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Codice Civile
Codice Penale

Illegittimo licenziamento di una OSS per mancata segnalazione

La sentenza affronta il tema del licenziamento disciplinare, in particolare in relazione all’obbligo di segnalazione di condotte illecite da parte del dipendente. Il giudice ha stabilito che la mancata segnalazione, pur se riprovevole, non può costituire giusta causa di licenziamento se non accompagnata da intenzionalità, gravità della condotta ed effettiva lesione del rapporto fiduciario.

Pubblicato il 08 September 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI VENEZIA – SEZIONE LAVORO

Il Giudice del Lavoro Dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._507_2024_- N._R.G._00002351_2023 DEL_05_09_2024 PUBBLICATA_IL_06_09_2024

nella causa iscritta al n. 2351/2023 RG avente ad oggetto:
impugnazione del licenziamento per giusta causa con domanda di reintegrazione” ( art 441 bis cpc), promossa rappresentata e difesa dagli Avvocati COGNOME e COGNOME ed elettivamente domiciliata in Treviso, INDIRIZZO – ricorrente – contro in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dagli Avvocati COGNOME e COGNOME ed elettivamente domiciliata in Venezia Mestre, INDIRIZZO -resistente –

CONCLUSIONI

Per parte ricorrente:

Nel merito:

per le ragioni tutte suesposte, ai sensi e per gli effetti dell’art.18 L. n.300/1970, 1. accertata e dichiarata la nullità del licenziamento impugnato, si chiede che il Giudice ordini al datore di lavoro , come sopra identificato, la reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro occupato al momento del licenziamento, e ciò indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, e condanni il datore di lavoro medesimo altresì al risarcimento del danno subito dalla lavoratrice medesima a causa del licenziamento, stabilendo, a tal fine, un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, in misura superiore alle cinque (5) mensilità previste dalla legge, nell’ammontare che sarà delle peculiarità della fattispecie sottoposta al suo esame; oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali;
2. in subordine, accertata l’insussistenza del fatto contestato e comunque che quanto contestato alla lavoratrice non rientra tra le ipotesi per le quali il CCNL contempli il licenziamento senza preavviso (ex art.72 n.9.2) né altre forme di licenziamento (sempre ai sensi del medesimo art.72), si chiede che il Giudice, dichiarato l’annullamento del licenziamento, condanni il datore di lavoro alla reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro occupato precedentemente al licenziamento nonché al pagamento dell’indennità risarcitoria ivi prevista, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, nella misura massima di dodici (12) mensilità, fatta comunque salva la diversa valutazione del Giudice, oltre ai contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, come per legge; 3. in via ulteriormente subordinata, accertata, in ogni caso, l’illegittimità del licenziamento per l’insussistenza della giusta causa addotta dal datore di lavoro, si chiede che il Giudice, dichiarata la risoluzione del rapporto di lavoro, con effetto dalla data del licenziamento, e condanni il datore di lavoro al pagamento dell’indennità risarcitoria onnicomprensiva nella misura massima di ventiquattro (24) mensilità, fatta salva la diversa quantificazione del Giudice, dell’ultima retribuzione globale di fatto, e comunque non inferiore a dodici (12), per le ragioni tutte esposte in parte narrativa; 4. in via ancora subordinata, per le ragioni suesposte, stante la carenza di motivazione del licenziamento intimato e la conseguente inosservanza degli obblighi procedurali,
si chiede che il Giudice, dichiarata la risoluzione del rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento, condanni il datore di lavoro al pagamento dell’indennità risarcitoria pari a dodici (12) mensilità, fatta salva la diversa quantificazione del Giudice, dell’ultima retribuzione globale di fatto, e comunque non inferiore a sei (6), stante la gravità delle violazioni commesse dal datore di lavoro;
5. per le ipotesi di cui ai punti che precedono, in cui sia esclusa la tutela reintegratoria, si chiede altresì che il Giudice accerti il diritto della ricorrente al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso secondo quanto previsto dalla legge e dal CCNL applicabile e condanni il datore di lavoro alla relativa corresponsione.
In ogni caso:
gli importi di cui sopra, andranno rivalutati monetariamente e maggiorati degli interessi dalla data di maturazione del diritto al saldo effettivo ex art.429 c.p.c..
In ogni caso: spese ed onorario del presente procedimento interamente rifusi, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura di legge (oggi pari al 15% dell’onorario), CPA ed IVA come per legge.

Nel merito, rigettarsi le domande tutte formulate dalla ricorrente, con vittoria di spese ed onorari di causa.In via subordinata si chiede che l’Ill.mo Tribunale adito voglia convertire l’intimato licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo, attesi i gravi inadempimenti contestati al ricorrente.
In via subordinata, e salvo gravame, si chiede che l’Ill.mo Tribunale adito, nella denegata e non creduta ipotesi in cui si orientasse a ritenere illegittimo il licenziamento comminato alla ricorrente, voglia considerare in sede di quantificazione del risarcimento del danno l’aliunde perceptum, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione, e voglia applicare il regime sanzionatorio previsto dalla Legge 28.06.2012 n. 92 e, in particolare, i commi 5 o 6 dell’art. 18, rispettivamente a seconda che dall’istruttoria il Giudice si determini a ritenere sproporzionata la sanzione espulsiva ovvero ritenga violata la procedura di cui all’art. 7 L. 300/70; quantificando l’indennità risarcitoria conseguente, in entrambi i suddetti casi, nella misura minima prevista per legge, ciò attesa la oggettiva gravità dei fatti contestati al lavoratore e posti a base del recesso.

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

ha agito in giudizio con ricorso ex artt 414 – 441 bis cpc depositato il 27.12.2023 esponendo di avere prestato attività lavorativa come operaia addetta all’assistenza (operatrice socio sanitaria = OSS) alle dipendenze dapprima dell’ “Monumento ai caduti in guerra” dall’ 1.06.1993 per poi transitare nel 2018, senza soluzione di continuità ai sensi dell’art. 2112 c.c., in fino al licenziamento intimato in tronco per giusta causa il 6.6.2023 a seguito di contestazione disciplinare con lettera del 17.05.2023 consegnata a mani in data 01.06.2023, riferita all’avere minacciato un male ingiusto alla paziente e omesso di segnalare ai propri superiori gerarchici condotte di maltrattamenti posti in essere da colleghi e confidati dai degenti, così favorendo la prosecuzione di tali illeciti. L’ addebito – contestato nell’ ambito di un’ ampia vicenda con risvolti, per alcuni colleghi, anche penali – riguarda in particolare la condotta tenuta dalla in data 04.12.2022 alle ore 8.24 nei confronti della paziente , consistita nell’ avere la stessa dapprima sminuito le confidenze della degente su violenze fisiche poste in essere nei suoi confronti dall’ operatore e successivamente minacciato la stessa giustificando la violenza usata dal medesimo con il fatto che lei “non stava ferma”.

La ricorrente ha impugnato il licenziamento lamentando la genericità della contestazione disciplinare tale da non averle consentito l’esercizio del diritto di difesa e il fatto che le “confidenze” provenivano da persona minorata, e quindi incapace di intendere e volere;
rivendicando, d’ altro ;
eccependo inoltre la tardività della contestazione rispetto ad un fatto accaduto sei mesi prima, la nullità del licenziamento siccome fondato su motivo illecito esclusivo e determinante per avere i gravi fatti contestati costituito semplice pretesto per l’azienda per liberarsi dei lavoratori più onerosi, l’annullabilità del licenziamento in quanto avente ad oggetto fatti non rientranti tra le ipotesi per le quali il CCNL applicabile prevede la possibilità del licenziamento senza preavviso, ed infine l’illegittimità del licenziamento stesso per assenza di giusta causa e carenza di motivazione. costituendosi in giudizio ha negato la fondatezza del ricorso, rivendicando la riconducibilità dell’ espulsione della ricorrente alla gravità della condotta dalla stessa posta in essere, foriera anche di ripercussioni patrimoniali e sull’immagine dell’azienda.

La causa è stata istruita mediante acquisizione presso la locale Procura della Repubblica – nell’ ambito delle risultanze probatorie di ampia indagine riguardante piu’ fatti analoghi di offese e maltrattamenti verso pazienti della da parte di vari dipendenti – del materiale probatorio di interesse quanto alla posizione della ricorrente (non indagata), consistente nel video e nella relativa trascrizione di conversazioni di intercettazioni ambientali effettuate in sede di indagini preliminari.

All’ udienza 7.8.2024, all’ esito di discussione orale via teams, la causa è stata decisa con il seguente dispositivo :
“definitivamente pronunziando, contrariis reiectis, così provvede:
1. dichiara l’ impugnato licenziamento illegittimo e ai sensi dell’ art 18 comma 4 legge 300/1970 condanna la società convenuta a reintegrare la ricorrente nel posto di lavoro e a corrispondere alla stessa un’ indennità risarcitoria pari all’ ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione nella misura massima di dodici mensilità oltre ad accessori detratto l’ eventuale aliunde perceptum risultante da documentazione fiscale e/o contributiva, e con regolarizzazione della posizione previdenziale e assistenziale; 2. condanna la medesima società convenuta alla rifusione delle spese di lite, che liquida in euro 4.500,00 oltre accessori;
3. ai sensi dell’ art. 429 c.p.c. attesa la complessità della controversia fissa per il deposito della motivazione il termine di giorni 60”.

*** *** ***

La questione di causa attiene alla legittimità o meno del licenziamento in tronco intimato da alla ricorrente per asserita giusta causa in relazione a contestazione disciplinare datata 17.5.2023 consegnata a mano l’ 1.6.2023 (doc 1 resist), dal seguente tenore:
“Lei, in qualità di operatrice socio sanitaria (OSS) presso la Casa di Riposo Monumento ai caduti in guerra e, comunque, essendo anche a conoscenza della reciproca condotta maltrattante di altri colleghi, abusava delle condizioni di inferiorità e, comunque, non segnalava ai superiori gerarchici di quanto appreso dai degenti.

In particolare, in data 04.12.2022, ad ore 08,24, Lei unitamente alla collega si trovava nella camera INDIRIZZO per effettuare l’igiene personale della paziente.

In tale contesto, la degente confidava a Lei e alla collega la presenza di alcuni ematomi sul proprio corpo, cagionati dalle percosse subite ad opera dell’O.S.S., sig. .

Lei, unitamente alla collega, anziché rassicurare la degente e comunicare quanto appreso ai superiori gerarchici, dapprima metteva in dubbio le dichiarazioni della degente circa l’origine delle percosse e, successivamente, minacciava la medesima riferendo che, comunque, lo stesso faceva bene a picchiarla perché non stava ferma.

Tale condotta è stata posta in essere nei confronti di una degente presso la struttura sociosanitaria residenziale e che si trovava in stato di disabilità ex art. 3 l. 104/92, trattandosi di persona estremamente anziana, allettata e affetta da minorazioni fisiche, psichiche e/o sensoriali, stabilizzate e in fase degenerativa, in grado di procurare difficoltà di relazione e apprendimento tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.

Il giudicante conviene con la ricorrente sulla genericità solo in relazione alla prima parte della contestazione, che si reputa essere, tuttavia, una semplice premessa (prologo) per consentire di collocare il soggetto, la posizione rivestita nell’ambito della struttura e la vicenda nel suo insieme, mentre i fatti addebitati sono poi, nella seconda parte (vd. da “ In particolare, in data 04.12.2022, ad ore 08,24, Lei unitamente alla collega si trovava … ), dettagliatamente specificati.

In relazione all’ eccepita tardività della contestazione rispetto ad un fatto accaduto sei mesi prima, va ricordato che l’orientamento della S.C. è granitico nel ritenere che “La tempestività nell’apertura del procedimento disciplinare va valutata in relazione al momento in cui il datore di lavoro ha avuto effettiva conoscenza del fatto e non a quello in cui lo stesso è stato commesso (S.U. n.30985/2017).
solo in data 30/03/2023 ha avuto contezza delle risultanze dell’ indagine penale e da queste la conoscenza della condotta riguardante l’odierna ricorrente :
solo allora è stato dunque in grado di formulare a suo carico una specifica contestazione.

Il lasso di tempo, pari a poco piu’ di un mese e mezzo, intercorso tra tale conoscenza e la lettera di contestazione si giustifica, d’ altro canto, per la complessità della vicenda nel suo insieme e l’ elevato numero di dipendenti coinvolti.

La contestazione non risulta dunque tardiva.

Entrando nel merito della questione, visionato il video acquisito dalla Procura della Repubblica e ascoltato il relativo audio, come puntualmente obiettato dalla difesa attorea all’udienza del 07.08.2024, deve escludersi che la ricorrente al minuto 2:08, riferendosi a condotta maltrattante (percosse) posta in essere da verso la degente abbia pronunciato la frase “E fa emergendo dalla immagine e audio della registrazione che è stata in realtà pronunciata dalla collega La minaccia addebitata alla ricorrente dunque non sussiste.

Quanto agli ulteriori fatti contestati, ovvero il non avere rassicurato la degente a seguito della confidenza ricevuta ed anzi avere messo in dubbio l’origine delle percosse, e avere poi omesso di comunicare ai propri superiori quanto appreso, dal video acquisito dalla Procura e relativo audio si evince che effettivamente la ha messo in dubbio l’origine dell’ematoma confidato dalla paziente come effettivamente causato da recenti percosse dell’ operatore affermando che non le sembrava un ematoma recente perché lo aveva già visto il sabato precedente e, di conseguenza, non ha segnalato il fatto ai propri superiori. Tale condotta, per quanto riprovevole e negligente, tenuto conto che la ricorrente non era stabilmente assegnata al reparto (Modulo Viola) di appartenenza della non prova che la ricorrente stessa “fosse a conoscenza della condotta maltrattante dei colleghi” , e soprattutto da sé sola non giustifica, né legittima il licenziamento senza preavviso.

L’art. 72 del CNNL applicabile sub comma 9.2 prevede, infatti, la sanzione del licenziamento disciplinare senza preavviso per fatti o atti dolosi o violazioni intenzionali degli obblighi, non ricomprese specificamente nelle lettere precedenti, la cui gravità sia tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro, segnatamente la lettera d) riguarda “ la commissione in genere – anche nei confronti di terzi – di fatti o atti dolosi, che, pur non costituendo illeciti di rilevanza penale, sono di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro” e la lettera f) “violazioni intenzionali degli obblighi, non ricomprese specificatamente nelle lettere precedenti, anche nei confronti di terzi, di gravità tale, in relazione ai criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro”. Si tratta dunque di comprendere se l’unico comportamento provato a carico della ricorrente, ovvero avere appunto messo in dubbio, e non comunicato ai superiore gerarchici, l’ origine dell’ ematoma confidatale dalla paziente costituisca condotta “particolarmente grave” o comunque tale da far venir meno in modo irreparabile l’elemento fiduciario.

Il quesito merita risposta negativa.

Reputa, infatti, il giudicante che, date l’unicità dell’episodio, la non intenzionalità dell’omessa comunicazione per essersi convinta che l’ematoma fosse precedente e l’ assenza di danno, la condotta della ricorrente, pur negligente, non sia di particolare gravità ed idonea a recedere irrimediabilmente il rapporto fiduciario con l’azienda.

Ne deriva dunque l’ avvenuta comminazione del licenziamento rispetto a fattispecie punibile, ai sensi del Ccnl applicabile, con misura conservativa, da cui l’ illegittimità ex art 18 comma 4 e la spettanza dunque della reintegra nel posto di lavoro oltre ad un’ indennità risarcitoria pari all’ ultima Il rilievo, a monte, di nullità per asserita riconducibilità del recesso alla volontà dell’ azienda di liberarsi dei lavoratori piu’ onerosi va, invece, disatteso essendo la doglianza non solo priva del benchè minimo riscontro probatorio, ma altresì, tenuto conto dell’ esito dell’ indagine penale nel suo complesso, obiettivamente in radice inverosimile, e non trattandosi in ogni caso, vista la sussistenza, quantomeno in parte, della condotta contestata, di motivo illecito unico e determinante. Le spese di lite in base a soccombenza sono a carico di parte resistente, liquidazione come in dispositivo,

definitivamente pronunziando, contrariis reiectis, così provvede:
1. dichiara l’ impugnato licenziamento illegittimo e ai sensi dell’ art 18 comma 4 legge 300/1970 condanna la società convenuta a reintegrare la ricorrente nel posto di lavoro e a corrispondere alla stessa un’ indennità risarcitoria pari all’ ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione nella misura massima di dodici mensilità oltre ad accessori detratto l’ eventuale aliunde perceptum risultante da documentazione fiscale e/o contributiva, e con regolarizzazione della posizione previdenziale e assistenziale; 2. condanna la medesima società convenuta alla rifusione delle spese di lite, che liquida in euro 4.500,00 oltre accessori;
3. ai sensi dell’ art. 429
c.p.c. attesa la complessità della controversia fissa per il deposito della motivazione il termine di giorni 60 Così deciso in Venezia il 07/08/2024 Il Giudice del Lavoro Dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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