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Importanza della prova della cessione del credito

La sentenza ribadisce l’importanza della prova della cessione del credito in un’opposizione a decreto ingiuntivo. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ha solo valore di pubblicità e non sostituisce la prova del titolo. La prova testimoniale è inammissibile in caso di contratto di cessione di credito di rilevante importo.

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Pubblicato il 22 aprile 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 37808/2024

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO Sezione SESTA CIVILE

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato ex art. 281 sexies cc. I e III c.p.c. la seguente

SENTENZA N._3237_2025_- N._R.G._00037808_2024 DEL_16_04_2025 PUBBLICATA_IL_16_04_2025

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 37808/2024 promossa da:

(C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO 46100 MANTOVA presso il difensore avv. COGNOME NOME COGNOME contro (c.f. ) a mezzo del procuratore speciale (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO MILANO presso il difensore avv. COGNOME CONVENUTA

CONCLUSIONI

Per C.F. Per Voglia il Tribunale Ill.mo, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, previe le più opportune declaratorie, – previa concessione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto ex art. 648 c.p.c., per tutti i motivi di cui in narrativa, non essendo l’opposizione fondata su prova scritta né di pronta soluzione, e sussistendo inoltre grave pericolo nel ritardo;

nel merito, rigettare l’opposizione proposta e ogni avversa eccezione, domanda e istanza in quanto inammissibili, anche per difetto di legittimazione passiva di parte opposta, oltre che illegittime, infondate e ingiustificate per tutte le ragioni esposte in narrativa;

– per l’effetto, confermare integralmente il decreto ingiuntivo opposto n. 12102/2024 del Tribunale di Milano in data 2/9/2024, notificato in data 6/9/2024 e comunque condannare il sig. NOMERAGIONE_SOCIALENOMERAGIONE_SOCIALE , residente in Milano, INDIRIZZO al pagamento dell’importo di euro capitale di euro 30.531,84, per tutti i titoli indicati in narrativa.

Fatta salva l’eventuale altra somma capitale che sarà ritenuta dovuta.

Il tutto, oltre interessi di mora al tasso convenzionale pari al 11,85%, e comunque nei limiti del tasso soglia pro tempore applicabile, dalla data del 19 ottobre 2016 (data di passaggio del rapporto a sofferenza) al saldo effettivo, e fatto salvo l’eventuale diverso interesse di mora ritenuto dovuto.

Con il favore delle spese e compensi di causa della fase ingiunzionale, di mediazione e del presente giudizio.

Fatto salvo ogni altro diritto e con ogni riserva istruttoria nei termini di legge.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Opposizione a decreto ingiuntivo n. 12102/2024 emesso da questo tribunale in favore di C.F. e nei confronti di odierno opponente.

è società di cartolarizzazione;

ha acquistato il credito per effetto di cessione c.d. in blocco da Banco *** s.p.a. Parte attrice opponente è inequivoca nel richiedere la prova del contratto di cessione, contestando in capo alla convenuta opposta la titolarità del credito azionato.

Se pure si volesse sottolineare che la contestazione attiene alla cessione dello specifico credito, resta il fatto che la modalità impiegata per contestare tale cessione è stata data dalla contestazione dell’an dello stesso contratto di cessione.

Ciò premesso, si osserva che la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’avviso di cessione è mera pubblicità che assolve a un ruolo analogo a quello di cui all’art. 1264 c.c. Al riguardo, è noto che la cessione del credito è contratto a forma libera;

tuttavia ciò non vale a rendere ammissibile la prova testimoniale ex art. 2721 c.c., atteso il verosimile importo della cessione in contestazione e, soprattutto, la qualità della parte contraente cedente, i.e.

la banca, circostanza che rendono del tutto implausibile una stipulazione orale e, del pari, l’inopportunità di una prova testimoniale.

Non viene in rilievo quindi una prova testimoniale né, per conseguenza, una prova indiziaria (ripetutamente richiamata dalla parte convenuta opposta nella comparsa).

Nell’ambito di quest’ultima ricade anche la produzione, ormai di prassi, di una dichiarazione della cedente che afferma che il credito in contestazione era incluso nel contratto.

Tale dichiarazione peraltro, essendo di provenienza di un terzo, solo a prezzo di contorsioni intellettuali alquanto inverosimili può essere considerata una confessione (se presa sul serio, nel suo rimandare a un contratto di cessione, la stessa dovrebbe valere come prova anche del diritto al corrispettivo del cedente;

quindi, in definitiva, avremmo un atto di un terzo, favorevole anche allo stesso in punto di diritto al corrispettivo.

Chiamarlo confessione è davvero un po’ troppo.

In ogni caso:

non è un atto di una parte del processo).

Si tratta di una testimonianza scritta (inammissibile sia perché scritta sia ex art. 2721 c.c.).

Il plurimo richiamo alla necessità della prova del titolo svolto in sede di citazione in opposizione vale infine a integrare l’opposizione a una prova testimoniale che, in base a una discutibile interpretazione dell’art. 2721 c.c., dovrebbe già essere preclusa d’ufficio (1).

1 Relativamente all’interpretazione dell’art. 2721 c.c., occorre osservare che Cass. n. 17986/2014 aveva evidenziato che in base a un primo orientamento giurisprudenziale, in relazione agli atti e ai contratti per i quali la forma scritta sia richiesta soltanto ad probationem, l’inammissibilità della prova testimoniale, in quanto non attinente all’ordine pubblico ma alla tutela di interessi privati, non può essere rilevata d’ufficio e deve, invece, essere eccepita dalla parte interessata, mentre in base a un secondo orientamento l’inammissibilità non è sanata dalla mancata (o tardiva) eccezione della parte interessata a sollevarla ed è quindi rilevabile d’ufficio. Ciò premesso, la sentenza aveva evidenziato altresì che in materia di atti e contratti per i quali sia richiesta ad substantiam la forma scritta, salva l’ipotesi di perdita incolpevole del documento (art. 2724 cod. civ.), la prova testimoniale volta a dimostrare l’esistenza del negozio è inammissibile e tale inammissibilità può essere dedotta in ogni stato e grado del giudizio ed essere rilevata anche d’ufficio;

ora, si è evidenziato che “la disciplina della prova testimoniale – e di quella connessa per presunzioni – relativamente ai contratti per i quali la forma scritta è richiesta ad probationem ovvero ad substantiam è dettata, rispettivamente, nei commi 1 e 2 della medesima disposizione, l’art. 2725 c.c..

Peraltro il tenore della norma è tale da rendere Consegue l’accoglimento dell’opposizione, la revoca del decreto, il rigetto della domanda di parte convenuta opposta e la condanna alle spese che si liquidano in € 3.000,00, avuto riguardo alla modestia della causa, oltre spese generali 15% c.p.a. e i.v.a.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione respinta REVOCA Il decreto ingiuntivo n. 12102/2024 emesso da questo tribunale

RESPINGE

La pretesa di e la CONDANNA trasparente l’intento del legislatore di normare in maniera assolutamente sovrapponibile le due ipotesi:

e invero, dopo che nel primo comma si trova enunciata la regola per cui quando, secondo la legge o la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal n. 3 dell’articolo precedente (perdita incolpevole del documento), il capoverso, con formula di icastico nitore, prevede:

“la stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità“.

L’unitarietà della disciplina è poi ribadita dall’art. 2729 cod. civ., comma 2 che, occupandosi delle presunzioni semplici, ne inibisce l’ammissibilità “nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni”.

In tale contesto, a giudizio del collegio, la tesi che predica l’esistenza di un diverso regime processuale in ordine al rilievo dell’inammissibilità della prova testimoniale con riferimento ai contratti per i quali la forma scritta sia richiesta ad probationem ovvero ad substantiam è insostenibile agganciandosi piuttosto a considerazioni metagiuridiche in ordine alla natura degli interessi coinvolti che, a ben vedere, nulla hanno a che vedere con lo stesso criterio teleologico”.

Le sezioni unite non sono condivisibili.

In sintesi, di fronte a un dettato normativo univoco in tema di forma scritta ad substantiam e di disposizioni che non differenziano tra quest’ultima ipotesi e quella relativa alla forma ad probationem, l’orientamento suddetto ha ritenuto che le regole probatorie fossero le medesime.

Si è argomentato che l’inammissibilità della prova testimoniale debba essere eccepita e non possa essere rilevata d’ufficio, se la forma è richiesta invece solo ad probationem, mentre può essere rilevata d’ufficio se ad substantiam (Cass. S.U. n. 16723/2020);

ciò sul presupposto che nel primo caso non verrebbe in rilievo un interesse pubblico, bensì uno privato e, come tale, disponibile, e per il fatto che traducendosi la forma ad probationem in un problema di forma della prova, vale l’art. 157 c. 2 c.p.c. (che esclude, nel silenzio della legge, il rilievo d’ufficio della nullità dell’atto).

Quest’ultimo punto appare alquanto opinabile:

sia perché non si comprende allora perché il legislatore senta il bisogno di sancire la necessità di una prova scritta, sia perché la lettera degli artt. 2721 ss. c.c. non distingue a seconda delle funzioni della forma (Cass. n. 17986/2014) e, in ogni caso, non si pone nell’ottica endoprocessuale, bensì di ammissibilità stessa (o meno) di un determinato mezzo di prova.

Più in radice:

le parti possono muoversi nell’ambito delle prove disponibili (per es. escludendo via art. 1352 c.c. una prova testimoniale), ma non possono rendere ammissibili prove che non lo sono (tanto più se alla base di tale mutazione non vi è una volontà di deroga e/o rinuncia di una parte bensì una semplice omissione processuale non tipizzata altrimenti dal legislatore:

e tale è l’art. 157 c. II c.p.c.).

La valutazione dell’ammissibilità delle prove poi è affidata in modo inequivoco, dal codice civile, al giudice.

Del resto (e infine):

a livello sistematico appare difficile coordinare il principio sancito dalle sezioni unite con l’art. 421

c.p.c., che consente solo al giudice di superare i limiti di prova previsti dalla legge (e non certo alle parti).

Al pagamento di € 3.000,00 in favore di Milano, 16 aprile 2025 Il Giudice dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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