La circostanza che il venditore sia anche il costruttore dell’immobile compravenduto non vale ad attribuirgli le veste di appaltatore nei confronti dell’acquirente con la conseguenza che quest’ultimo non acquista la qualità di committente nei confronti del primo.
L’acquirente, pertanto, non può esercitare l’azione per ottenere l’adempimento del contratto d’appalto e l’eliminazione dei difetti dell’opera a norma degli articoli 1667 e 1668 c.c., spettando tale azione, di natura contrattuale, esclusivamente al committente nel contratto d’appalto (Cass. n. 26574 del 2017; conf. Cass. n. 11540 del 1992).
Tale conclusione, tuttavia, non vale per l’azione prevista dall’articolo 1669 c.c., di natura extracontrattuale, che opera non solo a carico dell’appaltatore ed a favore del committente, ma anche a carico del costruttore ed a favore dell’acquirente (Cass. n. 26574 del 2017; Cass. n. 2238 del 2012; Cass. n. 7634 del 2006; Cass. n. 11450 del 1992).
La norma di cui all’articolo 1669 c.c., invero, prevedendo un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale sancita per ragioni e finalità di interesse generale, deve ritenersi applicabile, non soltanto ai rapporti tra committente e appaltatore ma anche a quelli tra l’acquirente ed il costruttore-venditore, pur in mancanza, tra essi, di un formale contratto d’appalto, con la conseguenza che il predetto costruttore non può ritenersi sollevato dalla responsabilità verso l’acquirente qualora l’opera sia stata eseguita (in tutto o in parte), su suo incarico, da un terzo (Cass. n. 8109 del 1997).
Il venditore di unità immobiliari che ne curi direttamente la costruzione, ancorché i lavori siano stati appaltati ad un terzo, risponde, quindi, nei confronti degli acquirenti, dei gravi difetti, a norma dell’articolo 1669 c.c. e cioè a titolo di responsabilità extracontrattuale, indipendentemente dall’identificazione del contratto con essi intercorso (Cass. n. 3146 del 1998; Cass. n. 1374 del 1999; Cass. n. 4622 del 2002; Cass. n. 2238 del 2012).
Deve, peraltro, trattarsi di gravi difetti, ravvisabili in qualsiasi alterazione dell’opera, conseguente alla sua inadeguata realizzazione, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa e non determinandone pertanto la rovina od il pericolo di rovina, si traducano, tuttavia, in vizi funzionali di quegli elementi accessori o secondari che dell’opera stessa consentono l’impiego duraturo cui è destinata e tali, quindi, da incidere negativamente ed in considerevole misura sul godimento della stessa (Cass. n. 10893 del 2013).
I gravi difetti dell’edificio idonei a configurare una responsabilità del costruttore nei confronti del committente o dell’acquirente, ai sensi dell’articolo 1669 c.c., sono, in effetti, configurabili, al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, anche nei vizi che, senza influire sulla stabilità dell’opera, pregiudichino e menomino in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l’abitabilità della medesima: tra i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’articolo 1669 c.c., sono, quindi, compresi non solo le deficienze costruttive vere e proprie, quelle cioè che si risolvono nella realizzazione dell’opera con materiali inidonei e/o non a regola d’arte, ma anche i vizi che riguardano elementi secondari ed accessori che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata (come l’impermeabilizzazione, i rivestimenti, gli infissi, la pavimentazione, gli impianti, le condutture di adduzione idrica, ecc.) purché tali da compromettere la funzionalità dell’opera stessa e che, senza richiedere lavori di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi di manutenzione ordinaria e cioè con opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici oppure con opere che integrano o mantengono in efficienza gli impianti tecnologici installati (Cass. n. 8140 del 2004;, Cass. n. 456 del 1999; Cass. n. 8811 del 2003; Cass. n. 1748 del 2005; più di recente, Cass. n. 2238 del 2012).
Deve, al riguardo, ribadirsi il principio più volte affermato dalla Suprema Corte secondo il quale, in tema di garanzia per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’articolo 1669 c.c., il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finché il danneggiato non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo (cfr. Cass. n. 1463 del 2008).
L’inizio della decorrenza del termine di decadenza può essere però legittimamente spostato in avanti nel tempo solo quando gli accertamenti tecnici si rendano effettivamente necessari per comprendere appieno la gravità dei difetti e stabilire il corretto collegamento causale, allo scopo di indirizzare verso la giusta parte una eventuale azione del danneggiato: non anche quando si tratti di problema di immediata percezione sia nella sua reale entità che nelle sue possibili cause fin dal suo primo manifestarsi (Cass. n. 27693 del 2019).
Corte di Cassazione, Sezione Seconda, Sentenza n. 20877 del 30 settembre 2020
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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