REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SEZIONE QUARTA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 3417/2022 pubbl. il 19/04/2022
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 14707/2018 promossa da:
XXX (C.F.), con il patrocinio dell’avv.;
ATTRICE contro
YYY (C.F.), con il patrocinio dell’avv.
ZZZ (C.F.), con il patrocinio dell’avv.
CONVENUTI CONCLUSIONI
XXX «NEL MERITO:
A) in via principale: accertare e dichiarare la nullità del contratto di compravendita stipulato il 12.12.2008, con atto ai rogiti del Notaio Dott.ssa ZZZ (registrato a Milano in data 19.12.2008 al n.) e conseguentemente condannare il Signor YYY a restituire alla Signora XXX il prezzo della compravendita per €. 72.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto, per tutte le ragioni esposte nell’atto di citazione e nei successivi scritti difensivi;
B) in via subordinata: accertare e dichiarare la risoluzione ex art 1453 cc per “aliud pro alio” o ex art 1489 cc del contratto di compravendita stipulato il 12.12.2008, con atto ai rogiti del Notaio Dott.ssa ZZZ (registrato a Milano in data 19.12.2008 al n. 30481 Serie 1T) per grave inadempimento del venditore e conseguentemente condannare il Signor YYY a restituire alla Signora XXX il prezzo della compravendita per €. 72.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto, per tutte le ragioni esposte nell’atto di citazione e nei successivi scritti difensivi; in entrambi i casi (A e B) altresì:
accertare la responsabilità professionale della Dott.ssa ZZZ e conseguentemente condannarla, in solido con il Signor YYY, alla restituzione del compenso percepito per €. 2.136,00, oltre interessi e rivalutazione dal dì del dovuto, per tutte le ragioni esposte in nell’atto di citazione e nei successivi scritti difensivi;
condannare il Signor YYY e la Dott.ssa ZZZ, in solido tra loro, a risarcire tutti i danni subiti e subendi dall’attrice, così come specificati e quantificati in atto di citazione (pagg 6, 7, 8 e 9) o quel diverso maggiore o minore importo ritenuto di giustizia, per tutte le ragioni esposte nell’atto di citazione e nei successivi scritti difensivi, il tutto oltre interessi e rivalutazione dal dì del dovuto.
IN VIA ISTRUTTORIA, ammettere i capitoli di prova articolati nella memoria ex art 183, sesto comma, n. 2 cpc con i testi ivi indicati e, se del caso, ammettere idonea CTU volta a quantificare il valore delle migliorie e delle addizioni realizzate dalla Signora XXX nell’immobile posto in Milano, chiesta con la memoria ex art 183, sesto comma, n. 2 cpc;
Con vittoria di spese delle CTU e delle CTP e compensi professionali anche della fase di mediazione»
YYY
«— In via Istruttoria, nominare CTU che quantifichi il corrispettivo e/o indennità dovuto all’attrice per il godimento, fruizione, utilizzo ed occupazione del bene oggetto del presente giudizio dall’atto di acquisto e fino al suo rilascio, utilizzando quale paramento economico il suo valore locatizio.
— Nel merito,
In via principale rigettare tute le domande proposte dall’attrice nei confronti del signor YYY Gianluca, siccome inammissibili, improcedibili e, comunque, infondate in fatto ed in diritto.
In via gradata, nella denegata ipotesi di accoglimento di alcuna delle domande attoree, compensare le somme, che saranno eventualmente statuite a titolo di restituzione e/o danni in favore dell’attrice, con quelle da Costei dovute in virtù della godimento, disponibilità e fruizione del bene oggetto di causa dalla data di acquisto e sino all’effettivo rilascio, nella misura che l’On. Giudicante vorrà in Sua Giustizia determinare anche a mezzo di CTU, di cui in tale sede si reitera la richiesta, oltre interessi. In ogni caso, condannare l’attrice XXX Maria Pia al pagamento ed alla refusione, in favore del convenuto YYY Gianluca, delle spese e compensi di giudizio, maggiorati di spese generali, da liquidarsi secondo i parametri del D.M. 37/2018, oltre CNA ed IVA, con clausola di attribuzione in favore del sottoscritto procuratore antistatario.»
ZZZ
«In via principale: respingere qualsivoglia domanda proposta nei confronti del Notaio Dr.ssa ZZZ in quanto infondata in fatto e diritto per quanto esposto nella superiore narrativa, oltre che non provata;
In via subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento, anche parziale, della domanda proposta nei confronti del Notaio Dr.ssa ZZZ limitare il risarcimento del danno entro i limiti di cui agli artt. 1223,1225 e 1227 c.c..
Il tutto con il favore delle spese ed onorari di causa, oltre oneri di legge»
Motivazione
1. L’immobile oggetto del processo.
Il processo ha per oggetto l’immobile sito a, primo piano, foglio 194, mappale 65, subalterno 601.
Ai fini della decisione, occorre dare brevemente conto della storia di questo immobile, come ricostruita dalla consulenza tecnica d’ufficio:
— il 30 settembre 1986 ***, comproprietario, ha presentato domanda di sanatoria dei lavori realizzati abusivamente; la domanda è stata poi accolta per effetto di silenzio-assenso;
— il 14 giugno 1989 è stata disposta una variazione catastale, che è servita a fornire un’identificazione catastale autonoma a un locale ricavato da frazionamento;
— il 21 luglio 1989 *** e *** hanno venduto l’immobile a *** e *** con atto pubblico ricevuto dalla notaia ***; — il 6 febbraio 2001 *** e *** hanno venduto l’immobile a YYY con scrittura privata autenticata dalla notaia ***;
— il 12 dicembre 2008 YYY ha venduto l’immobile alla XXX con atto pubblico ricevuto dalla notaia ZZZ.
La consulenza tecnica, le cui risultanze sono fatte proprie dal giudicante, ha accertato due violazioni delle norme urbanistiche. In primo luogo, nel 1989 è stato fatto un frazionamento senza titolo abilitativo. In secondo luogo, per effetto del frazionamento è risultato un immobile di 23,75 metri calpestabili, a fronte dei 28 minimi richiesti dalla normativa (art. 3 d.m. 5 luglio 1975, art. 40 comma 9 regolamento edilizio Milano vigente all’epoca e art. 96 comma 2 regolamento edilizio Milano vigente oggi). L’abuso in questione non è sanabile, perché, per via della superficie calpestabile, il frazionamento non era autorizzabile all’epoca e non lo è neanche oggi (art. 36 comma 1 t.u. edil.).
2. La nullità del contratto del 12 dicembre 2008.
L’attrice ha proposto, in via principale, domanda di nullità del contratto di vendita del 12 dicembre 2008 per due motivi:
1° omessa indicazione del permesso di costruire, in quanto manca l’indicazione del titolo abilitativo necessario per il frazionamento del 1989 da cui è risultato l’immobile venduto;
2° illiceità dell’oggetto del contratto, tale dovendosi considerare un immobile che è risultato di un abuso edilizio.
La domanda è fondata, nei limiti di seguito precisati.
I due motivi di nullità sono fatti valere dall’attrice in via cumulativa tra loro, in quanto si basano su circostanze di fatto diverse.
In relazione alla illiceità dell’oggetto del contratto, i convenuti hanno richiamato le nota pronuncia delle sezioni unite della Suprema Corte (la sentenza n. 8230 del 2019) per sostenere che l’irregolarità urbanistica dell’immobile venduto non è causa di nullità della vendita per illiceità dell’oggetto, ma questa questione non verrà affrontata nella decisione, in quanto il tema della validità del contratto de quo può già essere risolto sotto il profilo dell’omessa indicazione del titolo abilitativo, che è ragione più liquida.
Il consulente tecnico, senza contestazioni delle parti, ha illustrato chiaramente la natura abusiva dell’immobile, la sua insanabilità e le cause da cui esse derivano (come brevemente riassunte sopra). In particolare, dalle risultanze della c.t.u. emerge che, nella vendita conclusa tra le parti, manca l’indicazione del titolo abilitativo in quanto il titolo indicato (la sanatoria del 30.9.1986) è idoneo solo in relazione ai lavori precedenti al 1986, non anche al frazionamento eseguito tra il 1986 e il 1989. La situazione oggetto del processo è regolata dall’art. 46 del testo unico edilizia (d.p.r. n. 380/2001) – in quanto lo stabile è stato costruito prima del 1985, ma il frazionamento è avvenuto dopo, nel 1989, e l’articolo 46 si riferisce espressamente agli «edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985» – che prevede la nullità degli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, se da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria.
Nella specie, è vero che il contratto conteneva l’indicazione del titolo abilitativo del 30.9.1986, ma successivamente l’immobile è stato frazionato, sicché l’indicazione si riferisce in realtà ad un diverso immobile, che è quello precedente al frazionamento. Sul punto si richiamano le già menzionate sezioni unite del 2019, secondo le quali, per la validità del contratto, il titolo abilitativo indicato nell’atto deve essere realmente esistente e riferibile proprio a quell’immobile.
Peraltro, trattandosi di abuso insanabile per le ragioni sopra esposte, non è neanche possibile la convalida del contratto ai sensi dell’art. 46 comma 4 t.u. edil. L’unica sorte possibile per il contratto impugnato, dunque, è la nullità.
Alla luce di tale conclusione, rimangono assorbite le domande di risoluzione del contratto e di riduzione del prezzo proposte dalla XXX in via subordinata.
3. La restituzione dell’indebito.
Dalla nullità del contratto discendono doveri restitutori, in capo alle parti, delle prestazioni eseguite. In particolare, il prezzo di 72.000 € pagato dalla XXX risulta indebito sin dall’origine, pertanto è fondata la domanda di restituzione proposta dall’attrice nei confronti del convenuto YYY.
La XXX, inoltre, chiede che la somma sia rivalutata e che siano applicati gli interessi dal giorno del dovuto al saldo.
La rivalutazione non è ammissibile, in quanto trattasi di debito di valuta.
Gli interessi, invece, sono dovuti e decorrono al giorno della domanda – vale a dire dalla notificazione dell’atto di citazione, perfezionatasi nei confronti del YYY il 13 marzo 2018 – secondo le norme sulla ripetizione dell’indebito oggettivo (art. 2033 c.c.), dovendosi ritenere che il YYY abbia ricevuto in buona fede il pagamento del prezzo pattuito. Infatti la buona fede si presume e non vi sono elementi per ritenere che il venditore fosse consapevole di stipulare un contratto nullo e che conseguentemente il prezzo non gli fosse dovuto.
4. Il rimborso delle spese sostenute per l’immobile.
Questione diversa, invece, è quella delle domande risarcitorie proposte dalla XXX contro i convenuti, per interessi pagati sul mutuo contratto per acquistare l’immobile e relative spese, per i compensi pagati alla notaia ZZZ e per il versamento dell’imposta di registro.
Tra queste voci, deve essere trattata separatamente la domanda relativa alle spese sostenute per le migliorie apportate all’immobile. I fatti che la XXX espone a sostegno della domanda, infatti, non ne consentono una qualificazione univoca per i due convenuti.
In particolare, la pretesa per le migliorie azionata contro YYY deve essere ricondotta al diverso titolo di cui all’art. 1150 comma 2 c.c., che non ha natura risarcitoria, ma indennitaria. Infatti la XXX, a sostegno della domanda, non espone comportamenti illeciti del YYY idonei a fondare un diritto risarcitorio, ma la domanda si fonda sul possesso esercitato dall’attrice sull’immobile per cui il possessore, che deve restituire la cosa, ha diritto ad una indennità per i miglioramenti apportati. La pretesa azionata contro la ZZZ, invece, è effettivamente risarcitoria, perché l’attrice vi pone a fondamento una violazione dei doveri della convenuta in quanto notaia rogante. In questo paragrafo, quindi, sarà analizzata la sola domanda proposta contro YYY, da qualificare come indennitaria, mentre la domanda risarcitoria sarà trattata unitamente alle altre nel paragrafo successivo. La situazione prevista dall’art. 1150 comma 2 c.c. è una forma tipizzata di arricchimento senza causa. Particolarità di questa indennità è la sua commisurazione, che dipende dallo stato di buona o malafede del possessore. Nel caso di specie, non c’è dubbio che la XXX abbia posseduto la cosa in buona fede: era convinta che il contratto fosse valido e che quindi questo le avesse effettivamente trasferito la proprietà dell’immobile. Ne consegue che l’indennità a cui ha diritto deve essere commisurata all’aumento di valore della cosa (art. 1150 comma 3 periodo 1 c.c.).
La XXX ha esposto e documentato di aver speso 11.734,78 € per i miglioramenti dell’immobile. L’indennità, però, come già detto, non va commisurata alla spesa sostenuta, ma all’aumento di valore che il miglioramento ha apportato all’immobile. Nel processo non sono stati indicati elementi specifici sull’aumento di valore dell’immobile in conseguenza delle migliorie apportate, ma la XXX, chiedendo il rimborso di tale somma, ha specificato le opere eseguite (rifacimento degli impianti, del pavimento e rasatura/verniciatura delle pareti = pagg. 6 e 7 citazione) che comportano un miglioramento dell’immobile di carattere duraturo, per cui la spesa da lei sostenuta coincide con l’aumento di valore dell’immobile.
D’altra parte, YYY non ha preso una posizione specifica sul punto ma si è limitato a sostenere che dall’infondatezza della domanda di nullità discenda automaticamente quella di tutte le altre pretese. L’unica presa di posizione specifica riguarda la voce di danno relativa agli interessi pagati sul mutuo contratto per l’acquisto dell’immobile; per il resto si è limitato a una contestazione generica (v. comparsa YYY, pag. 7).
Da ciò consegue che deve ritenersi raggiunta la prova in ordine all’aumento di valore che l’immobile ha subito per effetto dei lavori eseguiti dalla XXX, che va quantificato in 11.734,78 € stante il principio di non contestazione (art. 115 comma 1 c.p.c.).
5. Il risarcimento del danno.
Esaminata la questione dei miglioramenti, si possono prendere in esame le pretese dell’attrice effettivamente qualificabili come risarcitorie. Le voci di danno lamentate sono:
— interessi e spese pagati per il mutuo contratto per l’acquisto dell’immobile;
— compenso pagato alla notaia ZZZ per la stipulazione del contratto in forma pubblica; — imposta di registro versata per la stipulazione del contratto;
— migliorie apportate all’immobile (risarcitoria limitatamente alla ZZZ per le ragioni già esposte sopra).
Le pretese risarcitorie sopra indicate sono infondate.
* * *
Nei confronti di YYY la domanda è totalmente carente sotto il profilo delle allegazioni e della prova di una sua responsabilità.
La responsabilità fatta valere nei suoi confronti, infatti, deve essere qualificata come responsabilità da fatto illecito aquiliano, il che pone precisi doveri di allegazione e prova in ordine alla sussistenza del dolo o della colpa. Che tale sia la natura della responsabilità discende dal fatto che non è allegato l’inadempimento di un’obbligazione. D’altronde, le eventuali violazioni degli obblighi di buona fede nel corso delle trattative, da cui deriva responsabilità precontrattuale, sono pacificamente ricondotte dalla giurisprudenza sotto il titolo dell’illecito aquiliano.
Nel corso del processo è emerso che nessuno dei soggetti coinvolti era a conoscenza dell’irregolarità urbanistica. YYY aveva, infatti, acquistato l’immobile ricevendo l’indicazione dello stesso titolo abilitativo, inoltre non era tenuto ad accertare la regolarità urbanistica dell’immobile prima di venderlo a sua volta e non ci sono elementi per dedurre che fosse a conoscenza delle irregolarità, di cui, peraltro, la stessa attrice, per sua ammissione, ne è venuta a conoscenza per caso diverso tempo dopo l’acquisto. In definitiva, manca sia l’allegazione che la prova di qualsivoglia profilo almeno colposo della condotta del YYY.
* * *
Nei confronti della ZZZ, invece, la domanda è sufficientemente precisa in ordine alle allegazioni. La responsabilità fatta valere nei suoi confronti deve essere ricondotta a responsabilità da inadempimento, nella specie per aver violato gli obblighi derivanti dal conferimento dell’incarico professionale di provvedere alla redazione dell’atto pubblico di vendita. La domanda, tuttavia, è infondata in diritto.
Il legislatore ha stabilito un metodo ben preciso per assicurare che gli immobili venduti siano regolari sotto il profilo urbanistico: il venditore deve indicare gli estremi del permesso di costruire (art. 46 comma 1 t.u. edil.) e non è anche previsto che il notaio faccia controlli sul punto. Considerato che è scelta discrezionale del legislatore decidere quali devono essere i presidi della regolarità urbanistica, il giudice non può sostituirsi al legislatore creando doveri ulteriori, specialmente in una materia, quella urbanistica, regolata da disposizioni precise e puntuali. Il notaio, quindi, non risponde civilmente della difformità della dichiarazione del venditore rispetto al dato reale (App. Napoli n. 4055/2018 e App. Roma n. 3013/2019).
Per quanto concerne l’imposta di registro pagata, è appena il caso di rilevare che il mezzo previsto dalla legge per porre rimedio al versamento dell’imposta per la registrazione di un atto nullo è la ripetizione dell’indebito, previo passaggio in giudicato della sentenza di nullità (artt. 38 comma 2 e 77 t.u. imposta registro). La pretesa in questione, quindi, dovrà eventualmente essere fatta valere nei confronti dell’amministrazione finanziaria, non contro gli odierni convenuti.
6. L’indennità da occupazione.
Nel costituirsi, YYY ha chiesto, per il caso di accoglimento delle domande demolitorie del contratto, la compensazione tra i crediti vantati dalla XXX e l’indennità da questa dovuta per il periodo di tempo in cui ha occupato senza titolo l’immobile.
L’eccezione è inammissibile.
YYY si è costituito il giorno dell’udienza, quindi tardivamente. Né in senso contrario può deporre la copiosa giurisprudenza citata nei suoi scritti difensivi. Quella giurisprudenza, infatti, si è formata in relazione a cause regolate dal vecchio rito, vigente prima della riforma intervenuta con il d.l. n. 35/2005, che prevedeva un regime differenziato per le eccezioni e le domande riconvenzionali. Il rito vigente, invece, prevede un regime unico per entrambi i mezzi processuali: eccezioni e domande riconvenzionali devono essere opposte con la comparsa di risposta depositata almeno venti giorni prima dell’udienza, a pena di decadenza.
7. Le spese processuali.
Tra la XXX e YYY vi è soccombenza reciproca in quanto la domanda di nullità è fondata, la domanda di pagamento dell’indennità per le migliorie è fondata mentre la domanda risarcitoria, limitatamente alle altre voci, è infondata. Tra di loro, quindi, le spese devono essere compensate. Tra la XXX e la ZZZ, invece, è totalmente soccombente la prima, in quanto la domanda risarcitoria è infondata in ogni sua parte. Le spese sostenute dalla ZZZ, quindi, devono essere poste interamente a carico della XXX. La controversia, tra loro, ha valore di 94.247,27 €, pari al risarcimento chiesto, e quindi deve essere inserita nello scaglione di valore che va da 52.000 a 260.000 €, complessità minima e con la riduzione della fase istruttoria per l’assenza di istruttoria orale. Le spese devono quindi essere liquidate in 5.635 € per compensi professionali, oltre 15% per spese generali, Cassa Forense e IVA nella misura di legge.
Le spese della c.t.u. contabile, liquidata con decreto del 26.1.2021, vanno poste, in via definitiva e per intero, a carico dell’attrice che è soccombente sulla domanda risarcitoria, mentre le spese della c.t.u. tecnico/urbanistica, liquidata con decreto del 1.6.2021, vanno poste, in via definitiva, a carico della parte convenuta YYY che è soccombente sulla domanda di nullità del contratto.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
1. dichiara la nullità del contratto di vendita tra XXX e YYY del 12 dicembre 2008 repertorio n. 14197/8237 registrato a Milano il 19 dicembre 2008 con n. 30481;
2. per l’effetto, condanna YYY alla restituzione del prezzo incassato, pari a 72.000 €, in favore di XXX, oltre interessi dal 13 marzo 2018 al saldo;
3. condanna altresì YYY al pagamento dell’indennità per migliorie, nella misura di
11.734,78 € in favore di XXX, oltre interessi dalla sentenza al saldo;
4. rigetta le altre domande di risarcimento del danno;
5. compensa le spese processuali tra XXX e YYY;
6. condanna XXX al rimborso delle spese processuali sostenute da ZZZ, nella misura di 5.635 € per compensi professionali, oltre 15% per spese generali, Cassa Forense e IVA nella misura di legge;
7. pone a carico di XXX le spese della c.t.u. contabile, liquidate con decreto del 26.1.2021 e pone a carico di YYY le spese della c.t.u. tecnico/urbanistica, liquidate con decreto dell’1.6.2021.
Milano, 19 aprile 2022
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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