze” (cfr. pp. 29 e ss. della perizia, “Confronto indici grafici”), ad esempio rispetto all’impostazione spaziale e alla tenuta del rigo, all’inclinazione, alle dimensioni, alla conduzione del gesto grafico e alla padronanza del mezzo grafico. Oltre a ciò, viene evidenziato che le condizioni di salute del de cuius erano peggiorate a partire dal 2014, con compromissione delle capacità grafiche (soprattutto in conseguenza di una lesione da trauma all’arto superiore), tanto che a partire da questo momento le firme del Pini risultano caratterizzate da un tremore autentico, ossia un tremore continuo dovuto alle precarie condizioni di salute, diffuso in tutta la scrittura. Invece, nel testamento del novembre 2017 la conduzione è risultata tonica, con linee rette e curve elastiche – ciò che evidenzia la volontà di un terzo soggetto di falsificare la scrittura del de cuius, essendo il tremore simulato, limitato ai soli tratti di difficile esecuzione quali gesti grafici ascendenti e di collegamento, alternando momenti di nitidezza e di fermezza del tratto.
In secondo luogo, deve tenersi conto del contenuto della perizia calligrafica redatta dal dott. ***, consulente del PM nell’ambito delle indagini preliminari svolte nel procedimento n. R.G.N.R. 992/2019 contro YYY, che ha parimenti concluso per la natura apocrifa del testamento. Anche in questo caso il c.t.u., comparando il documento in verifica con svariati scritti recanti la firma autografa del de cuius, ha ritenuto emergere un’indubbia “indicazione di artificiosità della mano scrivente”, dato che la scorrevolezza della grafia con la quale è stato redatto il testamento (“tratto ordinato, rispettoso del rigo (…) ed esente da tremori (…)” mal si concilia con lo stato di salute del de cuius nel novembre 2017, che come detto vedeva la compromissione delle capacità grafiche Sulla base di tali risultanze, concordi nel ritenere la natura apocrifa del testamento olografo del 12 novembre 2017, deve accogliersi la domanda attorea, senza che si renda necessario lo svolgimento di ulteriore attività istruttoria.
Trattasi di perizie redatte, l’una, in un altro giudizio civile e, l’altra, nell’ambito di un procedimento penale, che ben possono essere utilizzate ai fini della decisione quali prove c.d. atipiche, in quanto non ricomprese nel catalogo dei mezzi di prova specificamente regolati dalla legge. In proposito è infatti costante l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (per quanto concerne le sentenze rese in altri giudizi cfr. ex multis Cass. n. 840/2015, Cass. n. 569/2015, Cass. n. 4241/2013, Cass. n. 4652/2011, Cass. n. 10055/2010, Cass. n. 5009/2009, Cass. n. 23446/2009, Cass. n. 23906/2007, Cass. n. 11682/2003, Cass. n. 11773/2002, Cass. n. 2200/2001, Cass. n. 4949/1987; per quanto consta la perizia richiesta dal PM ed esperita nell’ambito delle indagini preliminari, Cass. n. 16884/2016 secondo cui “il giudice civile può utilizzare come fonte del proprio convincimento anche gli elementi probatori raccolti in un giudizio penale, ed in particolare le risultanze della relazione di una consulenza tecnica esperita nell’ambito delle indagini preliminari, soprattutto quando la relazione abbia ad oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i giudizi”; ex pluribus nello stesso senso, Cass. n. 19521/2019, Cass. n. 10599/2014, Cass. n. 15714/2010, Cass. 11141/2009; sulle perizie rese in altri procedimenti civili, Cass. n. 22384/2014, Cass. n. 9843/2014, Cass. n. 15714/2010, Cass. n. 15169/2010, Cass. n. 2904/2009, Cass. n. 28855/2008), giustificato, da un lato, dalla mancanza di una norma assimilabile all’articolo 189 c.p.p., che nell’ambito processualistico penale legittima espressamente l’ammissibilità delle prove non disciplinate dalla legge e, dall’altro, dall’assenza di una disposizione di chiusura nel processo civile rispetto all’introduzione di prove atipiche, che ne impedisca l’utilizzo. A fianco di tali considerazioni, è stato inoltre osservato che grazie ad una “oggettiva estensibilità contenutistica del concetto di produzione documentale”, nonché grazie ad una affermazione “del diritto alla prova ed il correlativo principio del libero convincimento del Giudice”, questi può basare la propria decisione anche su elementi probatori di natura atipica, naturalmente nel rispetto del contraddittorio e delle preclusioni istruttorie, attraverso il tipico strumento della produzione documentale (così Trib. Reggio Emilia, 06/02/2020; sul punto inoltre Cass. n. 1593/2017, Cass. n. 3425/2016, Cass. n. 17392/2015, Cass. n. 9242/2016, Cass. n. 10825/2016, Cass. n. 840/2015, Cass. n. 12577/2014, Cass. n. 9099/2012, Cass. n. 5440/2010, Cass. n. 5965/2004, Cass. n. 4666/2003, Cass. n. 1954/2003, Cass. n. 7518/2001, Cass. n. 12422/2000, Cass. n. 12763/2000, Cass. n. 2616/1995, Cass. n. 623/1995, Cass. n. 1223/1990, Cass. n. 12091/1990, Cass. n. 5792/1990).
La domanda avanzata nel procedimento riunito n. R.G. 2374/2018 da YYY, basata sull’asserita incapacità del testatore, deve essere rigettata, sulla base delle deduzioni e produzioni in atti.
Preliminarmente, si rigetta l’eccezione formulata dai convenuti Betti e Olmo in ordine alla mancanza di legittimazione ad agire o di titolarità del diritto, in quanto l’attrice Pini, anche in caso di annullamento del testamento che l’ha designata quale erede universale, rimane erede legittima del de cuius, stanti i rapporti di parentela che intercorrono tra i due.
Ancora in via preliminare si rende necessaria una precisazione. La domanda formulata da parte attrice attiene alla (contestata) capacità di disporre per testamento ex art. 591 c.c., ossia alla capacità di intendere e di volere. A ciò è limitato l’oggetto del giudizio, non rilevando le deduzioni talvolta contenute negli atti difensivi di parte attrice, che facendo leva sul precario stato di salute e sulla fragilità psichica del de cuius sembrerebbero sottintendere un’opera di circonvenzione di incapace, peraltro non meglio delineata e che, in ogni caso, non emerge. Ed infatti, nel procedimento penale instaurato a seguito della denuncia-querela sporta dalla Pini, proprio in relazione a condotte dei convenuti e della ***, a suo dire, integranti la fattispecie di cui all’art. 643 c.p., il PM ha formulato richiesta di archiviazione e, a seguito di opposizione, il GIP ha emesso pronuncia di inammissibilità, a sua volta poi impugnata ex art. 410 bis c.p.p., con declaratoria di inammissibilità del reclamo.
Ciò detto, parte attrice non ha assolto all’onere probatorio su di lei incombente ai fini della prova dell’incapacità del testatore. Rappresenta, infatti, principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui “spetta a chi impugni il testamento dimostrare la dedotta incapacità, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacità totale e permanente, nel qual caso grava, invece, su chi voglia avvalersene provarne la corrispondente redazione in un momento di lucido intervallo” e“in tema di annullamento del testamento, l’incapacità naturale del testatore postula l’esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche e intellettive del “de cuius”, bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti o della capacità di autodeterminarsi; peraltro, poiché lo stato di capacità costituisce la regola e quello di incapacità l’eccezione, spetta a chi impugni il testamento dimostrare la dedotta incapacità, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacità totale e permanente, nel qual caso grava, invece, su chi voglia avvalersene provarne la corrispondente redazione in un momento di lucido intervallo” (Cass. civ., ord. 14/01/2020; conf., da ultimo, Cass. civ., sent. 1618/2022; si vedano le pronunce conformi di questo Tribunale, 09/06/2020, n.465 e 16/09/2019, n.1256).
Sotto questo aspetto, YYY ha prodotto in giudizio alcune cartelle cliniche del de cuius, senza tuttavia fornire la prova concreta circa l’effettiva incapacità del testatore a redigere il testamento il 4 dicembre 2017. Si è infatti limitata ad una mera descrizione dello stato di salute del de cuius, dando atto delle condizioni fisiche attraverso l’allegazione della documentazione sanitaria, che tuttavia non comprova uno stato di incapacità. Sono state infatti prodotte in giudizio cartelle cliniche del 2014, risalenti nel tempo e dunque irrilevanti in questa sede e del mese di novembre 2017 – dunque di poco precedenti il periodo di redazione del testamento e, dunque, astrattamente rilevanti – che tuttavia non riportano alcun indice di una possibile menomazione della capacità di intendere e di volere del de cuius. Difatti, facendo riferimento al contenuto delle sopracitate cartelle cliniche relative al periodo di ricovero dal 13 al 23 novembre 2017, risulta che il testatore si trovava in precarie condizioni di salute fisica, ma sul piano psichico viene descritto “lucido”, “eupnoico”, “collaborante” (si vedano le pagine 14 e 15 del relativo documento) e, alla luce della consulenza psichiatrica eseguita “non incapace di firmare”, tanto che lo stesso de cuius ha apposto la firma sul consenso informato, decidendo coscientemente di non sottoporsi ad ulteriori cure che gli venivano proposte (pag. 16).
Sul piano probatorio, parte attrice ha altresì fatto riferimento alla terapia cui era sottoposto il de cuius, indicando i farmaci (dei quali ha depositato immagini fotografiche), le dosi e i relativi orari di assunzione. Tuttavia tali deduzioni sono state contestate da parte convenuta, sia nella loro veridicità, sia nel relativo collocamento temporale, sia nell’idoneità a determinare il costante stato di incapacità di intendere e di volere del testatore. E parte attrice non ha articolato alcuna utile istanza istruttoria per dare conferma delle dedotte circostanze. In particolare, sono generici i capitoli di prova orale inerenti le capacità comunicative del de cuius (capitoli nn. 3, 4, 5 della memoria istruttoria depositata dalla difesa di Pini Oriana), l’assunzione dei farmaci (in particolare della morfina, di cui non si specifica la quantità nei capitoli di prova nn. 2 e 7, né il periodo di assunzione), l’allontanamento dall’abitazione (capitolo n. 8), che risulta altresì irrilevante. È poi del tutto generica la richiesta di consulenza grafopatologica sulle firme a nome “***”, in quanto non vengono indicate le firme da periziare e vista la presenza all’interno del giudizio delle perizie anzidette, che risultano esaustive ai fini della decisione. Tale richiesta appare perciò esplorativa e basata su elementi di fatto non acquisiti al giudizio. Deve in proposito precisarsi che il termine per la definizione del thema decidendum è quello della modifica o specificazione della domanda con il deposito della memoria di cui all’art. 183, comma 6, n.1 c.p.c. Nella fattispecie, parte convenuta non ha fatto alcun riferimento ad eccezioni e situazioni di fatto nuove nella prima memoria, dove si è riportata a quanto dedotto nell’atto di citazione, mentre con la successiva memoria istruttoria sono state avanzate richieste e prodotti documenti con l’intento di introdurre fatti e questioni nuove, precedentemente non dedotte, di cui il Giudice non può tuttavia tenere conto. Ancora, va tenuto a mente come il Giudice non sia tenuto a ricostruire la vicenda a partire da produzioni documentali totalmente decontestualizzate dagli atti difensivi (Cass. S.U. n. 2435/2008, secondo cui “deve ribadirsi – in conformità, del resto, ad una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice – che il giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti dalla parte solo nel caso in cui la parte, interessata, ne faccia specifica istanza esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue pretese, derivandone altrimenti per la controparte la impossibilità di controdedurre e per lo stesso giudice impedita la valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione (cfr. Cass. 16 agosto 1990, n. 8304). Poiché nel vigente ordinamento processuale, caratterizzato dall’iniziativa della parte e dall’obbligo del giudice di rendere la propria pronunzia nei limiti delle domande delle parti, al giudice è inibito trarre dai documenti comunque esistenti in atti determinate deduzioni o indicazioni, necessarie ai fini della decisione, ove queste non siano specificate nella domanda, o – comunque – sollecitate dalla parte interessata (cfr. Cass. 12 febbraio 1994, n. 1419; Cass. 7 febbraio 1995, n. 1385. Nel senso che perché il giudice possa e debba esaminare documenti versati in atti lo stesso deve accertare, oltre la ritualità della produzione, cioè verificare che la produzione stessa sia avvenuta nel rispetto delle regole del contraddittorio, anche la esistenza di una domanda, o di una eccezione, espressamente basata su quei documenti, Cass. 22 novembre 2000, n. 15103, specie in motivazione)”.
Infine, la richiesta ex art. 210 c.p.c., volta all’acquisizione presso l’ASL dell’elenco dei medicinali è esplorativa e dunque inammissibile. Così come appare irrilevante la richiesta di disporre consulenza medica sull’efficacia e gli effetti delle cure mediche sul fisico e sulla psiche del testatore, stante quanto sopra osservato in ordine alla genericità delle deduzioni di base.
Onde il complesso di deduzioni e richieste istruttorie formulate dall’attrice YYY non è idoneo a supportare la domanda di annullamento del testamento per incapacità, che viene pertanto rigettata.
Tanto più che è in atti il certificato medico datato 4 dicembre 2017, che attesta la piena capacità di intendere e di volere del *** poco prima della firma del testamento.
Le spese processuali sono poste a carico delle parti soccombenti YYY e JJJ in via solidale in favore dell’attrice XXX e a carico della sola YYY a favore di ZZZ e KKK nel procedimento riunito. Liquidate dette spese, sulla base del d.m. 55/2014, in € 11.000,00 a favore di ciascuna parte (di cui € 2.500,00 per la fase di studio, € 1.500,00 per la fase introduttiva, € 4.000,00 per l’istruttoria ed € 3.000,00 per la decisionale, tenuto conto del valore indeterminabile della controversia, della non particolare complessità delle questioni e dell’attività concretamente svolta in giudizio), YYY e JJJ sono tenute in via solidale nei confronti di XXX al versamento del relativo importo, oltre al 15% per spese generali, all’iva e al cpa di legge, oltre alle spese di iscrizione a ruolo del procedimento (€ 545,00) e di notifica della causa di merito nei confronti di tutti i litisconsorti; mentre nei confronti della parte ***, è tenuta YYY per il medesimo importo di € 11.000,00, oltre al 15% per spese generali, all’iva e al cpa di legge. Inoltre YYY è tenuta a rimborsare in favore dell’attrice XXX i compensi relativi al procedimento cautelare in corso di causa, liquidati in € 2.613,00 (considerati i valori minimi per le fasi di studio, introduttiva e decisionale, attesa la parziale sovrapposizione delle deduzioni rispetto alla causa di merito ed avuto riguardo solo alla prima fase cautelare, essendo state già liquidate le spese del reclamo), oltre al 15% per spese generali, all’iva e al cpa di legge, oltre alle spese di notifica del ricorso cautelare nei suoi confronti.
Anche le spese di custodia dei beni sono poste a carico di YYY.
P.Q.M.
Il Tribunale di Lucca, definitivamente pronunciando, così provvede:
– in accoglimento della domanda formulata da XXX, dichiara la nullità ex art. 606 c.c. del testamento olografo a firma *** datato 12 novembre 2017, pubblicato l’8 febbraio 2018 dal Notaio *** di Firenze, per mancanza di autografia;
– rigetta la domanda avanzata da YYY nel procedimento riunito n. R.G. 2374/2018; – condanna YYY e JJJ, in via solidale, al pagamento delle spese processuali a favore di XXX, liquidate in € 11.000,00 oltre al 15% per spese generali, all’iva e al cpa di legge ed oltre alle spese di iscrizione a ruolo (€ 545,00) e di notifica della citazione nei confronti di tutti i litisconsorti necessari;
– condanna YYY al pagamento delle spese processuali del procedimento cautelare a favore di XXX, liquidate in € 2.613,00 oltre al 15% per spese generali, all’iva e al cpa di legge e oltre al pagamento delle spese di notifica del ricorso nei suoi confronti; – condanna YYY al pagamento delle spese processuali a favore di ZZZ e di KKK, liquidate in € 11.000,00 oltre al 15% per spese generali, all’iva e al cpa di legge;
– pone le spese di custodia dei beni di cui al sequestro giudiziario autorizzato in corso di causa a carico di YYY.
Così deciso a Lucca nella camera di consiglio del 7 novembre 2022.
Il Giudice estensore Il Presidente
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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