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Codice Penale

Illegittimità del licenziamento per giusta causa

La sentenza ribadisce i principi in tema di onere probatorio in materia di giusta causa di licenziamento e proporzionalità tra la sanzione disciplinare ed i fatti addebitati al lavoratore.

Pubblicato il 14 October 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di ROMA I SEZIONE LAVORO Il Giudice dott.ssa NOME COGNOME all’udienza del 1 ottobre 2024, all’esito della camera di consiglio, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._9566_2024_- N._R.G._00023988_2022 DEL_01_10_2024 PUBBLICATA_IL_01_10_2024

CON MOTIVAZIONE CONTESTUALE nella causa R.G.L. 23988 /2022 promossa da:

con l’avv.COGNOME NOME COGNOME contro Con l’avv.COGNOME NOME COGNOME

CONCLUSIONI

DELLE PARTI Come in atti.

FATTO E DIRITTO ha dedotto di essere stata assunta in data 1 agosto 206 con contratto di apprendistato professionalizzante per la qualifica di gelatiere e inquadramento nel livello 3° del CCNL Artigianato Alimentare;

di non aver avuto alcuna formazione professionale ;

di aver sottoscritto in data 3.6.20221 un verbale di conciliazione in sede sindacale rinunciando “ alle richieste avanzate e descritte nelle premesso ovvero prestazioni rese oltre l’orario di lavoro contrattualmente stabilito ed inquadramento al livello superiore e relative incidenze su istituti diretti e indiretti”;

di aver ottenuto la rapporto 4.2.2022 la retribuzione corrispondente all’inquadramento al livello 3 in luogo del livello 3°;

di aver sempre svolto mansioni riconducibili al livello 3°;

di aver ricevuto in data 16 dicembre 2021 dal datore di lavoro richiesta di rassegnare le dimissioni e sottoscrivere un nuovo verbale di conciliazione in sede sindacale;

di essersi rifiutata essere stata inquadrata al livello 3° ;

di aver ricevuto, a seguito del rifiuto di sottoscrivere la suddetta conciliazione lettera di contestazione in data 29.12.20221 per essere stata sorpresa all’interno dei locali dell’azienda …..

intenta a fumare una sigaretta ;

di aver negato tale circostanza reso le proprie giustificazioni ;

di aver ricevuto in data 3 gennaio 2022 una nuova lettera di contestazioni disciplinare “… per aver riscontrato talune incongruenze e difformità circa i Suoi dati anagrafici……;

di aver reso le proprie giustificazioni in merito evidenziando di aver comunicato il mio domicilio tant è vero che la comunicazione ricevuta in data 29.12.2021 così come quella del 3 gennaio 2022 sono state inviate a tale indirizzo “ ;

di aver ricevuto una terza lettera di contestazioni disciplinare “ per asserita assenza ingiustificata” ;

di aver reso le giustificazioni in quanto in quella giornata aveva subito un guasto alla propria autovettura avendo dovuto chiamare il servizio di soccorso stradale;

di aver ricevuto in data 2 febbraio 2022 lettera di licenziamento per giusta causa sulla base delle tre contestazioni disciplinare ricevute;

di aver ricevuto, dopo l’intimazione di licenziamento, in data 16 aprile 2022 un’ulteriore contestazione disciplinare.

Previe argomentazioni in diritto sul trattamento retributivo corrispondete al livello 3° nonché sull’illegittimità del licenziamento , ha convenuto in giudizio la società chiedendo ““Piaccia all’Ecc.mo Tribunale di Roma, quale Giudice del Lavoro, ogni contraria istanza disattesa ed eccezione reietta, accogliere la domanda e, conseguentemente:

1) accertare e dichiarare il diritto della signora in relazione all’inquadramento formalmente riconosciutole (3a livello della classificazione del personale contenuta nel CCNL Artigianato Alimentare) nonché avuto riguardo alle mansioni effettivamente svolte, alle differenze tra quanto percepito ed il trattamento retributivo corrispondente al suddetto 3a° livello, maturate nel periodo dal 1° agosto 2021 sino alla data di cessazione del rapporto di lavoro (4 febbraio 2022);

per l’effetto:

2) condannare la in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della signora per il titolo di cui al punto 1) che precede, della somma pari ad euro 2.606,19 o di quella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione dei singoli crediti sino all’integrale soddisfo;

3) accertare e dichiarare il diritto della signora all’indennità di cassa e maneggio denaro per persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della signora per il titolo di cui al precedente punto 3), della somma pari ad euro 910,95 o di quella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione dei singoli crediti sino all’integrale soddisfo;

5) accertare e dichiarare la nullità, per la mancata affissione del codice disciplinare, del licenziamento per giusta causa intimato alla signora con effetto dal 4 febbraio 2022;

per l’effetto:

6) condannare la in persona del legale rappresentante pro tempore, ai sensi dell’art. 2, D.lgs. n. 23/2015 e s.m.i. , alla reintegra della signora nel posto di lavoro ed al pagamento di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per il periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

In via subordinata:

7) accertare e dichiarare l’illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato alla signora con effetto dal 4 febbraio 2022, per insussistenza dei fatti materiali contestati e, comunque, in quanto sproporzionato rispetto alle condotte contestate, anche con riguardo alle norme della contrattazione collettiva applicabile al rapporto di lavoro per cui è causa;

per l’effetto:

8) condannare la persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della signora di un’indennità risarcitoria pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, quale risulta dalle buste paga, o a quella diversa indennità ritenuta di giustizia.

; Vittoria di spese e compensi professionali, oltre al rimborso forfettario delle spese ex art. 2, comma 2, D.M. n. 55/2014, per tutte le fasi previste ivi previste, in favore dell’Avv. NOME COGNOME dichiaratasi antistataria.

Si è costituita la società contestando il ricorso e chiedendone il rigetto:

in particolare, ha affermato, in via preliminare la nullità del ricorso per indeterminatezza, nel merito ha dedotto la correttezza dell’inquadramento al livello 3, nonché l’inesattezza dei conteggi allegati al ricorso e la piena legittimità del licenziamento.

All’udienza odierna, la causa, istruita documentalmente e con prova testimoniale, depositate le note autorizzate, è stata discussa e decisa con sentenza con motivazione contestuale.

Occorre preliminarmente osservare che non si prospetta fondata l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo.

Al riguardo va richiamato il principio più volte affermato ’oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui la stessa si fonda, non è sufficiente l’omessa indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, essendo invece necessario che ne sia impossibile l’individuazione “attraverso l’esame complessivo dell’atto”, effettuabile anche d’ufficio con apprezzamento del giudice del merito (in questo senso v., tra le tante, Cass. Sez. L, Sentenza n. 820 del 16/01/2007, n. 2519/99; n. 817/99; n. 8315/98; n.9810/98; n. 1740/1991).

Nella specie, l’analisi complessivo dell’atto introduttivo del giudizio e della documentazione allegata nel fascicolo di parte ricorrente rivela l’adeguata indicazione sia dell’oggetto della domanda ( accertamento mansioni superiori con condanna della convenuta al pagamento delle relative differenze retributive per i titoli specificamente elencati, gli elementi di diritto (contrattazione collettiva e disposizioni legislative applicabili) sui quali la stessa si fonda, accertamento della inefficacia ovvero della illegittimità del licenziamento, con applicazione delle tutele legalmente previste), che le circostanze fattuali (l’arco temporale di durata del rapporto lavorativo, l’orario osservato, le mansioni svolte, il soggetto datoriale, le modalità di cessazione del rapporto, sicchè la resistente è stata posta in condizione di predisporre adeguatamente le proprie difese. Nel merito, le domande della ricorrente sono parzialmente fondate e possono pertanto essere accolte nei limiti di seguito argomentati.

Ebbene, in primo luogo, la lavoratrice sostiene di aver diritto a percepire una retribuzione corrispondente al livello 3a, in luogo di quella, di fatto, ricevuta riconducibile al livello 3. Tale richiesta trova, secondo la prospettazione della lavoratrice, fondamento, nel contratto di apprendistato sottoscritto in data 1 agosto 2016 laddove viene espressamente riconosciuto che “alla sig sarà corrisposta la retribuzione contrattuale prevista per il personale del Livello 3° per tutto il periodo di apprendistato ……alla fine del periodo di apprendistato Le sarà garantito la retribuzione spettante per il livello 3a nonché nell’aver svolto, di fatto, durante l’intero periodo lavorativo, mansioni riconducibili al livello 3. Ebbene tale prospettazione non risulta fondata per le seguenti argomentazioni. Al riguardo, infatti quanto al contratto di apprendistato, giova sottolineare, come in data 3 giugno 2021 le parti abbiano sottoscritto un verbale di conciliazione, in sede sindacale, con il quale la lavoratrice ha espressamente rinunciato sia “ alle differenze nel corso del rapporto di lavoro…..

( ed in particolare relative a differenze retributive per lavoro prestato oltre l’orario di lavoro contrattuale ed inquadramento al livello superiore)…….condizioni ….il lavoratore accetta la somma …..

e per l’effetto dichiara di non avere più nulla a pretendere dal datore ……alle richieste avanzate e descritte nelle premesso ovvero per prestazioni rese oltre l’orario di lavoro contrattuale ….ed inquadramento al livello superiore.

( doc 3 fascicolo ricorrente).

Il tenore letterale delle suesposte rinunce non può che deporre inequivocabilmente nel far ritenere che con la sottoscrizione del verbale di conciliazione sia venuto meno tutto quanto concordato e sottoscritto dalle parti nell’originario contratto di apprendistato, peraltro, come pacifico, poi trasformato in un contratto a tempo indeterminato, senza alcuna specificazione in merito.

Ed invero, non vi sono più elementi per poter ritenere che la ricorrente sia stata, contrattualmente, inquadrata al livello 3a, di fronte, giova ribadire, alle rinunce effettuate dalla stessa in sede sindacale, nonché alla documentazione- buste paga- con riportato il livello 3 ( doc 5 fascicolo ricorrente ).

Una volta quindi accertato che la ricorrente, per le motivazione suesposte, non sia stata assunta a tempo indeterminato con inquadramento al livello 3a, era suo onere, dimostrare che, di fatto, , durante il periodo di cui è causa, abbia , comunque, svolto prestazioni riconducibili al livello superiore.

Tale onere non risulta assolto.

Com’è noto appartengono al livello 3 a “Lavoratori che, oltre a possedere tutti i requisiti e le caratteristiche proprie del 3° livello svolgono in condizioni di autonomia attività che richiedono una preparazione professionale specifica e un consistente periodo di pratica lavorativa nonché la conoscenza completa del ciclo produttivo;

– A titolo esemplificativo:

primo pasticcere;

primo cuoco;

primo cioccolatiere;

primo gelatiere;

primo banconiere;

primo macellaio

; mastro oleario;

altre qualifiche equivalenti”.

Appartengono , invece, al livello 3 i “Lavoratori che sulla base di indicazioni di massima realizzano con abilità tutti i prodotti contemplati nella linea produttiva e sono altresì in grado di mantenere in perfetto stato di funzionamento tutti gli apparati produttivi.

– Lavoratori altamente specializzati che eseguono tutte le operazioni del laboratorio e che, oltre a possedere tutti i requisiti e le caratteristiche Ebbene dal raffronto di tale declaratoria si evince, come la differenza consista sostanzialmente, nella sussistenza nel livello superiore di “ autonomia operativa e/o responsabilità dell’unita organizzativa aziendale non richiesta , di contro, per l’inquadramento al 3 livello.

Ebbene le risultanze istruttorie non hanno fornito elementi probatori sufficienti per ritenere che, di fatto, la ricorrente, nello svolgimento delle propria attività lavorativa abbia assunto, quell’autonomia operativa e/o sia stata responsabile dell’intera Unita organizzativa aziendale, così come richiesto, necessariamente, per poter appartenere al superiore livello 3 a. In particolare , il primo teste intimato dalla ricorrente, , ha reso deposizioni estremamente generiche limitandosi a riferire “ stava in laboratorio e alcune volte era da sola e così “ usciva e faceva cassa” oltre a fare i gelati ….. la ricorrente faceva anche gli ordini contattava i fornitori”;

senza fornire alcun elemento probatorio idoneo a dimostrare quell’autonomia operativa e di responsabilità necessaria per appartenere al superiore livello.

Parimenti il secondo teste, tra l’altro comune sia alla ricorrente che al resistente, il quale si è limitato a riferire “la ricorrente era in gelateria faceva la pasticcera “ ;

espressioni talmente generiche da non essere idonee a dimostrare che, di fatto, la ricorrente abbia avuto quell’autonomia operativa e/o comunque quella responsabilità come necessaria per essere inquadrata al superiore livello 3 a.( verbale di udienza del 26.10.2023 e 14.3.2024) D’altro canto nessun ausilio è stato possibile ricevere dalle deposizioni del primo teste intimato dal resistente dal momento che , come dallo stesso riconosciuto, “non ho mai lavorato con la ricorrente” perchè ha sempre lavorato dalle 18/19 -22/223 , ovvero durante il turno serale che la non ha mai osservato. Alla luce delle suesposte risultanze istruttorie, non può trovare accoglimento la domanda volta ad ottenere il diritto all’inquadramento al superiore livello 3a.

Di contro, é fondata la domanda di impugnativa del licenziamento per giusta causa.

Orbene, in linea generale, al fine di stabilire in concreto se sussista una giusta causa di licenziamento, occorre valutare -da un lato- la gravità dei fatti addebitati al lavoratore in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità dell’elemento intenzionale – tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare, definitivamente espulsiva(cfr. Cass., Sez. Lav. , Sent. n. 1667/96; Cass., Sez. Lav. , Sent. n. 8568/00; Cass., Sez. Lav. , n. 5157/00; Cass., Sez. Lav. , n. 8553/00; Cass., Sez. Lav. , Sent. n. 215/04; Cass., Sez. Lav. , Sent. n. 12001/03).

Ciò premesso va, altresì, evidenziato che la valutazione della gravità dell’inadempimento (per giusta causa o, comunque, “notevole”, ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge n. 604 del 1966) si estende a tutti i fatti contestati al dipendente con l’avvio della procedura di licenziamento disciplinare, anche concernenti comportamenti tenuti in precedenza e per i quali il datore di lavoro non abbia ritenuto, nella sua autonomia, di irrogare sanzioni disciplinari, salva l’operatività del limite costituito dal principio di tempestività e senza che tale determinazione datoriale possa ritenersi idonea ad arrecare pregiudizio al diritto del lavoratore alla difesa, atteso che l’incidenza disciplinare dei fatti contestati nel procedimento abbandonato deve essere autonomamente apprezzata nel giudizio sulla giustificatezza del licenziamento (cfr. Cass., Sez. Lav. , sent. n. 27104/2006).

Va rammentato, altresì, che – ai sensi degli artt. 2697 c.c. e dell’art. 5 della legge n. 604 del 1966 – grava sul datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza dei comportamenti negligenti addebitati al lavoratore che hanno integrato una giusta causa di licenziamento.

Poste tali premesse di carattere generale, nel caso di specie, come era suo onere , il datore di lavoro non ha dimostrato la sussistenza dei comportamenti negligenti contestati alla lavoratrice.

Ed invero, è documentato che il licenziamento “per giusta causa” impugnato sia stato intimato alla ricorrente sulle base di tre precedenti contestazioni disciplinari per le quali il datore di lavoro ha ritenuto di non irrogare alcuna sanzione nonché in ordine all’ulteriore condotta consistente “nell’essersi sottratta alle visite mediche di controllo del 12 gennaio 2022 e del 21 gennaio 20222 “ .

Si legge all’uopo nella lettera di licenziamento del 16.1.2022 “ ….“Facendo seguito alle contestazioni di addebito del 29.12.2021, del 3.01.2022, del 19.01.2022 e da intendersi integralmente richiamate, viste le sue giustificazioni, tra l’altro non pervenute in relazione alle contestazioni del 19.01.2022, conclusa la fase di valutazione e di decisione nel merito, quanto da Lei rappresentato si ritiene non idoneo, infondato, generico e contraddittorio.

Si evidenzia, tra l’altro, che anche durante il periodo di comporto ha posto in essere condotte in totale violazione della normativa vigente in materia, essendosi sottratta E altresì documentato che con le lettere del 21.12.2021, del 3.1.2022 e del 19.1.2022 il datore di lavoro abbia contestato alla ricorrente, rispettivamente, di “ essere stata sorpresa all’interno dei locali-, laboratorio- intenta a fumare una sigaretta”, “ di aver riscontrato una difformità tra l’indirizzo di residenza presente all’anagrafe e quello comunicato”; nonché “di essersi assentata dal lavoro senza alcun giustificazione il giorno 13.1.2022.

Ebbene , quanto la prima condotta- ovvero essere stata sorpresa a fumare all’interno del laboratorio-, di fronte alla contestazione esplicitata dalla lavoratrice con lettera del 31.12.2021, il datore , come era suo onere, non ha dimostrato che quanto addebitato fosse stato, di fatto, posto in essere dalla L’unico testimone che ha riferito sulla possibilità di fumare all’interno dei locali è stato che, di contro, si è soltanto limitato a riferire che sussisteva un regolamento affisso con il divieto di fumare, senza nulla dichiarare in merito alla asserita condotta contestata alla Quanto poi alla seconda lettera di contestazione relativa all’asserito difformità tra l’indirizzo di residenza comunicato e quello risultante all’anagrafe, tale addebito non può che essere superato dal fatto che la avesse, comunque, comunicato al datore di lavoro il suo domicilio in INDIRIZZO dove, come documentato risultano essere state inviate tutte le lettere di contestazioni disciplinare di cui è causa. Del pari, quanto alla terza lettera di contestazione relativa all’assenza ingiustificata del 13 gennaio 2024 la lavoratrice non solo ha prodotto il messaggio watup con cui alle ore 6.35 del mattino aveva provveduto ad informare il datore del suo impedimento bensì ha depositato il verbale del soccorso stradale datato 13 gennaio 2022.

( doc 14, 15 fascicolo ricorrente).

Parimenti quanto all’asserita medica del 12.1.2022 il datore come era suo onere, dinnanzi alla contestazione specifica della lavoratrice non ha dimostrato l’avvenuta visita e quanto invece alla visita del 21.1.2022 la ha prodotto in giudizio il certificato redatto proprio dal medico ove si legge espressamente non solo che la lavoratrice si trovava a casa bensì che la visita non era stata effettuata perché il “ suo convivente aveva la febbre” .

( doc 18 fascicolo ricorrente).

Alla luce delle suesposte argomentazioni non può che ritenersi illegittimo il licenziamento “per giusta causa” intimato alla lavoratrice con lettera del 2.2.2022.

Venendo in rilievo un rapporto di lavoro instaurato successivamente al 7.03.2015 con /2018.

Tenuto conto dell’anzianità di servizio della ricorrente (circa sei anni a decorrere dal 2016 ), delle modeste dimensioni aziendali (cfr. visura in atti ), e del comportamento delle parti, si ritiene equa la liquidazione dell’indennità nella misura di quattro mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR ).

L’accoglimento parziale del ricorso giustifica la compensazione per metà delle spese di lite che seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Roma, disattesa ogni altra domanda, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando, così provvede:

– Accerta e dichiara l’illegittimità del licenziamento intimato alla ricorrente e, in applicazione degli artt. 3, co 1 e 9 d.lgs. n. 23/2015, dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna la resistente al pagamento in favore della ricorrente di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 4 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalla data del licenziamento al saldo; per il resto rigetta il ricorso;

– Condanna parte resistente al pagamento delle spese di lite che , già liquidate per metà, si liquidano in complessivi Euro 3100,00 oltre IVA, CPA e spese generali nella misura del 15%, con distrazione.

Così deciso in Roma 1 ottobre 2024.

Il Giudice

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